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Autore: mikimac    31/10/2018    2 recensioni
L'amore colpisce tutti. Spesso, quando meno te lo aspetti. Qualche volta, per chi non dovresti amare.
Genere: Drammatico, Sentimentale, Thriller | Stato: completa
Tipo di coppia: Het, Slash | Personaggi: John Watson, Mary Morstan, Mycroft Holmes, Sherlock Holmes
Note: AU | Avvertimenti: Triangolo
Capitoli:
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Destino
La giornata era calda e afosa. Londra era stata investita da un vento caldo e umido, che portava le persone a chiudersi negli edifici con l’aria condizionata o a sostare nei parchi, cercando refrigerio sotto le chiome di alti alberi pieni di foglie verdi. L’asfalto delle strade restituiva il calore ricevuto dal sole, aumentando il disagio per i pedoni. John Watson si fermò davanti a un imponente edificio e lo osservò. Gli occhiali scuri riparavano un po’ gli occhi azzurri dall’abbacinante riflesso del sole sulle vetrate del palazzo. Il cuore gli batteva rapido nel petto. Era quasi  sorpreso che nessuno dei passanti lo sentisse. Probabilmente era colpa della vita frenetica, che spingeva uomini e donne a correre tutto il giorno per portare a termine i propri compiti, ignorando il resto dell’umanità e i suoi problemi. John fissava l'ingresso del palazzo che ospitava gli uffici principali della marina e dell’esercito. Oltre che dell’MI6 e dell’MI5. Il giovane dottore era certo che i servizi segreti monitorassero attentamente l'accesso al palazzo, in modo da prevenire eventuali attacchi. Era sicuro che lo avrebbero individuato e lo avrebbero fatto parlare con chi tentava di incastrare Mary. Avrebbe riferito che stava per sposarla. Il cuore di John saltò un colpo. Presto avrebbe saputo che cosa pensasse Sherlock Holmes della decisione che aveva preso. Nel profondo del proprio cuore sperava che Sherlock si opponesse, che gli confessasse di amarlo e gli imponesse di mettere fine a quell’assurda missione. Una voce caustica gli disse che stava sognando a occhi aperti. Che Sherlock Holmes non era interessato a lui. Che sarebbe stato contento di vederlo sposato con Mary, perché ciò avrebbe favorito la sua missione. “Sherlock Holmes ti userà e ti butterà via. Per lui sei solo un mezzo per raggiungere un fine,” sogghignò la voce, sbeffeggiandolo. John strinse le spalle e marciò incontro al proprio destino.


Destino


La stanza era arredata con lo stretto indispensabile, ma ogni pezzo era stato scelto con cura, per evidenziare il potere di chi occupava l’ufficio. Non c'erano finestre. La scrivania si trovava di fronte alla porta d’ingresso ed era di legno massiccio e chiaro. Il computer portatile si trovava sulla destra, mentre il telefono nero era a sinistra, con accanto un piccolo mappamondo. Non c’era altro. Né fotografie né fascicoli. La poltrona dell’occupante dell’ufficio era in pelle nera, grande e imbottita. Alle spalle, appeso alla parete, c’era un grande quadro che raffigurava una giovanissima Regina Elisabetta in abito da cerimonia, con una lunga spada al fianco. Le sedie davanti alla scrivania avevano uno schienale alto e rigido. Erano state pensate per scoraggiare i visitatori dal fermarsi troppo a lungo. Mycroft Holmes, l’occupante dell'ufficio, si stava avvicinando ai quaranta anni. Predisposto ad ingrassare, aveva i capelli rossicci leggermente mossi, che si stavano diradando. I vivaci e intelligenti occhi azzurri scrutavano il suo interlocutore, senza perderne una mossa. Molti uomini e molte donne sarebbero stati messi in difficoltà da quello sguardo penetrante. Sherlock Holmes, invece, era cresciuto sotto quegli occhi indagatori e li sopportava con esasperata e malcelata impazienza. Il più giovane degli Holmes resisté alla tentazione di agitarsi sulla sedia. Non avrebbe mai dato la soddisfazione al fratello di palesare chiaramente il proprio disagio, causato non dalla scomodità della sedia, su cui si trovava, ma dalle domande su John Watson. Sherlock non avrebbe mai ammesso l’attrazione che provava verso il biondo dottore. Sopratutto con Mycroft, che avrebbe sbuffato e si sarebbe concesso un sorriso di compatimento nei confronti di un fratello che si era lasciato sopraffare da inutili e banali sentimenti umani.
“Credo che Watson non possa fare più di ciò che ha già fatto. Mary Morstan è innamorata di lui e proprio per questo non gli racconterà mai di come abbia usato Henry Watson per i propri scopi né dei suoi progetti futuri. Dobbiamo trovare un altro modo per introdurci a villa Morstan e perquisire la cantina.”
Mycroft fissò il fratello per qualche secondo, prima di chiedere, in tono sinceramente curioso: “Perché sei così ostile verso il dottor Watson? Sta facendo un ottimo lavoro. Erano mesi che tentavamo di avvicinare i Morstan. Ogni nostro tentativo è miseramente fallito. Al capitano Watson è bastato un giorno per entrare nella villa e scoprire che i Morstan nascondono qualcosa in cantina. Non potevamo chiedergli di più.”
Sherlock congiunse i polpastrelli davanti al viso, prendendosi qualche secondo prima di rispondere. Doveva stare attento a non insospettire Mycroft: “Insospettire su che cosa, poi? Tra me e John Watson non sta accadendo nulla. È solo un collaboratore. Come tanti altri che ho avuto!” Pensò il giovane Holmes, irritato: “John Watson è solo un civile. Non è addestrato per questo genere di missione,” disse in tono ragionevole.
“È un ex ufficiale medico che ha combattuto ed è stato ferito in Afghanistan nel nome di sua Maestà.”
Sherlock si alzò in piedi, sbuffando: “È anche stato fidanzato con Mary Morstan. La fiamma della loro passione potrebbe riaccendersi e lui potrebbe decidere di aiutare la donna che ama a portare a termine il proprio piano, invece di consegnarla a noi,” spiegò leggermente innervosito.
Mycroft Holmes alzò un sopracciglio: “Sei geloso di John Watson?” Domandò, senza giri di parole.
Il giovane Holmes si voltò verso il fratello, pronto a fronteggiarlo, quando si udì un leggero, ma deciso bussare alla porta.
“Avanti,” invitò Mycroft.
La giovane mora e bella assistente del maggiore degli Holmes entrò con grazia felina, avvolta in un completo giacca e pantalone nero: “Il dottor Watson si trova nell’atrio. Sembra che sia in attesa.”
“Ha un appuntamento con qualcuno dell'esercito?” Domandò Mycroft, irrigidendosi.
“No, signore. Ha un amico nell'ufficio reclutamento, ma non si sono accordati per vedersi.”
“Che cosa ti ho appena detto? Dilettanti. Finirà per mandare a monte la missione. Se lo hanno seguito...” sibilò Sherlock, ma il fratello lo interruppe: “Se è venuto, avrà delle buone ragioni. Prima sentiamo che cosa ci debba dire, poi lo criticheremo. Lo incontreremo nell'ufficio del suo amico. Lo mandi a prendere da lui.”
“Certo, signore,” annuì Anthea, lasciando soli i due fratelli, che si scambiarono sguardi torvi, ma non parlarono.


