Kate si era alzata in punta di piedi. Aveva indossato un paio di scarpe senza tacchi e così la differenza di altezza con Rick era più marcata. Gli aveva sfiorato le labbra con le sue, un bacio appena accennato, gli aveva annuito rispondendo ad una domanda che lui non aveva mai fatto ad alta voce, ma che lei aveva letto nel suo sguardo, mentre le spostava dal viso una ciocca di capelli, indugiando più del dovuto ad accarezzarla. Poi le prese una mano, le accarezzò il dorso con il pollice e lei si avvicinò ancora, appoggiandosi con la testa nell’incavo del suo collo. Durò tutto qualche secondo, non di più, fino a quando una donna che usciva dalla caffetteria non li urtò e si separarono come due adolescenti beccati fuori da casa. Mentre lei stava per entrare lui la richiamò e quando Kate si voltò lesse sulle labbra di lui, tra i rumori della città, un “ti amo” che la fece tremare. Rick salì sull’auto che li aveva accompagnati lì prima che lei potesse rispondere e Kate aspettò qualche istante prima di entrare, come se senza di lui dovesse trovare di nuovo la forza delle sue azioni.
Emily era nella sua vecchia auto parcheggiata all’angolo della strada. Era arrivata con largo anticipo ed aveva aspettato lì fuori. Forse aveva anche lei paura di entrare, forse voleva solo controllare la situazione, ma proprio quando aveva deciso di scendere, pochi minuti prima dell’appuntamento, li aveva visti arrivare ed era rimasta lì a guardarli. Era convinta che Castle sarebbe rimasto, da quello che aveva letto di lui e di loro, non la lasciava mai. Si stupì di vederlo andare via dopo che era rimasta quasi incantata a guardarli. Aveva osservato ogni loro gesto, il modo in cui si guardavano, in cui lei cercava sostegno in lui e lui la rassicurava. Vide la tensione di sua sorella, la sua incertezza e questo in un certo senso la rassicurò, non era la sola a temere quel momento e fu felice che fossero da sole. Aspettò che lei entrasse, dalle grandi vetrate la seguì con lo sguardo fino a quando camminando nel locale non sparì alla sua vista. Attese ancora un minuto poi si fece coraggio ed entrò. Qualunque cosa sarebbe successa non poteva essere peggio di quanto aveva già vissuto, o almeno lo sperava.
Emily superò la prima sala della caffetteria ed andò in quella più piccola e meno affollata sul retro, non si erano date appuntamento lì, ma le parve naturale che Kate avesse scelto di sedersi lì, e non solo perché nella sala più grande non c’era, ma perché era quella che avrebbe scelto lei. La trovò seduta all’ultimo tavolo in fondo alla sala, in un angolo, un po’ appartato e forse anche più stretto e scomodo. Sorrise vedendola a testa bassa, con lo sguardo fisso su un menu che faceva probabilmente faceva finta di leggere. Le si avvicinò fino a quando non spostò rumorosamente la sedia per annunciare la sua presenza prima ancora di parlarle.
- Ciao Kate. - La voce di Emily uscì molto più incerta di quanto lei stessa aveva immaginato, tradendo la sua emozione. Kate alzò gli occhi chiudendo velocemente il colorato menu di carta appoggiandolo sul tavolo e coprendolo con entrambe le mani.
- Ciao Emily.
Le due sorelle si trovarono sedute, sole, una davanti all’altra, intente a leggersi negli occhi a vicenda, a ritrovare gli stessi timori, la stessa inquietudine.
Emily prese un altro dei menu dal contenitore di plastica sul tavolo e lo porse a Kate.
- Quello è in russo. - Disse a sua sorella sorridendo indicando i caratteri cirillici sul copertina. Kate realizzò solo in quel momento di non averci fatto caso.
- Ehm sì… - Prese il menu che le stava porgendo sua sorella e rimase un attimo ferma, con il menu in mano, muovendolo impercettibilmente tra le mani che tradivano però il suo nervosismo agli occhi attenti di Emily che la stava studiando. Si sentiva sotto esame e lo era.
- In realtà va bene anche questo. - Disse Kate ritrovando il suo coraggio e porgendo ad Emily quello in inglese. - Parlo russo, almeno quanto basta per capire un menu.
Si morse la lingua, appena ebbe finito la frase, non voleva sembrare presuntuosa e forse era proprio quello che aveva fatto.
- Ah… Ya tozhe*! - Esclamò Emily sorpresa.
- Anche tu? - Chiese Kate con altrettanto stupore.
- Già mi sono sempre piaciute le lingue, soprattutto quelle un po’ insolite e poi per lavoro è stato utile in più occasioni. Tu come mai parli russo?
- Ho passato un semestre a Kiev quando ero al college.
Avevano rotto il ghiaccio. Si ritrovarono a parlare delle loro esperienze scolastiche come due persone qualsiasi che si erano appena conosciute, dopo aver ordinato i loro caffè. Così Kate raccontò ad Emily della sua esperienza a Stanford prima e alla New York University poi, di come la sua vita ed i suoi progetti erano cambiati radicalmente dopo la morte di sua madre, senza dire nulla di più sull’argomento. Emily non le fece domande e questo la stupì. Pensò che al posto suo avrebbe voluto sapere tutto di chi era, della sua vera famiglia invece non era così, lasciò scivolare via il discorso, raccontandole della sua laurea in legge alla Boston University e di come dopo un breve periodo nella polizia di Boston come suo padre, aveva deciso di entrare nell’FBI superando brillantemente tutti i test di ammissione.
