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Autore: Bloodred Ridin Hood    15/12/2018    1 recensioni
Commedia sperimentale sulle vicende di vita quotidiana della famiglia più disfunzionale della saga.
Immaginate la vita di tutti i giorni della famiglia Mishima in un universo parallelo in cui i suoi membri, pur non andando esattamente d’accordo, non cerchino di mandarsi all'altro mondo gli uni con gli altri.
[AU in contesto realistico] [POV alternato]
[Slow-burn XiaoJin, LarsxAlisa] [KazuyaxJun] [Accenni di altre ship]
[COMPLETA]
Genere: Commedia, Introspettivo, Slice of life | Stato: completa
Tipo di coppia: Het, Shoujo-ai | Personaggi: Asuka Kazama, Jin Kazama, Jun Kazama, Lars Alexandersson
Note: AU, Lime, OOC | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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33
Some Really Shitty Idea 
(Jin)


“È una pessima idea.” borbotto nervoso scrutando dall’altra parte del muro Kazuya, intento a leggere il giornale in soggiorno.
“Hai un’alternativa migliore?” spunta fuori Asuka da dietro di me.
Faccio una smorfia.
No, per il momento non ce l’ho e lo sa bene.
“Lo capirà.” affermo sicuro “E noi ci faremo scoprire come due idioti.”
“No! Non andrà così!” ribatte Asuka “Perché tu, sotto consiglio di tua madre, stai solo cercando di instaurare un dialogo con tuo padre, un punto di contatto dopo tanti anni di conflitto e incomunicabilità.”
Mi viene da vomitare.
“Ti prego piantala!” la fermo.
“Lui sarà confuso e non penserà che ci sia sotto qualcosa.” continua “Sfrutteremo l’effetto sorpresa!”
Ci rifletto su per qualche secondo.
“A me sembra proprio una pessima idea.” confermo la mia opinione.
“Non è una pessima idea!” protesta lei.
“No, è proprio un’idea del cazzo infatti!”
Asuka sbuffa.
“Senti, il problema è che tu ti senti troppo coinvolto e non riesci a vedere le cose in maniera oggettiva.” cerca di spiegarmi con calma, poi mi guarda seria “Non abbiamo alternative migliori, lo capisci che o è questo o gli dovremmo strappare i capelli?!”
Torno a guardare Kazuya.
“O forse dobbiamo lasciar perdere e credere a Lars sulla parola.” mormoro.
“Che cosa?!” esclama Asuka guardandomi a bocca aperta “Sei serio?! Decidi di fidarti così? Proprio… tu?”
Non rispondo.
“Potevi fartelo venire in mente prima che spendessimo tutti quei soldi!” mi rinfaccia allora Asuka.
Le lancio un’occhiata di sbieco.
“Fino a prova contraria sono ancora tutti miei soldi.” rispondo.
“Sì, ma ho detto che ti ripagherò il debito.” ripete a mezza voce “Prima o poi.”
“Potremmo… pensarci ancora qualche giorno.” propongo tornando a guardare Kazuya.
Proprio non mi va di farlo, è un’idea stupida e imbarazzante!
“Ma perché aspettare?!” rotea gli occhi Asuka, iniziando a perdere la pazienza “Avanti, se funziona bene! Altrimenti… bene lo stesso e ci inventeremo qualcos’altro!”
Sbuffo nervoso abbassando lo sguardo sul bicchiere d’acqua nella mia mano. Poi mi volto ancora verso Asuka.
“Perché non puoi farlo tu?” chiedo alzando un sopracciglio.
Asuka scuote la testa con impeto.
“No, no!” risponde “Non creerebbe lo stesso effetto confusione con me e poi… io non ho tutta questa confidenza con lui. Sarebbe strano!”
“Confidenza?!” sibilo tra i denti “Mi prendi per il culo?! Io secondo te invece avrei una grande amicizia con Kazuya?!”
“Non la definirei amicizia.” precisa “Ma il rapporto tra lui e te è decisamente più ehm… definito di quello tra me e lui, nel bene o nel male. Più nel male, che nel bene a dire il vero, ma… su vai e basta con queste storie!”
Mi spinge improvvisamente in avanti e per poco non rovescio l’acqua sul pavimento.
Cazzo, ormai sono nel soggiorno. Se Kazuya alza lo sguardo dal giornale mi vede.
“Brutta stronza traditrice…” borbotto voltandomi all’indietro.
Lei mi fa un un gran sorriso e un cenno per incitarmi ad andare avanti.
Guardo di fronte a me e deglutisco.
Massì, chi se ne frega?! Al massimo mi crederà impazzito!
Sbuffo e raggiungo Kazuya, lentamente, e mi fermo a pochi passi da lui.
“Che vuoi?” brontola senza neanche alzare lo sguardo “Hai di nuovo combinato qualche casino a scuola? Tua madre starà per tornare, parlane con lei.”
Mi curvo in avanti e appoggio il bicchiere d’acqua sul tavolino davanti a lui.
A quel punto Kazuya abbassa il giornale e con un’aria molto confusa mi guarda.
“Che…”
“È solo un bicchiere d’acqua.” dico con la gola improvvisamente secca.
Questa roba è più imbarazzante che mai, molto più di quanto avessi pensato e solo ora mi rendo conto che al mille per mille questa idea del cazzo non ha la minima possibilità di funzionare. Perché non mi sono fidato subito del mio istinto?!
“Un bicchiere d’acqua?” ripete Kazuya con sospetto.
Annuisco deglutendo.
“Ho pensato…” mi fermo.
Che diavolo dovevo dire? Avevo provato la frase con Asuka prima, ma il mio cervello è completamente in tilt in questo momento. Non me la ricordo più.
Che idea del cazzo!
“È per te. Bevi.” dico goffamente.
Sono un coglione, sono un coglione.
“Ma che cazzo ti prende?!” chiede Kazuya piegando il giornale e mettendolo da parte.
Mi guarda con un’espressione indecifrabile, ma che è comunque un misto di tante emozioni negative, tra cui orrore e disgusto.
“Sto solo cercando, per una volta, di comportarmi in modo normale con te.” dico meccanicamente con un soffio e vorrei accartocciarmi dalla vergogna.