Bert Carrella era uno dei pochi commilitoni che erano rimasti in contatto con John, dopo lo scandalo provocato da Henry. Ferito nella stessa azione in cui avevano sparato a John, il capitano Carrella aveva perso una gamba. L'esercito gli aveva offerto un lavoro d'ufficio e Bert aveva accettato. Alto e biondo, si muoveva agilmente, malgrado l’arto artificiale. Raggiunto l’atrio del palazzo, andò verso John, sfoggiando un sorriso gioviale: “Buongiorno, John. Come stai?”
“Buongiorno, Bert. Scusami per questa improvvisata, ma volevo parlarti prima che leggessi la notizia sui giornali,” ricambiò Watson.
“Spero che non sia nulla di grave. Andiamo a parlarne in privato,” ribatté Carrella, che accompagnò John nel proprio ufficio. Quando aprì la porta, il giovane medico si trovò davanti uno sconosciuto seduto alla scrivania e la schiena di Sherlock Holmes. Carrella chiuse l’uscio alle proprie spalle: “Usate pure il mio ufficio per tutto il tempo di cui avete bisogno. Io vado in quello di un collega, che oggi è assente. Nessuno si accorgerà che non sono qui,” comunicò in tono serio, poi lasciò John solo con i fratelli Holmes, uscendo da una porta interna.
Mycroft si alzò in piedi e si diresse verso John, porgendogli la mano: “Sono Mycroft Holmes, il responsabile della missione cui sta partecipando. È un piacere conoscerla di persona, dottor Watson. Grazie a lei stiamo facendo notevoli passi avanti,” si presentò il maggiore degli Holmes, in tono cordiale.
John strinse distrattamente la mano che gli era stata porta e lanciò uno sguardo alla schiena di Sherlock, che volgeva ostentatamene le spalle alla stanza e guardava fuori dalla finestra, come se nell'ufficio non vi fosse nulla che lo interessasse. Con un sospiro, John riportò la propria attenzione su Mycroft: “Holmes? Siete parenti?”
“Fratelli. Mi dica che cosa la porta qui da noi,” il maggiore degli Holmes si sedette di nuovo alla scrivania, invitando con un cenno John a fare altrettanto.
John si accomodò, agitandosi leggermente sulla sedia, come se non trovasse una posizione comoda. Lanciò un altro sguardo di sbieco a Sherlock, che continuava a voltare le spalle ostinatamene. John si umettò le labbra e buttò fuori in un fiato ciò che era venuto a riferire: “Mary mi ha chiesto di sposarla…”
Le spalle e la schiena di Sherlock si irrigidirono visibilmente.
“… e io le ho detto di sì. Abbiamo fissato il matrimonio per la prossima settimana, poi faremo la luna di miele. Una volta tornati, ci trasferiremo alla villa, in attesa di trovare un appartamento che soddisfi le esigenze di entrambi…”
Sherlock non si era ancora mosso. L’espressione sul viso di Mycroft era neutra.
“… ho pensato che potesse essere una buona occasione per entrare nella cantina, anche se dovremo attendere almeno tre settimane… se per voi va bene...” John lasciò il discorso sospeso nell’aria. Si agitò ancora sulla sedia, umettandosi inconsciamente le labbra.
Sherlock finalmente si girò, con un'espressione gelida e voce tagliente: “Non pretendevamo un sacrificio di tale portata, ma se va bene a lei, per noi non ci sono problemi.”
“Se Mary Morstan ritiene di potersi sposare in questo momento, vuole dire che il progetto, che sta portando avanti con i suoi complici, è ancora in fase di realizzazione. Se può aspettare lei tre settimane, lo faremo anche noi,” si intromise Mycroft, soddisfatto.
“Quindi procedo con le nozze e alla prima occasione entro nella cantina?” Domandò John, titubante. Si capiva chiaramente che aspettava qualcosa, ma nulla andò come sperava.
“Sposi pure Mary, ma non cerchi di perquisire la villa. Lo farà con Sherlock, quando tornerete dalla luna di miele. Si comporti nel modo più naturale possibile. Non indaghi. Si disinteressi agli affari della signorina Morstan. Questo non farà che rafforzare la sua copertura. Ora vada. È stato un azzardo venire qui. Non deve più accadere. Farà regolare rapporto a Sherlock, ogni due giorni. Vi incontrerete a Kensington Park alle dieci. Siete d'accordo?” Mycroft spostò lo sguardo fra Sherlock e John, che annuirono.
“Perfetto! È un grande sacrificio, dottore, per cui la Corona e il Regno le saranno grati per sempre, perché porterà all’arresto di persone pericolose. Se tutto andrà come speriamo, fra un mese l'incarico sarà finito e si libererà di noi. Potrà riprendere la sua vita, come se noi non ci fossimo mai conosciuti.”
John arrossì, imbarazzato: “Grazie, ma lo sto facendo per Henry. Perché mio fratello abbia la giustizia che merita.”
“Tutti otterremo ciò che vogliamo e poi ognuno tornerà alla propria vita. Intanto, si diverta, dottore. Sono sicuro che non le mancheranno le occasioni,” concluse Sherlock, sarcastico e pungente.
John non ribatté. Si infilò gli occhiali da sole, fece un cenno di saluto con il capo e se ne andò.


