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Autore: SparkingJester    31/10/2018    0 recensioni
Storia partecipante al contest “Bionica mente” indetto da molang sul forum di Efp.
Dopo svariate missioni esplorative completate con successo, la Opticon si apprestava ad affrontarne un'altra, più carichi che mai. Stavolta sotto scorta e con un obiettivo differente, il team di ricerca si appresta allo studio di un nuovo pianeta fin quando l'umano più giovane non ebbe un'allucinazione che cambiò la destinazione e il Fato della missione, mettendo in pericolo compagni e non solo.
Genere: Avventura, Dark, Science-fiction | Stato: completa
Tipo di coppia: Nessuna
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Durante uno degli interminabili giorni di viaggio, Dean si svegliò ancora legato alla panca della cella ma notò l’assenza della ragazza.
«Katy? Katy ti prego dimmi che sei invisibile.»
Portò istintivamente le braccia al vetro che divideva le loro celle e si bloccò a causa del cavo ma poté accorgersi di uno strana incisione sul suo avambraccio: “Chiama Bak. Fidati di me. Quando ne hai l’occasione, corri nell’area 21, settore 2, lab C. Metti questa chiavetta nella grossa console nera.”
Il ragazzo non seppe cosa pensare, le parole sembravano incise col laser e non sapeva nemmeno spiegare come avesse fatto Katy a procurarglielo o ad uscire o perché avesse una chiavetta nella mutande dato che non poteva nemmeno allontanare i polsi.
Ma ubbidì e urlò a gran voce:
«Bak, Bak! Presto vieni!»
L’omone era incaricato di sorvegliare i due giorno e notte, supportato da due guardie all’esterno del settore, ma spesso restava fuori dall’anticamera delle celle, tenendoli d’occhio da un’altra vetrata.
Accorse subito, la porta si aprì e la corazza ambulante si avvicinò minacciosa al ragazzo:
«Dove diavolo è la tua amichetta? Dio mio, mi addormento per un attimo e guarda cosa succede. Se non la ammazzo finirò nei guai, adesso.»
«Cosa? No, perché devi ucciderla? Vi serve ancora, no?»
«Non proprio, ragazzino. Abbiamo ciò che ci serve. Il consiglio la vorrebbe vedere di persona ma non è obbligatorio, diciamo.»
Mentre Urtus era intento a parlare, Katy si materializzò nuda alle sue spalle e lo spinse violentemente con un calcio contro la cella di Dean, mandandola in frantumi e attivando l’allarme generale.
Le porte dietro di loro si bloccarono, un allarme rosso e assordante riempiva il posto. La ragazza nuda parlò, mentre l’omone si rialzava lentamente.
«Ora tocca a te, Urtus Bak. Nessuno ti rivedrà mai più.»
«Brutta…»
Urtus scattò come una furia, armato solo coi suoi grossi pugni. La ragazza lo attese, schivò due montanti e fu colpita da un terzo che la sbatté contro il muro alle sue spalle. Urtus estrasse rapidamente una pistola e scaricò una batteria di verdi fasci d’energia contro l’agile robot.
La donna infine si difese lanciando un’onda elettromagnetica dalla bocca: la tuta del soldato iniziò a lampeggiare e fare strani suoni, bloccando i movimenti del gigante; la porta si aprì, permettendo a Dean di fuggire.
«Adesso Dean, vai!»
Vado, volo!
Katy schivò colpi in abbondanza e i pochi che la colpirono non lasciarono altro che lievi scottature sulla sua pallida pelle. Ora che però Dean era andato via, toccava a lei contrattaccare: le dita della mano destra si ripiegarono su se stesse, lasciando spazio ad un raggio di luce che uscì dal centro del palmo e colpì in pieno petto.
Aera 21. Area 21. Veloce. Veloce.
Urtus perse per un fatale attimo l’equilibrio dopo il colpo e non fece in tempo ad evitare un calcio dritto in faccia che lo scaraventò a terra.
«Ora, ora mi arrabbio sul serio.»