“E quindi mi hai portato dell’acqua.” risponde “Questo ti sembra normale?!”
“Sei vecchio, nel caso non te ne sia accorto.” continuo con un sibilo “Alla tua età dovresti fare in modo di restare idratato.”
“Mi vuoi avvelenare.” sussurra Kazuya guardando il bicchiere con orrore.
“No…” scuto la testa con un filo di voce ridicola.
Lui torna a guardarmi con disgusto.
“Lo sapevo che eri un coglione, ma non fino a questo punto!” commenta “Pensi davvero che io possa cascare in un tranello così idiota? Se proprio hai deciso di provare ad uccidermi, almeno inventati un piano che possa funzionare, no?!”
“Non ti voglio avvelenare.” ringhio “O almeno, non oggi e non in questo modo.”
“Come hai pensato di liberarti del corpo?!” continua, alzandosi e facendo qualche passo minaccioso verso di me “Sei pronto a correre il rischio di finire in carcere a vita?!”
È notevole come non sembri tanto sconvolto per il mio possibile intento omicida, ma piuttosto sembra estremamente contrariato per la stupidità del piano.
“È soltanto acqua, cazzo!” mi lamento sostenendo il suo sguardo “Non voglio avvelenarti!”
Noto Asuka con la coda dell’occhio, mi guarda delusa e arrabbiata.
“È incredibile. Io l’ho sempre pensato che nella tua testa ci fosse qualcosa che non andava e Jun non mi ha mai creduto.” continua Kazuya “Non puoi davvero essere così stupido!”
“È soltanto un fottutissimo bicchiere d’acqua!” sbotto.
Lo prendo dal tavolino con un gesto secco e me lo scolo tutto d’un fiato.
“Ecco, ci credi adesso?!” chiedo poi asciugandomi la bocca con il dorso della mano che ho libera.
Lui mi guarda stranito. Appoggio di nuovo con forza il bicchiere vuoto sul tavolino.
Lui lo prende e lo odora.
“Ora ti prendi un antidoto o devo chiamare un’ambulanza? O devo far finta di accorgermene quando sarà già successo?” chiede poi alzando un sopracciglio “Lo sai che non posso lasciarti morire, tua madre non me lo perdonerebbe.”
“Te l’ho già detto! Era soltanto un fottutissimo bicchiere d’acqua!” ripeto, girando i tacchi e tornando in direzione della scala.
Voglio chiudermi in camera mia per un po’.
Asuka, ancora semi-nascosta da dietro la parete della scala mi guarda con disapprovazione.
“Hai incasinato tutto!” le leggo il labbiale.


“Jin! Dove cavolo stai andando adesso?! Aspetta!”
Asuka mi segue sul selciato fuori di casa.
“Vattene! Lasciami in pace!” brontolo, ancora di pessimo umore.
Mi afferra un braccio e per forzarmi a fermarmi. Sospiro e decido di concederle giusto un paio di secondi. Mi volto e le rivolgo uno sguardo annoiato.
Mi ha seguito fuori sulla strada bagnata con le pantofoline di casa. Ottima idea, Asuka! Ora insozzerai tutta la casa.
Si stringe le braccia attorno al corpo, come per cercare di scaldarsi.
“Hai… fatto un disastro!” sibila guardandomi preoccupata “Perché diavolo non hai rispettato le battute che abbiamo provato insieme?!”
“Io te l’avevo detto che era un’idea del cazzo!” rispondo con un ringhio “Comunque lo so da me che ho fatto un disastro, grazie tante. Ora torna dentro e lasciami in pace!”
“Non capisco come abbia potuto sbagliare così tanto! Da come ti sei comportato chiunque avrebbe sospettato che avessi messo qualcosa nell’acqua!” continua Asuka sconcertata “Poco fa ha preso il bicchiere e l’ha messo dentro una bustina di plastica. Scommetto che lo farà analizzare o qualcosa del genere!”
“Bene, abbiamo finito?!” sbotto al culmine dell’irritazione.
“No! Cosa facciamo adesso?!” chiede lei preoccupata.
“Non lo so e non me ne frega un accidenti!” sbotto, voltandomi e riprendendo a camminare.
“E cosa vuoi fare allora?!” mi richiama Asuka “Lasci perdere così?! Hey! Jin!”
Esco dal cancello e mi allontano lungo la strada. Per evitare di impazzire dalla rabbia stasera ho proprio bisogno delle due cose che amo più di tutte, la moto e le arti marziali.
Vado a recuperare la mia adorata moto al garage e mi immetto subito nel traffico, sfrecciando sull’asfalto ancora umido. Quanto mi è mancata!
La macchina sarà pure un mezzo più comodo per mille ragioni, ma la moto… la moto! Quella sensazione indescrivibile di quando accendi il motore e inizi a muoverti sulla strada, quel mix di relax, adrenalina, euforia è qualcosa che solo la moto ti sa dare.
Arrivo al complesso Mishima e parcheggio, con l’umore già decisamente migliore.
Adesso ho solo voglia di prendere a colpi un sacco da combattimento fino ad esaurire le energie.
La palestra è quasi completamente vuota di domenica sera, c’è solo qualche luce accesa ai piani superiori. Entro, lascio le scarpe agli armadietti, e mi incammino subito verso la mia solita stanza. Apro la porta, accendo la luce e vado verso il bagno per cambiarmi. Più o meno quando mi trovo al centro della sala però, calpesto qualcosa di solido che mi costringe a fare un balzo indietro.
“Ma che cazzo…?!” esclamo a voce alta alzando subito la pianta del piede dolorante.
Mi inchino per raccogliere lo strano oggetto che mi ha quasi bucato un piede.
È un testa di panda grande più o meno come una pallina da ping pong con un mazzo di chiavi attaccate.
C’è solo una persona che frequenta queste palestre che se ne andrebbe in giro con un oggetto del genere.
Alzo un sopracciglio. Allora come pensavo non ha smesso di allenarsi qui, ha soltanto cambiato gli orari di allenamento.
Mi rigiro l’oggetto tra le dita e rifletto tra me e me.