Nell'ufficio cadde il silenzio. Sherlock si sentiva soffocare e voleva andarsene il prima possibile, ma sapeva che Mycroft aveva capito quali fossero i sentimenti che provava verso la novità annunciata da John. Il giovane Holmes non era mai riuscito a nascondere nulla al fratello. Sherlock non poté evitare lo sguardo di biasimo di Mycroft: “Non puoi essere così stupido da esserti innamorato di lui. Dimmi che mi sbaglio, Sherlock. Dimmi che dietro il veleno e la freddezza con cui hai parlato al dottor Watson non si nasconde un uomo geloso, un innamorato incompreso e non ricambiato.”
Lo sguardo furioso di Sherlock fu più eloquente di mille parole. Mentire era inutile, oltre che controproducente: “Lui non sa nulla. Non lo sospetta nemmeno. Io sono l’unico che conosca ogni particolare di questo caso. Se mi sollevi dall’indagine, sfumeranno mesi di lavoro.”
Mycroft osservò a lungo il fratello, prima di ribattere in tono duro: “Non farmi pentire di averti lasciato sul caso, Sherlock. Non mandare tutto a monte, perché non te la farei passare liscia. Ricordati che il dottor Watson è la nostra leva per scardinare l'organizzazione dei Morstan. I sentimenti come l'amicizia e l'amore sono un orpello che non possiamo permetterci. Non nel nostro lavoro. John Watson è una pedina sacrificabile, per il bene della Corona e del Regno. Sono stato chiaro?”
“Chiarissimo,” sibilò Sherlock. Uscì dall’ufficio quasi di corsa. Sembrava che l’aria fosse stata aspirata da tutto l’edificio. Qualcosa gli serrava la gola e gli opprimeva il petto. Un unico pensiero occupava la sua mente: “John si sposa. John si sposa con Mary. John si sposa con lei e io non lo avrò mai.”
Il sole era stato oscurato da nuvole nere, cariche di pioggia che scendeva copiosa dal cielo plumbeo. Sherlock si avviò verso casa, incurante della pioggia battente. Sperava che portasse via l’angoscia e il dolore per avere perso un amante, che non aveva mai avuto perché non aveva mai avuto il coraggio di confessargli che lo amava.


Angolo dell’autrice


Grazie per essere arrivati fino a qui.
Grazie a emerenziano per i commenti ai capitoli precedenti.
La recensioni sono sempre gradite.

Alla prossima settimana.

Ciao!
   
 
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