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Autore: Kano_chan    03/11/2018    3 recensioni
Dal quinto capitolo:
- Grazie per il passaggio Hank e perdonami se ti ho fatto preoccupare – gli avevo detto apprestandomi a scendere.
- Provi qualcosa per Connor? Intendo… - il poliziotto aveva lasciato la frase in sospeso.
- Credi sia possibile innamorarsi di un androide ed essere ricambiati? - avevo ribattuto io con un sorriso mesto, prima di aprire la portiera e scivolare via.
Genere: Azione, Romantico, Sentimentale | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Connor/RK800, Nuovo personaggio
Note: Missing Moments | Avvertimenti: Spoiler!
Capitoli:
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6.

6. Contatto

8 novembre 2038

- Così può andare! -

Fissai soddisfatta il mio riflesso nello specchio del bagno, sistemandomi i capelli umidi e freschi di un'immacolata tinta bianco candido. A quel punto, afferrato l’asciugamano che avevo abbandonato sul bordo del lavandino, mi diressi in camera, fermandomi davanti alla finestra che dava sulla strada. Con calma presi a frizionarmi delicatamente i capelli osservando la neve scendere. Aveva sostituito la pioggia il giorno prima e per ora non sembrava dare cenni di voler smettere; tutte le case del circondario erano ormai completamente imbiancate e l’aria sembrava già diversa, più pulita.
Incantata com’ero da quel paesaggio un po' fiabesco (per abitare in una metropoli come Detroit), quando sentii la porta d’ingresso aprirsi sobbalzai spaventata.
Con cautela uscii dalla camera affacciandomi dalle scale.

- Hank? - chiamai, pensando che l’unica persona al mondo che poteva prendersi il lusso di entrare senza neppure suonare il campanello fosse il poliziotto – Sei tu? -

Il bagliore di un led mi portò su tutt’altra strada.

- Connor?! - esclamai sorpresa, guadagnando finalmente l’interruttore che illuminò l’ingresso.

L’androide sostava in fondo alle scale, sul viso un’espressione di turbamento che non gli avevo ancora visto.

- Connor! Cos’è successo?! - esordii, precipitandomi giù dalle scale e perdendo l’asciugamano umido per strada.
- Ho trovato uno dei devianti che hanno attaccato la Stratford tower – disse, quasi mangiandosi le parole.
- Connor.. - cercai di calmarlo io.
- L’ho sentito Ren! - ripetè lui, interrompendomi e passando improvvisamente a darmi del tu.
- Cosa? Non capisco… - balbettai io confusa.
- Mi sono connesso a lui un attimo prima che gli sparassero e l’ho sentito! - proseguì, facendo saettare lo sguardo dal pavimento a me.
- Per favore Connor, non capisco, mi stai spaventando – replicai.
- L’ho sentito morire! - esclamò, svelando finalmente cosa lo stesse turbando tanto – E ho avuto paura... - aggiunse.

Sembrava completamente fuori di sé mentre il led lampeggiava di rosso al ricordo dell’esperienza vissuta.

- Connor! - gli presi il viso tra le mani costringendolo a guardarmi – Sei vivo! Tu sei vivo. – gli dissi.

Lui mi guardò ancora per un momento, spaesato, poi il led tornò del solito azzurro e il suo sguardo di calmò.

- Scusa – disse – Non sarei dovuto venire... non so perchè... - lasciò la frase in sospeso.
- Puoi venire quando vuoi – lo rassicurai con un sorriso, che scemò non appena notai quello che non avevo visto in precedenza - Perdi sangue! – esclamai sentendomi invadere dal panico.

Sulla camicia solitamente immacolata, una chiazza di colore blu impregnava la stoffa, allargandosi intorno ad un inequivocabile foro di proiettile.

- Non è nulla, i miei sistemi funzionano tutti perfettamente – minimizzò lui.
- Dobbiamo fermare l’emorragia – tagliai corto io, prendendolo per mano e facendolo sedere in cucina.
- Cosa? - domandò confuso.
- Non puoi andare in giro con quella ferita aperta!  – replicai – Posso riparare il danno -

Connor, anche se leggermente basito, rimase seduto.

- Per favore, togliti la camicia – gli dissi con un tono che non ammetteva repliche, dirigendomi verso la credenza e aprendo una delle antine per estrarne una cassetta di metallo laccata di blu.

Quando mi girai, l’indumento stava scivolandogli dalle spalle. La pelle pallida, tesa sul torace e sugli addominali, mi fece attorcigliare lo stomaco.

