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Autore: Dida77    10/12/2018    1 recensioni
Dopo aver combattuto in Siberia contro Tony Stark, Steve non può permettere che Bucky si faccia ibernare di nuovo.
Non può permettersi di perderlo un'altra volta.
Genere: Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: Slash | Personaggi: Steve Rogers
Note: What if? | Avvertimenti: nessuno
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Dopo aver cenato, Steve e Bucky si mossero per andare a dormire.

Steve fece strada, entrò in camera di Bucky e aprì l’armadio. Era praticamente vuoto eccetto che per le lenzuola e le coperte che ne occupavano solo una piccola parte, maledettamente ordinato, come tutto in quella casa.

“Vieni, ti aiuto a rifare il letto. Sarà meglio mettere direttamente la trapunta, sta iniziando a fare freddo la notte. Che ne dici?”

“Odio il freddo. Vada per la trapunta.” rispose Bucky aiutando Steve a tirare fuori il necessario dall’armadio.

In due sistemarono rapidamente il letto, entrambi silenziosi.

La stanchezza per quella lunghissima giornata iniziava a farsi sentire per tutti e due. In più per Bucky si stava avvicinando il momento più difficile di tutta la giornata. Il momento in cui era costretto a cedere al sonno, abbassando necessariamente le difese, che teneva costantemente alzate nella sua mente, e i suoi mostri si facevano immancabilmente più forti e più cattivi.

Da quando aveva lasciato l'Hydra, gli incubi erano una triste consuetudine. La notte portava sempre con sé una lotta feroce tra il bisogno fisico di dormire e la volontà di non cedere al sonno. Il risultato erano sonni sempre agitati, pieni di incubi inimmaginabili che al mattino non riusciva a ripetere nemmeno a se stesso.

Spesso la mattina si alzava più stanco di quanto non fosse stato la sera precedente, con un mal di testa feroce e i muscoli che facevano male come dopo uno sforzo prolungato.

Sperava che adesso, in questa nuova casa, con Steve di nuovo al suo fianco, le cose potessero migliorare.

Ci sperava, ma non ci credeva realmente. In più, rispetto alla consapevolezza degli incubi che sarebbero immancabilmente arrivati, una nuova preoccupazione serpeggiava giù nello stomaco. Una preoccupazione nuova, data dalla presenza stessa di Steve.

La paura di far del male a Steve e di farsi vedere in preda agli incubi si faceva largo dentro di lui. Molte volte, chiuso nel suo buco di appartamento a Bucarest, si era svegliato rendendosi conto di aver distrutto i mobili della camera. Alla fine aveva deciso che dormire direttamente sul materasso a terra non era un'idea poi così brutta.

E adesso si trovava lì, nel bel mezzo di quella splendida camera, di fronte a quello splendido letto e aveva una paura folle di rovinare tutto. Come un elefante in una cristalleria.

“Ehi Bucky, vuoi fare una doccia calda prima di andare a letto?“ urlò Steve dal bagno.

L'idea non era poi così male, magari l'avrebbe calmato un po’.

“Ok.” rispose subito Bucky.

“Cinque minuti e ho fatto. Vieni pure.”

Effettivamente cinque minuti dopo Steve uscì dal bagno. Indossava un accappatoio chiaro, e si stava asciugando i capelli con un asciugamano.

“Inizia pure. Il bagno è bello caldo. Io intanto ti porto qualcosa per asciugarti e qualcosa di pulito da mettere.”

Bucky entrò in bagno, si spogliò ed entrò rapidamente sotto la doccia, facendo attenzione a non guardarsi allo specchio. La vista di sé e soprattutto del suo braccio era una cosa da evitare il più possibile. Forse da ora in avanti le cose sarebbero cambiate anche per questo.

Il getto dell'acqua calda in mezzo alle scapole era bollente. Nell'appartamento di Bucarest l'acqua arrivava a malapena tiepida. E mentre era sotto il controllo dell’Hydra aveva perfino dimenticato che esistesse l'acqua calda. Non ricordava di aver mai fatto un bagno così caldo, sarebbe potuto rimanere sotto il getto d’acqua per ore.

“Bucky, cosa preferisci? Telo da bagno o accappatoio?” la voce di Steve lo riportò alla realtà.

Bucky non aveva la benché minima idea di cosa rispondere e decise che la cosa migliore fosse essere sincero.

“Francamente non ne ho la minima idea, non mi ricordo.” disse con una vena di imbarazzo.

“Tranquillo, non è un problema” si affrettò a rispondere Steve.

“Facciamo così, stasera telo da bagno e domani accappatoio, così tra due giorni avremo la risposta.”

