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Autore: Son of Jericho    04/11/2018    1 recensioni
"Il nostro rapporto era l'unico che non avrebbe dovuto rompersi."
"Quale rapporto? Fuori da quella porta, noi non siamo niente."

Leo affida a 2500 parole la conclusione della sua storia con Azzurra.
Perché carta e penna non giudicano, non mentono, non tradiscono.
Untitled / Untold
Genere: Introspettivo, Romantico, Slice of life | Stato: completa
Tipo di coppia: Het
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Contesto generale/vago
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Il tramonto su di noi


 

Lo sguardo del ragazzo sbircia curioso e assorto oltre il vetro, volando verso l’orizzonte, senza meta. La tempia appoggiata alla cornice, la mano che scosta e sorregge la tenda.

La sera ha avvolto la città in un abbraccio che non riesce a riscaldare. Una gelida brezza s’insinua tra le fronde delle piante, facendole oscillare a ritmo costante.

Il fascio soffuso dei lampioni rischiara solo parzialmente il marciapiede della periferia. Un passante solitario lo percorre a capo chino, con le mani strette nelle tasche del cappotto sferzato dal vento.

Il ragazzo lo osserva, mentre quello attraversa la strada e si infila tra le colonne di un portico.

La sonnolenta quiete lo costringe a pensare, e non vorrebbe farlo. Perché ogni volta che si ferma, la sua mente torna a lei.

Lei che lo tormenta, lo fa stare così male, lo distrugge dall’interno. Lei che lo ha ferito e lo ha tradito.

Eppure è sempre lei, quella di cui sente la mancanza.

Il rombo di un motore cattura la sua attenzione. Dall’alto, scorge una macchina scura che aggredisce l’asfalto, con i fari che abbagliano proprio nella sua direzione. Non sa perché, ma prega il cielo che non sia la sua. E al tempo stesso, spera invece che lo sia.

E’ un triste sollievo, quando la vede allargare la curva e sparire dietro il muro.

Le palpebre sbattono lentamente, lui si passa una mano sul viso per scacciare quell’umidità che si è formata all’angolo dell’occhio. Il respiro pesante appanna la superficie davanti a sé, e annebbia il panorama deserto.

Lei è un filo che non riesce a tagliare, una trama che non riesce a strappare.

Sa che il giorno dopo dovrà rivederla, sa che non può sfuggirle.

 

***

 

- Abbiamo organizzato una cena, venerdì sera, ci stai? –

I muscoli del viso gli si contraggono all’istante. - Chi c’è? –

- Tutti, credo. –

- Devi dirmi esattamente chi viene. – la voce si incrina all’ultima sillaba.

Lo sguardo del suo migliore amico indaga senza sforzo. – Perché? –

Leo scuote il capo, sospirando. Dannazione, non potrebbe capire. Lui per primo, ancora non c’è riuscito. – Posso contare le persone di cui mi fido veramente sulle dita di una mano, e probabilmente mi avanzerebbero delle dita. Tu sei in cima a questa lista, non potrei andare a domandarlo a nessun altro. Ho bisogno di saperlo. Ma per favore, non chiedermi perché. –

- E va bene. – l’amico Lele si arrende, almeno per stavolta. – Filippo e la sua donna, Stefano, Antonio, Azzurra e Romina, molto probabilmente Salvatore… –

- Non posso. - La risposta arriva veloce, improvvisa, come un proiettile esploso in aria.

Lele è curioso, ma è costretto a trattenersi, per onorare il tacito patto con l’amico. Si limita ad annuire contrariato. E’ preoccupato, non ha idea di cosa possa essere successo. Conosce Leo, sa che non si aprirà così facilmente.

Un saluto distratto, per poi salire in macchina e sfrecciare via verso casa.

 

***

 

- Allora, venerdì sera? – La voce allegra di Salvatore richiama l’attenzione di tutti.

Quella di Leo, invece, si leva a poco più di un faticoso sussulto. – Io non ci sono. –

- Perché? – gli chiede Romina.

Leo non si volta. Avverte gli occhi di Lele puntati su di lui, sa che vorrebbe fargli la stessa domanda.