- Parti dall’inizio e raccontami cos’è successo - gli dissi sedendomi di fronte a lui.
- Avrai sicuramente visto il messaggio dei devianti – disse l’androide.
- Ovvio – risposi.

Chi non lo aveva visto? A quell’ora ero a lezione all’accademia e avevo perso la pazienza vedendo che nessuno mi stava ad ascoltare; avvicinandomi al gruppo di studenti chini sul cellulare di uno di loro, avevo capito il perché.
Il viso bianco perlaceo di un androide, stava parlando in diretta su una delle maggiori emittenti televisive. Chiedeva all’umanità di riconoscere gli androidi come esseri viventi a tutti gli effetti, di porre fine alla loro schiavitù e di poter essere trattati come pari.
La mia meraviglia era stata mitigata solo dal fatto che, in cuor mio, sapevo che prima o poi quel momento sarebbe arrivato.
Tutto si evolve....


- Io e il Tenente ci siamo diretti alla Stratford tower per indagare – spiegò Connor mentre io valutavo l’entità della ferita – I devianti sono riusciti ad infiltrarsi indisturbati fino alla sala di trasmissione dove hanno registrato il loro messaggio – continuò.
- Scusa Connor, potresti rimuovere la pelle? - lo interruppi, e in un attimo mi ritrovai a fissare la superficie lucida del polimero che si celava sotto di essa.

Alzai per un attimo lo sguardo. Connor mi fissava  incuriosito, ma senza dare cenni di volermi fermare.

- Grazie, continua pure – asserii aprendo la cassetta.

Alcuni piccoli led si accesero automaticamente, illuminandone il contenuto: una serie di sottili strumenti tutti perfettamente allocati nei propri spazi.

- Uno degli umani presenti al momento dell’irruzione è riuscito a scappare e a dare l’allarme, permettendo così alla squadra d’assalto di fare irruzione – raccontò.
- I devianti erano armati? - domandai mentre valutavo una serie di piastrine bianche di diversa misura.
- Sì -
- Quindi avrebbero potuto sparargli ma non lo hanno fatto – commentai afferrando il pezzo prescelto con un paio di pinzette.
- A quanto pare hanno deciso di risparmiarlo – assentì Connor.
- Cos’è successo quando la Swat è arrivata? -

Con delicatezza appoggiai il pezzo di polimero sul foro del proiettile, avvicinando al contempo un piccolo saldatore portatile.

- Ha aperto il fuoco sul gruppo – disse Connor – Uno dei quattro devianti è stato colpito e lo hanno trascinato fino al tetto -
- Hanno davvero saltato con i paracaduti? - chiesi curiosa e un po' ammirata.
- Qualcuno deve averli aiutati dall’interno e portato l’attrezzatura sul tetto – assentì l’androide mente facevo aderire i bordi e sigillavo la ferita.
- Non c’è che dire, erano ben organizzati – commentai, mordicchiandomi il labbro inferiore per la concentrazione.
- Sì, ma hanno dovuto lasciare indietro il deviante ferito – disse Connor – L’ho trovato nascosto dentro una delle cabine per la manutenzione dei pannelli elettrici – raccontò – Quando l’ho scoperto mi ha sparato e ne è nato uno scontro a fuoco – disse.
- Hank sta bene? - chiesi preoccupata.
- Il tenente Anderson sta bene – affermò Connor con una punta di quello che registrai per sollievo.
- Devo rimuovere il pannello del torace, credo che il proiettile sia rimasto all’interno e preferirei non lasciarlo lì – aggiunsi.
- Fai pure – concesse Connor.

Con la punta delle dita trovai la scanalatura per l'apertura e premetti leggermente. La luce azzurrina dei bio componenti lasciati scoperti mi fece socchiudere gli occhi.

- Scusa.... ma allora come hai fatto a connetterti al deviante? - domandai confusa.
- Ho attraversato lo scontro a fuoco – rispose lui.

I miei occhi saettarono nei suoi, sconvolta.

- Dovevo capire dove fosse il loro quartier generale, se lo avessero ucciso non avrei mai avuto quell’informazione! – si giustificò lui.
- Connor, potevi morire!- esclamai.
- Ma non è successo – replicò l’androide – sono riuscito ad interfacciarmi con lui un secondo prima che venisse colpito – aggiunse.
- Ed è allora che lo hai sentito – dissi, mentre con delicatezza estraevo il proiettile dopo averlo individuato.
- Sì...-

Mi tirai indietro a tornai a fissarlo in viso. Con la fronte aggrottata e le sopracciglia contratte, Connor palesava tutto il suo disagio e la confusione che quel momento gli aveva creato.