Mi sta evitando per qualche ragione, ormai è chiaro. E d’accordo, capisco che sia arrabbiata e ha pure tutte le ragioni di esserlo, però perché diavolo non può dirmelo chiaro e tondo?!
Altre volte non si è messa poi così tanti problemi per dirmi quello che pensava, quindi possibile che si sia offesa al punto da volermi evitare completamente senza neanche una parola?!
Ecco che vengo raggiunto da una nuova ondata di malumore. Sì, perché questa situazione è decisamente fastidiosa. Non che mi interessi particolarmente quello che pensano gli altri di me, ma mi ero fatto un’idea diversa su di lei. Insomma, ero arrivato a pensare che fosse una persona su cui potessi un minimo contare. Dato che non ne ho poi così tante nella mia vita. Ma questo atteggiamento è alquanto irritante e… sì, deludente!
Guardo il mazzo di chiavi appese alla testa di panda. Saranno le chiavi di casa? Con una testa perennemente tra le nuvole come la sua non mi sorprenderebbe se fossero le chiavi del suo appartamento. Perdere le chiavi di casa è un casino, devi far cambiare completamente la serratura.
Ci rifletto un attimo, poi prendo la mia decisione e me le infilo in tasca.
Ora le mostrerò come si comporta una persona matura in questi casi. Riprendo lo zaino in spalla e torno fuori agli armadietti delle scarpe.
Riporterò le chiavi a quella svampita immatura, e nel mentre le darò una lezione riguardo a quanto sia stupido tenere rancore per cose come queste! Sono certo che si sentirà molto scema dopo che le avrò parlato! E io avrò avuto la mia piccola vendetta personale.
Esco dalla palestra e attraverso la strada verso l’area residenziale del complesso Mishima. In lontananza scorgo l’imponente residenza di Heihachi e sogghigno. Chissà quanta bile starà ingoiando il vecchiaccio questi giorni, dopo gli ultimi risvolti!
Quella è una delle poche soddisfazioni di questo periodo e anche se non lo ammetterei mai a voce alta, sono grato a Lars per questo. Non so ancora del tutto sicuro se sia giusto o no fidarsi di lui, ma… test del DNA o meno, gli sarò sempre grato per questa bacchettata coi fiocchi ad Heihachi.
Arrivo sul vialetto che porta all’appartamento di Xiaoyu e noto la luce accesa in soggiorno. Bene, è in casa.
Raggiungo la porta di ingresso e suono il campanello.
Pochi secondi dopo la porta si apre, svelandomi una visione piuttosto… comica. Ha una fascetta colorata sulla fronte e le codine a due altezze diverse, dalle quali sfuggono diversi ciuffi in tutte le direzioni, ma soprattutto… soprattutto… indossa una sorta di pigiamone-tutone improponibile. È grosso, pelliccioso e dai colori accesi, la fa sembrare una sorta di panda radioattivo o qualcosa del genere.
Avevo tutte le intenzioni di presentarmi serio e infastidito, ma davanti a questa visione non riesco a trattenere uno sbuffo di risata. È una visione davvero troppo stupida!
Lei mi guarda, sgrana gli occhi e diventa rossa di colpo.
“Carino questo look!” la schernisco con una smorfia cattiva.
Lei spinge la subito la porta, facendola chiudere con un colpo secco.
“Che… che ci fai qui?” chiede con una vocina stridula dall’altra parte della porta “Pen… pensavo che fosse Miharu, stava passando per prendere degli appunti!”
“Questo è il motivo per cui dovresti sempre guardare dallo spioncino prima di aprire.” sogghigno.
Non risponde e passano alcuni secondi di silenzio.
“Dai apri.” torno serio “Sono venuto a riportarti una cosa. E già che ci sono devo anche dirti un'altra cosa.”
Lei, molto cautamente, riapre la porta e sbircia fuori da uno spiraglio appena largo quanto metà faccia. È comunque abbastanza per avere uno scorcio di quello strano tutone orrendo.
Non ce la faccio, ridacchio di nuovo.
“Ma da quale pianeta hai tirato fuori questo coso inguardabile?!”
“Dai! Piantala!” protesta lei ancora rossa in volto “È un pigiama ed è carino! Ed è molto caldo e comodo per queste giornate gelide!”
Ha osato definirlo carino. Non mi intendo minimamente di moda, ma definire quel sacco colorato carino mi sembra decisamente un paradosso. Sto per dirglielo, ma poi una folata improvvisa di vento mi ricorda che c’è freddo davvero e che forse farei bene ad arrivare in fretta al punto se non voglio prendermi un ennesimo malanno.
Tiro fuori la testa di panda con le chiavi a penzoloni e la porto all’altezza dei suoi occhi.
“Sono venuto a riportarti questo.” dico reprimendo un brivido.
Xiaoyu le guarda e spalanca la bocca sorpresa.
A quel punto apre la porta di qualche grado in più.
“Gra… grazie.” mormora “Le ho cercate ovunque.”
Le prende tra le mani come se fossero un qualche oggetto sacro.
“Per fortuna la vicina ne aveva un doppione, quindi sono riuscita a rientrare a casa oggi.” continua con un po’ di imbarazzo “Ma pensavo già di dover far fare una nuova serratura.”
“Dovresti fare più attenzione a cose importanti come queste.” puntualizzo “Certo, aiuterebbe se non avessi costantemente la testa fra le nuvole.”
Lei mi guarda con aria un po’ imbarazzata, e non risponde alla provocazione.
“Grazie.” mormora “Che… altro dovevi dirmi?”
Bene, da dove cominciare? Dovrei forse essere educato e scusarmi di nuovo? Dire che mi sento affogare in un mare di vergogna ogni volta che mi ricordo che ho sporcato l’esterno della casa di qualcuno con il contenuto del mio stomaco bucato?
“Certo che non ti facevo così permalosa!” le rinfaccio invece con tono acido “Te la sei proprio legata al dito eh?!”
Lei alza le sopracciglia, guardandomi confusa.
“Che cosa?!”
“Sì, dannazione! In che lingua te lo devo dire che mi dispiace?!” continuo “Ti ho anche detto che ti avrei pagato un’impresa di pulizie, ma mi è venuto in mente troppo tardi! Porterai rancore per tutta la vita per questa storia?!”