Si rialzò e continuò a sparare estraendo una seconda pistola.
Settore 2. Settore 2. Eccolo.
La donna sembrava non cedere ai colpi e non perdere energie. Ma l’armatura di Bak stava ormai per cadere sotto i formidabili pugni della donna, così spinse un bottone sullo schermo del braccio sinistro e delle strane fiale fuoriuscirono dall’armatura ed iniettarono una sostanza nel sangue del soldato.
Alcuni pezzi dell’armatura si sganciarono dopo l’iniezione, lasciando spazio a poderosi muscoli.
Lab C. Console nera. Chiavetta? Inserita. Vediamo… Accesso consentito. Trasferimento completo. Trasferimento? Accetta.
La battaglia sembrava al culmine, passi di soldati si udivano in lontananza.
L’uomo caricò in avanti e Katy preferì affrontarlo per avere l’opportunità di sferrargli un altro pugno nello stomaco. Ne ebbe l’occasione e Urtus incassò ma non sembrò soffrirne molto, piuttosto il pugno del possente soldato scaraventò la donna contro una parete, mandandole in frantumi parte del ventre e della spina dorsale.
Urtus si avvicinò a lei per finirla, schiacciandole le gambe sotto i pesanti stivali. Ma Katy sorrise e aprì la bocca come per sbadigliare: le labbra robotiche si mossero in avanti come pannelli e dalla gola ne uscì una grossa canna metallica.
«Stronza…»
Il cannone fece fuoco e formò un buco con rivoli di sangue al centro della faccia di Bak. Il corpo cadde a terra con un tonfo e le guardie sciamarono all’interno della stanza.
Dean tornò troppo tardi, soldati sorvegliavano l’ingresso alle celle ed altri lo afferrarono da dietro ammanettandolo. Il corpo del cyborg venne portato fuori, seguito da quello dell’enorme Bak.
«Katy! Oh, oddio. Stai bene? Ma cosa hai fatto? Come farai a salvarmi così?»
Dean era in lacrime ed iniziò ad opporre resistenza all’arresto. Il corpo metallico della donna sembrava spento, nessuna ultima parola e nessun modo apparente per rianimarla.
Poco dopo, decine di soldati armati fino ai denti puntavano i fucili contro Dean, ancora insanguinato e afflitto dalla perdita senza senso della sua ragazza.

Due giorni dopo, Dean venne prelevato ed accompagnato dalla sua cella verso la cabina di comando della Prophet. Sembrava che il Maggiore volesse parlare con lui a proposito dell’incidente e di cosa aveva fatto con quella chiavetta. Si era appena ripreso dall’accaduto ma continuava ad avere un’aria triste e spenta.
In formazione, Conte, il suo vecchio drone preferito, conduceva una scorta per lui. A seguire in ordine: un soldato, Dean e Barone alle sue spalle.
D’un tratto però si sentì afferrato alle spalle, un braccio metallico superò il suo viso e sparò dietro la testa del soldato di scorta, poi alla faccia di Conte.
«Non preoccuparti, sono ancora qui con te. Grazie a te.»
Impossibile, amore!
Dean non poteva credere alle sue orecchie: era la voce di Katy.
Il drone senza lineamenti trascinò di corsa il ragazzo attraverso un altro corridoio. Le telecamere ormai li avevano notati e l’allarme era già attivo. Svoltarono parecchie volte, scambiarono dei brevi colpi di arma da fuoco e dovettero sbloccare molte porte e bloccarne altre, collegandosi alla rete, per impedire l’avanzata di ulteriori guardie.
Arrivarono infine alla loro destinazione, le capsule d’emergenza, tutte dalla forma di una pillola ed in fila coi portelloni bloccati.
Dean iniziò a pensare a ciò che aveva detto la ragazza, sul fuggire insieme e sul salvargli la vita promettendone una migliore, così lasciò che il drone con la personalità di Katy sbloccasse una delle capsule e si fece spingere al suo interno.
