Capitolo
14
-
Credo che ormai tocchi a me –, constatò Samael, -
perciò
lascio che siate voi a occuparvi delle altre due. –
Kali
annuì mentre puntava lo sguardo sulla sagoma sottile
della ragazza. Chiuse gli occhi, concentrandosi perché il
suo corpo si adattasse
al cambiamento che aveva intenzione di mettere in atto.
Quando
li riaprì era consapevole di come apparisse, totalmente
identica a quella ragazza, la secchiona del gruppo … quella
che con la sua
fredda lucidità sarebbe probabilmente stata la
più ardua da far vacillare.
-
Sam … -
Il
ragazzo si voltò verso l’amico, annuendo davanti
al suo
sguardo serio.
-
Lo so, devo solo spingerla da te, non le torceremo un
capello. Vero, bello? –
Grattò
dietro le orecchie di Ghost che per tutta risposta
uggiolò contento.
-
Bene. Non credo che ci vorrà molto per mettere fuori gioco
l’altra,
perciò ci vediamo tra … una decina di minuti
più o meno? –
Samael
annuì prima di cominciare a trasfigurarsi a sua volta.
Quando
ebbe finito Kali trattenne una risata a fatica.
-
Gwyn non sarebbe contento se ti vedesse conciato così.
–
-
Gwyn ha il suo gioco a cui pensare, figurati se ha tempo da
perdere con me – la rimbeccò.
*
Scarlett
socchiuse gli occhi cercando di mettere a fuoco qualcosa in mezzo a
quell’oscurità.
Da quando era comparsa quella ragazza dai capelli rossi, una degli
altri
giocatori rimasti intrappolati a quanto aveva capito, si erano
ritrovati tutti
separati e arrancare nel buio da sola le stava mettendo addosso una
certa
ansia. Avanzò ancora, tenendo le mani ben dritte davanti a
sé finchè non sentì
i palmi scontrarsi con qualcosa di rigido e impenetrabile. Fece per
tornare
indietro, ma anche alle sue spalle si era improvvisamente
materializzato
qualcosa che l’ostacolava. Allora tentò sia alla
sua destra che alla sua
sinistra, nuovamente inutilmente. Prese un respiro profondo, cercando
di
trovare una soluzione. Dentro di sé tuttavia cresceva la
consapevolezza di
essere in trappola.
Fu
allora che lo sentì.
Una
voce in lontananza, un uomo che mormorava una specie di litania.
-
Diamo l’estremo saluto alla nostra amata figlia, Scarlett
Poison, strappataci
alla vita in modo brusco nel fiore della giovinezza. Calate la bara.
–
No,
non potevano davvero seppellirla viva.
Lei
non era morta.
Aprì
la bocca per urlare, ma dalle sue labbra non uscì nulla
nemmeno il più flebile
dei sibili. Provò allora a battere contro le pareti, ma
anche allora il rumore
non si propagò. Era come se tutto fosse improvvisamente
privo di sonoro. Tentò
di urlare nuovamente, ma questa volta alla mancanza di voce si
associò un nuovo
rumore.
Vicino
a lei, come se le fosse accanto, risuonò la voce
dell’Uomo Ombra.
-
Inutile provare ad urlare, i cadaveri non parlano. –
Avrebbe
voluto ribattere che lei non era morta, era viva e vegeta, che era
tutta colpa
sua e di quello stupido gioco ma quando apriva la bocca
l’aria sembrava ridursi
sempre di più.
Doveva
uscire di lì prima che fosse troppo tardi, doveva trovare un
modo.
Lainey
retrocesse davanti allo specchio che le rimandava il suo riflesso.
All’apparenza
non c’era nulla di strano, ma la scintilla che illuminava lo
sguardo della
ragazza nello specchio era maligna e non aveva assolutamente nulla a
che fare
con la sua solita espressione. Quella non era lei … era
Tamora.
Sua
sorella gemella aveva scelto il lato oscuro, era stato evidente fin da
quando
aveva cominciato a frequentare quel Serpeverde così dedito
alle Arti Oscure e
con la fissazione per Voldemort e tutto quello che era avvenuto anni
prima, e
lei era stata troppo ingenua per capire subito a cosa sarebbe andata
incontro.
Eppure se Tamora era diventata così cosa poteva impedirle di
seguire la
medesima sorte? Dopotutto loro erano gemelle, avevano un legame
indissolubile,
non potevano certo essere ai poli opposti.
–
Hai visto cosa sei diventata? Sei come me, sorellina, lo sei sempre
stata. –
-
No, non sono come te, sono diversa. –
Un
sorriso maligno le increspò le labbra.
-
Gli specchi non mentono. –
Ricordava
che Tamora era solita dirlo spesso, quando affermava che loro erano
l’una lo
specchio dell’altra, ma sua nonna la smentiva repentinamente.