Ci fu poi qualche istante di assordante silenzio, nel quale le due approfittarono per sorseggiare il loro caffè ormai non più tanto caldo. Kate rimpianse di non avere Rick al suo fianco in quel momento, si sentì per un attimo persa, non era così brava come lui nel comunicare con le persone, non in quel contesto, almeno. Castle non avrebbe voluto lasciarla sola, era una cosa che detestava fare, ma credeva che fosse necessario, che la sua presenza sarebbe stata in quel caso di troppo. Ne avevano parlato, non appena in hotel avevano ricevuto il messaggio di Emily che si era detta disposta ad incontrare Kate e dopo la telefonata tra le due per l’appuntamento quel pomeriggio Rick aveva insistito perché si vedessero da sole. Beckett aveva capito il suo punto di vista e lo condivideva, ma non per questo sentiva meno la sua mancanza. Sapeva che con una battuta avrebbe potuto alleggerire la situazione, che avrebbe ripreso una conversazione che sembrava morta e lei invece non sapeva come fare. Sentiva lo sguardo di Emily addosso e lei non aveva nemmeno più coraggio di guardarla. Sapeva di averle sconvolto ancora di più la vita e in quel momento se glielo avesse chiesto non sapeva nemmeno perché, o meglio non aveva nessuna risposta che non sembrasse decisamente egoista.
- Emily io… - Provò a giustificarsi per qualcosa che non le era stato chiesto. I loro sguardi così simili e così diversi si incrociarono, si scontrarono e rimasero incatenati, sospesi come le parole che Kate non riuscì più a dire, bloccata da quelle di tua sorella.
- Come è stato arrestare Bracken? - Pronunciò quelle parole con sincera curiosità e Beckett sentì nel suo tono un fondo di rabbia inespressa e vide i suoi occhi chiudersi appena, lo sguardo diventare più sottile, nascondendo dentro qualcosa che non riusciva a capire. Fu colpita da quella domanda che racchiudeva in sè molto di più. Emily sapeva di lei più di quanto credesse, ecco perché non le aveva chiesto nulla. Sapeva del caso di Johanna, di quello che aveva fatto, del suo omicidio. Kate fu presa in contropiede e non sapeva cosa rispondere. Non glielo aveva mai chiesto nessuno, in realtà. Castle non ne aveva mai avuto bisogno, suo padre non aveva mai avuto il coraggio, i suoi amici era convinta che non avessero mai capito fino in fondo cosa aveva rappresentato chiudere quel capitolo o forse semplicemente tutto quello che era accaduto dopo aveva fatto passare la cosa in secondo piano.
- Liberatorio. In quel momento ho capito che tutto quello che avevo fatto nella mia vita dal giorno in cui mamma è stata uccisa aveva avuto un senso.
- Come hai fatto a rimanere lucida, a non ucciderlo quando ne hai avuto occasione? Ha ucciso tua madre, ha provato ad uccidere te, più volte, tuo marito…
- Ho passato anni a cercare la verità, a volere vendetta. Mi ha annebbiato la vista più volte, sono stata sul punto di perdere tutto per questo. Mi aveva già tolto tanto, non potevo farmi portare via anche quello che mi era rimasto, me stessa, il mio futuro con Castle. Ho pensato a lui, ogni volta che la rabbia prendeva il sopravvento ed ho pensato che non potevo permettergli di privarmi anche questo. E poi ho pensato a mamma. Avrei tradito tutto quello che mi ha insegnato, quello per cui è morta, non potevo permettergli di farci questo.
Kate si rifugiò nella tazza di caffè, finendo l’ultimo sorso. I suoi occhi erano fissi sul fondo della tazza mentre Emily continuava a scrutarla.
- Perché sei venuta a cercarmi? Tu sai chi sei, hai un lavoro nel quale sei brava, un padre, un marito che ti ama…
- Perché non avevo te. E anche io da quando l’ho scoperto, non so più chi sono.
Le parole di Kate colpirono Emily come uno schiaffo. Non si aspettava quella risposta da lei, da sua sorella. Beckett trovò il coraggio di guardarla e la vide spaventata.
- Io… scusami ma… - Allontanò la sedia e fece per andarsene, ma Kate senza pensarci si sporse verso di lei e le prese la mano appoggiata sul tavolo, prima che si alzasse.
- Ti prego Emily, non fare come me. Non scappare, per favore. Io non volevo sconvolgere la tua vita e mi dispiace se l’ho fatto, ma anche la mia è stata sconvolta. Volevo solo conoscerti, farti sapere che c’ero, che ci sono e ci sarò, se tu lo vorrai.
Emily rimase ferma, osservò la mano di Kate sopra la propria. Aveva le unghie corte, laccate di nero, curate. Ne osservò la forma, ne sentì la stretta, il contatto con la pelle. Avrebbe potuto dire che sentiva il cuore battere nel palmo della sua mano. Era come la sua. Si rilassò e si riavvicinò al tavolo.
- Mi accusano tutti di essere tornata e di aver sconvolto le loro vite. Non posso fare lo stesso con te. Non è colpa tua quello che è accaduto tanti anni fa. - Le disse Emily facendo un profondo respiro.
- Non è nemmeno colpa tua se sei tornata a casa. Io sono felice che tu lo abbia fatto, sono felice di aver saputo della tua esistenza. Di avere una sorella. - Kate strinse di più la mano di Emily che non le rispose ma annuì appena con la testa. In quel momento era tutto quello che poteva darle e a Kate bastò.
* “Anche io”