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Autore: Dida77    09/12/2018    2 recensioni
Dopo aver combattuto in Siberia contro Tony Stark, Steve non può permettere che Bucky si faccia ibernare di nuovo.
Non può permettersi di perderlo un'altra volta.
Genere: Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: Slash | Personaggi: Steve Rogers
Note: What if? | Avvertimenti: nessuno
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Era ormai buio quando varcarono la porta di casa, ma una solida speranza illuminava il sorriso di entrambi.

Steve aprì la porta e allungò la mano a destra oltre la porta per accendere la luce. Poi si fece da parte per far entrare prima Bucky.
"Benvenuto" disse semplicemente mentre Bucky varcava la soglia di casa per la prima volta.

Il soggiorno era spazioso, arredato in toni chiari del beige e del crema. Un paio di enormi porte finestre, adesso chiuse, dominavano la parete sul fondo. Nelle belle giornate la stanza doveva essere inondata di luce.
Un bel cambiamento rispetto a prima della guerra, quando potevano permettersi solo l'affitto di un vecchio scantinato ammuffito, illuminato da un paio di lampade mezze rotte e dove non c'era mai abbastanza luce per permettere a Steve di disegnare. Stranamente, però, non c'erano disegni di Steve appesi sulle pareti o sparsi in giro.

Con un'occhiata veloce Bucky si accorse che in quell'enorme stanza era tutto perfettamente in ordine. Come se non ci abitasse nessuno.

I cuscini beige sul divano color panna, il tappeto grigio a terra a coprire parte di un parquet pulitissimo dove si sarebbe potuto tranquillamente mangiare. Le pareti bianche completamente spoglie.

Un'enorme televisione prendeva posto davanti al divano e al lato. Sulla parete laterale si apriva un camino di tutto rispetto, così pulito che sembrava non essere stato mai acceso. Di fronte al caminetto due poltrone dallo schienale alto, dello stesso colore del divano.

Ma niente che facesse pensare che quella fosse casa di Steve.

Dall'altra parte della sala, una penisola separava il soggiorno dalla cucina. Ma anche questa sembrava poco usata, senza nessun utensile a portata di mano che lasciasse pensare che il proprietario avesse l'abitudine di cucinare.

Questo particolare colpì subito Bucky, allenato da anni dall'Hydra a cogliere anche il più piccolo dettaglio che potesse essere utile in missione. Improvvisamente un ricordo lo colpì in pieno, togliendogli il fiato per una frazione di secondo.

In un attimo rivide se stesso, nel cucinino del loro vecchio scantinato, che preparava le uova per sé e per Steve, tostando il pane sulla vecchia stufa e preparando il caffè per la colazione. Lo colpì forte l'odore del caffè e del pane tostato e gli parve di udire la voce di Steve che parlava mentre preparava la tavola. Per un attimo fu come essere tornato a prima della guerra.

Bucky sorrise tra sé a quel ricordo. Sorrise, guardò Steve, e disse: "Non hai ancora imparato a cucinare, vero?"

Per un attimo Steve rimase sorpreso da quella domanda inattesa, e poi sorrise annuendo e grattandosi la nuca con fare imbarazzato.

"E come sei sopravvissuto fino ad oggi?"

"Cibo in scatola, surgelato o da asporto." rispose Steve.
"Sei un cretino. Potevi imparare."
"Non ne ho mai sentito veramente l'esigenza." rispose Steve abbassando lo sguardo.

La conversazione aveva preso una piega strana, e un silenzio carico di significato era sceso tra di loro. Fu Steve a interrompere quello strano momento.

"Ma sopravviveremo. Non ti preoccupare." disse con aria ancora un po' imbarazzata. "Vieni. Ti faccio vedere il resto della casa" e si mosse verso la sua camera.

"Questa è la mia stanza" disse Steve appoggiando il borsone ai piedi del letto.

Era una camera spaziosa, con un bel letto matrimoniale e una grande porta finestra che aveva l'aria di aprirsi sullo stesso terrazzo su cui si aprivano le portefinestre della sala.

Anche questa era arredata con toni chiari. C'era un armadio, un comodino, una poltrona e un cassettone con sopra solo un semplice svuotatasche di cuoio. Vuoto. Un tappeto a terra, ai piedi del letto e lo stesso parquet pulitissimo che Bucky aveva visto anche in salotto. Nessuno specchio.

Steve decise di dare a Bucky il tempo di guardare tutto con calma.
Il fatto che qualcuno vedesse la sua casa, e la sua camera in particolare, lo metteva in qualche modo a disagio. Non aveva mai portato nessuno lì. Si era fatto aiutare con la casa da Tony e dai ragazzi, ma solo i primi giorni, quando era ancora tutto imballato e i mobili sapevano ancora di nuovo.

