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Autore: daphtrvnks_    20/12/2018    1 recensioni
La mia pelle una volta pallida, un vanto per chi viveva nel lusso, ora è scura.
L'americana continua a guardarmi, abbiamo legato in queste ultime settimane, sa che io, una stupida cinese, non posso fare molto.
Riproverò questa notte. 
Sopravviverà, ne usciremo insieme.''
Genere: Storico | Stato: in corso
Tipo di coppia: Nessuna | Personaggi: Bulma, Chichi
Note: AU | Avvertimenti: nessuno
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21 Ottobre 1942 

'Amerika no kuso! Watashitachi wa kare no o shiri o soru o shite  imasu yo ne?

'Amarini mo jibun o azamuite wa ikenai Shika...Kawaguchi sore wa sire hodo subarashī kotode wa arimasen.'

Provò ad ignorare quelle voci assordanti arricciando appena il naso e girando il capo di lato. La sedia su cui era addormentata risultava scomoda, presto un dolore lancinante le colpì la nuca attraversando la spina dorsale e proseguendo fino ai piedi gelati. Dopo un minuto di totale quiete i rumori ripresero, oltre ai soldati ecco le interferenze della radio. Il suono mettalico la destò all’istante facendola sedere con un sobbalzo, gli occhi si aprirono con uno scatto mettendo lentamente a fuoco ciò che la circordava; due uomini in divisa portavano un fucile poggiato sulla spalla destra, in ferro forse e continuavano a blaterare nella loro lingua sotto lo sguardo infastidito del generale, il quale muoveva come una furia la manovella per far funzionare l’oggetto risintonizzandolo su segnali diversi in cerca di notizie dell'armata nipponica.

'Guadarukanaru, matanikau no Amerika-gun kōgeki ni kansura atarashī jōhō ga arimasu. Sensha 9-seki to arashi hōhei ga arimasu.'

Sembrava non si fossero accorti del fatto che fosse sveglia, tutt'altro, erano rimasti in allerta captando tutto ciò che ritenevano interessante. Quando le iridi di Vegeta incontrarono le sue egli si risistemò sulla sua poltrona e con un gesto della mano destra indicò loro di uscire dalla stanza, un breve inchino e i due ancora chiaccherando animatamente uscirono senza degnarla di uno sguardo. 

'Era ora vi svegliaste, sono le dieci del mattino, è tardi.'

Sentenziò alzando di poco il tono coprendo quella delle notizie estere ancora in corso. Bulma non lo ascoltò, presa da altro si concentrò sul giapponese di cui aveva iniziato a percepire qualche parola e tradurla, risultava difficile ma abituata a stare tra quella gente lo considerava quasi normale. Non ricevendo risposta il generale sospirò, spense la radio e si distese meglio sulla poltrona picchiettando le dita sulla scrivania in legno. 

'Non ho intenzione di riaprire il discorso di ieri ma sappi che i tuoi amici non rimarranno illesi. Rispondimi, dunque, perché avete liberato Kakaroth?'

C’era una punta di curiosità in quella domanda a cui sinceramente non aveva risposta. Avrebbe voluto chiederlo a Chichi ma era così semplice la soluzione a quel dilemma che le parve quasi stupida e senza senso. Amore. A meno che la cinese non avesse avuto la geniale idea di usarlo come ostaggio per essere liberate.

'Non lo so…'

Ammise. Vegeta fece una smorfia, non sembrava stesse mentendo ma non riusciva a trovare un senso a tutto ciò. Parlarne con Kakaroth era fuori questione, aveva deciso di tranciare ogni tipo di legame con il ragazzo e nella sua mente contorta questo era un bene. 

'Mi avete dato troppi problemi, tu e quella comunista, vi farò trasferire.' 

Bulma aveva scosso il capo e per la sorpresa si era alzata in piedi. Era serio o scherzava? 

'Dove?Quando?' 

Non riuscì a trattenersi dal domandarlo e lui inumidì il labbro inferiore pronunciando una singola frase.

'Al servizio degli ufficiali in città.' 

Come un lampo Bulma collegò i ricordi al Club delle lenzuola, rabbrividì al pensiero di dover perdere il suo onore e con determinazione si avvicinò alla figura dell'uomo poggiando le mani sulla scrivania. Ciò che volle dire uscì violento come una scheggia eppure non lo aveva fatto intenzionalmente, forse la paura, la rabbia e una serie di emozioni l'aveva spinta a reagire in quel modo, con il tono di voce simile a una minaccia e le parole scandite velocemente.

'Non mi abbasserò a tanto, né io né Chichi ci andremo perciò eviti di perder tempo generale.' 