Ok, per un momento avevo davvero pensato di scusarmi e di essere educato, ma non prendiamoci per il culo! È lei che sta avendo un atteggiamento assurdo! E ce la sta mettendo tutta per farmi sentire di merda, manco le avessi dato fuoco alla casa! Non è giusto! È lei ad essere in torto adesso, fino a prova contraria.
Xiaoyu corruga la fronte.
“Ma di che caspita parli?!” chiede spingendo la porta un altro po’.
“Mi stai evitando perché sei ancora arrabbiata con me perché ti ho sporcato il vialetto.” sbotto “Non sono stupido, me ne sono accorto! Hai cambiato orari di allenamento per non dovermi vedere e a scuola mi eviti come la peste! Non che me ne freghi qualcosa, sia chiaro, ma che problema hai a comportarti così con la gente?!”
Lei rilassa l’espressione e abbassa lo sguardo in un punto indefinito.
“Non è come pensi.” dice a voce bassa.
“Che cosa?!” la sfido a ripetere.
“Non sono arrabbiata per quello stupido vialetto, Jin!” alza gli occhi al soffitto “Mi è bastato usare i trucchi del nonno, nel giro di dieci minuti avevo già finito di pulire!”
“Da… davvero?!” chiedo stupito.
“Sì.” risponde lei esasperata “E poi comunque non potrei mai darti la colpa per una cosa del genere! Non sono arrabbiata per quel dannato vialetto.”
Segue un imbarazzante momento di silenzio. Da entrambe le parti.
“Allora…” ho un po’ paura di continuare, ma devo saperlo “... perché mi stai evitando?”
Fa le spallucce, visibilmente nervosa.
“Non ti stavo evitando, semplicemente non è capitato di incontrarci.” dice in modo molto poco convincente.
“Sì, come no!” alzo un sopracciglio “E casualmente hai deciso di non farti vedere più agli allenamenti?”
“Ero sempre impegnata a quegli orari.” tenta.
“Andiamo, basta con le prese per il culo!” perdo la pazienza “Mi stai evitando, punto. E non solo, sei diventata strana con me ultimamente. Di colpo sei… timida e stupida? E le cose sono cambiate da quando sono stato ricoverato. Dev’essere successo qualcosa quella sera… qualcosa che ti ha disturbato. E se non è il vomito…”
Xiaoyu abbassa di nuovo lo sguardo.
“... dev’essere qualcosa che ho detto.” realizzo abbracciando appieno la paura.
Ho dei ricordi molto confusi di quel momento. Ricordo di aver parlato e di aver pensato molte cose. Molte di queste piuttosto imbarazzanti. Ora, sono quasi sicuro di essere riuscito a controllarmi abbastanza bene e di non aver detto niente di troppo compromettente, ma se i miei ricordi non fossero attendibili?
Beh, avevo la febbre alta e deliravo in quel momento. Forse potrei aver detto a voce alta delle cose che sono convinto di aver solo pensato.
Non le avrò mica detto che mi piace o qualcosa del genere, vero?! Vero?!
“È così?! Ho detto qualcosa?!” mi impongo di stare calmo “Che cazzo ho detto?! Anzi, no. Forse è meglio che non me lo dica. Ma sai che deliravo in quel momento, no? Quindi qualsiasi cosa abbia detto, potresti per favore dimenticarla e andare avanti come se niente fosse mai successo nulla?”
Xiaoyu mi guarda confusa.
“Cos’è che hai così tanta paura di aver potuto dire?” domanda a voce bassa.
Mi blocco e deglutisco.
Cos’è? Una trappola?
“Sì, hai detto qualcosa in quel momento.” riprende a parlare “Pensavi di morire e a quel punto hai detto delle cose carine su tua madre, su Asuka, su Alisa…”
“Non… non ho detto nient’altro?” chiedo molto cautamente.
Lei fa di no con la testa.
“Non che mi ricordi.”
Sospiro. Ok, sembra sincera. Se non ho detto altro, allora posso stare tranquillo.
“E allora perché ce l’hai con me?” chiedo allora poco dopo, iniziando veramente a snervarmi.
“Io non ho mai detto di avercela con te, è che…” abbassa ancora lo sguardo.
Questo atteggiamento da timida che non le appartiene è veramente fastidioso. Non può dirmi che cazzo di problema ha con me una volta per tutte?!
“È che?” la invito a continuare impaziente.
“Non… non è niente… ero un po’ incasinata per i fatti miei questi ultimi giorni e…” farfuglia “... non mi andava di vedere gente…”
Basta. C’è freddo e ne ho davvero le palle piene di questa storia.
“Benissimo, è chiaro che non abbia intenzione di collaborare. Ho già perso abbastanza tempo con te.” mi rompo definitivamente “Arraggiati, addio!”
Giro i tacchi e me ne vado.
“No, aspetta!” cerca di richiamarmi.
La ignoro e cammino lungo quel famigerato vialetto.
“Jin!” la sento che mi segue fuori per qualche passo.
Sospiro e mi fermo.
“Ti sei presa almeno le chiavi appresso?!” chiedo voltandomi “Se hai sia le tue che il doppione della vicina dentro casa e la porta si chiude con te fuori ti toccherà chiamare i vigili del fuoco. E dovranno vederti con quel ridicolo pigiamone addosso!”
“Sono stata un’idiota!” dice lei ignorandomi e guardandomi con sguardo distrutto “Scusami.”
Sembra davvero dispiaciuta.
“Ti ho evitato perché… perché avevo troppa paura di incasinare le cose ora che…” deglutisce senza concludere la frase, mi guarda “Non te ne volevo parlare perché sapevo che reazione avresti avuto e che ti saresti allontanato e… e non volevo che succedesse, io voglio essere tua amica, ma…”
“Ma che diavolo stai farneticando?!” la interrogo ancora infastidito.
“... ma alla fine sembra che ti allontanerai lo stesso perché ho fatto un pasticcio e… tanto vale dirtelo…” balbetta, poi deglutisce e dopo mi guarda incredibilmente a disagio “... mentre eri sdraiato dolorante sul mio pavimento mi sono resa conto che…”
Ok, forse ci siamo. Finalmente sta per sputare il rospo.
