Storie originali > Fantascienza
Segui la storia  |       
Autore: SparkingJester    31/10/2018    1 recensioni
Storia partecipante al contest “Bionica mente” indetto da molang sul forum di Efp.
Dopo svariate missioni esplorative completate con successo, la Opticon si apprestava ad affrontarne un'altra, più carichi che mai. Stavolta sotto scorta e con un obiettivo differente, il team di ricerca si appresta allo studio di un nuovo pianeta fin quando l'umano più giovane non ebbe un'allucinazione che cambiò la destinazione e il Fato della missione, mettendo in pericolo compagni e non solo.
Genere: Avventura, Dark, Science-fiction | Stato: completa
Tipo di coppia: Nessuna
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
 <<    >>
Per recensire esegui il login o registrati.
Dimensione del testo A A A
Il secondo team rientrò dopo dodici ore dall’atterraggio della Opticon, quello invece del dottor Pundu rimase al crinale. Al loro arrivo, il campo era vuoto:
«Hey, dov’è il professore?»
«Sarà andato a farsi la famosa passeggiata, Dean. Sta tranquillo torneranno.»
Matricola rimase un po' allibita:
«Strano, secondo il protocollo dev’esserci almeno un uomo di guardia qui alla navetta.»
«La Matricola ha ragione, non ti pare un po' strano? Credi gli sia successo qualcosa?»
La dottoressa non seppe cosa rispondere. Ordinò agli altri di stilare i rapporti e di catalogare il materiale.
«Bhé, non ci resta che attendere.»
Dopo un paio d’ore infatti i tre assenti rientrarono.
Il professore, con alle spalle i due soldati, aveva una faccia sconvolta e immersa nei pensieri.
«Professor Juris, finalmente! Dove siete stati?»
Incalzò Dean ma non ebbe una risposta immediata. I due soldati si guardarono tra loro e Kakkurus sussurrò:
«Professore…»
«Oh, oh. Hey, ragazzi! Com’è andata la spedizione? S-scusatemi mi sono addentrato troppo, ignorando gli avvisi del Maggiore e abbiamo fatto tardi.»
Le parole del professore destarono sospetto in Methra, mentre Orca e Dean lo raggiunsero allegramente informandolo delle novità e parlandogli dell’enorme grik.
Il professore finse interesse ma i due erano troppo ingenui per capirlo, Methra però intuì che qualcosa non andava e iniziò a fissare il Maggiore con uno sguardo torvo di sfida.
I soldati la guardarono di rimando e la ignorarono, rientrando nella navetta.

La notte e il giorno non esistevano su Ember ma potendo mantenere i ritmi circadiani nella navetta, gli umani andarono a dormire nei loro alloggi. Gli unici a rimanere svegli furono Urtus Bak di guardia all’esterno della navetta, il professor Juris  impegnato a bere whisky in solitaria nel suo alloggio personale e Orca Valis intento a creare un nuovo intruglio per la sua pelle.
Un dolore lancinante al cervello svegliò di colpo Dean, facendogli emettere un gridolino. Sudato, il ragazzo si alzò dal letto e si affacciò all’oblò della sua stanza che dava all’esterno verso i boschi.
Che diavolo è stato? Di solito non ho mai incubi o sogni… Maledetto pianeta.
Si passò le mani tra i capelli chinando il capo per poi rialzarlo e rimanere sbigottito: la ragazza era lì, tra gli alberi. Gli sorrideva e lo guardava dritto negli occhi di rimando.
Il ragazzo rimase paralizzato, sbatté le palpebre e la ragazza svanì. La cerco a destra e a sinistra ma d’un tratto sbucò dal basso, proprio davanti al suo oblò.
«Oh, cavolo!»
Il cuore stava per esplodere, lo sentiva chiaramente.
Impossibile, impossibile! C’è il campo di forza, come ha fatto?