- Non posso. -

Lui è così. Taglia corto, non ammette repliche. E’ un’ammissione fatta d’orgoglio, come se volesse farla pesare a qualcuno, non ben definito, magari proprio a lei.

E’ combattuto, è confuso. Vorrebbe che tutto questo smettesse, ma lei continua a invadere i suoi pensieri, e lui non fa nulla per impedirlo.

Sa che lei lo sta ascoltando. Forse si aspetta un cenno, una reazione, un qualunque gesto che lo inviti a cambiare idea. In qualche modo vuole che lei lo consideri ancora, che sappia che lui è ancora lì. Che se vorrà, non se ne andrà mai.

Perché se lui non riesce ad ignorarla, allora spera che anche lei faccia lo stesso.

 

***

 

Alle sue spalle si muove un passo familiare. Lo sente, si rifiuta di voltarsi.

Azzurra lo affianca, batte il pugno sul tavolo. Il passato riaffiora tutto in un istante.

- Non vieni per me? – la voce della ragazza è corrotta, un’indifferenza mascherata da tristezza.

Leo distoglie lo sguardo, lo mantiene fisso di fronte a sé. Le sopracciglia si inarcano lievemente, sotto un velo d’imbarazzo. Le dita si irrigidiscono, la penna continua a ruotare nervosamente intorno ad esse.

- Che cosa te lo fa pensare? – cerca di suonare distaccato, come il lupo solitario che sta impersonando.

Trascorre un istante di silenzio infastidito. - Mi sbaglio? –

Lo sguardo di Leo rimane distante. Ha paura ad abbassare le difese. Si lascia trafiggere dal dolce castano degli occhi di Azzurra, mentre il fiato gli si mozza in gola.

- Sai che non potrei fare a meno di pensare a te… con lui. –

Nel petto il battito accelera bruscamente. Le mani iniziano a tremare, lui sembra appena in grado di controllarle.

- E’ meglio così, per tutti. –

- Sei un cretino. –

- Lo so. –

E’ semplicemente la verità. L’immagine ha i contorni già abbastanza chiari.

Trovarsi allo stesso tavolo con lei e, soprattutto, l’altro. Non importa quante altre persone ci siano, sa che lo sguardo finirebbe inevitabilmente su di loro. Osservarli, insieme, mentre si scambiano un bacio senza innocenza. Farsi cogliere dall’invidia e dal rancore, e non riuscire più nemmeno a scherzare con i suoi amici.

Stavolta preferirebbe evitarlo. Non vuole perdere il sorriso per un’altra notte.

 

***

 

Azzurra si allontana, e si apparta in un angolo a parlare con Romina. Forse di lui.

Il bisbiglio lontano riempie la stanza, lo assilla, lo irrita. Leo si porta le mani alle tempie.

Silenzio, vorrebbe solo silenzio. Non ce la fa più a sentire la sua voce. Un tempo suono confortevole, adesso miriade di spilli conficcati nella schiena.

Non è in grado sopportare la sua presenza. La sua vicinanza lo fa star male, gli brucia la pelle.

Si odia per questo. Perché vorrebbe amarla, ma non ci riesce. Vorrebbe detestarla, ma non riesce a fare neppure quello.

La memoria torna a quella mattina d’estate, a quel messaggio infuriato. Lo ha cancellato, ma se lo ricorda ancora perfettamente. E’ la prova dell’ennesimo sbaglio, prima che tutto andasse in pezzi.

Non si volta. E’ debole, sente il veleno scorrergli nelle vene, come un demone che lo divora dall’interno.

Perché deve essere così difficile guardarla negli occhi?

Non ci sono più. Sono un quadro tagliato a metà, uno strumento rotto, un ingranaggio che non gira più.

Come diavolo hanno fatto ad arrivare a questo punto?

 

***

 

Non si aspettava di incontrarla anche lì, anche quella sera. Gli passa davanti, senza accorgersi di lui. O almeno, così spera.

Oltre il parapetto della tribuna, la palla arancione scorre veloce tra le mani dei dieci giocatori che puntano al canestro. La folla inneggia ai beniamini, grida ad ogni azione, rivolge i soliti insulti all’arbitro.

Per un istante Leo si estranea, lasciando tutto il resto fuori. Il volume dell’ambiente si abbassa al minimo.