“Che?” ripeto quando sembra essersi bloccata di nuovo.
Inspira a fondo, poi distoglie lo sguardo.
“... che provo… qualcosa per te.” ammette infine.
Un brivido freddo mi sale lungo la schiena, congelandomi. Non so se sia la folata di vento freddo che fa chiudere la porta di casa di Xiaoyu o il fatto che questa confessione mi lascia totalmente agghiacciato.
“Nel senso che… eri preoccupata, giusto?” chiedo con un sorriso nervoso “Non vuoi che muoia, giusto? È normale, sei una brava ragazza e…”
“Lo sai che non intendo quello, idiota.” borbotta lei abbassando lo sguardo.
“No.” asserisco cercando di convincere più che altro me stesso “Devi essere solo confusa.”
“Non sono confusa.”
“Sì, che lo sei!” insisto “Tu non sei come le altre oche che mi vanno dietro a scuola. Tu… mi conosci, sai chi sono! Sai che razza di casino sono! Sai anche che faccio dei sogni inquietanti e che sono pazzo, porca miseria!”
“Non è così difficile come credi volerti bene.” borbotta lei.
Non è possibile. È un incubo. Lei è pura, innocente, non si merita questo destino!
“Che cosa c’è che non va in te?” chiedo a quel punto disperato.
“Stai tranquillo.” mi risponde tenendo lo sguardo basso “Ricordo benissimo il tuo discorso su come vedi la vita. Lo so che non potresti mai ricambiare e io non mi aspetto niente da te.”
Poi sospira, come se in un certo senso si sia tolta un peso di dosso.
“Mi dispiace di averti evitato questi giorni, ma… questo ha colto di sorpresa anche me e…” riprende “Stavo solo cercando di abituarmi alla cosa per poter tornare a comportarmi in modo normale con te.”
“Cioè…” provo a dire.
“Mi piace essere tua amica.” risponde con un sorriso che mi colpisce come un treno in corsa “E vorrei che le cose tornassero come prima.”
Alza lo sguardo sul mio e mi sorride ancora, con gli occhi un po’ lucidi.
“Ovviamente se lo vuoi.” aggiunge piano.
Sono così avvilito. Non so neanche che cosa dire.
“Hai… hai dei gusti terribili.” mormoro sgomentato.
Lei ridacchia nervosamente, poi alza le spalle.
“Beh, comunque adesso lo sai.” dice dopo.
Fa un cenno con la testa verso la casa.
“Io rientro… inizia a fare freddo.” dice prima di voltarsi e tornare sui suoi passi.
Per fortuna le chiavi le aveva messe nella tasca del pigiamone panda-radioattivo. Mi fa un cenno con la mano prima di sparire dentro all’appartamento. Sollevo una mano per rispondere e dopo rimango immobile a pensare, sperando che il freddo mi geli il cervello. Per sempre.


Sfreccio senza meta lungo le strade del quartiere. Ma per scrollarmi di dosso le ultime ore temo neanche un viaggio in moto possa essere sufficiente. Che razza di giornata di merda! Più del solito! Prima la scena con Kazuya e adesso questo! Per una volta che nella vita riesco ad instaurare un rapporto di amicizia quasi normale con qualcuno, devo rovinarlo in questo modo! Guastando e intossicando chiunque tenti di avvicinarsi a me.
Mi fermo ad un semaforo rosso e appoggio un piede sull’asfalto. Noto in quel momento un’altra moto che mi si affianca, il guidatore è girato verso di me.
Che cazzo vuole adesso questo?!
Lo guardo a mia volta, aspettando un qualche tipo di reazione, quando oltre la visiera riesco a scorgere quella faccia da cazzo di Hwoarang.
Ma porca troia, tutte oggi mi capitano?!
Torno a guardare avanti, sotto la luce rossa del semaforo. Sarà dura seminarlo, ma dovrò riuscirci.
Scatta il verde e ingrano subito la prima marcia, sfrecciando a sorpresa verso un anonimo vicoletto. Hwoarang prontamente mi segue e riesce ad infilarsi nella stradina. Continuo ad insinuarmi nei più svariati vicoletti seguendo percorsi contorti, ma niente. Quello stronzo è un ottimo guidatore, dai riflessi d’acciaio ed è chiaro che non abbia la minima intenzione di levarsi dalle palle stasera.
Guardo un attimo l’edificio davanti a me. La nostra vecchia scuola media. Frequentavo una banalissima scuola pubblica prima di entrare al Mishima Polytechnic High. Prima che entrassi in un brutto giro e mia madre al risveglio dal coma decidesse di farmi cambiare ambiente. Fu a quel punto che mi iscrisse in quella che è l’unica scuola privata della zona, nonostante sia roba di quello stronzo di mio nonno. Io ovviamente ero disposto ad accettare anche quello. In quel momento ero così felice che si fosse risvegliata che avrei fatto qualsiasi cosa per lei. Anche lasciare il mio vecchio giro, le mie vecchie abitudini.
Guardo Hwoarang dallo specchietto retrovisore, mi sta sempre alle calcagna.
E d’accordo, dopotutto chi se ne fotte? Accontentiamolo pure una buona volta! Magari dopo una giornata del genere è quel che ci vuole anche per me.
Entro nel parcheggio dietro la palestra vecchia della scuola. Questa palestra è abbandonata da anni, ormai la scuola utilizza un altro edificio sul lato opposto, e nel frattempo questo si è trasformato in un punto di ritrovo per deliquentelli e gente poco raccomandabile, soprattutto dopo una certa ora. Ogni angolo di muro è occupato da graffiti e pasticci vari. C’era un tempo anche un campo da basket, ma ormai le linee sono quasi del tutto cancellate. Ci sono ancora i due tabelloni, ma ovviamente i canestri sono stati strappati via parecchio tempo fa.
Ha ripreso a gocciolare, data la giornata fredda non c’è quasi nessuno in giro.
Questo è il posto ideale per fare quel che dobbiamo fare, senza che nessuno chiami la polizia o qualcosa del genere.
Fermo la moto in un angolo e aspetto che Hwoarang mi raggiunga. Parcheggia anche lui e si toglie subito il casco guardandomi con un ghigno soddisfatto stampato in volto.
