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Autore: littlegiulyy    05/10/2018    2 recensioni
Ashley Rivera, dopo una vita passata nella sua riserva Navajo tra lupi, vampiri e continui problemi, sentendosi troppo stretta in quella vita, decide trasferirsi a Seattle per specializzarsi in chirurgia.
Tuttavia forse la sua vecchia vita un po' le manca, o forse no; forse le sembra tutto uguale o forse tutto cambierà.
Tratto dalla storia:
"“Tu saresti il chirurgo?” mi chiese con voce rotta da dolore e ansimante, accennando un sorriso forzato.
“Eh si sono proprio io” risposi guardando la sua gamba ridotta decisamente male.
Rise “Quanti anni hai? 18?”
Lo guardai meglio, e per la prima volta lo guardai in faccia.
Era decisamente un bel ragazzo, ogni cosa a suo posto e con un sorriso quasi abbagliante.
Sorrisi “Sei simpatico… mi dispiace deluderti, ne ho 23”
“Come me, piacere, Jacob Black” mi tese la mano destra, l’unica che poteva muovere
“Ashley Rivera” dopo qualche momento di indecisione gli strinsi la mano."
Genere: Avventura | Stato: in corso
Tipo di coppia: Nessuna | Personaggi: Embry Call, Nuovo personaggio
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Successivo alla saga
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Eccomi qui con un nuovo capitolo! Mi scuso per il ritardo ma in questi giorni sono stata impegnatissima e ci ho messo un po' ad aggiornare...
Fatemi sapere che ne pensate e lasciate una recensione ;)
Buona lettura.


Aumentai il passo sperando di non beccarmi un acquazzone in pieno stile Seattle e guardai l’orologio.
Anche questa sera la cena era saltata. Le 10 pm.
Sospirai rassegnata.
Era stato un turno massacrante, le gambe mi facevano malissimo, per non parlare della schiena. Ore ed ore in piedi in sala operatoria di sicuro non avevano aiutato, ma almeno l'intervento era riuscito e anche questa sera, nonostante la stanchezza, ero felice.
Un tuono mi ricordò che a breve sarebbe venuto giù il mare… com’era strano vedere la pioggia così spesso, in California era un evento così raro che quasi non la ricordavo.
Si fermò affianco a me un autobus, continuai la mia camminata velocemente ma improvvisamente mi fermai leggendo la scritta luminosa del bus.
“Numero 10 Forks-LaPush”.
Per qualche attimo rimasi bloccata davanti alle porte aperte dell’autobus.
Avrei potuto mangiare qualcosa a Forks in fin dei conti…un posto diverso dal solito EatandGo sotto casa… e magari avrei anche incontrato lui…
Scossi la testa, dovevo smetterla di pensarci.
Erano passate due settimane ma dopo l’incontro con Embry non avevo fatto che pensarci, mi ero torturata più volte sul perché non fosse mai tornato a trovarmi, ma in fin dei conti forse era meglio così.
Non avevo mai rincorso nessuno. Avevo sempre pensato a me stessa negli anni; scuole medie, superiori e facoltà di medicina.
Mi ero sempre concentrata solo su questo, considerando solo questo come mio traguardo, ma adesso?
“Signorina deve salire?”la voce dell’autista mi riportò alla realtà, lo guardai indecisa.
Ma si, al diavolo tutto.
“Si, un biglietto per favore” con un balzo salii sull’autobus e acquistai il biglietto.
Non appena l’autobus partì cercai un posto libero e mi sedetti su uno dei sedili in plastica del bus.
L’autobus era quasi vuoto, a parte qualche ragazzo di Forks che probabilmente tornava a casa e qualcuno che tornava dal lavoro. Mi soffermai ad osservare un paio di ragazzini, sicuramente della riserva.
I tratti Quileute erano facilmente riconoscibili. Notai che indossavano una leggera felpa e nulla di più, strano dato che fuori la temperatura si aggirava intorno ai 9 gradi.
