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Autore: mikimac    14/11/2018    2 recensioni
L'amore colpisce tutti. Spesso, quando meno te lo aspetti. Qualche volta, per chi non dovresti amare.
Genere: Drammatico, Sentimentale, Thriller | Stato: completa
Tipo di coppia: Het, Slash | Personaggi: John Watson, Mary Morstan, Mycroft Holmes, Sherlock Holmes
Note: AU | Avvertimenti: Triangolo
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La festa
La camera da letto era illuminata dalla luce soffusa delle lampade poste sopra ai comodini. Le note di una canzone aleggiavano nella stanza vuota. Sting sussurrava le parole malinconiche di “Fragile”, quando John uscì dal bagno, con un asciugamano avvolto intorno ai fianchi. Alcune gocce d'acqua scivolarono sul suo corpo, catturate dall’asciugamano con cui si stava asciugando. Mary era ancora nell’idromassaggio, a sciacquare via l’odore di sesso. Avevano fatto l'amore mentre si preparavano per la festa, proprio come una coppia ancora in luna di miele. John si osservò allo specchio, abbottonandosi la camicia. Sposo perfetto. Spia perfetta. Bugiardo perfetto. Ipocrita perfetto. Il medico sospirò e scosse la testa. Quella storia doveva finire presto o lui non sarebbe mai riuscito a rimettere insieme i pezzi della propria vita. Quando tornò a guardare nello specchio, notò il mazzo di chiavi di Mary appoggiato sul tavolino, accanto alla porta John si immobilizzò. Era la sua occasione per appropriarsi della chiave della cantina, in modo da consegnarla a Sherlock, affinché vi si potesse intrufolare. Il dottore si avvicinò al tavolino, tenendo d'occhio la porta del bagno. Sentiva Mary muoversi ancora nell'acqua, ma doveva fare presto, perché la moglie avrebbe potuto tornare in camera in qualsiasi momento. John afferrò le chiavi, cercando di non fare rumore. Il cuore batteva rapido e l’adrenalina scorreva veloce nelle vene. Un sottile velo di sudore inumidì il viso del medico, mentre sfilava la chiave lentamente. Vide l’ombra di Mary ergersi in piedi nella vasca e infilarsi l’accappatoio. La chiave uscì dal portachiavi e John la infilò celermente nella tasca dei pantaloni. Appoggiò il portachiavi sul tavolino e tornò davanti allo specchio appena in tempo. Mary arrivò dal bagno, raggiunse il marito e lo abbracciò da dietro, baciandogli la schiena: “Peccato che tu sia già vestito. Sarebbe stato bello proseguire quello che avevamo iniziato in bagno,” sussurrò, in tono suadente.
“Meglio così. Abbiamo ospiti. Immagina la faccia di tuo padre, se lo lasciassimo solo a ricevere della gente che non voleva nemmeno invitare,” ridacchiò, irridente.
“Hai ragione. Vorrà dire che recupereremo dopo la festa.”
John si voltò e circondò i fianchi i Mary con le braccia: “Nulla ci fermerà. Dopo la festa.” Le labbra si unirono in un bacio colmo di passione. John infilò una mano in tasca e strinse la preziosa chiave nella mano. Quella sera avrebbero fatto un passo importante verso la conclusione della sua missione. Lui e Sherlock avrebbero svelato il mistero della cantina, sventato il piano di Mary e tutto sarebbe finito.
John e Mary.
John e Sherlock.
Non sarebbero più esistiti.
Se mai lo erano.