“Ce ne hai messo di tempo eh? Stronzo!”
Senza rispondere, mi tolgo il casco anche io.
“Oggi chiudiamo finalmente i conti, ah?!” continua l’imbecille “Ti pesterò talmente tanto che poi non riuscirai ad alzarti dal letto per una settimana!”
Mi viene da sorridere. È ingenuo da fare schifo!
Mi preparo, mi tolgo il giubbotto e mi stiro un po’ i muscoli in silenzio.
Quella bocca di merda ovviamente continua a blaterare fesserie.
“Avevi paura eh, coglione! Stavi sperando che me ne dimenticassi, vero?! Scappando come un cagnolino cagasotto!”
“Tappati il cesso, Hwoarang.” mi posiziono in guardia davanti a lui con sguardo truce “Ho avuto una giornata di merda. Non ho voglia di stare a sentire la tua voce più del dovuto. Facciamo quello che dobbiamo fare e basta.”
Lui sogghigna e si mette in guardia.
Niente arbitri, niente regole, contatto pieno, combattimento in strada. Mi sembra di essere tornato a qualche anno fa. Sento un brivido di adrenalina che mi avvolge da testa a piedi fin dai primissimi movimenti.
Hwoarang usa il Taekwondo, quindi devo assolutamente fare attenzione alle sue gambe. Non è più forte di me, ma è estremamente agile e veloce, quindi non è un avversario da sottovalutare. Anzi, diciamo pure che è una spina nel culo, non posso perdere neanche un attimo di concentrazione.
Ci scambiamo una prima serie di colpi e non c’è un vero e proprio vantaggio da parte di nessuno. I suoi calci fanno male, è vero, ma anche le mie mosse sembrano aver avuto un certo effetto. Riprendiamo fiato per una manciata di secondi, poi ripartiamo entrambi all’attacco. Riesco a schivare un suo attacco, mi sposto su un lato e faccio per contrattaccare, lui però se ne accorge, mi afferra e cerca di caricare un calcio a martello. Fortunatamente anche io me ne rendo conto in tempo e riesco a spingerlo per fargli perdere l’equilibrio. Ci separiamo e ci guardiamo per qualche altro secondo, ansimanti e doloranti.
La lotta continua così per altri diversi minuti. Prendiamo pugni, calci, ne assestiamo a nostra volta, ma ormai è chiaro che non c’è mai un netto vantaggio di uno dei due.
“Hwoarang…” sussurro in un momento di pausa.
Ho un labbro spaccato e la mia bocca sa di ferro.
Deve accettarlo anche lui prima o poi.
“Sta zitto, continuiamo!” sbotta invece con un urlo improvviso.
Ha un rivolo di sangue che gli scende dal naso fino ad arrivare sotto al mento, un occhio nero e si tiene una spalla ansimante.
“Hwoarang… non voglio mandarti all’ospedale.” insisto.
Nemmeno io sono messo troppo bene e in realtà all’ospedale vorrei evitare di tornarci anch’io. Lo so che ho detto che ci stavo meglio che a casa, ma non ho intenzione di farmi un mese al letto con qualche costola rotta o qualcosa del genere.
Hwoarang non apprezza la mia battuta e si spinge in avanti alla carica con un pugno a tutta forza, rispondo al gesto e ci piazziamo un pugno a vicenda in pieno volto.
Entrambi barcolliamo all’indietro e, doloranti e senza più un briciolo di energia per continuare, finiamo a terra sulle pozzanghere.
“Direi che… è un altro pareggio.” dico con un soffio.
Hwoarang, che ormai non può far altro che accettare l’esito dell’incontro, si lascia andare ad un altro urlo di rabbia, pestando un pugno contro l’asfalto bagnato.
Coglione, come se non fosse già abbastanza rotto di suo.
Urla qualcosa di incomprensibile, probabilmente qualche imprecazione in coreano. Lo lascio sfogare, mentre riprendo fiato guardando la pioggia, che aumenta lentamente di intensità.
Prima di rimetterci in sella alle moto decidiamo entrambi di aspettare che la pioggia cali un po’. Rimaniamo al riparo sotto al binario del tram che sorvola la parte laterale dello spiazzo. Abbiamo ormai più o meno recuperato le minime energie e il fiato da un pezzo, ma nessuno ha ancora detto una parola. Fradici, doloranti e infreddoliti.
Hwoarang sfila un pacchetto di sigarette da una tasca e se ne accende una. Poi si volta da me.
“Che cazzo guardi?” borbotta con il primo sbuffo di fumo “Ne vuoi una?”
Ci penso un attimo, non ne tocco una da due anni, ma oggi è stata davvero una giornata strana. Faccio un minuscolo cenno di assenso col capo.
Quella era stata un’altra delle richieste di mia madre. Nemmeno Heihachi con le sue punizioni da psicopatico era riuscito a convincermi a smettere di fumare. Il vecchio tra l’altro non era neanche interessato alla mia salute, ma solo alle mie prestazioni da lottatore, in funzione delle gare finanziate da lui, ovviamente.
Ma avevo smesso subito anche con quello quando me l’aveva chiesto mia madre dopo il coma. Ed è stata comunque una buona cosa.
Hwoarang mi lancia il pacchetto, che acchiappo al volo. Prendo una sigaretta, poi mi allungo verso Hwoarang per farmela accendere.
Inspiro la prima boccata dopo anni, riempendo i polmoni di quell’aria velenosa piena di catrami e altre sostanze altamente nocive, poi soffio via.
“Credevo avessi smesso.” osserva Hwoarang.
“Ho smesso infatti, quando ho cambiato scuola.” rispondo atono “E dovresti farlo anche tu. Questa merda ti sta rendendo lento.”
Hwoarang sogghigna.
“Fanculo stronzo, sono più veloce di te nonostante questa merda.” fa una pausa “Tu piuttosto, ti stai rammollendo a furia di fare soltanto le tue gare sportive da coglione!”
“Ma piantala!” ribatto “Se oggi non ti ho massacrato è solo perché sono appena uscito dall’ospedale.”