C’era un’unica spiegazione a questo, ed io la conoscevo bene dato che era la stessa spiegazione al fatto che io indossassi solo una giacca leggera, ma in fin dei conti erano così piccoli…
Possibile che si fossero già trasformati?
Lo sguardo di uno di loro si fermò su di me e subito tirò un pacca all’altro ragazzino che era con lui. Scostai lo sguardo guardando altrove, cosa avevano da guardare adesso?
Li stentii borbottare qualcosa tra di loro, ma nonostante il mio udito fosse più forte del normale, tra la confusione che faceva questo autobus, probabilmente risalente agli anni 80, e il vociare delle persone, non riuscii a distinguere le parole che si scambiarono.
Uno dei due prese in mano il telefono e iniziò a concionarci, mentre l’altro continuò a guardami senza minimamente preoccuparsi del fatto che io li avessi bellamente notati.
Scossi la testa… ragazzini…
Sfilai il mio telefono dalla tasca e aprii la galleria per passare il tempo.
Guardai le foto con mio fratello, con tutti i miei amici, con mia madre…ogni tanto era bello rivivere i miei ricordi, ricordare com'era casa.
Bloccai lo schermo e rimisi il telefono in tasca appoggiando la schiena sul sedile. Chiusi gli occhi…
Possibile che fosse cambiato tutto così in fretta?
Un giorno ero una ragazza lupo che tra ronde e lezioni studiava medicina vicino a casa, e il giorno dopo, da un momento all’altro, mi ritrovavo a mille chilometri di distanza da tutta la mia vita e da tutta la mia famiglia a fare il medico, ciò che avevo sempre desiderato.
Ma me lo immaginavo così?
Riaprii gli occhi e guardai il display luminoso “prossima fermata: Forks”.
Mi alzai in piedi e mi avvicinai alla porta, lo sguardo dei due ragazzini Quileute si fissò sulla mia figura. Evitai di guardarli, odiavo essere guardata.
L’autista frenò in modo decisamente brusco e non appena si aprirono le porte scesi velocemente dall’autobus per allontanarmi dallo sguardo curioso di quei due ragazzini.
Possibile che fossero già lupi alla loro età?
Un profumo di muschio arrivò subito alle mie narici e lo riconobbi subito. Era lo stesso profumo che c’era vicino a casa di Embry, il profumo di questo posto.
Mi guardai un attimo attorno, rendendomi conto di non sapere neanche dove mi trovassi.
Forse camminando avrei trovato qualcosa di aperto.
Mi incamminai sul marciapiede buttando l’occhio alle vetrine, era come trovarsi in un altro mondo, lontano da tutto e da tutti. Era tutto così diverso dai luoghi in cui ero abituata…
Mi specchiai in una vetrina e analizzai per un attimo la mia figura, le gambe magre fasciate dai jeans erano slanciate dagli stivaletti neri con il tacco, sopra la giacca in pelle nera mi dava quasi un’aria da dura.
Mi sistemai un attimo i lunghi boccoli neri che ricadevano sulle mie spalle, non osai immaginare la mia faccia dopo un turno di 14 ore.
Ripresi a camminare cercando un posto in cui mangiare, perché ero venuta qui?
Non ci ero neanche mai stata a Forks, non avevo idea di dove andare.
Notai un gruppo di ragazzi entrare in un locale e sedersi ad un tavolo tutti insieme…
Per la prima volta da quando ero venuta a Seattle mi sentivo davvero sola. Lontana da tutto ciò che aveva sempre fatto parte di me.
Nessuno aveva mai pensato che io potessi farcela, avevo alle spalle anni di studio e sacrifici, ma adesso mi trovavo qui e non potevo tirarmi indietro.
Mi fermai davanti ad un’altra vetrina buttandoci un occhio e risi tra me e me, in teoria sarebbe dovuto essere un negozio di intimo... ma a giudicare dai pezzi in vendita sembrava più un negozio di tende.
“Sei venuta a fare shopping a Forks doc? Mi sa che hai sbagliato orario, a quest’ora è tutto chiuso”
Il mio cuore fece un salto, mi voltai di scatto riconoscendo subito la sua voce.