La ragazza sembrava nuda sotto il grigio mantello ed incappucciata, le si potevano vedere le punte dei mossi capelli rossi. Aveva dei lineamenti graziosi e degli occhi azzurri che misero in dubbio il suo amore per Methra. Ormai stava con le mani contro il pannello, a bocca aperta. La ragazza lo fissò e gli sorrise ancora per poi poggiare la sua mano sopra la sua.
D’un tratto la sua testa si voltò a sinistra, notò il pericolo e fuggì dalla parte opposta.
Dean guardò prima a destra, poi verso ciò che l’aveva spaventata: la Matricola, con in braccio un fucile, che veniva nella sua direzione. Stava facendo la guardia da ore ormai ma in quel momento non sembrò turbato dalla presenza di qualcuno, stava solo pattugliando l’area.
Il cuore del ragazzo si calmò sapendo che almeno la ragazza non era stata scoperta.
Rimase ore ed ore in attesa che la rossa si ripresentasse, gli vennero le occhiaie e a causa della mancanza del giorno e della notte, non udì il bussare alla sua porta nei primi minuti.
«Sveglia, Dean! Vuoi fare tardi? Guarda che è per queste cose che vieni pagato così poco!»
Il ragazzo si svegliò dal torpore. Si accusò di essere uno stupido e di aver sognato ad occhi aperti.
Andò alla porta, la aprì e con l’aria di uno a cui mancavano parecchie ore di sonno, disse alla collega:
«Non… non credo di star bene. Vado da Orca e sarò subito da voi.»
Lo disse con stanchezza e per la prima volta, senza entusiasmo nel rivolgersi alla sua amata Methra.
«O-ok, Dean. In effetti ti vedo un po' provato. Io però sto bene, hai forse toccato o ingerito qualcosa che non dovevi nel bosco vicino al lago? Matricola però ha detto di non averti…»
«Sto bene, Methra. Scoprirò cosa mi prende da Orca. Ora se vuoi scusarmi…»
La interruppe per congedarsi e chiudere la porta. Dean si passò ancora le mani tra i capelli, stringendoli stavolta e tirando per sentire dolore.
Che cavolo hai!?
La porta dell’infermeria si aprì, facendo entrare uno stanco Dean dalle occhiaie nere.
Orca lo salutò con un verso:
«No. Sonno? Vieni. Orca. Aiuta.»
«Guarda che non devi chiamarti Orca anche davanti a me se non vuoi.»
L’irtus preparò una speciale pistola che poteva scansionare il cervello dell’umano, facendo un lieve sorriso.
«Ti avviso subito che non ho dormito ma non sono entrato in contatto con questa stupida atmosfera. Voglio dire, il professore e Methra stanno bene. Io però credo di avere le allucinazioni.»
«Allucinazioni?»
«Si. Credo di aver visto un altro umano su questa roccia inesplorata.»
Valis emise un suono che per la sua specie equivaleva ad una risatina affettuosa.
«Tu. Forse. Pazzo. Davvero.»
Passò la pistola scannerizzando il suo cranio e ne lesse i risultati, per poi mostrare lo schermo anche al ragazzo.
«Tu. Bene. Forse. Pscicologia? Arzem. Serve.»
«Lo so, lo so. Ma che ci posso fare allora? Prenderò gli integratori SC-4 e spero che mi aiutino. Le allucinazioni sono comuni tra i viaggiatori, no?»
«Non più. Da tempo. Ma succede.»
«Ma guarda che sfiga… Senti, posso dormire un paio d’ore qui? Una visita di ore è un po' esagerata ma puoi sempre dirgli che sono svenuto, no?»
Il ragazzo e l’irtus si scambiarono un sorriso. Dean si poggiò sul lettino della sala operatoria ed iniziò a prendere sonno mentre Orca continuò il lavoro sugli unguenti.
Qualche ora dopo, i due giovani si incontrarono nel mezzo dei loro compiti:
«Dean, dove sei stato? Sono ore che non ti vedo. Non avrai dormito ancora, spero.»
