Di come il piccolo Euan Abercrombie realizza
i suoi sogni
Chi la dura la vince
Alle scuole elementari babbane che aveva
frequentato per volere di sua madre gli avevano spiegato che il nero non era un
vero e proprio colore e a lui quella cosa aveva sempre saputo di cazzata.
Finchè però era rimasto tra le mura della
minuscola scuola primaria di Callander, per quieto vivere e soprattutto per
evitare note disciplinari i relativi cazziatoni da parte di sua madre, si era
limitato ad accettare quell’assurdità, ma arrivato ad Hogwarts era cambiato
tutto.
La sera del suo primo giorno a Hogwarts, i
prefetti, una ragazza incredibilmente riccia e un tipo dinoccolato con i
capelli rossi, avevano portato lui e i suoi nuovi compagni di casa a fare un
piccolo tour della Sala Comune di Grifondoro, lui l’aveva vista e, in quel momento, aveva capito di aver sempre avuto
ragione.
La verità è che aveva tutto sommato
accettato l’idea che non esistesse il nero perché non l’aveva mai visto
veramente, ma quella folta chioma corvina e setosa, che ondeggiava con
sinuosità ed eleganza su delle sottili spalle, gli aveva letteralmente aperto
gli occhi.
Neri, come la notte più scura, come la
pupilla più profonda e luminosa, morbidi e leggiadri come le onde di un mare in
tempesta, quei capelli avevano popolato i suoi pensieri, placato i suoi incubi
e addolcito i suoi sogni per mesi, così come il viso della divina creatura a
cui aveva scoperto appartenessero.
Calì.
Quel nome così elegante, esotico, solo
pronunciandolo gli sembrava di poter assaporare sulla punta della lingua una
sinfonia di deliziose spezie. Un trillo, giunto alle sue orecchie in modo
fortuito e che era rimasto indelebilmente inciso nel suo cuore.
E così aveva capito di essersi innamorato,
cotto a puntino, come quelle isteriche protagoniste dei filmacci rosa americani
che guardava sua madre e che lui non riusciva a capire, innamorato perso di
quella ninfa leggiadra che saltellava per la sala a braccetto di quella che
aveva intuito essere la sua migliore amica, con i libri di divinazione ritirati
con cura in una cartella di pelle rosa.
Lui non era mai stato innamorato…era stato
ufficialmente fidanzato con Sarah Kroll per la bellezza di due settimane in
quarta, ma tutto era finito nelle vacanze di Natale dopo che lui aveva osato
dare i regali ai suoi amichetti prima che a lei, ma quello era ben diverso.
Calì non era la fidanzatina delle
elementari, lei, ne era certo, sarebbe sempre stata l’unica, la sua musa.
Non era stato smistato in grifondoro perché il rosso si
intonava con i suoi capelli, lui era un ragazzino coraggioso, uno scozzese
vero, nato sotto la croce di Sant’Andrea, cresciuto a suon di beans&tatties(1)
e salsicce speziate, e quel giorno avrebbe tirato fuori tutti il suo coraggio.
Si sarebbe dichiarato, sarebbe andato da Calì, la sua Calì, e le avrebbe
confessato il suo amore, con un ardore e una convinzione tali da far commuovere
persino il duro Godric. Aveva architettato un piano per mesi ed era certo della
sua buona riuscita.
Aveva indossato la camicia buona, fatta stirare perfettamente
dai gentilissimi elfi, inteneriti da quel soldo di cacio aspirante Casanova, si
era messo il dopobarba che aveva rubato al padre durante le vacanze di Natale e
si era pettinato con cura i capelli biondi, ben attento ad evitare di creare
l’effetto a leccata di mucca che, secondo sua cugina Janet, era terribilmente
out. Qualunque cosa volesse dire.
La sala comune era vuota, fatta ad eccezione per la sua fata
dai lunghi capelli corvini e la sua onnipresente amica bionda: certo, sarebbe
stato meglio parlare faccia a faccia solo loro due, ma, da quanto aveva notato
dopo averla osservata per mesi, era praticamente impossibile che quelle due si
separassero. Tutto sommato però la situazione poteva anche ribaltarsi a suo
favore: se avesse fatto una buona impressione alla bionda, forse quella avrebbe
dato la sua approvazione: perché si sapeva, le ragazze non fanno nulla senza
consultarsi con le amiche.