In tutta risposta lui aveva morso il labbro inferiore quasi come se quella reazione gli fosse piaciuta, la determinazione della ragazza lo eccitava oltre i limiti concessi dalla sua mente, il quale rigida gli imponeva di tenere un certo contegno. Si aspettava, data la testardaggine mostrata dall'americana, che avrebbe risposto di no, impuntandosi e facendo valere la sua posizione di donna. Si alzò a sua volta sovrastandola con la sua stazza, facendo quasi ombra nonostante non fosse tutta quest'altezza. Ella non si mosse. La radio continuava con le sue frequenze sconnesse che tra parole e scatti divennero solo il sottofondo di un qualcosa di diverso, impetuoso e che colse entrambi in un turbinio dai colori contrastanti: l'azzurro limpido e setoso si scontrò contro il selvaggio nero del generale e l'ambrato della sua pelle accolse con dolcezza la carnagione più pallida dell’altra. Non erano labbra quelle che si sovrapposero e non erano mani quelle che vagarono sulle forme e le linee curve o possenti, non erano cuori palpitanti e palpebre chiuse. Non era niente di tutto ciò se non azioni che sfuggivano al controllo rifugiandosi nella pazzia e nella completa incertezza, inconsapevoli dello sbaglio e di quello che giusto non era. Sì, si lasciarono sopraffare senza un vero e proprio motivo. Sulla scrivania poi che divenne palcoscenico per due attori nell'atto carnale impuro e senza scrupoli, ella si era lasciata spogliare dei suoi petali rivelandosi in tutta la sua bellezza ed egli, come bestia dominata dagli istinti aveva cambiato corpo e mente mutando nel tocco delicato dei suoi polpastrelli sui seni e dei baci rubati, a fior di labbra, nell'interno umido delle cosce nude. Nuovamente poi si era trasformato, in continua evoluzione con il sapore ferruginoso del sangue di lei, con le spinte irruente ed i graffi profondi sulla schiena colma di cicatrici. I respiri sommessi e silenziosi divennero gemiti, urli soffocati e calde lacrime. Alla fine si erano lasciati cadere nella fiamma rovente della passione ed il sipario si era chiuso, le tende vermiglie coprivano le scene e così Vegeta pose fine a quell'anfratto di mondo parallelo; 

'È anche questo perder tempo?'

Non ricevette risposta o nessun altro suono, reduce un semplice sguardo e nulla più.

_____________________________

Aveva aperto gli occhi dopo tanto, stanchi e spenti stentava a riconoscerli. Aveva concentrato tutti i suoi pensieri su Goku tanto da scordare i sentimenti contrastanti sulla bugia di Bulma, non riusciva a capirne il perché, era ovvio che non le avesse fatto domande durante quei mesi ma rassicurarla e dirle che nulla le era successo l'avrebbe fatta stare meglio, invece rimanendo in silenzio aveva peggiorato l’odio profondo che provava per quell’uomo. Nonostante si sentisse confusa non doveva perdersi d'animo, doveva occuparsi del soldato e uscire dalla cella. Il ragazzo era seduto al suo fianco, ancora febbricitante aveva fortunatamente smesso di tremare e sanguinare, le medicazioni non erano state delle migliori ma erano comunque servite in parte a farlo rinsavire. 

'Qual'era la canzone che - a fatica fece un respiro più lungo - cantavi ieri?'

Scossa dalla voce roca del giapponese erano tornata con i piedi per terra, interrompendo il flusso dei suoi pensieri si era girata a guardarlo incrociando le mani sul ventre e rivolgendogli un tenero sorriso. 

'Non penso che tu la conosca… me la cantava spesso mio padre per farmi addormentare.' 

Al ricordo felice di quelle notti senza i rumori della guerra e le urla di morte aveva abbassato lo sguardo, la malinconia aveva preso il sopravvento e la paura si era insinuata sotto pelle stringendole la carne e azzannandole il cuore. Chissà se suo padre, il gigante buono e gentile, fosse ancora vivo e se magari anche lui la stesse pensando, cullandosi di quella speranza aveva alzato le iridi volendo incontrare il cielo trovando però sulla sua testa un soffitto in cemento. 

'Me la canteresti di nuovo?'

Aspettava da lui qualsiasi domanda sul perché fosse in una cella assieme a lei, eppure candidamente ciò che le aveva chiesto era di cantarle una canzone. Allungò una mano prendendo la sua e dopo aver poggiato il capo contro la parete aveva ricominciato il suo canto, sembrava che a lui piacesse, in silenzio la osservava e con il pollice le accarezza il dorso macchiandolo appena di terra. Aveva continuato finché la bocca non le divenne secca e la voce impastata non le permise di andare avanti, un nodo allo stomaco li teneva incatenati al suolo senza la possibilità di potersi alzare ed il giovane si era chiuso in un guscio di indifferenza dopo aver visto passare il generale. Chichi non poteva sapere quanto male potesse sentirsi Goku, forse lo intuiva ma non ne aveva piena conoscenza. Il rapporto tra lui e Vegeta non era mai stato normale fin dall'inizio, si trattava di una sfida senza fine che non vedeva mai nessuno dei due come vincitore, persino durante gli allenamenti nell’esercito cercavano di battersi l'un l’altro e pian piano tra un tozzo di pane e una scazzottata avevano imparato a conoscersi meglio, confrontarsi ma non più sfidarsi, non più nemici ma amici. Goku si era visto crollare tutto giù come un mazzo di carte, le basi erano venute a mancare con le divergenze che avevano su quelli che definivano 'valori' e la diatriba era continuata nel peggiore dei modi, era stato umiliato, picchiato ed ora messo in cella. Si chiedeva davvero se ci fosse qualcosa sotto, se quel comportamento meschino fosse solo una maschera a coprire la sua fragile umanità perché quel campagnolo giapponese nonostante fosse ingenuo e relativamente troppo pacifico conservava la verità in un pugno e non aveva intenzione di lasciarla.

'Bosu ni denwa suru.'

La guardia che sostava nel corridoio lo guardò di sbieco, sul punto di ribattere incontrò gli occhi cupi del ragazzo ed annuendo eseguì l’ordine. Nuovamente la cinese potè notare la stessa espressione avuta il venti ed un groppo alla gola si fece spazio costringendola a dover stringere la presa sulla grande mano del soldato. Non aveva idea di cosa avesse in mente ma di lui si fidava e infondere coraggio a quell'animo malridotto perché troppo buono era l'unica cosa che potesse fare.



*

'Americani del cazzo! Faremo loro il culo, giusto?'

'Non illuderti troppo Shika…Kawaguchi non è un granchè.'

*'Guadalcanal, si hanno nuove informazioni sull'attacco alla linea americana del fiume Matanikau, sono presenti 9 carri armati e nuova artiglieria.' 

*'Chiamatemi il generale''

  
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