«Ecco, guida tu. Segui queste coordinate.»
Si sedettero uno di fianco all’altro, l’interno era uguale a quello che trovarono su Ember pochi mesi prima. Devo guidare? Dove andiamo?
«Dove andiamo?»
«Megacy, amore. Li verrai accettato come meriti ed io potrò finalmente rientrare.»
«Rientrare? Ah, eri stata esiliata.»
«Questa volta mi faranno entrare. Ho ucciso almeno un centinaio di umani e gliene sto portando uno.»
«Cosa?»
«Niente, amore. Guida.»
Ha ucciso centinaia di umani? Di che parla?
«Sissignora.»
Così si lanciarono nello spazio, viaggiando perpendicolarmente alla rotta della grande Prophet. Katy si era anche assicurata, con quella chiavetta, che nessun allarme avrebbe rilevato una capsula d’emergenza in fuga né con radar né con rapporti automatici di volo.
Destinazione Megacy.
La notizia della fuga di Dean con un drone ed una capsula non tardò a diffondersi. I colleghi rimasero delusi ma c’era freddezza nei loro sguardi, come se ormai non importasse. Avevano un cattivo presentimento.
Il Maggiore Kakkurus confortò il professor Juris, ultimamente attaccato in modo morboso allo studio di questi umani potenziati.
«Mancano pochi giorni all’arrivo, vedremo con chi o cosa avremo a che fare e voi verrete rispediti a casa. Siamo d’accordo professore?»
Lui sembrò non ascoltarlo.
«Professore, mi ascolti. Vi avremmo dovuto uccidere tutti al termine dell’investigazione e non lo dica anche agli altri. Ma è grazie a lei se ho vissuto questa particolare avventura ed ho compiuto la mia missione. Si consideri fortunato e salvo, sia lei che gli altri. Ora vada, le abbiamo mandato altri dati da controllare.»
Il professore annuì ciecamente e si diresse nei suoi alloggi, mantenendo un’aria assente.
Infine la Prophet raggiunse il traguardo: un enorme pianeta era stato colpito e distrutto per metà, sostituito dal rottame della Foundress, grande quanto il pianeta stesso, permettendogli ancora di poter ruotare sul proprio asse e mantenere una gravità accettabile.
Altri detriti e rocce orbitavano attorno ad esso, furono però prontamente eliminati dai cannoni del grosso vascello per facilitarne la discesa in superficie.
I radar localizzarono forme di vita, umanoidi anche se non completamente.
Il Maggiore e il professore concordarono sul fatto che fossero altri umani sopravvissuti e dal corpo cybernetico. Lo confermavano le scansioni, le foto di superficie e i dati che avevano estratto dalla testa della ragazza.
Così, la nave si appresto a scendere e venne subito anticipata da colonne di fari luminosi che indicavano il tragitto da seguire per una sicura zona d’atterraggio.
Ricevettero un inquietante caldo benvenuto: uomini e donne dai corpi atletici ma dai visi di età non corrispondenti, nudi e vestiti col mantello grigio della ragazza su Ember, li accolsero in festa presentando loro vecchie razioni di cibo della Foundress, ancora perfettamente conservati e lontani alla scadenza.
Né il Maggiore né altri seppero come comportarsi, accettarono i doni con l’aria allibita, riuscendo persino a comprendere il loro linguaggio nonostante nessuno avesse aperto bocca del team.
Si presentarono effettivamente come esiliati, col motivo di voler tornare ad essere proprio come gli umani che avevano di fronte, in carne ed ossa. Erano felici di poter incontrare altri membri della loro specie, quelli originali che non si erano lasciati trasformare dal metallo.
Li accolsero nei resti della Foundress, facendoli alloggiare dentro o fuori in baracche di fortuna.
Vennero nutriti e si permisero di scambiare informazioni su com’era diventata la Terra durante quegli anni, cos’era il Clan Celeste e come erano finiti su quel pianeta sperduto.
Rivelarono di aver seguito le indicazioni di una certa Katy, tenendoli però all’oscuro della fine che aveva fatto e del modo in cui l’avevano trovata.