«No, sta tranquilla. Te l’ho detto, sono passato da Orca e poi mi sono messo a lavoro con dei carichi nella stiva. Cose che servivano a lui. Tu, piuttosto? Ti vedo nervosa.»
«Penso… penso ci sia qualcosa che non va con questa missione.»
«Prego?»
«Il Maggiore e i suoi uomini, la loro presenza qui. Non può essere solo per tenerci d’occhio.»
«Ma di cosa stai parlando? La Matricola mi ha detto tutto.»
«Tutto cosa?»
«Che sono qui per tenere d’occhio il professore, non voleva si sapesse ma io lo sai riesco a far parlare tutti.»
«Ma che… No, assolutamente no!»
«Cosa?»
«Quella dev’essere una copertura. Deve esserlo!»
«Methra, per favore spiegati!»
«Circa un’ora fa ho visto il professore uscire dalla cabina del sonar. Deve aver analizzato qualcosa con le strumentazioni lì.»
«E quindi?»
«Ma sei scemo? Il professore non ha MAI fatto una scansione o altre analisi di persona, le ha sempre fatte fare a me. A me! Non che mi senta scavalcata ma… Ci sta tenendo nascosto qualcosa.»
«Oddio, sei davvero così malata per il protocollo?»
«Dean, non prendermi in giro. Sono seria. L’ho visto parlare col Maggiore Kakkurus subito dopo ed ha ordinato ad Urtus di prendere la lancia di terraformazione.»
«Li hai sentiti tu? La lancia non la usiamo da tempo e non possiamo nemmeno usarla qui!»
«Si che li ho sentiti! Proprio per questo è strano! Quell’arnese potrebbe usarlo solo Orca oppure uno grosso come Urtus. Non credo si tratti di campioni ed esperimenti, Dean. Vogliono scavare. Stanno cercando qualcosa!»
«Calmati, Methra, non gridare.»
«Si, certo, scusami.»
La ragazza era visibilmente turbata, ingenua in quanto a imprevisti. Temeva il peggio in situazioni a lei sconosciute.
Il ragazzo però non se ne accorse poiché gli tornò in mente la visione di quella notte, la ragazza:
Può essere? No, che c’entra? Loro vogliono scavare. Ma allora, forse non era un’allucinazione. Se la stessero cercando? No, nessuno sa di lei. Urtus non l’ha notata. Avrebbero già fatto qualcosa se fosse così.
La sua testa era immersa in una miriade di ipotesi mentre il dialogo tra i due fu interrotto proprio dal Maggiore Kakkurus: i tre si lanciarono occhiate di sfiducia e sospetto mentre il soldato superava i due, distogliendo lo sguardo e dirigendosi verso il professore in lontananza.
«Ma-maggiore!»
La ragazza trovò il coraggio di parlare mentre Dean la guardò come se avesse appena fatto l’errore più grande della sua vita:
«D-dobbiamo parlare. Andiamo dal professore.»
Il Maggiore la guardo freddamente ma non ebbe da ridire e si fece seguire.
«Professore, non so cosa sta succedendo ma lei e questi… bruti, state nascondendo qualcosa.»
Il professore e il Maggiore si guardarono:
«Glielo dirò, Jean. Non posso tenerli lontani come vedi, non sono bravo nemmeno a mentire.»
C’era del risentimento nelle sue parole; si tolse gli occhiali e guardo i due giovani sconvolti.
«Ho analizzato un oggetto per loro. Presto io e il Maggiore saremmo partiti verso il bosco ma… A questo punto credo di dovervi invitare. Sarà meglio che lo vediate coi vostri occhi, piuttosto che spiegarvelo.»
I due si guardarono con aria interrogativa, il Maggiore invece vide in lontananza, alla spalle dei due che non si accorsero di nulla, dei lampi di luce intermittenti.
«Professore, credo sia ora di partire. Portate pure i ragazzi, la cosa importante dovreste sapere qual è.»
«Terremo la bocca chiusa, glielo prometto.»