- La paura è un emozione umana... – affermai cauta – Sei ancora sicuro che non siate in grado di provarle? Che sia tutto un semplice malfunzionamento? -
- Gli umani e le macchine sono diversi.. - ragionò lui – Non possiamo provare quello che provate voi, ma emularlo… non siamo come voi – disse.

L'irrazionalità è una prerogativa umana; quindi il gesto che compii rientrava perfettamente nei parametri.
Afferrai la mano di Connor e feci aderire il palmo appena sopra il mio seno sinistro. Nello stesso momento allungai le dita e, leggera come una piuma, le chiusi attorno al cuore meccanico e pulsante di Connor.

L’androide sgranò gli occhi e il led lampeggiò di giallo.

- Sei sicuro? - gli chiesi.

Sentivo il suo cuore sfarfallare sotto la mia mano, veloce tanto quanto lo era il mio mentre tradiva la calma che cercavo di preservare sul mio viso.
Volevo che Connor capisse… che non c’era alcuna differenza tra me e lui se non eravamo noi stessi ad imporcela. Che per me, non c’era differenza.
Quel breve momento fu interrotto dal sonoro squillare del mio telefonino. Connor abbassò la mano e io ritirai la mia, alzandomi.

- Torno subito – gli dissi.

Raggiunsi il cellulare un attimo prima che smettesse di suonare.

- Pronto? -
“ Seren? Scusa per l’ora”

La voce di Hank uscì leggermente metallica dal microfono.

- Nessun disturbo, stai bene? - gli domandai salendo le scale per andare di sopra.

Da quando il figlio era morto, Hank non mi aveva mai telefonato.

“ Sì, io sto bene… volevo solo sapere...” la sua voce si interruppe un istante “volevo sapere se avevi visto Connor di recente, oggi siamo stati sul posto dell’agguato televisivo e...”

- Sta bene Hank, adesso è qui – lo interruppi mentre tiravo fuori dal cassettone di camera mia una t shirt da uomo.
“ Ah.. ok, bene…” borbottò il poliziotto dall’altro capo della linea.
- Mi ha raccontato cos’è successo – gli spiegai.

Hank rimase per qualche istante in silenzio, il tempo necessario perché io tornassi al piano di sotto.

“Seren.. pensi che lui possa...” lasciò la frase in sospeso.
- Forse.. ma non sono sicura – risposi osservando Connor ancora seduto dove lo avevo lasciato.
“ Certo… beh, scusami se ti ho disturbato, ti auguro la buona notte”

E senza darmi il tempo di replicare interruppe la chiamata.

- Tieni, indossa questa finché la Cyberlife non ti porterà un cambio – mi rivolsi a Connor allungandogli la vecchia maglietta.
- Grazie – replicò lui alzandosi per indossarla.

Mentre si vestiva, io presi una mug dalla credenza e la riempii con il tè che avevo fatto in precedenza. Quando mi voltai, un pensiero fugace mi attraversò la mente e mi misi a ridacchiare.

- Sono buffo? - domandò Connor abbassando lo sguardo sulla maglietta che di sicuro non aveva mai indossato in vita sua.
- No, ma sembri talmente umano che per poco non ti offrivo una tazza di tè – risposi con un sorriso – Dovrebbero farvi dotati del gusto, il cibo è uno dei pochi piaceri a cui nessuno dovrebbe rinunciare – dissi.
- Sono il primo modello a poter ingerire sostante per verificarne la natura e l’origine – mi spiegò Connor molto professionalmente.
- Scherzi? - esclamai io allibita. Quella mi era nuova.
- Per niente – replicò lui.
- Allora tieni –

Allungai verso di lui la mia tazza in attesa. Connor la guardò per un secondo, poi intinse appena il dito indice e il medio dentro la bevanda bollente e se li portò alla bocca.
Quella vista mi fece nuovamente attorcigliare lo stomaco mentre una vampata di calore mi saliva lungo il petto.

- Tè Matcha in foglia, provenienza Osaka, Giappone – sentenziò lui.
- Direi che funziona... – asserii io ancora un po' scossa – Però non senti il sapore, vero? -
- No, quello no – ammise Connor seguendomi fino in salotto, dove io mi sedetti sul divano – Beh, ti lascio a riposare, penso..-
- Potresti restare -

Appena lo interruppi i nostri occhi si incrociarono e io mi sentii arrossire.