“Gli
specchi sono infidi, ci mostrano le cose al contrario di come realmente
appaiono. Se alzi la mano destra il tuo riflesso lo farà con
la sinistra, se ti
sposti in una direzione lo specchio ti farà credere di
essere andata in quella
opposta. Non fidarti mai di ciò che ti mostra uno specchio,
Lainey.”
Si
scagliò contro lo specchio, mandandolo in frantumi.
-
Io non sono te, Tamora! –
Ellie
calpestava le foglie umide del bosco con vigore mentre correva
più velocemente
che poteva. Sentiva i polpacci in fiamme, la milza le doleva e il
respiro le si
mozzava nei polmoni, i rami degli alberi più bassi le
ferivano le braccia
mentre s’inoltrava nel fitto della vegetazione. Il latrato
del lupo alle sue
spalle la raggiunse facendola sussultare. Più correva e
più sembrava che il
Cacciatore le si avvicinasse. Spinse ancora di più
l’andatura, ignorando il
dolore e la stanchezza. Fin da piccola le storie che le venivano
raccontate
avevano una morale e quella che più di ogni altra
l’aveva turbata era stata
quella della Caccia Selvaggia.
“Le bugie non si
dicono, Ellie. Mentire non
sta bene e una volta che si promette qualcosa si deve fare tutto quello
che è
in proprio potere per non rompere il giuramento. La Caccia Selvaggia
insegue i
bugiardi e gli spergiuri, Ellie, e tu non vuoi essere una delle loro
prossime prede
vero?”
No,
non voleva.
Sarebbe
stata una brava bambina, una onesta, una persona su cui si potesse fare
affidamento sempre e comunque.
Lei
non mentiva, non ne era capace … ma in
quell’universo tutti mentivano. Quella
considerazione la raggiunse pungente, spingendola ad arrestarsi.
Era
tutta una bugia, nulla di quello che vedevano era reale, come aveva
fatto a
dimenticarlo?
-
Tu non esisti, non sei il Signore della Caccia Selvaggia. –
Un
rumore di applausi, secco e ritmico, risuonò prima che
l’illusione svanisse.
-
Ben fatto, mia cara, veramente molto brava. Sam, puoi
lasciarci, di qui in avanti me ne occupo io. –
Il
misterioso Cacciatore ruppe l’incanto, assumendo le
sembianze di un ragazzo dai serici capelli scuri che accarezzava
distrattamente
il lupo dal pelo candido accanto a lui.
-
È stato divertente -, replicò con un sorriso, -
piacere di
aver giocato con te, Ellie. –
Lo osservò con
gli
occhi sgranati.
Divertente?
Lui
trovava davvero che tutto quell’incubo fosse un gioco?
Fece
per ribattere, ma Samael scomparve insieme al lupo e a
lei non rimase che fronteggiare Asher.
Il
ragazzo indossava degli abiti diversi da quelli che aveva
in precedenza, constatò indugiando sulla semplice t shirt
blu e sui jeans.
-
Ti sei cambiato. –
-
Già, gli altri vestiti erano coperti di terra …
seccante a
dire il vero, ma non ho scelto certo io la paura della tua amica
Scarlett. –
-
Lei dov’è? –
Asher
osservò il terreno sotto di loro con fare pensieroso
prima di ribattere: - Tre o forse quattro metri sotto di noi, non
ricordo con
precisione, ma direi che le rimane un’altra
mezz’ora di ossigeno prima di
lasciarci. –
Si
scagliò contro di lui, decisa a colpirlo, ma si
ritrovò a
colpire il vuoto.
Il
tono di disapprovazione del ragazzo la raggiunse alle
spalle.
-
Suvvia, credi davvero che sia così semplice battermi? Nulla
qui si basa sul mero corpo a corpo, credevo l’avessi capito
ormai. –
Certo,
era tutto un gioco mentale, un modo macabro e malato di
metterli alla prova.
-
I miei amici sono vivi? –
-
Per il momento sì, ma come ti ho già detto
dipende tutto da
te. Pensi di riuscire a battermi, Ellie? –
Spazio
autrice:
Salve!
Mi
spiace
lasciarvi in sospeso così, ma nel prossimo capitolo (che
sarà anche l’ultimo)
conoscerete la sorte dei nostri ragazzi. Ellie riuscirà a
battere Asher e, se
sì, in che modo? Non vi resta che attendere il prossimo
aggiornamento e nel
frattempo vi lascio il link di una mia nuova storia; mi farebbe piacere
se
voleste andare a dare un’occhiata anche lì: https://efpfanfic.net/viewstory.php?sid=3808170&i=1
A
presto.
Stay
tuned.
XO
XO,
Mary