Disse Dean. Il professore concluse il rapporto davanti ai presenti, decretando il pianeta come non abitabile a causa dell’atmosfera e del divieto di terraformazione per renderla tale.
«Stavolta me lo permette, vero Maggiore?»
«Certo, professore. Sono testimone della bellezza e dell’altrettanta inospitalità di questo pianeta. Ma è ora che i ragazzi sappiano qual è il vero obiettivo della missione.»
I tre si prepararono e scortati dal Maggiore uscirono dall’accampamento, lasciando la riposata Matricola a guardia.
Dopo un estenuante cammino verso Sud, voltarono ad Est e si addentrarono con precisione nel bosco. Sembrava che il Maggiore ed il professore fossero già stati qui. Non si accorsero delle creature che gli stavano intorno, delle particolari forme di alcuni alberi e di qualche curioso grik. Il soldato era dedito alla sua missione ed il professore troppo impensierito per lasciarsi trasportare.
Arrivarono infine di fronte ad uno spettacolo raccapricciante: Urtus Bak era già sul luogo, seduto su una roccia e con a fianco il suo vulcan ancora fumante e la lancia di terraformazione; alle sue spalle vi era il colossale grik che Methra e Dean videro il giorno prima solo che ora era inerme a terra, crivellato di buchi neri causati dai proiettili radioattivi di Bak.
La dottoressa ebbe da ridire:
«Oh, no! L’avevamo incontrato ieri! Volevo cercarlo e voi…voi…»
Dean la confortò afferrandole le spalle:
«Sta tranquilla, Methra. Non potevamo farci niente fin dall’inizio.»
Il gigante corazzato si alzò e fece il saluto militare al suo superiore per poi condurre il gruppo verso quella che sembrava essere la ex tana del grosso grik: una voragine profonda e con un alone arancione si apriva di fronte a loro. La fossa era poco più grande del suo inquilino e sul fondo vi scorreva un sottile strato di lava ma non era quello che turbò i due giovani.
Da un lato della fossa, sporgeva la punta di una navetta spaziale: una capsula di salvataggio logorata dal tempo, visibilmente fabbricata da mani umane. Una scritta era appena leggibile da sotto quello che sembrava essere lo sporco pannello della cabina: Daughter.
Sembrava che Urtus avesse scavato tutta la notte, lasciando un doppio turno di guardia per la Matricola.
Aveva provocato ed ucciso l’enorme grik ed ora, davanti agli sbigottiti occhi dei presenti, si apprestava ad agganciare un cavo collegando la sua cintura alla punta del relitto.
Cliccò sul piccolo schermo posto sul braccio sinistro e fece detonare una piccola carica nel terreno sopra la navetta, dopodiché si librò in volo con due propulsori dalla fiamma azzurra posti ai fianchi della tuta.
Con la spinta dei razzi, la sua immensa forza e l’esoscheletro di potenziamento sollevò in aria l’ormai libera navetta: la afferrò in volo con entrambe le braccia e discese lentamente per poi poggiarla sul terreno come un fosse leggera e maneggevole.
Il ragazzo rimase impressionato dal potere di quella tuta; prese la mano della collega e si avvicinò al relitto.
Il professore li seguì mentre Urtus aprì la cabina forzandola con le mani.
La Daughter era lunga poco più di tre metri, solo una capsula di salvataggio a due posti.
Il suo contenuto stupì tutti: vi era un umano morto e quasi perfettamente conservato, con venature blu sulla grigia pelle ed un uniforme della prima era del Clan Celeste. Si trovava sdraiato ed inerme in una sorta di lettino, la seconda postazione invece era vuota e tutti i collegamenti della capsula erano bruciati o assenti. Non sarebbe mai potuta ripartire.
Il professore fu in grado di vivere a lungo grazie alle nuove tecnologie in campo medico ma i due presenti erano comunque troppo più giovani di lui, appena una trentina d’anni ciascuno.
Gli avvenimenti storici nel tempo potevano essere distorti o ignorati e la leggenda della Foundress rimase tale dopo una serie di scandali per confermarne la veridicità.
