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Autore: piccolo_uragano_    11/11/2018    2 recensioni
“Perché ogni volta che c’è in giro Lord Voldemort facciamo figli io e te, Martha?”
Martha accennò un sorriso. “Perché ogni volta che io e te facciamo figli c’è in giro Lord Voldemort, Sirius?”
Remus trattenne una risata. “Ed è per questo che sono vent’anni che ti ripeto che è quella giusta.”
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Non è una di quelle storie tutte miele e amore in cui Sirius trova la sua perfetta metà e vissero tutti felici e contenti. Martha darà a Padfoot del filo da torcere, insegnandogli ad amare e a restare.
(Si parte dal 1976 fino a poco dopo la battaglia di Hogwarts; in teoria è finita, dopo anni, ma in pratica.....)
Genere: Avventura, Sentimentale | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Harry Potter, I Malandrini, Lily Evans, Nuovo personaggio | Coppie: James/Lily, Remus/Ninfadora
Note: Missing Moments, What if? | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Malandrini/I guerra magica, Più contesti
Capitoli:
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- Questa storia fa parte della serie 'Ti amo più di ieri e meno di domani.'
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Kayla se ne stava in piedi, sull’uscio, con le braccia incrociate sul petto e il peso su una sola gamba, mentre si mordeva un labbro e sbuffava. Nella stanza davanti a lei, c’erano tre letti singoli, un piccolo armadio e il lettino di Anastasia, che dormiva tranquilla con in bocca un ciuccio rosa grande quanto la sua faccia e i riccioli chiari attaccati alla fronte. Uno dei letti era vuoto, non era che un materasso con sopra una coperta e un cuscino, perché ormai Hermione era partita insieme a Harry e Ronald, e Merlino solo sapeva quando l’avrebbero rivista. L’altro letto era sfatto, con le coperte tutte accartocciate sul fondo e un vecchio baule ben chiuso al centro, illuminato dalle flebile luce dell’alba del primo settembre.
Ginny aveva preparato il baule giorni prima della partenza, come sempre.
E come sempre, lei era in ritardo. Il suo letto era intatto, perché Molly lo aveva sistemato con un colpo di bacchetta il giorno prima e lei quella notte non era riuscita a chiudere occhio. Il suo baule era spalancato sul letto, vuoto. Lui fissava lei, e lei fissava lui, credendo che prima o poi sarebbero arrivati a un accordo.
Non ebbe bisogno di girarsi quando sentì dei passi dietro di lei e qualcun che le baciava una tempia e la stringeva forte a sé.
«Inizi ad essere in ritardo» le disse Fred, quasi cullandola.
Lei annuì, con la testa schiacciata contro il suo petto. «Una volta facevo a gara con Robert a chi riusciva a mettere più cose nel baule senza farlo esplodere, e adesso mi sembra di non avere niente da metterci dentro»
Lui la strinse un po’ più forte, e poi Appellò una foto in una cornice dalla stanza dei fratelli Weasley. Erano loro due, al matrimonio di Bill, che si guardavano e poi si mettevano in posa, ridendo, lui nel suo completo migliore e lei in un lungo abito lilla.
La posò tra le mani della ragazza e poi le fece un veloce occhiolino.
«Comincia con questa»
Lei si perse a guardare la foto, non potendo fare a meno di pensare che quello era l’ultimo momento in cui erano stati tutti insieme.
«So che hai paura. Ma voglio che tu sappia che sei più forte di tutti loro messi assieme, e sono più che convinto di quello che dico. Potesse cadermi un orecchio se non fosse così.»
Lei sorrise e si appoggiò di nuovo contro il suo petto. «Idiota.»
Lui sciolse l’abbraccio per aprire l’armadio e sogghignare. «Sono prevalentemente vestiti miei o che ti ho comprato io, bimba»
Lei alzò le spalle e sorrise. Lui le ordinò di prendere le divise, i libri, le sciarpe verdi e oro e una bacchetta di riserva. Lei aggiunse un paio di libri che erano stati di Rose, una foto di lei, Robert, Harry e Anastasia, e una foto di Martha e Sirius il giorno del loro matrimonio, accanto ad una nonna Marie commossa.
Lui sistemò i maglioni, compresi quelli fatti da Molly, e vari jeans, e poi aggiunse dei suoi vecchi pantaloni da Quidditch, “nel caso ti venisse voglia di saltare su una scopa”.
Le diede la Mappa del Malandrino, il vecchio elenco dell’Esercito di Silente e poi chiuse il baule con un incantesimo veloce.
«Con questo, potrai aprirlo solo tu.» aggiunse poi, rispondendo al suo sguardo perplesso. «Andiamo, ora. Robert mi presta l’auto eccezionalmente per portarti a King’s Cross.»