La osserva, mentre percorre il corridoio a ridosso della balaustra. La bambina in braccio, stretta istintivamente al petto, il fidanzato sorridente a fianco. Ha lo sguardo impassibile, il passo fiero che non si cura della calca, anzi pare a proprio agio. Con gli occhi sembra cercare un posto, o forse qualcuno.

Il tifoso seduto accanto a lui ne commenta la bellezza. Leo si ridesta, il labbro si piega malinconico. Non può dargli torto.

Azzurra si accomoda su una poltroncina in prima fila, con la bambina sulle ginocchia, mentre il fidanzato sistema borsa e giacche. La rivolge felice verso il campo, indicandole il pallone che vola con traiettorie disegnate da una parte all’altra.

Il tabellone smette di avere un risultato.

Ecco cosa si sta perdendo. Darebbe qualsiasi cosa, per trovarsi al posto di quel ragazzo che non la merita. Per tornare a casa la sera, e trovarla lì ad aspettarlo. Per poterla chiamare “amore” o “tesoro”, e dirle “ti amo” ogni volta che vuole, senza doversi preoccupare di nulla.

Si sofferma sulla bambina. Ricorda ancora la prima volta che ha avuto la possibilità di tenerla vicina al cuore. Così piccola e carina, che aveva paura di farle del male con il suo stesso abbraccio.

Si era chiesto come sarebbe stato se quella bambina fosse stata sua.

Nessuna ragione per mentire, gli manca Azzurra. Gli manca la loro complicità, poterle parlare liberamente, ridere insieme a lei. Gli manca poter scendere dalle gradinate per andare a salutarla. Sa che non può più farlo.

Si sente solo, non importa chi abbia intorno.

Gli tornano in mente le parole di Azzurra, quando, qualche tempo prima, forse ancora cercava di risistemare le cose, di salvare il salvabile. Affermava di stare male per loro, che il loro rapporto era l’unico che non si sarebbe mai dovuto spezzare.

Non le aveva creduto. Si era chiesto quale rapporto, se mai ce ne fosse stato uno.

Di sicuro, ormai non hanno più niente.

Leo si passa una mano sul viso. I muri che ha costruito, la distanza che ha messo tra sé e lei, alla fine dei giochi non servono a niente. Non lo aiutano a schiarirsi le idee, non lo aiutano a trovare il modo di andare avanti. Il tormento non accenna a placarsi.

Si sono persi, punto e basta.

 

***

 

Ha deciso di aspettarla nel parcheggio. Ci pensa da giorni, ormai, ed è convinto che sia l’unica cosa da fare per sentirsi almeno un po’ meglio. Non può più evitarla.

L’aria pungente di un tramonto d’autunno gli graffia il viso. La porta sul retro si apre, lei l’attraversa per dirigersi all’auto. Leo le va incontro, i passi affondano nella ghiaia come fossero sabbie mobili.

- Possiamo fare due chiacchiere? –

Azzurra di ferma e si volta sorpresa. E’ passata un’eternità, dall’ultima volta in cui lui le ha rivolto la parola per primo.

Dall’espressione che assume, non sembra del tutto disposta a starlo ad ascoltare.

- Strano, non pensavo avessi qualcosa da dirmi. Ormai non ci salutiamo neanche più. –

Leo annuisce di fronte alla dura verità. Prende fiato, si fa forza per il confronto, per liberarsi del macigno che gli sta schiacciando le costole. E’ determinato a farlo, anche se non dovesse servire a nulla.

- Vuoi sapere qual è il mio problema? Sei tu. Le cose non funzionano più tra di noi. E questa guerra fredda, il distruggerci a vicenda, non serve a nessuno. –

Lei lo fissa contrariata. – Sei stato tu a volere tutto questo. –

- Forse è vero. Ma non sei più la persona che ho conosciuto all’inizio, quella con cui avrei trascorso giornate intere senza stancarmi. Io non ti riconosco più. –

- Credi che sia io ad essere cambiata? –

Leo esita. No, probabilmente anche lui è rimasto segnato. – Vuoi la verità? Io non voglio avere nulla a che fare con questa versione di te. E’ per questo motivo che tendo ad evitarti. Perché… fine della storia: ho capito di essermi sempre sbagliato su di te. –

Le labbra di Azzurra si stringono, le iridi si infiammano. – Anch’io mi sono sbagliata su di te, allora. –

- No, non è così. Io sono un ragazzo semplice, con me o è bianco o è nero. Lo sai, mi conosci. –

- Magari nemmeno tu sei quello che pensavo. – Si passa nervosamente la mano tra i capelli, un gesto che lui ha sempre adorato.