“E allora perché ci hai messo così tanto a deciderti a combattere? Perché sei così restio a combattere sul serio?” mi guarda sprezzante “Vorresti farmi credere che tutto questo non ti ha dato soddisfazione? Non ti ha fatto… sentire vivo? Cazzate, Kazama. Lo sai benissimo anche tu.”
Mi riporto la sigaretta alle labbra e inspiro.
Sentirmi vivo. Per quanto odi ammetterlo, Hwoarang ha in parte ragione. Avevo dimenticato quanto potesse essere incredibile la scarica di adrenalina di un vero combattimento da strada. Il crudele seducente piacere dell’autodistruzione.
“Forse, ma non vuol dire che ne valga la pena.” gli concedo poco dopo “Ho già abbastanza problemi di mio, non ho intenzione di rischiare di essere indagato per averti procurato un trauma cranico o qualcosa del genere.”
“Ma sentilo! Trauma cranico!” mi sfotte lui mettendosi a ridere “Ti piacerebbe stronzo, come se ti permettessi di sfiorare il mio cervello.”
“Il tuo cervello è marcio. Forse proprio a furia di prendere tutte queste botte.”
“È inutile che rispondi con insulti da marmocchio dell’asilo!” sogghigna Hwoarang “Sei un rammollito, Kazama.”
“No, Hwoarang. Sono serio!” ribatto allora io “Oggi ce la siamo cavata con qualche livido e occhio nero, ma sai che prima o poi potresti rischiare di farti male veramente!”
“Risparmiami la tua predica da cagnolino ammaestrato, Kazama!” commenta disgustato “Che cazzo di ragionamento da senza-palle! Non sembri neanche più tu!”
“Si chiama crescere Hwoarang e dovresti pensare di farlo anche tu prima o poi!” alzo la voce.
Hwoarang scuote la testa disgustato e non risponde, riportandosi la sigaretta alle labbra.
“Cosa hai intenzione di fare, sul serio?” chiedo ancora “Continuerai con le lotte clandestine per tutta la vita? O solo finché un giorno non finirai per venire ammazzato o per ammazzare tu qualcuno?”
Lui sbuffa del fumo, senza guardarmi.
“Lo sai che se ti arrestano ti rispediscono subito in patria a calci in culo, vero?”
Mi guarda sprezzante.
“Sarebbe comunque una vita più interessante della tua.” risponde serio.
Rimango sorpreso da questa risposta, soprattutto per la sua serietà e dal suo disgusto nei miei confronti. Non è neanche un altro tentativo di sfottermi, ne è proprio convinto.
“Proprio… non ti va giù che abbia lasciato la banda, eh?” chiedo distogliendo lo sguardo anch’io.
Non risponde. Me l’aspettavo. L’ho sempre saputo, dopo tutto.
“Era un brutto periodo per me, lo sai.” spiego “Mi sarei aggrappato a qualsiasi cosa che mi avesse permesso di sfuggire dalla realtà che stavo vivendo.”
Persino andare a sputare sangue in strada, a massacrare gente e a farmi massacrare per soldi di cui non avevo neanche bisogno.
“Tua… tua madre ora si è ripresa, giusto?” chiede Hwoarang guardandomi di sbieco.
Annuisco.
“Sì, sta bene. Il nostro rapporto è un po’ più problematico di come era qualche anno fa… ma c’è." e non sarò mai grato abbastanza al destino per questo "Ed è stata lei che mi ha salvato da quella strada autodistruttiva che avevo intrapreso.”
Hwoarang non risponde e abbassa lo sguardo.
“Ci sono novità riguardo il tuo maestro?” chiedo a quel punto cautamente.
“È sempre in coma.” risponde subito senza lasciar trasparire alcuna emozione.
Prendo un’altra boccata di fumo e rimango in silenzio.
Alla fine, e l’ho sempre saputo, io e Hwoarang siamo molto più simili di quanto entrambi vogliamo dare a credere. Baek, il maestro di arti marziali di Hwoarang è l’unica figura genitoriale presente nella sua vita. Anche lui è rimasto vittima di un incidente due anni fa ed è in coma da allora.
Ho sempre trovato quasi inquietante la somiglianza tra le nostre situazioni. A volte il destino fa degli scherzi incredibili!
E forse quella dei combattimenti di strada, che è partita come una cazzata da ragazzini immaturi tanti anni fa, è diventata per Hwoarang una delle poche occasione per evadere dalla drammaticità di quello che sta vivendo.
Ma è chiaro che Hwoarang non abbia intenzione di stare a parlarne e cambia di nuovo discorso.
“Dimmi un po’ però…” riprende guardandomi con sospetto “Come mai oggi hai accettato di combattere?”
“Avevo bisogno di schiarirmi le idee.” mi limito a dire.
Hwoarang alza un sopracciglio.
“È successo qualcosa?”
“… è solo stata una giornata di merda.”
“Kazama, tu lo dici tutti i giorni.” mi fa notare lui, ed è un po’ ironico come dimostri di conoscermi così bene “Allora? Che cazzo ti è successo?!”
Quanto cazzo è pettegolo?!
“Ho fatto una figura di merda con mio padre…” inizio a spiegare “... e poco più tardi ho ricevuto una sorta… di dichiarazione.”
Non so neanche perché abbia deciso di dirglielo.
Hwoarang scoppia a ridere, io mi riporto la sigaretta alle labbra.
“Una dichiarazione? E quale sarebbe il problema?!” esclama “Succede fin da quando eri alle medie, le ragazzine si lasciano affascinare dalla tua faccia da coglione, ma tu te ne sbatti il cazzo e le scarichi come se niente fosse!”
Mi infastidisce che liquidi la cosa come se nulla fosse. Non ha assolutamente niente in comune con le scene che può aver visto alle medie! Sapevo che sarebbe stato un errore lasciarmelo sfuggire.
“Stavolta è diverso.” puntualizzo allora soffiando via il fumo.
“E perché sarebbe diverso?” mi canzona lui.
“Perché... è un’amica.” rispondo tra i denti “E adesso basta parlarne!”
“Un’amica?!” ripete Hwoarang storcendo la bocca “Hai altre amiche oltre alla tipa secchiona con gli occhiali?”
Gli rispondo con un’occhiataccia.