Come avevo fatto a non sentirlo arrivare?
Guardai la sua figura, indossava dei pantaloni beige con delle tascone e una maglietta a maniche corte nera, mi guardò sorridendo con le mani in tasca.
Il cuore iniziò a battermi un po’ più velocemente, perché mi succedeva ogni volta che lo incontravo?
“Fa freddo per stare in maniche corte Embry” risi rimanendo ferma dov’ero.
Si avvicinò lentamente a me continuando a sorridermi, squadrò la mia figura “devo dire che ragazze come te non si vedono tutti i giorni a Forks, sembri uscita da una rivista di moda”
“e invece sono appena uscita dalla sala operatoria”
“Non si direbbe per niente, te lo assicuro”
“Cosa ci fai qui?”
Mi guardò sorpreso e sorrise “cosa ci fai tu qui piuttosto… sei un po’ lontana da casa”
Effettivamente aveva ragione, domanda stupida, come al solito “cercavo un posto dove mangiare”
“e hai deciso di venire proprio a Forks per trovare un posto dove mangiare?”
“Seattle mi annoia” risposi alzando le spalle
Con un passo rapido si avvicinò ancora di più a me “vieni con me, so io dove portarti a mangiare” soffiò sulle mie labbra guarda nomi negli occhi.
Trattenni il respiro piuttosto imbarazzata.
Ci eravamo visti solo due volte, e già due volte avevamo decisamente superato la nostra zona personale, inoltrandoci in quella intima.
“Non ti fidi?” mi chiese sistemandomi un ciuffo dietro l’orecchio “guarda che ho buoni gusti in fatto di cibo… e non solo…” sorrise riportando le mani in tasca.
Cosa voleva dire?
“Andiamo” dissi facendo un passo indietro e ristabilendo le distanze. Spostai subito lo sguardo da lui, questo ragazzo mi metteva in soggezione, non mi era mai successo.
Lo vidi sorridere ancora di più con la coda dell’occhio e ci incamminammo lungo la via principale di Forks.
Questa serata stava decisamente migliorando.
“Allora com’è andata la giornata?” mi chiese
“Movimentata diciamo”
“Cos’hai fatto di bello?”
“Ho assistito ad una splenectomia d’urgenza in seguito ad un trauma da strada, è stato molto bello”
Mi guardò piuttosto spaesato “farò finta di aver capito” rise “in cosa consiste?”
“E’ un intervento di rimozione della milza, era troppo danneggiata”
“Sembra figo”
“Lo è” sorrisi e lo guardai “tu cosa fai invece?Non te l’ho ancora chiesto”
“Oltre a proteggere la riserva intendi?” disse ridacchiando “sono all’ultimo anno, studio ingegneria meccanica”
“Quindi sei un appassionato di moto e macchine?”
Sorrise nuovamente, dannazione quanto era bello il suo sorriso “si, direi proprio di si… ma preferisco le moto! Moto da cross”
“Hai una moto?”
“Certo, come potrei non avercela”
"Giusto, hai ragione"
“Come mai hai scelto di fare medicina?”
Mi guardai attorno… questo era un discorso decisamente complicato “questa è una storia lunga, magari quando avremo più tempo te la racconterò… manca tanto ancora?”
“No siamo quasi arrivati, vieni giriamo qui” mi fece girare in una stradina più stretta e decisamente più buia tirandomi per un braccio delicatamente.
“Eccoci qui, prego madmoiselle” disse aprendo la porta e spostandosi per far entrare prima me.
Lo guardai ed entrai guardandomi attorno, il posto era davvero carinissimo.
Le pareti beige si intonavano perfettamente con i tavolini in legno bianco, e le sedie bianche in ferro battuto avevano dei cuscini azzurro cielo bellissimi.
“Wow, sembra una brasserie francese…” dissi guardandomi intorno
“Esattamente, i proprietari sono parigini e si mangia benissimo, vieni andiamo a sederci”
Lo seguii fino al tavolo e mi sedetti davanti a lui.
