Capitolo
8
-
Quindi Hestia dice che c’è un infiltrato?
–
Non
avrebbe dovuto parlarne con nessuno, ma Alistair lo
conosceva fin troppo bene per lasciarsi sfuggire
quell’improvviso turbamento
che l’aveva colto dopo la scoperta del cadavere dello
specializzando.
Tuttavia
la prudenza imponeva che non ne parlassero a voce
troppo alta.
Accennò
con il capo in direzione della porta d’ingresso alle
camere, lì dove i suoi allievi si erano ritirati
un’ora prima quando gli Auror
al seguito di Moody avevano cominciato a perlustrare tutta la Residenza
alla
ricerca di prove che potessero condurre
all’identità del colpevole.
-
Giusto, perché allarmarli? Dopotutto
c’è stato solo un
omicidio, cosa sarà mai, normale amministrazione per chi si
occupa della Stanza
della morte no? –
-
Non è divertente, Al. –
-
Sto cercando di sdrammatizzare -, replicò il rosso
passandosi una mano sul volto con uno sbuffo, - ma non riesco a credere
che uno
dei presenti sia coinvolto in qualche modo. –
-
Nemmeno io, ma se mi avessero detto che qualcuno stanotte
sarebbe morto non ci avrei creduto mai e poi mai. –
-
Già. Siamo almeno concordi nel non sospettare
l’uno dell’altro?
–
-
Ovviamente o non te l’avrei nemmeno detto. –
-
E ad Annabelle l’hai detto? –
Scosse
il capo.
-
Santo Godric, Will! Perché? –
-
Moody pensa che chiunque sia il colpevole appartenga alla
Stanza delle Profezie … e lei apparteneva
all’ultimo gruppo addestrato da
Rookwood. –
-
La conosciamo da tredici anni, Will, tredici
anni. Pensi davvero che potrebbe essere collusa con i
Mangiamorte? –
Detta
così sembrava assurdo anche alle sue orecchie, ma
francamente non aveva la minima idea di cosa pensare.
-
Non lo so. Tu sei assolutamente certo che non lo sia, tanto
da giocartici la vita? –
Alistair
tentennò, poi scosse il capo con espressione
sconfitta.
-
Non lo so. –
-
Cosa stai facendo? –
Maia
sussultò quando vide Jackson fare capolino da dietro di
lei e sbirciare la lista che stava allestendo.
-
Non dovresti essere qui. –
-
Nemmeno tu se è per questo, gli Auror dicono che dobbiamo
rimanere nei nostri appartamenti fino a domattina. –
-
Avevo bisogno di pensare -, ammise tamburellando contro la
scrivania alla quale era seduta, - qual è invece la tua
scusa? –
-
Non avevo sonno e non volevo disturbare Dennis. –
-
Non pensavo riuscisse ad addormentarsi. –
L’aveva
sempre considerato una persona emotiva ragion per cui
aveva creduto che dopo un omicidio sarebbe stato troppo scosso da
riuscire a
dormire.
-
Infatti non c’è riuscito, o almeno non da solo.
Tremava in
continuazione, era un frusciare di coperte molto fastidioso,
così ci ho pensato
io. –
Aggrottò
la fronte.
-
Gli hai dato una botta in testa o l’hai soffocato con il
cuscino? –
Jackson
scoppiò a ridere, le iridi chiare che scintillavano
divertite.
-
Come sei melodrammatica, gli ho solo dato un po’ della mia
scorta di pozione soporifera. Domani sarà più
rilassato. –
-
Vorrei esserlo anche io, ma dubito che un po’ di sonno
basterà. –
Il
ragazzo osservò il rotolo di pergamena che aveva coperto
con curiosità.
-
Mi dici cosa stavi scrivendo? –
-
Solo se prometti che non mi darai della pazza paranoica. –
-
Croce sul cuore. –
Voltò
il rotolo, mostrandogli una lunga lista di nomi sia di
specializzandi che d’istruttori. Alcuni erano sbarrati e
altri sottolineati,
altri invece erano rimasti intonsi.
Vide
che tra gli sbarrati c’era sia il nome della stessa Maia
che il suo e quello di Alistair e William. Anche Dennis e Lawrence
avevano
avuto la medesima sorte in compagnia di Isobel e di Van.
-
Una lista di sospettati? –
-
Già. Ho escluso tutti coloro che ho visto in sala quando
Eltanin ha urlato, era impossibile che fossero in due posti diversi
allo stesso
tempo no? –
-
In teoria … e poi non riesco a immaginare nessuno di loro
come assassino a sangue freddo. –
-
Nemmeno io, ma non dormirò tranquilla finchè non
saprò chi
ha ucciso quel ragazzo. –
Probabilmente
nessuno, escluso chi faceva uso di pozioni
soporifere, ci sarebbe riuscito per un bel pezzo.