“Aspetta, è la tipa secchiona con gli occhiali?!” fraintende Hwoatang.
“No!”
“Ah, bella situazione di merda comunque!” commenta Hwoarang “Insomma tu non ricambi, ma è tua amica e ti dispiace scaricarla giusto?”
“Ho detto basta parlarne!” ripeto scocciato.
“Ma qual è il problema?!” mi ignora Hwoarang dopo averci riflettuto un po’ su “Insomma… se è tua amica vuol dire che almeno ti conosce, a differenza di quelle altre.”
Sbuffo, sempre con meno pazienza.
“E se anche tu la definisci tua amica, vuol dire che un minimo la sopporti anche tu.” riprende lui “E sì, magari rischierai di rovinare l’amicizia, ma bisogna anche saper cogliere l’attimo in questa vita, dove un giorno ci sei e il giorno dopo chi lo sa. Non so se mi spiego.”
Lo guardo confuso.
“Ma che cazzo stai dicendo?”
“Sto dicendo, che non ti farebbe male farti una scopata ogni tanto!” dice “Forse ti aiuterebbe a non avere più quella faccia di merda da perenne costipato!”
Alzo ancora gli occhi al cielo. Ricevere consigli di vita da un cretino come Hwoarang era l’ultima cosa che mi sarei aspettato da una giornata come quella di oggi.
“Allora…” riprende lui “Qual è il problema? È brutta? È matta?”
“No, non è brutta e neanche matta, è che…”
Ripensandoci forse un po' matta lo è invece. Una persona normale non si sarebbe mai interessata ad uno come me.
“E allora se non è brutta e non è neanche matta che diavolo aspetti a fartela?!” insiste lui guardandomi come se ci fosse qualcosa che non va in me.
E non c’è nulla di troppo strano. Non mi aspetto che uno con un cervello marcio come il suo possa capire che ci sono cose più complicate dell’appagamento dei semplici istinti primordiali. E che se seguissi i suoi suggerimenti, se dovessi avvicinarmi a lei, finirei per rovinarle la vita e…
“Aspetta Kazama, forse ti piacciono gli uomini?” domanda a quel punto alzando un sopracciglio.
“Che?” chiedo confuso.
Ok, questa domanda non me l’aspettavo! Ma è un’ottima occasione per ribaltare la situazione e uscire da questa stupida conversazione.
“Hwoarang, mi dispiace.” inizio a dire “Asuka me l’ha anche detto, ma…”
Lui strabuzza gli occhi.
“Ma di che diavolo stai parlando?!” poi la sua espressione inizia a cambiare “Aspetta! Che diavolo ti ha detto quella psicopatica visionaria di tua cugina?!”
“Non prenderla male, ma… mi dispiace, non sono interessato a te.” gli dico.
Hwoarang spalanca occhi e bocca.
“Non te l’ho chiesto mica per quello, coglione! Ma che diavolo di problemi ha quella scema di Asuka?! E che razza di problemi hai tu?! Sgonfia un pochino il tuo ego, neanche io sono interessato ad un coglione pallone gonfiato come te!!” esclama “Cos'è?! Sei talmente popolare che adesso pensi che tutti ti debbano venire per forza dietro?! Ma che cazzo, Kazama?!”
“Però è vero che mi stalkeri.” gli faccio notare quando finisce “E che sembri un po’ ossessionato da me.”
“Voglio solo prendermi quella dannata rivincita!!” replica “È importante per me... e tu lo sai benissimo!”
“Sì, lo so…" ammetto con un sorrisetto colpevole "E so benissimo quanto mi detesti, per poter credere ad una cosa così. Ma è divertente che Asuka abbia frainteso.”
Hwoarang scuote la testa e torna a sedersi.
“Non ha frainteso proprio un accidenti!” brontola lui “L’ha fatto a posta! Ce l’ha con me!”
Comunque ha funzionato, sono riuscito a svincolarmi da quella conversazione che non avrebbe portato altro che imbarazzo.
“Passate un bel po’ di tempo insieme tu e Asuka comunque.” osservo.
“Sì, e fattelo dire, tua cugina non ha tutte le rotelle a posto! Dovreste portarla a farla controllare!” risponde Hwoarang.
“Addirittura?!” alzo un sopracciglio, riportandomi la sigaretta tra le labbra.
"Sì, credo che abbia anche una doppia personalità o qualcosa del genere!" risponde Hwoarang.
Mi scappa quasi da ridere.
“Se le hai detto una cosa del genere non mi sorprende che se la sia presa con te!” gli faccio notare.
“Ma è vero! Mi ha persino chiesto se conoscevo un metodo per prendere il DNA di qualcuno senza farsi accorgere!” continua "Ci rendiamo conto?! A che diavolo le serve sapere una cosa così?"
“Già! Roba da pazzi!” ironizzo, poi mi libero i polmoni dall'ultima boccata di fumo e schiaccio quel che resta della sigaretta contro l’asfalto umido, per spegnerla.
“Beh, si sta facendo tardi." dico alzandomi e dando un'occhiata all'orologio.
Tutto sommato sono riuscito a scaricare un po' di tensione alla fine stasera. Anche se a costo di un bel po' di lividi e capillari rotti.
“Mmh.” risponde Hwoarang “Comunque siete due stronzi, tu e tua cugina!” ci tiene a ricordarmi.
“Sì, lo so.” rispondo, tornando davanti alla mia moto.
Mi metto in sella e accendo il motore.
“Grazie per queste!” con un sorriso crudele mi infilo il pacchetto di sigarette che non gli avevo ancora restituito nella tasca del giubbotto “Alla prossima!”
“Ma tu guarda che pezzo di merda…” è l’ultima cosa che gli sento borbottare, prima di andarmene.


 





 





NOTE:
Nella storia canon Jin e Hwoarang si sono affrontati prima del terzo torneo, in maniera del tutto non ufficiale, quindi in questa storia mi sono inventata che Jin facesse proprio parte di quel gruppo di brutti ceffi tra cui c'era anche Hwoarang (e anche perché il primo concept art di Jin di T3 con quell'aspetto da tipo poco raccomandabile era una figata!).
  
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