Si fece finalmente sera, o almeno così sembrava dato che l’atmosfera del pianeta permetteva almeno dei cicli accettabili ai ritmi umani. Ci fu un grande banchetto all’interno, con musica dei tempi perduti e umani che mostravano le loro parti meccaniche ad altri umani; risero, bevvero alcool creato nei serbatoi della Foundress e furono finalmente a proprio agio, persino Orca Valis sembrò felice potendo finalmente parlare tramite impulsi sonori, comprensibili agli umani modificati da speciali sensori; Pundu conversò amabilmente di ingegneria con due che sembravano anziani solo dal viso mentre Arzem e Methra ebbero l’occasione di fare conversazione con altri esseri femminili.
Fu una meritata pausa dopo gli infernali avvenimenti passati. Ma il Maggiore Kakkurus non sembrava soddisfatto. Effettuò un rapporto in totale segretezza e diede la posizione al governo centrale, rimanendo in attesa di ordini.
Il professor Juris però lo trovò, nascosto dietro un portellone caduto dal fianco della Foundress.
«Sarebbe stato questo il momento in cui ci avreste ucciso?»
«Esattamente, professore. La prima notte di riposo. Ma continueremo col nostro piano, ovvero domattina li faremo tutti fuori meno che cinque campioni.»
«C-cosa? Volete ucciderli?!»
«Certo. Abbiamo ciò che vogliamo. Sappiamo di poter estrarre altre informazioni dai crani di quelle… creature, anche da morte. Troveremo questa famosa “Megacy” e poi sarà il governo a decidere cosa farne.»
«N-non posso permetterlo!»
Il professore era su tutte le furie. Si lanciò sul Maggiore e lo afferrò per il colletto della tuta, con lo sguardo incattivito.
«Si calmi professore.»
Lui scostò il vecchio con facilità, colpendo il braccio di lui col suo ed estraendo velocemente la pistola per poi puntarla alla testa:
«Non mi faccia cambiare idea. Ed ora mi segua.»
Rinfoderò l’arma e fece cenno al professore di seguirlo. Fiancheggiarono la Foundress arenata, passando tra le baracche donate come alloggi ai loro uomini.
«Non deve assolutamente lasciarsi sfuggire questa informazione, professore. Vada subito a dormire.»
«Perché deve sempre spezzare il cuore di questo povero vecchio? Spero almeno che il mio silenzio valga la protezione dei miei compagni. E che il Fato si prenda cura del povero Dean, oh ragazzo mio. Ho fallito come mentore.»
I due si addentrarono tra i vicoli, diretti al portellone principale, ma qualcosa non andava.
Il Maggiore si voltò di scatto e notò due cyborg seduti uno davanti all’altro.
Si insospettì ed avanzò.
«Professore, aspetti qui.»
«Cosa?»
Nel raggiungere la coppia, un altro cyborg donna uscì da una delle baracche e ciò che vide Jean Kakkurus lo segnò per il resto della sua ormai breve vita: il cyborg aveva il braccio nidoriano della dottoressa Arzem attaccato al posto del suo e camminava poggiandosi su una coda viola e tozza.
Lo sguardo saettò insieme alla pistola in direzione della coppia seduta che si voltò a fissarlo.
Quello che gli dava le spalle stava rimestando con degli organi freschi, cercando di inserirli nella cavità del ventre; l’altro aveva appena smesso di cucirsi una gamba umana con ancora attaccata la tuta di un soldato.
Al Maggiore venne un conato di vomito e stava per urlare quando venne sorpreso per l’ultima volta.
Il professore si lasciò cadere delle lacrime una volta compreso tutto.
Delle voci metalliche uscirono da dietro alcune lamiere, mostrando due cyberumani armati.
«Addio, compagni umani. E grazie per aver donato i vostri corpi alla nostra causa.»
Le pistole spararono ed aprirono un buco sul cranio di entrambi che caddero a terra privi di vita.