La stazione di King’s Cross non era mai stata più silenziosa e cupa. Era affollata, come ogni primo settembre, ma maghi e streghe non si facevano cenni di saluto tra la folla e non scalpitavano per arrivare al passaggio tra i binari. Sembrava quasi che volessero godersi i babbani ed il loro essere ignari di tutto, del fatto che quel giorno stesse per iniziare uno dei periodi più cupi di sempre.
Mentre Ginny aveva insistito per raggiungere il binario da sola, Kayla pareva attaccarsi alla mani di Fred. Lui si ostinava a salutare le persone che li fissavano, mentre lei gli cingeva il braccio e gli stringeva la mano tanto da fargli male. Attraversarono il passaggio senza correre, camminando così, mentre lui le portava il baule. Giunti a destinazione, l’atmosfera era anche più tesa di quanto non fosse nella stazione babbana: tutti guardavano di sottecchi tutti, e a Kayla fu chiaro che i borbottii si intensificarono dopo il loro arrivo.
Neville li raggiunse subito, sfoggiando un sorriso imbarazzato. «Kayla! Fred!» gridò, alzando un braccio da metri di distanza.
Fred soffocò una risata affettuosa vedendolo arrivare.
«Che bello vedervi, ragazzi» disse, appena li ebbe raggiunti.
«Anche per noi, Neville» gli sorrise Fred, tendendogli la mano in segno di saluto. «Conto molto su di te per tenere d’occhio lei e Ginny, ragazzo. So di potermi fidare
Neville strabuzzò gli occhi. «Io, beh, ecco … sono onorato! N-non credo di meritare la tua fiducia, ma …»
Fred sorrise di nuovo, guardandosi attorno. Poi, rapidamente, si avvicinò a Neville per sussurrargli qualcosa all’orecchio. Meno di tre secondi dopo, l’espressione di Neville era molto più rassicurata.
«D’accordo» disse, semplicemente.
«Conto su di te, d’accordo?»
Neville annuì, avviandosi verso il treno quasi saltellando.
«Cosa diamine gli hai detto?» chiese lei, ponendosi  davanti a Fred per mostrare un’espressione quasi imbronciata.
«Nulla che tu debba sapere» rispose lui, facendole un buffetto sul naso. «Ti basterà sapere che sono con te, sempre, e sarò più vicino di quanto tu creda. Tutta questa  gente, tu te la mangi a colazione, Kayla. fa’ vedere chi sei e quanto vali. È il momento di tirare fuori i denti!»
Sospirò, senza tradire un’espressione di malinconia pura, e le sistemò i capelli dietro l’orecchio.
«Sono immensamente fiero della guerriera che sei, e ti amo da impazzire. Scrivimi spesso e non ti scoraggiare, intesi?»
«Ti amo da impazzire anche io, Weasley» sussurrò lei, mettendosi sulle punte per baciargli le labbra.
«Sali su questo dannato treno, amore mio» sussurrò lui, a mezzo centimetro dal suo viso «E cammina a testa alta, sempre. E se quella merda bionda ti si avvicina soltanto, giuro, giuro che gli faccio mangiare il fegato.»
Lei scosse la testa e lo baciò di nuovo, mentre il treno fischiò. Strofinò il naso contro il suo e non nascose una piccola lacrima sul suo viso regale.
Lui la strinse, le baciò la fronte e dietro di lei, in  piedi a fissarsi in un completo nero, non poté non notare l’ultimo dei Malfoy. Non trovò un modo per avvertirla, ma dopo avergli detto di nuovo che lo amava, si girò verso il treno e lo vide anche lei.
Non si bloccò, non si fermò, non gli rivolse più che un veloce sguardo, e poi, camminando a testa alta, saltò sul treno, mentre Fred le passava il baule e lei gli posava l’ennesimo bacio sulla punta delle labbra, sporgendosi dal treno.
«Da impazzire, Weasley» gli disse, accennando un sorriso per poi avviarsi alla ricerca di Luna, Neville e Ginny.
Lui rimase lì, a due passi dal suo eterno rivale. O almeno, quello che lui sentiva come tale. Rimasero a fissarsi in cagnesco per qualche secondo, fino al momento in cui Sirius Black non apparve alle spalle del giovane Weasley, lo prese a braccetto e lo portò via da quello scenario pericoloso, mentre il biondo sorrideva e saliva sul treno.
«Non gli avrei fatto niente» si giustificò Fred, appena furono abbastanza lontani.
«Di te sono abbastanza sicuro, ma non posso garantire per lui, figliolo» rispose con il suo solito tono pacato, estraendo dalla tasca un pacchetto di sigarette e porgendogliene una. Lui ringraziò con un cenno e poi accettò a malincuore di allontanarsi dal binario, con l’animo contento per il fatto che Sirius lo avesse chiamato figliolo.