Aveva stretto tra le manine leggermente sudate il bellissimo
mazzolino di erica e campanule che aveva raccolto con dedizione quel pomeriggio
sulle rive del Lago Nero e si era diretto con decisione verso la sua amata.
Quando le era arrivato alle spalle, aveva visto la ragazza
bionda, che le sedeva di fronte, inclinare la testa guardandolo incuriosita,
ma, senza farsi intimorire, Euan aveva allungato una mano e aveva toccato
leggermente la spalla della ragazza dai lunghi capelli neri, che quel giorno
aveva lasciato sciolti a scivolarle come una cascata sulla schiena.
Calì si era girata, diffondendo nell’aria un profumo
inebriante di sandalo e sapone e gli aveva puntato addosso i suoi occhioni
scuri, dolci, più dolci del miele, fissandolo con un sorriso educato in attesa «Posso aiutarti, caro?» gli aveva chiesto con
voce flautata, facendo perdere un battito al ragazzino.
«Calì
tu sei la ragazza più bella che io abbia mai vista» le disse con voce sicura
porgendole in mazzo di fiori «E io sono molto innamorato di te e se tu
accettassi di stare con me ti tratterei come una principessa, perché ti meriti
solo il meglio»
Lavanda si coprì la bocca con una mano, facendo del suo meglio
per non emettere versi gutturali tra il divertito e il basito, mentre Calì
guardò Euan con tanto d’occhi: era davvero un bambino adorabile, con quella
graziosa camicetta bianca, la riga di lato come un divo anni Cinquanta e quel
mazzolino colorato in mano, ma, il problema fondamentale stava proprio nel
fatto che fosse un bambino. Un bambino che si era dimostrato molto più galante
di qualunque ragazzo della sua età, considerò Calì, ma era pur sempre un
bambino.
Calì lo guardò con i suoi profondi occhi scuri «Ti ringrazio davvero per quello che mi hai
detto, nessuno mi ha mai fatto una dichiarazione così bella» gli confidò con
sincerità mentre Lavanda se la rideva di sottofondo «Ma non credi che io sia un
po’…grande per te?»
Il bambinetto scosse il capo con convinzione «Hai solo sedici anni e io ad agosto ne avrò
dodici, i miei nonni hanno sei anni di differenza e si vogliono molto bene»
disse buttando in fuori il petto «E posso assicurarti che maturerò molto più in
fretta dei miei compagni, mi impegnerò, promesso» Euan le fece segno di
prendere in mano il mazzolino di fiori e Calì rimase per quasi un minuto
imbambolata a fissare alternativamente quel particolare primino e le campanule
violette.
«Come
ti chiami caro?» chiese poi, quando si fu ripresa un secondo.
«Euan
Abercrombie»
«Bene,
Euan Abercrombie, ti propongo un patto» Calì si avvicinò a lui con fare
cospiratorio «Conosci quel modo di dire, C.B.C.R.?»
Il ragazzino la guardò confuso scuotendo il capo «Significa Cresci Bene che Ripasso…è una cosa che
le ragazze dicono quando qualcuno di speciale ma molto più piccolo di loro si
dichiara: vedi, come dici tu, quattro anni non sono tanti quando si diventa
grandi, ma alla nostra età creano un’enorme differenza. Te la sentiresti di
aspettarmi per qualche anno? Diciamo fino a quando non saremo entrambi
cresciuti?»
Euan si bloccò un attimo: qualche anno aveva il sapore di
eternità per un undicenne ed indubbiamente non era il risultato che aveva
sperato di ottenere…però Calì gli aveva detto che era una persona speciale e,
soprattutto gli aveva fatto quella proposta così gentilmente che, se si fosse
messo a pestare i piedi, sarebbe sicuramente passato per un villano cafone. E
lui di certo non voleva che la mora si facesse un’idea sbagliata sul suo conto.
«Quando
sarò grande» disse dopo aver terminato le sue silenziose riflessioni «Tornerò
da te» le promise, ottenendo in cambio un enorme sorriso dalla ragazza, un
sorriso candido, che su quell’incarnato ambrato sembrava brillare come una
costellazione.