-
Mi dici cosa ci facevi davvero lì fuori? –
Eltanin
incrociò le gambe sul copriletto del baldacchino e
osservò Asher, che se ne stava seduto nella medesima
posizione ma sul futon
nell’angolo, riflettendo bene sulle parole con cui avrebbe
spiegato quella
bizzarra sensazione che l’aveva assalita fin dalla mattina.
-
Avevo l’impressione che stesse per succedere qualcosa, ma
non sapevo bene né dove né quando né
tantomeno di cosa si trattasse. Era una
sensazione strana, di ansia, come se mi aspettassi chissà
cosa da un momento
all’altro. –
-
Una cosa tipo occhio interiore? –
-
Forse, ma non ne sono sicura. –
-
Molti di coloro che hanno la Vista non se ne rendono conto
per anni, sono pochi quelli abbastanza precoci da manifestare i sintomi
durante
l’adolescenza. –
-
I Cooman sono molto dotati da questo punto di vista. –
Asher
aggrottò la fronte, riportando alla mente l’albero
genealogico dei Burke. Per quanto si ricordava doveva esserci stato
almeno un
legame di parentela con quella famiglia nel corso dei secoli e delle
varie
unioni matrimoniali.
-
Chi? –
-
Una prozia di mio padre, Manto Cooman, aveva la Vista. Il
che era uno strano scherzo del destino visto che era totalmente cieca
fin dalla
nascita, ma a parte lei non credo ci siano stati altri casi di
Veggenti. –
-
Queste cose spesso saltano tre generazioni. –
Eltanin
inarcò un sopracciglio, sporgendosi per guardarlo
meglio negli occhi.
-
Cosa stai cercando di dire, Asher? –
-
Nulla di certo, ma non credi che sia possibile che tu abbia
ereditato la Vista dalla tua prozia? –
Lasciò
in sospeso la domanda, incerta su come replicare.
Era
possibile? Certo.
Quante
possibilità c’erano che fosse così?
Pochissime.
Era
effettivamente così? Non ne aveva idea.
-
Perché non vuoi dirmi dove sei andato a cacciarti a
metà
festa? –
Geordie
lanciò un’occhiata di sbieco all’amico e
collega e
rilanciò con un altro quesito spinoso. – Non ti
fidi di me, Van? –
-
Certo che mi fido, ero solo curioso. Trovo davvero offensivo
che tu abbia pensato che io potessi sospettare di te -,
replicò indignato, - e
tu invece sospetti forse di me? –
-
No, per svariate ragioni: la prima è che tutto quel sangue
ti avrebbe imbrattato vestiti e capelli e sarebbe stata
un’onta insopportabile
per te, la seconda è che hai fatto il cascamorto con
praticamente ogni ragazza
presente alla festa e non hai mai lasciato la sala nemmeno per un
minuto. –
-
Tutto qui? –
-
No, c’è anche il fatto che ti conosco bene: sai
essere un rompipalle
molesto, ma non sei un assassino. –
-
Non so bene se sentirmi offeso oppure onorato dal fatto di
essere considerato fuori da ogni dubbio innocente. –
-
Probabilmente entrambe le cose -, replicò pensieroso, - ma
tornando alla tua domanda … ero sulla terrazza con una
ragazza. –
-
Cosa?! Questo è
ancora più inaspettato del cadavere nel cortile …
e lei chi è? –
-
Non te lo dirò mai. –
-
Oh andiamo -, lo pregò con espressione da cucciolo
bastonato, - prometto che non lo dirò a nessuno. –
-
Punto primo non ti credo e, punto secondo, non so se a lei
interesso o se ho frainteso tutto. –
-
Nessuna donna va su una terrazza da sola con un uomo che non
le piace, lo sanno tutti che lì sopra ne succedono di tutti
i colori durante le
feste. –
Non
sapeva chi fossero quei tutti, ma di certo lui non aveva
mai ipotizzato che vi accadessero cose scabrose ed era più
che certo che dopo
quella rivelazione avrebbe cominciato a guardare le terrazze con occhi
diversi.
-
Va bene, magari anche lei è interessata, ma non ti
dirò
comunque chi é. –
-
Fammi indovinare, è una specializzanda vero? –
-
Considerando che l’unica altra donna è Annabelle,
e che lei
è lesbica, direi proprio di sì. –
-
Allora riformulo … è una delle tue
specializzande? –
-
Non te lo dirò mai, Van. –
-
Tanto lo scoprirò comunque – replicò,
incrociando le braccia
e lanciandogli uno sguardo di sfida.
-
Sì, tanti auguri con la ricerca, ora se vuoi scusarmi me ne
vado a dormire. –
-
Da solo? –
Consapevole
di essere arrossito, Geordie sbottò: - Van! –