Martha scosse la testa, passandosi una mano sul viso. «L’uomo che ho sposato non scapperebbe mai in questo modo.»
«L’uomo che hai sposato è ancora qui, ma è stanco di questa situazione!»
«Non usare certi toni con me!» lo richiamò Martha, mentre Robert entrava in casa con aria sfinita. «Ciao, pulce. Com’è andata?» domandò, cambiando totalmente tono.
«Come ogni turno di guardia nei giardini di Hogwarts: umido.» agitò la bacchetta e al suo solito posto apparve un piatto con un po’ della zuppa che Molly  aveva preparato per tutti. «Ho interrotto qualcosa?»  domandò poi, notando l’espressione dei genitori.
«Tuo padre vuole mollare il lavoro al Ministero»
«Suo padre è stanco di essere accusato di aver fatto ciò che fece Peter!»
«Stringi i denti, per Godric! Io sono la moglie di quello accusato!»
«Martha, Merlino e Morgana, non mi affidano casi, non mi affidano apprendisti, non mi parlano, e se entro in una stanza smettono di parlare e iniziano a fissarmi. Non posso neanche fare la talpa in questa situazione!»
«Non puoi perdere la possibilità di fare la talpa!»
«Non ce l’ho la possibilità di fare la talpa!» contestò Sirius alzando le braccia, mentre anche i gemelli facevano il loro ingresso alla Tana, insieme a una Tonks pimpante e sorridente.
«Meno male che ci sei tu, Ninfadora» le disse Robert, mangiando l’ultimo cucchiaio di zuppa. «Di cosa hai fame, oggi? Cioccolato ai broccoli? Patatine allo zenzero? Panettone e prosciutto?»
Tonks alzò gli occhi al cielo, sedendosi. «Dovresti averli tu, tutti questi ormoni in circolo, rideresti molto di meno»
«E piangerebbe quanto piangi tu?» domandò George, sedendosi accanto a Robert.
Martha posò affettuosamente  un bacio silenzioso sulla testa di Tonks, uscendo dalla cucina per raggiungere la stanza dove dormivano Gabriel e Nicole. Sirius rimase a fissare la porta che sua moglie aveva chiuso dietro di sé.
«Lasciala stare, papà» disse Robert, servendo zuppa anche agli altri tre. «Se non ti senti più di lavorare lì, molla prima che siano loro a cacciarti, perché tanto sappiamo che lo faranno in fretta»
«Ministero?» domandò Tonks, aggiungendo zuppa al suo piatto.
Robert annuì e lei sbuffò in risposta.
«Non preoccuparti, cugino, non aspettando altro che farci fuori, a quelli come noi. A me hanno detto che non potevo più lavorare lì perché sono incinta di un Lupo Mannaro, e magari potrei fare male a qualcuno. Renditi conto, per Tosca, con tutte le ricerche che Rose ha fatto sui Lupi!»
Fred spalancò la bocca. «E questo Remus lo sa
«Certo che no, sciocco, ci soffrirebbe moltissimo»
George scosse la testa. «Io avrei fatto un bel casino!» poi guardò Sirius, capendo che avevano avuto la stessa idea «Ecco, se te ne devi andare, vattene facendo un bel casino. Almeno hanno qualcosa di cui parlare!»
«Come avete fatto voi con la Umbridge?»
I gemelli sorrisero al ricordo.
«Un po’ meno rumoroso» gli fece segno Robert. «Però l’idea di base credo sia quella»
«L’idea di base è sempre quella. Fai un bel casino. Fatti ricordare
Il giorno dopo, Sirius se ne stava seduto dietro la sua scrivania, con i piedi sul tavolo ed espressione divertita.
«Tu!» urlò, indicando una collega con i capelli pieni di lacca Babbana. «Facciamo finta che io non ti abbia sentita parlare male di me innumerevoli volte. Vieni qui, per favore
La bionda si avvicinò con aria perplessa. «Auror Black, io non …»
Sirius si era già messo in piedi sulla scrivania.
«Lo sai cosa si prova a perdere un fratello?»
«Auror Black, la pregherei di scendere da …»
«Non è una risposta. Devo ripetere? Perché ripetere non mi piace
La bionda deglutì, mentre attorno a loro si formava un cerchio: le persone si allontanavano, ma rimanevano a fissarli. Il via vai dell’ufficio Auror era notevolmente rallentato, mentre chiunque entrasse, in pochi secondi si accorgeva che Sirius Black passeggiava avanti e indietro sulla sua scrivania.
«Io … io sono figlia unica, Auror Black.»
«Mh, dovevo immaginarlo. Hai la faccia da figlia unica viziata» distolse l’attenzione da lei e si perse a guardare la folla, cercando di ignorare che Martha fosse entrata e lo guardasse con gli occhi fuori dalle orbite.