Dopo averle fatto, con sommo stupore della ragazza, il
baciamano, Euan si allontanò dalle due amiche, risalendo le scale dei dormitori
con passo baldanzoso: Calì gli aveva chiesto di aspettare e lui, da gentiluomo
qual era, l’avrebbe accontentata. Questo ed altro per quella meravigliosa
ragazza che gli aveva rubato il cuore.
Quando fu certa che il ragazzetto fosse ormai lontano, Lavanda
cominciò a ridere senza ritegno, guadagnandosi un’occhiata di fuoco dalla
migliore amica «Lavanda
silenzio! Se ti dovesse sentire ci resterebbe malissimo» mormorò Calì,
lanciando un’occhiata preoccupata alla tromba delle scale.
«Il
tuo cavaliere sarà già nella sua stanza, principessa Calì» Lavanda fu scossa
dall’ennesima ondata di risatine mentre l’indiana la guardava severamente «Non
ci trovo nulla da ridere! È stata la dichiarazione più bella che io abbia mai
ricevuto e probabilmente che mai riceverò…»
«…peccato
solo che provenisse da un primino» completò lapidaria la bionda «Non capisco
perché tu gli abbia detto C.B.C.R.»
«Non
potevo cacciarlo via in malo modo! Mi ha colto dei fiori!» Calì guardò
intenerita i fiori violetti e rosa tra le sue mani «Tanto tra un paio d’anni
troverà una ragazzina della sua età e mi dimenticherà, ma non volevo causargli
un trauma infantile!»
«Altrimenti
ti ritroverai a fare la cougar» Lavanda rispose con uno sguardo malizioso
all’occhiataccia dell’amica «Guarda che mia nonna me lo dice sempre: prenditelo
più giovane così quando sarai vecchia potrai fargli fare tutto in casa»
«Lavanda!»
Euan però non si era innamorato di una
ragazzina della sua età, per una volta Calì aveva sbagliato previsione: si era
concentrato sulla scuola, mantenendo una media alta e un comportamento
impeccabile, cercando di garantirsi un ottimo futuro per sé e per la ragazza
con la lunga chioma corvina, che non aveva mai dimenticato, nemmeno per un solo
istante.
A quindici anni era sbocciato, guadagnando in
altezza quindici centimetri abbondanti in una sola estate, contornati da un
paio di spalle di discreta ampiezza e dai tratti del viso più marcati e meno
fanciulleschi, continuando però a portare i capelli con la riga di lato in
stile vecchia Hollywood, come li aveva il giorno in cui si era dichiarato.
Era diventato prefetto e capitano della
squadra di quidditch e, dopo essersi diplomato, era stato ammesso all’Accademia
Auror, dove continuava ad ottenere ottimi risultati, guadagnandosi uno stuolo
di ammiratrici che avrebbero dato qualunque cosa per accaparrarsi il giovane
Abercrombie, l’auror gentiluomo che schiantava criminali sul posto di lavoro e
poi teneva la porta aperta quando doveva passare una signora.
Ma nessuna ragazza, per quanto bella o
intelligente, ai suoi occhi sarebbe mai stata paragonabile a Calì.
Non si erano più incontrati, ma lui l’aveva
osservata da lontano per anni: era diventata un’astrologa estremamente
rispettata, aveva scritto libri e saggi tenuti in grande considerazione
nell’ambiente accademico e saltuariamente scriveva per il Cavillo alcuni
interessantissimi articoli sulla divinazione. Non che Euan ci capisse molto di
divinazione, ma era sicurissimo che Calì sapesse il fatto suo. Sapeva che la
ragazza aveva avuto un fidanzato, ma, grazie a dei pettegolezzi di spogliatoio,
aveva scoperto che la storia era finita male.
La parte più focosa e impavida di lui
sarebbe voluta partire subito alla carica, ma alla fine il suo lato saggio
aveva prevalso, e si era convinto che pazientare sarebbe stata la cosa
migliore: era stata proprio Calì a chiedergli di aspettare, e lui non sarebbe
certo venuto meno ad una promessa.
Quattro mesi dopo la rottura però aveva
stabilito che fosse il momento giusto per riprovarci: erano passati quasi otto
anni dalla sua trionfale dichiarazione e cominciava a temere che un ulteriore
rimando potesse compromettere ogni sua possibilità.
E
se Calì si fosse dimenticata di lui?