Dopo aver ordinato mangiammo con calma la montagna di roba che Embry aveva ordinato parlando del più e del meno e scoprendo che in fin dei conti non eravamo poi così diversi.
Dopo l’ultimo boccone buttato giù a forza mi lasciai andare sullo schienale della sedia.
“Mamma mia… non mangiavo così tanto da…”
“Da l’ultima volta che hai mangiato a casa tua?”
Risi “Si esatto… solitamente non ho molto tempo per cucinare, o torno talmente stanca che vado a letto diretta o prendo qualcosa al cinese sotto casa”
“Vorrà dire che ti dovrò portare a cena più spesso , non possiamo rischiare che tu muoia affamata” disse sorridendomi, ricambiai il sorriso
“Oh non c’è pericolo, te lo assicuro”
“Lo spero, perché non ne sarei felice…”mi sorrise di nuovo, e il mio cuore fece un balzo “sta chiudendo, sono le 11.30 pm… ci conviene andare”
Scattai in piedi prendendomi il viso tra le mani, tirai fuori subito il telefono dalla tasca e cercai gli orari dell’autobus… proprio come pensavo…
L’ultima corsa per tornare a Seattle da Forks era passata esattamente 15 minuti fa.
“Cazzo”
“Cosa succede Shay?”
“Succede che non torno a casa” risposi continuando a cercare su internet un modo per tornare a casa.
Di sicuro non sarei potuta tornare con la pelliccia dato che avrei dovuto attraversare il centro di Seattle sotto forma di lupo gigante, e non sera il caso. Decisamente non era il caso.
“Calmati… che problema c’è?” mi chiese alzandosi in piedi e avvicinandosi a me
“L’ultima corsa per Seattle era 15 minuti fa…” sospirai mettendo via il telefono.
Nel peggiore dei casi avrei potuto dormire qui da qualche parte…
Che situazione, perché succedevano sempre tutte a me?
“non ti preoccupare… ti riporto a casa io”
Lo guardai sorpresa “ma è un’ora di strada Embry…”
“Sono in macchina, non a piedi” rise “domani inizi presto a lavorare?”
“No domani ho turno di notte, sono di guardia”
“Perfetto allora… che ne dici di andare al cinema e poi ti riporto a casa?Un bel film sarebbe perfetto per concludere la serata come si deve” disse sorridendomi e tendendo la mano verso di me.
Guardai prima lui e poi la sua mano.
Perché no?
Gli sorrisi e la presi incamminandoci mano nella mano verso l’uscita.
 
 
 
Fermò la macchina proprio davanti al mio portone di casa.
Guardai fuori dal finestrino, diluviava come sempre.
“Eccoci qui”
Mi voltai a guardarlo “grazie ancora una volta per il passaggio Embry”
“Figurati, neanche da dire… dopo averti morsa è il minimo che io possa fare” mi sorrise
“Hai ragione, ne hai da farti perdonare” risi facendogli l’occhiolino.
Con lui mi divertivo, stavo bene, sentivo di poter parlare serenamente.
Per la prima volta da quando ero arrivata a Seattle ero di nuovo me stessa, ridevo e scherzavo come avevo sempre fatto, lasciandomi alle spalle per qualche ora tutta la stanchezza per le troppe ore di lavoro e lo stress mentale di dover sempre eccellere.
Non ero mai stata la prima della classe, nessuno avrebbe mai puntato qualcosa su di me.
Eppure adesso mi trovavo qui…
“Domani mi farebbe piacere se tu venissi a pranzo a casa di due miei amici… ci sarà tutto il mio branco e… beh sarebbe bello se tu venissi” farfuglio guardandomi a bassa voce.
“Non saprei ci devo pensare…”
“Non mi sembra che tu sia così impegnata qui, oltre al lavoro certo…”
“Ma non li conosco”
“Ma conosci me, e poi sei un lupo anche tu” sorrise “vieni dai, farà molto piacere anche a loro conoscere una mia amica”
“E va bene, a che ora e dove?”