La festa


La villa era illuminata completamente. Le luci si vedevano fin dalla strada, filtrando attraverso i tronchi degli alberi che svettavano nel parco, oscuri e imponenti protettori della vita privata dei abitanti della casa. Le automobili degli invitati si fermavamo davanti alla villa, per fare scendere gli ospiti, poi venivano parcheggiate in un grande spiazzo attiguo, sorvegliate da autisti e posteggiatori annoiati. Mary, avvolta in un lungo e aderente abito rosso senza spalline, accoglieva gli ospiti sulla porta, insieme al marito, che indossava uno smoking nero. Sherlock entrò nell’atrio, attirando l'attenzione di molte invitate. I capelli ricci e scompigliati erano stati domati e composti in una ordinata pettinatura liscia, che metteva in risalto i taglienti zigomi. Lo smoking nero pennellava le forme di un fisico magro, con muscoli tonici e allenati. Gli occhi azzurri indugiarono brevemente sulla disposizione della casa e sugli invitati, per accertarsi che nessuno potesse smascherarlo. John osservò Sherlock, ammirandone la bellezza particolare. Per l'ennesima volta, davanti a quell’uomo affascinante, si sentì come un adolescente alla sua prima cotta: “Innamorato a senso unico. Senza speranza. Se Sherlock lo sapesse, proverebbe solo pietà per me. O peggio, disprezzo,” sospirò John fra sé e sé.
Mary sorrise al nuovo arrivato, allungandogli una mano: “Benvenuto, signor Holmes. Mio marito ha ceduto alle sue insistenze. Spero che non approfitti della sua buona fede per ingannarlo e parlare male di lui o della sua famiglia. Ora i Watson sono parte integrante della mia famiglia. Un suo articolo negativo, lo considererei come un affronto personale,” lo salutò, in tono velatamente minaccioso.
Sherlock prese la mano di Mary e ne sfiorò il dorso con le labbra: “Sono certo che approverà il mio lavoro, signora Watson,” ricambiò la spia, per nulla intimorito. Lasciò la mano della donna e si rivolse a John, fissandolo intensamente negli occhi: “Buonasera, dottor Watson. Spero che potremo trascorrere insieme un po’ di tempo proficuo per entrambi, stasera. Sono certo che faremo grandi cose,” mormorò, in tono basso e profondo. John sentì un brivido, scorrergli lungo la schiena, mentre un calore intenso salì dal centro del petto infiammando le orecchie e le guance. Il medico si irrigidì, sentendosi ridicolo e maledicendo la stupida regressione all’adolescenza scatenata dalla presenza di Sherlock: “Lo spero,” borbottò, dopo essersi schiarito la gola.
Sherlock fece un cenno con il capo e andò a raggiungere gli altri invitati.
“Sono sempre più convinta che quell'uomo si sia innamorato di te. Te ne devi essere reso conto anche tu o non ti sentiresti così in imbarazzo in sua presenza,” constatò Mary, in tono gelido.
“Sta solo cercando di mostrarsi amichevole per ottenere la sua bella intervista. Sono sicuro che il signor Holmes sia disposto a qualunque sacrificio, per il suo lavoro,” ribatté John, sarcastico.
Mary fissò il marito per alcuni lunghi secondi. Uno strano lampo le attraversò gli occhi azzurri. John non sapeva come interpretarlo. Gelosia? Insicurezza? Dubbio? Un sorriso radioso tornò a illuminare il viso della donna: “Andiamo dai nostri ospiti. Dimostriamo a signor Holmes che siamo una coppia felice.” Con un bacio rapido sfiorò le labbra del marito. John e Mary si unirono alla festa, chiacchierando e ridendo con gli ospiti, mentre un’orchestra suonava musica di sottofondo.