Se l’era chiesto spesso, soprattutto mentre
passeggiava sulle rive di Loch Katrine, cogliendo fiori d’erica e campanule con
cui comporre un mazzo per la giovane donna, ma, nonostante fosse consapevole
che c’era effettivamente una probabilità abbastanza alta che Calì si fosse
dimenticata di lui, aveva deciso che poteva rischiare di fare una figuraccia,
considerando che in ballo c’erano il suo onore e soprattutto la sua parola, che
aveva dato tanto tempo prima.
Lui non era un vigliacco, avrebbe
affrontato tutti i rischi necessari.
Era un grifondoro e si sarebbe comportato
come tale.
La direzione del Cavillo(2) era
il posto più assurdo in cui avesse mai messo piede, il che, detto da uno che
aveva passato sette anni in un dormitorio con altri sei maschietti nel periodo
dell’adolescenza, con drammi, casini e ormoni nessi e connessi, non era certo
poco.
Pennuti di qualunque genere svolazzavano
allegri in giro per le stanze, dipinte con tinte pastello e con i soffitti
molto alti, scontrandosi di tanto in tanto con areoplanini di carta o più
genericamente fogli che volavano da una scrivania all’altra senza sosta; delle strane
piante dall’aria decisamente pericolosa vibravano o emettevano strani suoni che
Euan non avrebbe mai immaginato dei vegetali potessero emettere ma, si ripeté,
si trovava in quel luogo estremamente buffo per un’ottima ragione.
Dopo aver chiesto ad un buffo ometto pelato
pieno di orecchini ad anello dove si trovasse l’ufficio della signorina Patil,
Euan aveva ricevuto una curiosa e piuttosto confusa mappa, scarabocchiata in fretta
e furia con inchiostro argentato su una pergamena di colore blu scuro, ed era
stato letteralmente spinto su per le ripide scale a chiocciola bianco ottico,
decorate con dei pallini verdi per rendere il tutto ancora più psichedelico,
con la raccomandazione di non toccare assolutamente nulla durante il tragitto.
E, considerando che aveva passato Tecniche
di Sopravvivenza 1 con il massimo dei voti e che un cactus viola aveva cercato
di decapitarlo al suo ingresso, Euan aveva tutte le intenzioni del mondo di
starsene buono buono, limitandosi a cercare la sua bella.
L’ufficio di Calì era nel solaio della
palazzina, un ambiente piccolo ma estremamente accogliente, le cui pareti
dorate riflettevano la grande quantità di luce che entrava dalle numerose finestre.
Il ragazzo bussò alla porta non troppo forte, sarebbe stato maleducato e
scortese, ma nemmeno troppo lievemente, altrimenti la ragazza avrebbe rischiato
di non sentirlo.
Oltre la porta di legno chiaro si sentì un
melodioso Avanti e lo stomaco del
ragazzo fece una capriola: era la sua voce! Non l’aveva mai dimenticata,
nonostante fossero passati anni, quel suono così dolce lo aveva cullato per
anni, era stato un balsamo per i suoi nervi, una ninna nanna quand’era stanco.
Imponendosi autocontrollo il ragazzo
abbassò la maniglia ed entrò nella stanza, cercando di non farsi prendere
dall’agitazione, cosa non facile quando gli occhi scuri della donna si posarono
su di lui: non era cambiata di una virgola, era meravigliosa…no, meravigliosa
era un termine riduttivo…era semplicemente indescrivibile, con i suoi occhioni
vivaci, svegli e dolci allo stesso tempo, con i capelli neri che le ricadevano
oltre le spalle, quel mare in tempesta che aveva per anni bramato di poter
anche solo sfiorare, e con quel delizioso profumo fresco di sandalo e sapone,
che lo inebriò.
Calì gli sorrise, ma non sembrò
riconoscerlo, gli anni passati lo avevano cambiato non poco «Come
posso esserle utile?»
«Io…» Euan deglutì prima di prendere un profondo
respiro «Sono Euan, Euan Abercrombie»
«Io
te l’avevo detto che Darren era un deficiente» borbottò Lavanda porgendo un
fazzolettino profumato alla calendula alla sua migliore amica, che singhiozzava
disperata sul suo letto «Un deficiente e pure brutto come la morte»
«Aveva
detto di amarmi!»