«Winnincot!» urlò, indicando un suo coetaneo che stava cercando di uscire indisturbato.  «Giocavo a Quidditch con tuo fratello. Ora, immagina: immagina che tu una sera sia a casa con tua moglie, e che lei abbia l’intuizione più terrificante di sempre. Tuo fratello è in grave pericolo. Ma tu non puoi raggiungerlo, devi prima raggiungere l’uomo che lo sta proteggendo. L’uomo che tu hai consigliato a tuo fratello per proteggere lui, sua moglie e il loro adorabile bambino.»
Martha allacciò le braccia sul petto e  fece un paio di respiri profondi molto rumorosi.
«Quest’uomo, però, non c’è, nessuno sa dove sia, nemmeno la sua dannata madre. E questo può voler dire una sola cosa. Tuo fratello è in pericolo. Potrebbe morire da un momento all’altro. E tu, tu cosa fai?»
Winnincot, un uomo con gli occhiali grandi quando il suo intero viso, deglutì. «Andrei a cercare mio fratello»
«Ecco, esatto. Allora, appena tua moglie mette il culo sulla moto, vai veloce quanto non sei mai andato. Quando arrivi, però, tuo fratello è appena morto»
La voce gli si spezza un poco, mentre si rende conto che tutti, ora, non guardano che lui. Sua moglie scuoteva la testa, e lui rispose con un occhiolino.
Sarebbero sempre stati quei ragazzini che combinano guai in giro per il castello.
«Black, non credo che …»
«Non credere, Winnincot» replicò Martha, per poi salire sulla scrivania con grazia. «Limitati a rispondere. Sono ben altre, le cose in cui credere.»
Sirius si perse a guardare la donna che amava solo per un secondo, con occhi colmi di pura ammirazione, per poi riprendere il suo discorso.
«Ecco, dicevo. Arrivi da tuo fratello e sia lui che sua moglie sono appena morti. Sai chi è stato, sai che avrebbe immensi modi per passarla liscia, uno sopra a tutti. Che cosa fai?»
Winnincot sospirò, rassegnato. «Andrei a cercare il bastardo» ammise, abbassando la testa.
Sirius allargò le braccia. «Esatto! Persino tu, al mio posto, avresti fatto ciò che ho fatto io. Vuoi che ti dica cosa è successo? L’ho trovato, e volevo parlargli, perché la donna qui accanto a me mi ha insegnato a dare fiducia. Mi dicevo che ci sarebbe stata sicuramente una spiegazione, e lo volevo aiutare. Capite, che cretino? Lo volevo aiutare! Lui ha lasciato che io finissi giusto un paio di frasi, poi ha ucciso chiunque potesse vederci o sentirci, si è tagliato un fottuto dito e se l’è svignata. Così, tutti credevano che fossi stato io, a uccidere sia lui che quegli innocenti. Io, che tutto quello che avevo fatto di magico fino a quel momento, quella sera, era stato Smaterializzarmi. In trenta secondi sono arrivati un paio di scagnozzi e in men che non si dica mi hanno spedito ad Azkaban. E per dieci anni, non ho visto la luce del sole, Winnincot, dieci anni senza nemmeno sapere se mio figlio stesse bene, se mia moglie fosse riuscita a restare in salute quel tanto che basta per dare alla luce il bambino che aspettava. Dieci anni senza sapere se lei fosse andata avanti o se mi pensasse ogni giorno, come io pensavo a lei e pensavo a loro.»
«Il punto è» continuò Martha «che è fin troppo facile giudicare, stando . È troppo facile puntare il dito e mettere in giro voci, fino a che non siete qui. Sfiderei la maggior parte di voi a passare un giorno facendo la vita che ho fatto in quei dieci anni, o che faccio negli ultimi mesi, qui dentro o là fuori, e scommetto che non arriverebbero interi al tramonto.»
«Scegliete da che parte stare. Ma sceglietelo bene, scegliete con coscienza, non con paura. E ricordatevi che niente è come sembra: Sirius Black non è un assassino, Harry Potter non è un criminale e Lord Voldemort, semplicemente, non è niente se non una bestia assetata di potere, e chiunque di voi abbia fatto il suo gioco, sappiate che di voi non gli importa niente, se non di capire come poter passeggiare sul vostro cadavere e trarne beneficio. Aprite gli occhi!»
Martha tese la mano verso suo marito e sorrise. «Hai finito?» Lui annuì, afferrando la sua mano. Fu lei a fargli l’occhiolino, e, semplicemente, in mezzo a un brusio generale, si Smaterializzarono, lasciando che di nuovo, non si parlasse che di loro. Questa volta, però, con un buon motivo.
   
 
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