John e Mary si divisero per intrattenersi con i vari invitati. Con un giro lungo e tortuoso, Watson si avvicinò all’affascinante spia, che osservava gli ospiti con un atteggiamento scostante: “Si sta divertendo, signor Holmes?” Domandò, con un sorriso incoraggiante.
“No. Queste riunioni mondane sono di una noia mortale. Preferirei essere in compagnia di uno squadrone di terroristi, piuttosto che di una di queste dame dell’alta società. Non si può avere tutto,” sospirò, in un modo talmente melodrammatico, che John scoppiò in una breve risata. A quel suono, il cuore di Sherlock si esibì in una strana capriola, che lo lasciò perplesso. John non si accorse della reazione causata dalla sua risata sull’altro uomo e si guardò intorno, per essere sicuro che nessuno li stesse osservando. Infilò una mano in tasca e afferrò la chiave sottratta alla moglie: “Ho un regalo per lei, signor Holmes,” sussurrò.
Sherlock guardò che cosa John gli avesse allungato: “La chiave della cantina?” Sibilò, furioso.
Il dottore fu sorpreso e ferito dall’acredine della spia: “Certo. Che cosa altro dovrebbe essere?”
“Quando la ha sottratta?”
“Prima di scendere. Mary…”
“Non avrebbe dovuto farlo! Che cosa accadrà, se i camerieri dovessero rimanere senza vino? Il maggiordomo chiederà la chiave a Mary e lei non la troverà. Capirà che è stato lei a sottrarla e che sta lavorando per noi. Con questa mossa potrebbe avere mandato a monte mesi di lavoro!”
John impallidì. Capì di avere commesso un errore e maledisse la propria avventatezza. Voleva fare colpo su Sherlock e aveva ottenuto l’effetto contrario. Il giovane Holmes si accorse dell’espressione avvilita di John e ne fu dispiaciuto: “Ormai è fatta. Dovremo fare in fretta. Speravo di avere più tempo per perquisire la cantina. Ci faremo bastare quello che avremo. Verrà anche lei con me, dottor Watson. Così faremo più in fretta. Non possiamo andare subito o susciteremmo dei sospetti. Controlli il vino. Non deve accadere che rimangano senza,” pianificò, in tono più dolce.
John fece un piccolo sorriso: “La porta della cantina si trova nel corridoio a sinistra delle scale. Ci troviamo lì davanti fra quaranta minuti. Se dovessi notare che il vino stia finendo più velocemente, le farò un segnale. Può andare così?”
“Perfetto. Ora vada e non torni da me. Mary e Theodore ci stanno osservando. Non dobbiamo destare sospetti. Troverò la porta. Ci incontreremo lì,” concordò Sherlock.
John si voltò appena, solo per notare la moglie e il suocero che lo osservavano con una strana intensità. Il medico si allontanò dalla spia e raggiunse una giovane cugina di Mary, con cui iniziò a parlare. Non ascoltava molto attentamente. John era intento a osservare i camerieri che giravano in mezzo agli ospiti con i vassoi pieni di calici di vino. La fronte del medico si corrugò per la preoccupazione. C'erano tanti bicchieri. Troppi. Salutò la giovane e si diresse da Edgar, che sovraintendeva alla distribuzione del catering: “È tutto a posto? C'è abbastanza da mangiare? E il vino?”
“Per ora sì, dottore. È tutto a posto, anche se credo che dovremo andare a prendere del vino, fra poco. Gli ospiti lo stanno gradendo molto,” rispose Edgar.
Lo stomaco di John si strinse in una morsa: “Non esageri nell’elargire il vino. Per quanto la villa sia grande, non abbiamo abbastanza spazio per ospitare tutti, nel caso bevano tanto da non reggersi in piedi,” ridacchiò, come se stesse facendo una battuta. Edgar sorrise cortesemente e tornò al proprio lavoro. John non si allontanò molto dal tavolo dei vini. Scambiava qualche parola con gli ospiti, ma non perdeva mai di vista la riserva del vino. Ogni bottiglia che veniva aperta, era un colpo diretto al suo cuore.