«Ed
erano solo palle» sentenziò poi la bionda lapidaria mentre Calì si soffiava
forte il naso «Prima ti dimenticherai di lui meglio sarà»
«Perché
mi metto sempre con degli idioti?» mugugnò Calì seppellendo il viso tra le mani
«Ma è mai possibile che non esista un bravo ragazzo che sia interessato a me?!»
Lavanda inarcò un sopracciglio «A parte quel piccoletto che ti fece quella
dichiarazione esilarante…com’è che si chiamava?»
«Euan…qualcosa…forse
avrei dovuto mettermi con lui all’epoca»
«Sarebbe
stata una cosa da pedofili!»
«Lavanda
non mi stai tirando su il morale, per Circe!»
Calì spalancò la bocca rimanendo di sale:
Euan Abercrombie era un cucciolotto tenero e adorabile, pallidino e pieno di
lentiggini con una camicia troppo grande e l’odore di dopobarba palesemente
rubato al padre. Com’era possibile che quel ragazzone con due spalle da
nuotatore olimpico fosse proprio lui?!
Osservandolo meglio però Calì notò che sul
suo volto effettivamente c’erano una miriade di efelidi, portava ancora una
camicia ben stirata bianca -questa volta
riempita decisamente bene da quelli che sembravano essere dei pettorali niente
male- e aveva ancora i capelli biondi, leggermente più scuri di quanto non
ricordasse, pettinati con la riga laterale.
La cosa che però la colpì più di tutte fu
il piccolo mazzo di fiori che teneva tra le grandi mani: erica rosata e
campanule viola…erano gli stessi fiori che le aveva donato tanti anni prima,
quando le aveva promesso che avrebbe aspettato «Tu…hai
davvero aspettato?» sussurrò basita: non poteva davvero credere che un così bel
ragazzo, che probabilmente aveva avuto stuoli di ragazze che morivano ai suoi
piedi, si fosse ricordato di una promessa fatta alla tenera età di undici anni.
Certe
cose accadevano solo nelle favole, giusto?
Euan la guardò quasi stupito «Sì…io
ti avevo promesso che avrei aspettato…nel caso in cui tu saresti voluta
ripassare…»
«C.B.C.R» mormorò Calì quasi in trance,
guadagnandosi un grande sorriso da parte del ragazzo che le allungò il mazzo di
fiori «Sono davvero contento che anche te ne ricordassi» mormorò il ragazzo
prima di bloccarsi un attimo: la ex grifondoro osservava i fiori imbambolata,
con gli occhi scuri spalancati. Forse dopo tutti quegli anni credeva che non
l’avrebbe cercata e magari non aveva voglia di vederlo?
Euan sentì un groppo alla gola, ma cercò
con tutte le sue forze di controllarsi: era passato tanto tempo, sicuramente
erano cambiate molte cose e, per quanto ci potesse rimanere male, non avrebbe
potuto che comprenderla se non fosse stata interessata a lui. Con un sospiro si
sforzò di sorriderle «Mi ha fatto molto piacere rivederti» le disse
gentilmente, riscuotendola dal suo stato di trance «Sono davvero contento che
tu non ti fossi dimenticata di me, anche se ero solo un primino innamorato» il
ragazzo fece per allontanarsi ma, con sua somma gioia quella voce meravigliosa
lo bloccò «Aspetta!» Euan si voltò lentamente, sentendosi quasi abbagliato
dallo sguardo penetrante della ragazza.
«Ti andrebbe di…chiacchierare un po’?» propose
titubante Calì «Come hai detto tu, non abbiamo più parlato da quando eri un
primino…» l’innamorato della definizione precedentemente fornita da Euan rimase
in sospeso tra i due ragazzi, ma Euan, sentendosi improvvisamente pieno di
gioia non poté fare a meno di sorridere, accomodandosi sulla sedia di fronte a
Calì.
Andarono avanti a parlare per ore, di
qualunque cosa venisse loro in mente, mentre la redazione andava lentamente
svuotandosi, senza che nessuno dei due accennasse ad andarsene o a dare segni
di stanchezza e Calì, ridendo di un buffo aneddoto sull’accademia che il
ragazzo stava raccontando non poté fare a meno di pensare che sì, il piccolo
Euan era proprio cresciuto bene.
1 fagioli
e patate, che caratterizzano un’unità indivisibile nella cucina scozzese.
2 l’astrologia
mi sembra una materia abbastanza curiosa e controversa da guadagnarsi spazio
tra le pagine del Cavillo.