Poi basta. Nessuno era più entrato in quella casa che sembrava più la cella di un monaco che una casa vera e propria. Steve ne era consapevole, e sapeva che era la prima cosa che Bucky avrebbe notato. Ma lui era Bucky e con lui non c'erano mai stati segreti. Quindi tanto valeva che sapesse cosa era stata la sua vita da quando lo avevano tirato fuori dal ghiaccio.

Steve decise che non doveva necessariamente continuare ad essere così.

Dopo che Bucky ebbe guardato la sua stanza con l'aria di voler carpire ogni piccolo dettaglio di quella che era stata la sua vita fino a quel momento, Steve si spostò verso il bagno, seguito dall’amico.

Anche questo era spazioso, con un'ampia doccia con un sedile all'interno. Uno specchio, un armadietto chiuso per le medicine e uno aperto, dove una pila di asciugamani di spugna freschi di bucato facevano mostra di sé in un angolo, a disposizione per ogni evenienza.

"L'armadietto è pieno, ma nei prossimi giorni faccio spazio per le tue cose" disse Steve mentre Bucky guardava con attenzione anche questa stanza.

"Tranquillo. Tanto non ho niente da metterci" rispose Bucky con un filo di tristezza nella voce. Solo un filo.

Davvero non aveva niente. Solo i vestiti che aveva indosso, che gli avevano dato in Wakanda prima di partire. Il borsone conteneva solo cose di Steve.

"Questo non è un problema." rispose Steve, contento che, almeno per quello, esistesse una soluzione semplice. "Rimedieremo nei prossimi giorni. Andiamo a fare acquisti" continuò.

"Ma io non ho soldi Steve. Non ho niente..."
Rispose Bucky riportando lo sguardo a terra come aveva sempre avuto prima di varcare la porta di casa.

"Anche questo non è un problema." rispose subito Steve.
"Quando mi hanno tirato fuori dai ghiacci e si sono convinti che ero proprio io, mi hanno dato la paga che mi spettava dai tempi della guerra fino ad oggi. Come se, invece di stare a dormire nel ghiaccio, avessi davvero fatto qualcosa di utile per il paese. E mi hanno pagato addirittura con gli interessi.
Ti posso garantire che i soldi non sono più un problema e che non credo lo saranno mai più. Abbiamo di che vivere tutti e due tranquillamente per il resto dei nostri giorni."

Bucky lo guardò un po' incredulo. Quella era una possibilità a cui non aveva pensato nemmeno lontanamente. Era abituato a combattere per trovare i soldi per l'affitto a fine mese. E il fatto che questo non fosse più necessario lo destabilizzava non poco.

Steve vide il suo turbamento e si avvicinò.
Gli posò delicatamente la mano sul braccio, come per fermare tutti i pensieri che si stavano affollando nella mente di Bucky e gli disse in un sussurro: "Non dirmi che questo è un problema. Ok? I soldi ci sono e non dobbiamo più preoccuparcene. Per adesso è così. Poi, più avanti, parleremo anche di lavoro e di guadagnarne di nuovi, se vuoi. Ma per adesso non facciamo un problema anche questa cosa. Ti prego."

"Ok" rispose Bucky dopo qualche secondo. "E io dove dormo?“ continuò, cercando di alleggerire l'atmosfera che si era fatta un po’ troppo pesante.
"Così va meglio. Seguimi, ti faccio vedere"

Steve si voltò ed entrò nell'ultima stanza. Una camera vicina a quella di Steve, nella zona notte della casa. Anche stavolta Steve accese la luce e si spostò di lato per far passare Bucky.

Lui si avvicinò, il respiro un po' accelerato dall'aspettativa, e guardò quella che sarebbe stata la sua stanza.
Era un po' più piccola di quella di Steve, ma poco, arredata in modo molto simile. Anche qui un armadio, un comodino, una poltrona e un cassettone, un tappeto ai piedi del letto che copriva il solito parquet. E in mezzo alla stanza un letto alla francese che aveva l'aria di essere la cosa più morbida che Bucky avesse mai visto.

"Ti piace?" chiese Steve un po' in ansia cercando lo sguardo dell'amico. Vide che gli occhi di Bucky erano pieni di lacrime che si sforzava di non far scendere. Allora domandò con ansia crescente: "Non ti piace?"

Bucky lo guardò negli occhi e lasciò le lacrime finalmente libere di cadere giù lungo le guance ispide di barba. "È bellissima Steve. Davvero" rispose.
"Lo posso provare?" chiese poi titubante indicando il letto con un gesto della mano.