“Passo a prenderti alle 11”
“Non serve, posso venire da sola”
“Ti perderesti nel bosco” rise guadagnandosi una mia occhiataccia “vengo a prenderti io” disse tornando serio. Con una mano sulla mia guancia si avvicinò a me dandomi un bacio leggero sulla guancia sinistra “buonanotte, ci vediamo domani” concluse sorridendomi ad una distanza decisamente troppo ravvicinata.
Il suo respiro sulle mie labbra mi fece quasi impazzire “buonanotte” borbottai imbarazzata scendendo dalla macchina quasi scappando.
Cosa mi stava succedendo?
Dio, non era il primo ragazzo che conoscevo e che mi piaceva.
Oddio avevo appena detto “piaceva”?
Aprii il portone e salii le scale in fretta.
Avrei dovuto rifletterci su.
 
Il giorno dopo…
Chiusi il portone di casa e scesi le scale di fretta.
Non appena aprii il portone di casa mi resi conto di aver avuto una pessima idea mettendomi la gonna.
Guardai Embry comodamente seduto sulla sua moto da cross, un soffio d’aria gelida s’insinuò tra il velo del vestito e la mia schiena nuda. Rabbrividii per un attimo e mi strinsi con le braccia. La mia costituzione decisamente magra non aiutava con il freddo.
“Per fortuna ho portato la giacca” dissi ad alta voce attirando la sua attenzione.
Subito il suo sguardo si fissò su di me e rimase fermo, immobile.
Continuava a squadrarmi, mettendomi decisamente in imbarazzo.
Guardai altrove.
Perché mi guardava così adesso?
Mi avvicinai a lui lentamente, spostando un mio lungo boccolo nero dietro la spalla.
“Potevi dirmelo che saresti venuto in moto, mi sarei vestita diversamente” mi lamentai mentre mi mettevo la giacca. Chiusi bene la cerniera e guardai il cielo, per fortuna non pioveva. Almeno questo.
“Stai benissimo, sei bellissima” mi disse sorridendomi senza smettere di guardarmi.
Sentii le guance diventare sempre più calde, mi porse il casco e lo indossai subito.
Montai dietro di lui con agilità.
“Hai paura delle moto?”
“Assolutamente no”
Lo sentii ridere per un attimo “allora tieniti forte baby” in pochi attimi la moto fece uno scatto in avanti e subito prese velocità. Strinsi le braccia intorno alla sua vita e mi appoggiai totalmente alla sua schiena lasciandomi andare.
Mentre sfrecciava tra le auto uscendo dal traffico di Seattle cercai di distrarmi con il vento che mi arrivava in faccia, ma i suoi addominali scolpiti si potevano sentire anche da sopra la sua giacca in pelle.
Provai un irrefrenabile voglia di stringermi ancora di più a lui, ma in fin dei conti neanche lo conoscevo! O meglio, lo conoscevo da pochi giorni.
Sospirai concentrandomi sul vento gelido che si scontrava con le mie gambe nude, probabilmente se non fossi stata un lupo a quest’ora sarei morta di ipotermia.
Una volta usciti da Seattle finalmente, imboccammo una strada totalmente deserta in mezzo agli alberi. Sentii la moto accelerare e mi strinsi un po’ di più a lui per coprirmi dal freddo.
Improvvisamente appoggiò la sua mano destra sulla mia coscia, iniziandomi a fare quelle che avevano tutta l’aria di essere carezze.
Sentii ancora una volta tanto caldo in faccia, troppo.
Incrociai il suo sguardo dallo specchietto e subito distolsi lo sguardo rimanendo in silenzio.
Dannazione.
Perché un ragazzo conosciuto pochi giorni prima mi faceva questo effetto?
Ripensai al giorno in cui mi aveva morso e alla figuraccia che avevo fatto riacquistando la mia forma umana. La sensazione di lui sopra di me senza niente addosso mi tornò in mente in un attimo, ma cercai di scacciare questi pensieri decisamente poco casti immediatamente.
Stavo esagerando, dovevo controllarmi.