Bucky sorrise fra sé. Ottima idea, stavano andando bene. “Ok Cap!” disse, “è un’ottima soluzione.”

Non lo chiamava “Cap” dai tempi della guerra, e anche allora era solo per prenderlo in giro. Per lui non era mai stato “Captain America”, per lui era sempre e solo Steve, Stevie nei momenti più intimi, ma solo poche volte e lontani da orecchie indiscrete.

“Allora ecco qua. Ho appoggiato tutto qui sullo sgabello” disse Steve appoggiando il telo e altri asciugamani.

A malincuore Bucky chiuse il getto di acqua calda e uscì dalla doccia. Trovò il telo e gli asciugamani che Steve aveva preparato per lui. Erano caldi, dato che lo sgabello aveva una posizione tattica accanto al calorifero. Bucky scosse la testa sorridendo tra sé, ripensando al fatto che l'amico era quello sempre previdente e organizzato. Certe cose, per fortuna, non erano cambiate e questo faceva sentire Bucky un po’ più tranquillo e fiducioso nel futuro.

Si asciugò, godendosi immensamente gli asciugamani caldi, e si mise la maglietta e i pantaloni del pigiama che Steve gli aveva portato. Poi uscì dal bagno e si affacciò alla porta della camera di Steve.

Lui era già a letto, appoggiato allo schienale che leggeva un libro, la lampada accesa sul comodino.

“Allora buonanotte Steve, vado a letto” disse Bucky.

“Ok Bucky, buonanotte. Tutto ok? Serve altro?“

“No Steve. Buonanotte.”

Steve appoggiò il libro sul comodino, spense la luce e scivolò sotto le coperte, pronto per addormentarsi. Un attimo dopo sentì i passi di Bucky avvicinarsi di nuovo alla camera.

“Steve?”

“Dimmi Buck, cosa c’è?” rispose Steve con un briciolo di apprensione.

“Ti volevo ringraziare. Per tutto. Davvero. Grazie”. Disse Bucky a scatti, come imbarazzato da quelle parole che però erano volute uscire da sole, come se avessero avuto vita propria.

“Buonanotte Bucky.” rispose Steve con il sorriso nella voce.

Una manciata di minuti dopo Bucky era nel suo nuovo letto. La luce spenta.

SI stava godendo quello che era sicuro essere il letto più comodo della storia. Anche la trapunta era spettacolare, leggera ma calda. Niente a che vedere con le coperte a cui era abituato.

Questo secolo offriva lussi a cui pensava di potersi abituare molto rapidamente e senza sforzi. Rimanere svegli in quel bozzolo caldo era molto più difficile che stando sdraiato su un vecchio materasso appoggiato a terra in un pulcioso appartamento a Bucarest.

Dall'altra camera, poi, arrivava il leggero russare di Steve. Ecco un'altra cosa che non era cambiata. A Bucky ricordava tempi migliori, quel leggero russare gli aveva sempre trasmesso un senso di pace, e anche questo non era cambiato.

Decise che per quella sera poteva anche smettere di lottare contro la stanchezza e scivolò nel sonno in pochi minuti.

Dopo una prima mezz'ora di sonno, gli incubi colpirono forte come al solito. Bucky si ritrovò di nuovo al freddo nella foresta russa, il fucile in mano, appostato nella neve per portare a termine la sua prossima missione.

Una macchina si stava avvicinando piano lungo la strada ghiacciata che attraversava la foresta. Sapeva che era il suo bersaglio, aveva avuto tutto il tempo necessario per leggere la targa. Così uscì dal suo nascondiglio e si piantò in mezzo alla strada, imbracciando il fucile. Un solo colpo al parabrezza fu sufficiente a uccidere il conducente.

La macchina sbandò e uscì di strada in pochi metri. Aveva già ucciso il suo obiettivo, ma gli ordini erano di uccidere anche tutti gli altri passeggeri per evitare testimoni scomodi. Si avvicinò quindi alla macchina per terminare la missione, da bravo soldato. Dentro di sé sapeva che non avrebbe dovuto farlo, che avrebbe almeno dovuto lasciare in vita la moglie e la figlia, ma non poteva andare contro gli ordini.

Il suo corpo si mosse come indipendente dalla propria volontà, avvicinandosi alla macchina con il coltello in pugno, pronto per finire il lavoro. Il pianto della bambina si fece sempre più forte, perforandogli i timpani. Le urla di terrore della madre sempre più terrorizzate. A quel punto anche lui urlò forte, per non sentire più quelle voci e tutta quella disperazione che lo lacerava dentro.

Poi ad un tratto qualcosa cambiò.