Il tempo sembrava essersi fermato. Trascorreva con una lentezza spasmodica. Inversamente proporzionale alla velocità con cui il vino era consumato dagli ospiti. Quasi con disperazione, John si chiese se gli invitati avessero deciso di ubriacarsi tutti insieme proprio quella sera. Lui non aveva toccato un goccio di vino, rifiutando ogni bicchiere che gli era stato offerto. Assurdamente sperò che ciò prolungasse il tempo che lui e Sherlock avrebbero avuto a disposizione per esplorare la cantina.
Finalmente giunse il momento di raggiungere Holmes, per scoprire il segreto dei Morstan. Sherlock attendeva John davanti alla porta della cantina. Nessuno aveva notato che si erano allontanati dalla festa. John era nervoso e preoccupato: “Non abbiamo molto tempo. Stasera sono tutti assetati,” ringhiò sommessamente.
“È ciò che accade in tutte le feste. Le persone mangiano e bevono a spese altrui. Cibo e bevande gratuiti sono sempre molto graditi,” sentenziò Sherlock, in tono sferzante.
John sbuffò: “Un modo cinico di considerare l’umanità. Qualcuno con qualche pregio esiste.”
“Lei è un medico. Soprattutto, è stato un soldato. Dovrebbe sapere che le persone non sono così buone come cercano di apparire.”
John aprì la porta: “Stiamo scivolando in un ambito troppo filosofico, non adatto al momento.”
Sherlock e John entrarono nella cantina, chiudendosi la porta alle spalle.
“Quale era il vino che ha causato la strana reazione di Steve Ballard?”
John rifletté brevemente, prima di rispondere, sicuro: “Chateau Margaux “Pavillon Rouge” del 2011.”
“Bene. Troviamolo e tentiamo di capire che cosa abbia di così particolare.”
Sherlock e John si divisero e cominciarono a cercare il vino. La cantina era un rettangolo di circa sei metri per quattro con scaffalature attaccate ai muri e due file parallele alle pareti più lunghe. Holmes osservava le etichette di uno degli scaffali centrali, quando nell’ultima parte trovò il vino che cercava: Chateau Margaux “Pavillon Rouge” del 2011! Sherlock notò che alcune bottiglie erano più impolverate delle altre. Pensando che fossero quelle che gli avrebbero permesso di svelare il mistero, appoggiò un dito sul tappo di una bottiglia in seconda fila e la trascinò delicatamente verso il bordo. Non si avvide di una bottiglia troppo vicina al bordo, che, sbilanciata,  cadde in terra, frantumandosi. Sherlock imprecò a bassa voce, mentre John lo raggiunse, preoccupato: “Che cosa è successo?”
“È caduta una bottiglia,” rispose la spia, parlando lentamente. Osservava affascinato il contenuto della bottiglia, che si era sparso in terra. Non era un prezioso liquido rosso. Non era un liquido. E non era nemmeno rosso. Sul pavimento nero, in mezzo a cocci di vetro, c’era una polvere bianca.
John fissò la polvere, stranito: “Che cosa è?”
“Non lo so, ma è a causa di questa sostanza che Ballard si è spaventato tanto. Ora dobbiamo scoprire che cosa sia, a che cosa serva e quanto sia pericolosa. Non è eccitante avere un mistero da svelare?”
John guardò Sherlock. L’eccitazione aveva leggermente colorato di rosa gli zigomi solitamente bianchi e gli occhi brillavano, rendendo l’azzurro ancora più intenso. Il medico dovette resistere alla tentazione di baciare le labbra rosse della spia.
“Dobbiamo travasare del vino in una bottiglia, in modo da metterne una in sostituzione di quella che si è rotta. Provi a vedere nel lavandino. Io prelevo un po’ di polvere, da analizzare,” ordinò velocemente Sherlock.
John eseguì. Trovò una bottiglia nel lavandino e la portò a Sherlock, che aveva trovato una bustina e vi aveva infilato dentro un po’ di polvere. John stappò una bottiglia di un altro vino, che si trovava lontana dallo chateau e ne travasò il contenuto. Portò tutto a Sherlock, che sigillò il tappo meglio che poté, e ripose la bottiglia al posto di quella che era caduta. Nessuno dei due si accorse che l’etichetta riportava la scritta Chateau Margaux “Pavillon Rouge” del 2012.
Nel frattempo, Edgar era andato da Mary, per informarla che non c’era più molto vino. I due si diressero verso la cantina. Sherlock e John erano appena usciti e li notarono nel corridoio.
“Da questa parte,” sussurrò Sherlock, afferrando John per un gomito e spingendolo verso il lato opposto del corridoio, verso l’esterno della villa.
“Ci avranno sicuramente visti. Come giustifichiamo la nostra presenza qui?”
Mary li aveva visti e si stava dirigendo verso di loro.
“Mi baci,” mormorò Sherlock.
“Che cosa?!” Sbottò John, incredulo e sconvolto.
Mary era sempre più vicina.
“Mi baci!” Sibilò Sherlock. Circondò i fianchi di John con un braccio e lo strinse a sé. Le loro labbra si unirono. Entrambi chiusero gli occhi e mentirono a loro stessi, sussurrandosi che l’altro fosse il proprio amante. Che quel bacio fosse un sigillo del loro amore.




Angolo dell'autrice


Mi dispiace avere pubblicato così tardi. Ho appena terminato di scrivere il capitolo. Spero che non vi siano troppi errori, ma non ho avuto tempo di rileggerlo.

Grazie a chi sia arrivato fino a qui.

Grazie a emerenziano e meiousetsuna per i commenti ai capitoli precedenti.

Alla prossima settimana.

Ciao!





















   
 
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