“Tutto bene?” la sua voce mi arrivò un po’ distorta dal vento, ma il mio super udito mi permise di comprendere tranquillamente. Mi sbilanciai in avanti avvicinandomi al suo orecchio per farmi sentire “andrebbe meglio se non facesse così freddo” risi e lo sentii ridere con me.
“Mi dispiace non averti avvisata, è stata una decisione dell’ultimo minuto visto che non pioveva… siamo arrivati”
Parcheggiò la moto davanti ad una piccola casetta bianca in mezzo al bosco.
Scesi subito dalla moto togliendomi il casco e guardai questa casa davanti a me, era decisamente graziosa.
Davanti c’era un portico con una panca di legno e delle fioriere di gelsomini che coloravano il complesso, era tutto così accogliente!
Embry scese dalla moto togliendosi il casco “benvenuta a LaPush bellezza” una strana sensazione invase la mia pancia al suono "bellezza", ma cercai di non farci caso.
Mi voltai guardandolo, un sorriso decisamente sexy faceva capolino sul suo viso, e quell’aria da cattivo ragazzo lo rendeva ancora più irresistibile.
Scostai lo sguardo, almeno un po’ di discrezione Ashley…
“E così tu devi essere Ashley!” la porta d’ingresso si spalancò e subito tre ragazzi saltarono gli scalini avvicinandosi subito a noi.
Li guardai meglio, erano tutti estremamente simili, stessi colori e stessi lineamenti.
Riconobbi il ragazzo che quella notte era davanti a me alle macchinette del pronto soccorso e i visi degli altri due erano decisamente volti noti.
“Sono proprio io” dissi cercando di sorridere tranquillamente, strinsi la mano a tutti e tre. 
La loro temperatura corporea era esattamente come la mia.
La verità era che ero davvero in imbarazzo, non avevo mai avuto problemi nel relazionarmi con gli altri, anzi, ero sempre stata una ragazza molto socievole e circondata da mille persone… ma chissà perché, sapere che loro erano amici di Embry, mi metteva un po’ in soggezione…
“Finalmente ci conosciamo… Embry parla sempre di te” disse quello un po’ più bassetto dei tre ridacchiando e suscitando una risata generale. Lo guardai imbarazzata e poi spostai lo sguardo verso Embry
“Stai zitto Jared” sentenziò a denti stretti prima di avvicinarsi un po’ di più a me “scusa non ascoltarli, i miei fratelli non sanno quando devono chiudere la bocca” disse guardandoli decisamente male.
“Noi diciamo solo la verità” disse l’altro facendomi l’occhiolino, risi anche io insieme a loro.
Tutta questa situazione era a dir poco pazzesca!
“La descrizione di Embry non ti rende giustizia e anche se dal ricordo che avevo di te mi ricordavo quanto fossi bella, pensavo fosse un effetto della morfina” una voce sotto al portico attirò la mia attenzione.
Riconobbi chi aveva parlato, era il ragazzo che avevo curato, Jacob se non sbaglio…
Gli sorrisi “felice di vedere che ti sei rimesso”
Con un balzo si avvicinò a noi sorridendomi “sei il chirurgo più giovane che abbia mai visto, te l’ho già detto vero?”
“Si, ti sei già accertato che io sia maggiorenne” ridacchiai mentre Embry mi metteva un braccio intorno alle spalle, per un attimo mi sentii piuttosto spaesata.
Lo guardai, e mi persi nei suoi occhi.
“Loro comunque sono Paul, Quil e Jared… e lui è Jake ovviamente” mi disse a bassa voce consapevole del fatto che anche gli altri ci avrebbero sentiti benissimo.
Mi voltai a guardarli e mi impressi i loro nomi nella mente per non scambiarli, meglio evitare figuracce!
“Andiamo dentro ragazzi, è quasi pronto, Emily mi ha detto di chiamarvi” disse Jacob incamminandosi verso l’entrata insieme a tutti gli altri.
Rimasi indietro con Embry, lo guardai sorridendo “grazie per avermi invitata”
“E’ stato un piacere, puoi venire qui ogni volta che vuoi” disse prima di prendermi per mano e di avviarsi verso l’ingresso.
 

 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
  
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