- Mi.. mi farebbe piacere se restassi a farmi compagnia – mormorai concentrandomi sul liquido caldo che avevo nella tazza – Sempre se non devi correre da qualche parte – aggiunsi.
- Per ora non ci sono sviluppi sul caso, non ho ricevuto istruzioni – rispose lui.

Trascorse qualche secondo imbarazzato prima che mi venisse in mente qualcosa da dire.

- Prima era Hank al telefono – gli dissi, facendomi automaticamente da parte sul divano perché si potesse sedere anche lui.

Connor sollevò le sopracciglia sorpreso, occupando l’altro lato della seduta.

- Voleva sapere come stavi, penso che fosse preoccupato per te – spiegai appoggiando la mug sul basso tavolino che avevamo di fronte.
- Strano, perché non ha mai fatto mistero del suo odio per gli androidi – commentò Connor con una punta di sarcasmo.
- Hai avuto modo di parlare con lui? - domandai.
- Ieri siamo stati in un parco con vista sul ponte – rispose l’androide – A casa sua avevo visto la foto di un bambino, così gli ho domandato se fosse suo figlio – raccontò – mi ha detto che si chiamava Cole… è morto due anni fa, vero? -

Io sospirai, tirandomi le ginocchia al petto.

- Già… aveva sei anni... – affermai io – C’è stato un incidente – aggiunsi.
- La loro auto è sbandata sul ghiaccio e Cole è stato portato d’urgenza in ospedale, ma il medico di turno non era reperibile e così un androide ha preso il suo posto.. - spiegò Connor.
- Ma Cole è morto sotto i ferri.. - conclusi io.

Il ricordo dello shock nell’apprendere quella notizia mi formò un nodo alla gola che mi fece pizzicare gli occhi.

- Mi spiace, non volevo turbarti – nel dirlo, Connor aveva fatto il gesto di allungare una mano verso di me.

Prima che la potesse ritirare, mossi la mia, stringendogliela e facendo incrociare le nostre dita. D’un tratto mi sentii stanchissima.

- Come ci siamo conosciuti? Non mi ricordo di te, ma sono sicuro che sia successo -

Quell’affermazione mi fece voltare di nuovo verso di lui. Gli occhi caldi di Connor mi sondavano.

- Domani...- risposi.
- Cosa? - domandò lui confuso.
- Domani ti racconterò ogni cosa, tutto – asserii esausta.

Senza riflettere mi accostai a lui, appoggiandogli la testa sulla spalla e chiudendo gli occhi.
Connor non si mosse, né cercò di sottrarsi al contatto delle nostre mani ancora intrecciate.

- Domani allora – assentì con calma.
- Connor.. - sussurrai.
- Sì? -
- Non lasciare che sia la Cyberlife a decidere per te… non fare quell’errore – gli dissi mentre perdevo contatto con la realtà.




Jericho's place:

Buongiorno a tutti!

Mi dispiace moltissimo di non poter aggiornare con maggiore frequenza, ma almeno sto cercando di darmi il limite massimo di due settimane tra un capitolo e l'altro.
Nel frattempo spero che abbiare apprezzato questo capitolo un pò più lunghetto del solito e che, personalmente, mi è piaciuto molto scrivere ^^
I capitoli che si discostano dalla trama sono quelli più difficili da mettere giù, ma sono anche quelli più stimolanti.
Connor è reduce dalla sua investigazione alla Statford tower, dove (almeno nella storyline che ho scelto) è riuscito a connettersi a Simon. Questo ha generato una serie di interrogativi in lui e un certo scompiglio... ciò, lo ha involontariamente o meno, portato a casa di Seren, che si scopre avere delle abilità meccaniche non da tutti...
Chi mi ha mandato a quel paese quando ha letto questo scambio di battute?
- Domani...- risposi.
- Cosa? - domandò lui confuso.
- Domani ti racconterò ogni cosa, tutto – asserii esausta.
Avete fatto bene xD Ma posso dirvi che nel prossimo capitolo finalmente saprete... ma forse non nel modo che pensate ;)
Nel frattempo sto cercando di finire un ritratto di Seren, spero venga come desidero!
Grazie quindi a tutti i Lettori che cotinuano a seguirmi e a chi mi recensisce! In particolare grazie a Pandizenzero che è passata a darmi il suo apprezzamento ^^

Un abbraccio,
Marta
  
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