- Perché non hai mai capito… anzi, voluto capire. Eri l’unica persona di cui mi importasse davvero qualcosa. Non avresti mai dovuto confondere il modo in cui mi comportavo con gli altri, con il modo in cui mi comportavo con te. Perché se pensi che ti abbia trattata in maniera differente, che ti considerassi meno gli altri, ti sbagli! Ti trattavo come nessun altro, è vero, ma solo perché contavi molto di più per me! Con gli altri dovevo sforzarmi di sorridere, di scherzare, di essere gentile. Con te non ne avevo bisogno. Mi veniva spontaneo farlo, perché ero davvero convinto che ne valesse la pena. –

La voce non si incrina per miracolo. Fa un male assurdo pronunciare quelle parole, pur avendole preparate. Soprattutto, perché sa quanto sia inutile far uscire allo scoperto i propri sentimenti.

Lei non risponde. Gli occhi di Azzurra sono difficili da decifrare, lo sono sempre stati. Eppure, quel giorno lo sembrano ancora di più. C’è un’ombra a coprirli, la luce si è spenta. Da qualche parte, forse c’è ancora la speranza che le cose ritornino com’erano prima.

O magari, lui è rimasto l’unico a nutrire ancora quella futile speranza.

- Volevi una spiegazione, eccola qui, contenta? Come dicono gli americani, “fair and square”. Ecco perché è andata così. Faceva male da morire, sapere di essermi sbagliato su di te dall’inizio, e di aver perso così tanto tempo a preoccuparmi per te. –

La reazione di Azzurra è affidata a un flebile sussurro. – Io non so che dirti… -

Meglio così, pensa Leo. Perché tutto questo funziona meglio come monologo. Lui per primo non è sicuro di credere a ciò che sta dicendo.

- Fa più male a me che a te, credimi. Mi dispiace di averti messo in difficoltà, ma non mi scuserò mai per quello che ti ho detto o scritto. Quelle cose le pensavo veramente, e le penso tuttora. Avevi tutto il diritto di rispondermi in quel modo. Va bene così. Se è questo che vuoi, fuori di qui, io non esisterò più per te, come tu non esisterai più per me. -

O almeno, può promettere di fare del suo meglio affinché sia così.

- Leo… -

Non guardarmi così, ti prego.

La morsa allo stomaco si stringe fino a impedirgli di respirare.

- Purtroppo però non esistiamo solo noi due al mondo. Abbiamo degli amici intorno, gente che ci vuole bene, ma che non sa cos’è successo, e a cui non sento di dover dare spiegazioni. Per il loro bene, oltre che per il nostro, per non arrivare al punto di non poter più stare nella stessa stanza senza scannarci, dobbiamo sforzarci di comportarci da persone civili. Per il resto, fuori da quella porta, non siamo più nulla. –

Si aggrappa alla convinzione di aver fatto la cosa giusta, per sé e per Azzurra.

E’ stanco di combattere una causa persa.

Lei ha la sua nuova vita, e lui non ne fa parte.

Non può cercare un segno in qualcosa che non è più suo. Non ne ha il diritto.

Resteranno i bei ricordi, i momenti di felicità, le risate, magari anche i litigi. Ogni volta che la osserverà, da lontano, potrà riviverli.

Non ha idea di cosa gli riserverà il domani. Potrebbe essere tutto o niente. Potrebbe ricascarci, potrebbe superarlo. Sa che il demone continuerà a camminargli a fianco. Per adesso, francamente, preferisce ignorarlo.

Nessuno è perfetto!”, gli aveva urlato contro una volta.

Allora, se la perfezione non esiste, lei è la cosa che ci va più vicina.

 

 

 
   
 
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