La battaglia era appena iniziata, si potevano udire colpì di laser, proiettili e bagliori ovunque nell’accampamento. I soldati usavano i rottami come copertura per i loro fucili ma i loro nemici erano più forti ed agili, nonché resistenti. Sembravano inarrestabili, scalavano le pareti della Foundress con velocità fulminea cadendo alle loro spalle e squarciandoli con artigli affilati. Altri usavano le loro braccia come cannoni carbonizzando i pochi soldati a cui non era stata tagliata la gola alle spalle.
Orca riuscì a resistere per qualche minuto, bloccato nei bagni e circondato spalle al muro da un gruppo di aggressori. L’irtus spalancò la bocca ancora una volta emettendo un’onda sonora ad alta frequenza che distrusse alcuni terminali dei cyberumani, ma altri resistettero e gli saltarono addosso, afferrandogli le mandibole e strappandogli il cranio a metà.
Pundu andò su tutte le furie quando scoprì che la moglie fu ridotta in quello stato, a pezzi, vedendo i suoi arti strappati via ed il corpo esploso per metà di Methra che giaceva a terra al suo fianco, ancora con gli occhi aperti per la sorpresa.
L’ingegnere estrasse due pistole simili a quelle in dotazione ai soldati ma modificate da lui stesso per emettere onde diverse. Combatté con onore, disattivando, bruciando, lacerando e frantumando con pistole e martello tutti i folli che osavano attaccarlo. Ma nonostante l’agguerrito nidoriano ne avesse falciati in abbondanza, venne infine placcato da due donne e la sua testa venne separata dal corpo in un’esplosione di sangue giallo e denso.
Il viaggio della Opticon e ora della Prophet erano ormai terminati.
Dean non avvertì stimoli durante l’intero viaggio; gli sembrò infinito ed ogni tanto era stuzzicato dalla sua Katy che ormai non osava più guardare dopo che si era trasferita in un drone privo di forma.
«Siamo arrivati, caro.»
Siamo arrivati? Dove? Cara Katy, perché sei così ora?
Erano arrivati già da un po', Katy spense i motori minuti prima ma Dean era ancora imbambolato a credere di guidare. Stavolta però sollevò lo sguardo e vide con orrore il pianeta Megacy: un ammasso di rottami e colonne di ferro con piccole fessure torreggiavano sulla superficie ormai invisibile del pianeta. Non c’era un solo angolo che non fosse occupato da una qualche struttura metallica ed il cielo circostante, dentro e fuori l’atmosfera, era denso di detriti, fumo nero e razzi in movimento.
«Ora ci faranno entrare, riconosceranno il mio codice. Vedrai. Non temere. Mi perdoneranno.»
Dean si permise di svenire.
Quando riaprì gli occhi, vide il volto di Katy come in un sogno. Sorridente e pallida come la ricordava, sullo sfondo una stanza bianca e degli attrezzi sollevati in aria.
Cosa sono quelli?
«Amore, c-cosa succede? Dove sono?»
Tentò di muoversi, ma era saldamente legato ad un lettino.
«Sta tranquillo, tesoro. Sto mantenendo la mia promessa, ti sto dando una nuova vita.»
Nuova vita? No, aspetta.
Una siringa enorme venne conficcata nel cuore del giovane che cacciò un urlo disperato di dolore. Guardò poi la sua amata:
«Amore…»
No, no, no.
Poi ancora un altro urlo ed il ventre fu messo in mostra, con gli organi ancora pulsanti. Una serie di strumenti affilati e dalla forma strana si avvicinarono al corpo del ragazzo, un pannello anti-sangue si posizionò sopra gli attrezzi e l’operazione ebbe inizio.
«Presto sarai come me.»
La coscienza del giovane abbandonò il corpo mentre convulsioni e sangue zampillante presero il suo posto.
Tra rumori di carne tagliata, di scariche elettriche e di piastre saldate Katy riuscì ad udire le ultime parole del suo innamorato:
«Arrivo…»
 
  
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