Si affiancò ai ragazzi e domandò loro se sapevano qualcosa riguardo quella navetta.
I due negarono. Così si sentì in dovere di narrare tutto l’accaduto:
«Non credo in effetti che abbiate letto della Foundress, la fondatrice, all’accademia. Accadde più di tre secoli fa ed il Clan Celeste non ci mette niente a cancellare le cose che non vuole che la gente sappia. Io lo so perché ho le conoscenze giuste ma… lasciate che vi spieghi.
La prima missione del Clan Celeste, subito dopo la sua fondazione, fu quella di inviare una enorme colonia umana in giro per la galassia. Team come il nostro erano incaricati di esplorare i pianeti vicini e decretare la possibilità o meno di lasciare dei coloni sul luogo. Tutto questo in volo, orbitando nei dintorni della Foundress che non poteva mai fermarsi. I motori furono progettati per non essere mai spenti e non potendo saltare nell’iperspazio visto l’ingente carico di umani e attrezzature, avrebbe dovuto volare a velocità di crociera per diverse centinaia forse migliaia di anni terrestri.
La capacità credo fosse sui due miliardi di umani, di ogni sesso, età e mestiere. Doveva davvero essere una “fuga” con l’intenzione di trovare più spazio altrove ed iniziare ad espandere il territorio umano.
Ma qualcosa andò per il verso sbagliato. Ci fu una cospirazione globale ai danni del Clan stesso.
Per una volta, finalmente per una sacrosanta volta, le menti migliori del pianeta, artisti, scienziati e rivoluzionari, unirono le forze per falsificare ogni documentazione e corrompere ogni uomo possibile per ingannare l’occhio del Clan.
Così il giorno della partenza, a intraprendere quel lungo viaggio di speranza ed in gran segreto, furono persone non selezionate col solo obiettivo di fuggire da quel pianeta e da quella società imbarazzante e ottusa e per poter avere una ventata d’aria fresca.
Rubarono la Foundress e vagarono nell’universo sconosciuto, utilizzando i protocolli originari ed esplorando i dintorni. Sembra che la Daughter sia venuta qui per cercare un buon posto in cui sistemarsi ma credo abbia fallito.
Comunque sia, si persero le tracce della gigantesca nave spaziale. Nessuno l’aveva vista eppure era davvero colossale! Niente segnali radar o termici o avvistamenti da parte di satelliti o altro, svanita.
In seguito si seppe, o almeno si arrivò a capire che, la Foundress si era schiantata su un pianeta. Nessuna delle navette che mandò in esplorazione tornò con buoni risultati ed alcune non tornarono affatto.
Sta di fatto che il Clan non volle accettare l’onta subita e cancello dai registri gli avvenimenti della Foundress, spacciandone lo smarrimento come un guasto tecnico e l’annullamento della missione.
D’altro canto, nessuno di quelli che sarebbe dovuto partire, partì effettivamente. Quindi tutti se la bevvero, ignorando la scomparsa di quelle persone che tutti avrebbero comunque ignorato.
Ebbene, credo che abbiano rilevato un segnale da questa navetta e che abbiano incaricato noi e il Maggiore di occuparci della questione e scoprirne qualcosa.
Non hanno molte informazioni, questo potrebbe fruttarci quanto meno qualche soldo in più visto che dovremo tenere la bocca chiusa.»
I due non poterono credere a quelle parole, si guardarono tra loro, poi uno sguardo al Maggiore ed infine al contenuto della capsula. Ma lo sguardo di Dean era certamente più sconvolto della collega:
Non può essere… Lei è…
 
  
Leggi le 1 recensioni
Segui la storia  |        |  Torna su
Cosa pensi della storia?
Per recensire esegui il login oppure registrati.
Capitoli:
 <<    >>
Torna indietro / Vai alla categoria: Storie originali > Fantascienza / Vai alla pagina dell'autore: SparkingJester