“Bucky! Bucky!” qualcuno lo stava chiamando preoccupato. Non capiva, nessuno lo aveva mai chiamato così nel freddo inverno russo. Solo “soldato”, senza un nome, senza nemmeno un numero di matricola.

“Bucky, svegliati! Sono Steve. Bucky!”

Steve era sempre più preoccupato. Si era svegliato di soprassalto alle urla disperate di Bucky ed era corso nella sua camera. La trapunta e il cuscino erano a terra, scaraventati lontano, e Bucky urlava disperato, in posizione fetale, con le mani a coprire le orecchie. I muscoli tesi per proteggersi da chissà quale pericolo.

Steve si era seduto sul letto e aveva cercato di svegliare Bucky in tutti i modi. Lo aveva chiamato, aveva acceso la luce, lo aveva scosso. Ma niente sembrava penetrare la nebbia della sua coscienza e riportare Bucky alla realtà.

Steve non sapeva più cosa fare, ormai preoccupato da morire. Fino a quando, improvvisamente, Bucky non smise di urlare e, nel giro di pochi secondi, aprì gli occhi.

Aveva lo sguardo vuoto, il respiro accelerato come dopo una lunga corsa.

Steve lo chiamò di nuovo, una mano sulla spalla per rassicurarlo e per richiamare la sua attenzione. “Ehi Bucky. È tutto ok. Era solo un incubo.”

Bucky voltò la testa e guardò Steve negli occhi per alcuni secondi poi, improvvisamente, lo riconobbe, scattò a sedere sul letto e gli gettò le braccia al collo, aggrappandosi a lui con tutte le sue forze.

Steve aprì istintivamente le braccia e lo avvolse in un abbraccio protettivo, accarezzandogli la schiena con movimenti lenti per cercare di calmarlo.

“È tutto ok, Bucky. Adesso calmati. È tutto ok. Siamo a casa, al sicuro. Ci sono io, ok?”

Visto che Bucky non sembrava calmarsi, continuò.

”Guardami” disse, allentando l'abbraccio per scostare Bucky quel tanto che bastava per farsi guardare in viso.

Bucky alzò un attimo lo sguardo dal collo di Steve per guardarlo negli occhi e sembrò calmarsi un po’. Annuì e tornò ad affondare la testa nel collo di Steve, bagnandolo con le lacrime che avevano iniziato a scendere. Steve rafforzò l'abbraccio e lasciò a Bucky il tempo di sfogarsi. I singhiozzi sempre più forti.

L’istinto di protezione nei confronti del compagno esplose nella mente e nel petto di Steve. La necessità di proteggerlo era quasi tangibile e si mescolava a una rabbia sorda verso coloro che lo avevano ridotto in quello stato. In quel momento avrebbe potuto uccidere un esercito intero a mani nude.

Ma Bucky non aveva bisogno di questo in quel momento. Dopo tanto tempo con l’Hydra o a fuggire da tutto e da tutti, aveva bisogno di sentire che qualcuno si sarebbe preso cura di lui e non lo avrebbe lasciato solo.

Steve lo capì e rafforzò quell’abbraccio.

Rimasero abbracciati in quel modo per parecchi minuti, con Steve che continuava ad accarezzare la schiena di Bucky, fino a quando i singhiozzi non cessarono e il respiro di Bucky non si calmò.

“Ho freddo.” fu la prima cosa che disse.

“Certo che hai freddo. È normale dopo un incubo del genere. Tu sdraiati, io raccolgo la trapunta.”

Bucky si sdraiò, obbediente. Era ancora profondamente scosso e aveva un feroce mal di testa. Quelle attenzioni da parte di Steve, però, avevano il potere di farlo davvero sentire al sicuro e protetto. Lo facevano sentire come se, malgrado tutto, a qualcuno importasse ancora di lui.

Steve raccolse il cuscino e la trapunta e sistemò di nuovo il letto con pochi gesti veloci, facendo attenzione a coprire Bucky fino al mento. Poi accese la lampada sul comodino e spense le altre, in modo da avere un po’ di luce nella stanza, ma non troppa.

Si sedette sul pavimento, al lato del letto, dalla parte dove era sdraiato Bucky. Lui era di nuovo in posizione fetale e Steve aveva ancora la mano sulla sua spalla, per fargli sentire in modo tangibile la sua presenza. Guardandolo negli occhi Steve chiese semplicemente, con voce dolce: “Va meglio?”

Bucky annuì, sforzandosi di sorridere. Il sorriso non raggiunse gli occhi, ma Steve apprezzò comunque il tentativo.

“Succede spesso?” chiese Steve un po’ titubante.

“Ogni notte, da quando ho lasciato l'Hydra. E non migliora” si sforzò di rispondere Bucky. Dopo gli incubi era sempre stanchissimo, come se lo prosciugassero dentro.