"Ma certo. È il tuo letto" rispose Steve. Il cuore stretto in una morsa di angoscia al pensiero di cosa potesse aver passato Bucky in quegli anni se la sola vista di un normalissimo letto lo commuoveva a fino a quel punto.
Passare settant'anni a dormire nel ghiaccio e risvegliarsi in un mondo non suo sembrava improvvisamente il paradiso in confronto a quello che aveva passato il suo amico.

Bucky allora oltrepassò la porta della camera, entrò e si mise a sedere sul suo nuovo letto. Timoroso. Come se avesse paura di sciuparlo. E sorrise.

Steve si sorprese a pensare quanto fossero belli quei sorrisi e quanto gli fossero mancati fino a quel giorno. Fino a quando Bucky fosse stato al suo fianco in grado di sorridere, tutto sarebbe andato bene, in un modo o nell'altro.

Si guardarono per alcuni istanti negli occhi.
Poi "Ho fame." disse improvvisamente Bucky sorridendo e riportando bruscamente Steve alla realtà. "Hai qualcosa di commestibile in casa?"

"Latte caldo e biscotti?" rispose Steve.

"Dai, davvero? Mi stai offrendo latte e biscotti per cena? Sei serio?"
"Certo che sono serio. Sono bravo a scaldare il latte" rispose Steve con voce fintamente offesa.

E allora successe. Successe davvero, anche se Steve all'inizio pensava di averlo sognato. Bucky lo guardò serio per una frazione di secondo, poi tirò indietro la testa e si mise a ridere a crepapelle.
Steve guardò incredulo il miracolo di quella risata e poi, dopo qualche secondo, si mise a ridere anche lui.
 
Così, dopo settant'anni si trovarono di nuovo a ridere insieme, come quando erano ancora ragazzi e il futuro sembrava ancora una grande avventura, come in quel video in bianco e nero che girava ininterrottamente al museo e che Steve era andato a vedere così tante volte da quando era tornato.

Risero per alcuni minuti buoni, senza un motivo preciso se non per la gioia di essersi ritrovati. Poi le risate piano piano si affievolirono e Bucky riprese: "Dai allora, scalda questo latte che ho una fame da lupi.”

Tornarono in cucina. Steve aprì la dispensa e tirò fuori un cartone di latte e un’enorme confezione di biscotti con le gocce di cioccolato.
Prese tovagliette, piatti, tazze e cucchiai da uno dei cassetti e li passò a Bucky in modo che apparecchiasse la penisola per due.

"Non ho mai sentito l'esigenza di un tavolo" disse, come per scusarsi mentre Bucky apparecchiava la penisola. "Ma possiamo sempre cercarne uno.”
"No." rispose Bucky dopo un attimo. "Così mi piace.”

Steve aveva acceso solo i faretti sopra la penisola e sopra i fornelli e questi spandevano una luce calda nell'ambiente. Solo la cucina era illuminata, mentre il resto della grande sala rimaneva nella penombra. Il tutto creava un'atmosfera intima e tranquilla. Troppo bella dopo tutte le lotte, gli inseguimenti e le sparatorie dell'ultimo periodo e degli ultimi anni.

Dopo alcuni minuti l’odore del latte caldo invase l'aria. Steve lo versò nelle tazze e i due presero posto sulle due sedie vicine a dove Bucky aveva apparecchiato.

Per un po' non parlarono. La faccia persa dentro due enormi tazze da colazione piene di latte fumante. Avevano aperto la confezione dei biscotti, che pescavano a turno infilando direttamente la mano nel sacchetto. Come se non avessero fatto altro da tutta una vita.

"Scusa, dimenticavo" disse Steve "ci vuoi del cacao o dello zucchero?"
"Cacao? Zucchero? " chiese Bucky con la bocca ancora piena dell'ultimo biscotto inzuppato nel latte.
"Cacao. Ti piaceva il cacao. Non è vero?"
"Certo che mi piaceva il cacao, e anche lo zucchero, se è per quello.  Ma ormai ho finito il latte" rispose Bucky guardando tristemente la sua tazza ormai vuota.

"Allora dobbiamo rimediare", rispose Steve alzandosi e andando ai fornelli a scaldare altro latte. Poi tirò fuori la zuccheriera e la scatola del cacao e ripartirono da capo.

Proseguirono in quel modo fino a quando, infilando insieme la mano nel sacchetto, non si accorsero che era ormai vuoto.

Allora si guardarono e si sorrisero di nuovo. Era già diventata una strana abitudine. Cercarsi con lo sguardo per essere sicuri che l'altro fosse reale e non fosse un miraggio, scoprire che l'altro stava facendo esattamente la stessa cosa nello stesso istante e finire per sorridersi, complici.

"Dai, andiamo a letto" disse Steve alla fine.
"Le tazze possiamo lavarle domani mattina.” Bucky annuì con la testa e si alzò con lui, spensero le luci della cucina e si incamminarono verso le camere.
   
 
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