“Vuoi parlarne?“ chiese Steve.

“No, preferirei di no” rispose Bucky esausto. Steso al caldo sotto la trapunta la tensione se ne stava andando e la stanchezza stava prendendo di nuovo il sopravvento. Anche il mal di testa sembrava migliorare.

“Dovremmo affrontare il problema. Non puoi continuare così” ma Steve si rese conto che Bucky faceva fatica a tenere gli occhi aperti. Quello non era il momento per affrontare un problema di quella portata.

“Ne parliamo un'altra volta. Adesso dormi,” continuò “resto ancora un po’ qui, finché non ti addormenti.”

“Una volta ero io che ti dicevo cosí quando stavi male” ricordò Bucky con un mezzo sorriso. “Adesso dormi” rispose semplicemente Steve sorridendo di rimando. “Vediamo se riesci a riposare un po’.”

Bucky chiuse gli occhi per qualche secondo e poi li riaprì improvvisamente chiedendo, con la voce già impastata dal sonno: “Puoi lasciare la luce accesa?”

“Ma certo, non lo diremo a nessuno. Sarà il nostro segreto,” provò a scherzare Steve per allentare la morsa che gli stringeva il petto, continuando a massaggiare le spalle di Bucky da sopra la trapunta, per tranquillizzare più se stesso che l'amico.

In pochi minuti Bucky si addormentò profondamente e i suoi lineamenti piano piano si rilassarono nel sonno.  

Nel vedere l'amico profondamente addormentato Steve tirò un respiro di sollievo.

A quel punto poteva anche decidere di tornare in camera sua per provare a dormire qualche ora, ma si rese conto che rimanere lì a guardarlo semplicemente dormire era molto più bello che tornare nel suo letto.

Fu il freddo a decidere per lui e a costringerlo a tornare in camera sua. Lasciò la luce accesa sul comodino per tranquillizzare Bucky e le porte delle due camere spalancate per tranquillizzare se stesso.

SI aspettava che Bucky potesse avere incubi, ma non si aspettava niente di quella portata. Avrebbero dovuto trovare il modo per uscire da quella situazione, Bucky non poteva sopportare quello strazio tutte le notti. Dovevano trovare una soluzione, e alla svelta.

Ma domani mattina, pensò Steve tornando in camera sua.

Si mise sotto la trapunta, facendo però attenzione a lasciar fuori la testa per esser sicuro di sentire Bucky in caso di necessità e dopo qualche minuto si addormentò.

Steve si svegliò circa mezz'ora dopo, inizialmente senza capire cosa lo avesse svegliato. Gli servirono alcuni secondi.

La voce di Bucky che parlava in russo lo riportò alla realtà come una secchiata d’acqua gelata. In una manciata di secondi fu di nuovo accanto al letto dell'amico.

Bucky si stava agitando nel sonno e stava parlando chiaramente in russo. Steve non capiva una parola, ma non sembrava essere una conversazione tranquilla. Bucky sembrava terrorizzato da ciò che stava vedendo nei suoi incubi, I muscoli di nuovo contratti, il petto che si alzava e si abbassava veloce in cerca di aria. Sicuramente si trattava un altro incubo.

Stavolta, però, Steve non fu colto di sorpresa. Aveva capito che chiamarlo non serviva poi a molto e che, invece, fargli sentire la sua presenza in modo tangibile funzionava molto meglio.

Iniziò allora a massaggiargli le spalle e a dirgli con voce calma: “Ehi Bucky! Sono Steve, Bucky. Sono qui, non sei solo, Bucky. ”

Dopo alcuni istanti Bucky sembrò calmarsi grazie al tocco di Steve. Smise di parlare e i muscoli sembrarono allentare un po’ la loro morsa.

Ma Bucky non si svegliò, sembrò tornare ad un sonno tranquillo senza essersi reso conto della presenza dell'amico al suo fianco. Steve sistemò per l'ennesima volta le coperte e continuò a tenere il braccio sulle spalle di Bucky.

Ormai dormire non era più possibile, quindi andò rapidamente in camera sua, prese una felpa di pile, se la mise sopra la maglietta e tornò in camera di Bucky accovacciandosi di nuovo al lato del letto, deciso a passare la notte al suo fianco. Non sapeva esattamente cosa potesse fare per aiutarlo, ma lasciarlo solo era fuori discussione.

La mattina, quando Bucky aprì gli occhi, la prima cosa che vide fu Steve addormentato di fianco al letto, seduto in terra, incastrato tra il comodino e il materasso, e istintivamente sorrise.

“Cretino,” disse a mezza voce.

   
 
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