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Autore: Signorina Granger    21/12/2018    8 recensioni
INTERATTIVA || Conclusa
[Sequel di “Magisterium” e di “Magisterium - 1933”]
Quasi trent’anni dopo sono i figli di Charlotte Selwyn, William Cavendish, Regan Carsen e i loro vecchi compagni di scuola ad essere sul punto di partire per il loro ultimo anno di scuola, anno che non trascorreranno tra le accoglienti e familiari mura di Hogwarts, bensì a Nord, nella gelida Scandinavia, nel quasi sconosciuto Istituto Durmstrang, celebre per aver formato Gellert Grindelwald e per l’ampia conoscenza sulle Arti Oscure che fornisce ai suoi studenti.
Riusciranno a superare questa prova prima di diplomarsi?
Genere: Introspettivo, Sentimentale | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Maghi fanfiction interattive
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Dai Fondatori alla I guerra
Capitoli:
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- Questa storia fa parte della serie 'Magisterium '
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Capitolo 24 
 
Mercoledì 20 Giugno 


Natalia aprì la porta senza far rumore, avvicinandosi in punta di piedi al letto di Michael per non svegliare i suoi compagni o Achille, che di certo si sarebbe messo ad abbaiare o a farle le feste. 
La strega sedette sul bordo del materasso e osservò il fidanzato per qualche istante prima di chinarsi e baciarlo dolcemente, svegliandolo. 

Michael aprì gli occhi e s’irrigidì, ma quando vide Natalia sorridergli gentilmente si rilassò e ricambiò, sollevando una mano per sfiorarle i capelli. 

“Buon compleanno Mich.”   Il sussurro della strega giunse chiaramente alle orecchie del ragazzo, che si sollevò leggermente per darle un bacio prima di parlare a sua volta a bassa voce:
“Credo che sia il miglior risveglio che abbia mai avuto.”

“Già, beh… dovresti alzarti, c’è qualcuno che sta venendo a prenderti.”

Michael annuì e abbozzò un sorriso, sollevandosi leggermente e mormorando che un po’ gli dispiaceva non passare la giornata con lei prima che nella stanza comparisse Packy, con tanto di colazione:

“Boss, buon compleanno! Buongiorno Miss Natalia!”
“Grazie Packy, non dovevi…”

Michael sorrise con affetto all’Elfo mentre appoggiava il vassoio con la colazione sul comodino, e Natalia prese un biscotto prima di dargli un bacio su una guancia e infine alzarsi, asserendo di dover andare ad iniziare a preparare il suo baule per il giorno seguente.

“Quando mai tu non ti prendi all’ultimo, Lia?”
“Zitto e fa’ colazione in fretta Doax, tuo zio starà arrivando.”

Natalia prese un secondo biscotto e poi se ne andò, ignorando le proteste del ragazzo e le accuse di rubargli la colazione.

Non aveva tutti i torti, però: come sempre, negli ultimi anni, Oz sarebbe andato a Durmstrang per passare insieme il suo vero compleanno – che il mago era riuscito a scoprire solo quando Michael andava già a scuola – e portarlo da qualche parte, di solito vicino al mare. 
Una settimana prima aveva chiesto a Natalia se le andava bene o se volesse unirsi a loro, ma la ragazza aveva declinato l’offerta con un sorriso: quella era la loro tradizione e non voleva mettersi in mezzo, senza contare che lei godeva della sua compagnia ogni giorni, a differenza di Oz. 

Un po’ gli dispiaceva, certo, ma era grato a Lia per la comprensione e comunque molto felice: non l’avrebbe mai ammesso, tantomeno davanti a lui, ma suo zio gli mancava.


*


“Elvy, ieri eri euforica per la fine degli esami, perché oggi sei triste?!”
“Perché domani partiamo, e anche se sono felice di rivedere la mia famiglia, e poi anche Tim, voi mi mancherete tantissimo.”

Vedendo l’amica incupirsi Katja, stupita e colpita da quella risposta inaspettata, sorrise dolcemente all’amica e le mise una mano sulla spalla dopo un sttim9 di esitazione:

“Elvy, non ci vedremo più tutti i giorni ma resteremo amiche, te lo prometto. Certo le cose cambieranno, ma è normale. Io, te e Lia non ci perderemo di vista, e nemmeno con i ragazzi.”

“Lo spero tanto.”  
“Ma certo Elvy, non ti libererai di noi tanto facilmente, cosa pensi?”  Katja sorrise e si avvicinò all’amica per abbracciarla, facendo sorridere la bionda a sua volta.

“Tanto meglio allora, non ho nessuna voglia di perdere le mie sorelline acquisite. Dopo essere cresciuta con tre fratelli siete state una benedizione…”
“Conoscendo Magnus, Nikolai e Ruben posso solo immaginarlo.”


*


“Si può sapere dove stiamo andando questa volta?”
“Abbi pazienza, ragazzino.”
“Pazienza, camminiamo da dieci minuti e ancora non so dove siamo!”

“Dopo avermi fatto aspettare perché ti stavi facendo la messa in piega non hai proprio niente da recriminarmi, Dom.”

Michael sbuffò leggermente mentre seguiva Oz, Achille vicino come sempre, su un pendio erboso. Sibilò che i suoi capelli non avevano nessun ritocco e che erano così naturalmente per l’ennesima volta quando, finalmente, sentì un suono deliziosamente familiare: quello delle onde. Istintivamente il ragazzo sorrise, lieto di ritrovarsi vicino ad una delle cose che più lo rilassava al mondo, ossia un’immensa distesa d’acqua.

“Questa volta ho scelto la Costa Azzurra, Francia. Ti piace?”
“Certo. Grazie Oz, so che sei sempre molto impegnato ed è bello da parte tua trovare un po’ di tempo…”

“Trovo sempre un po’ di tempo per il mio ragazzo.” Oz gli diede una leggera pacca sulla spalla che fece sorridere il ragazzo, che gli rivolse un’occhiata carica d’affetto mentre il padrino, grattando distrattamente il collo di Achille, osservava il mare dalla scogliera.

“Sai, mi chiedevo se non avresti preferito stare con Natalia oggi. Spero non le dispiaccia saperti qui con me.”
“Lia è molto comprensiva, anzi, credo fosse felice per me. Ha detto che infondo noi stiamo insieme tutti i giorni, mentre tu non mi vedi molto spesso.”

“Fino ad ora. Che cosa ti ha regalato, alla fine?”
“Un giradischi che non oso chiedere o immaginare quanto le sia costato e dei vinili. Non ho idea di dove abbia trovato musica Babbana, in effetti, ma Lia è piena di risorse.”
“Povera, santa ragazza. E pensare che domani ti diplomi e tornerai a casa stabilmente, non sono pronto…” Oz sospirò con un fare teatrale e volutamente drammatico che gli fece guadagnare una pacca sul braccio dal figlioccio, che borbottò di non dire stroncate visto che, lo sapeva, “senza di lui e Achille era perso e si annoiava a morte”.

“E infatti sono felice di riavere Achille a casa, non fraintendermi!”
“Idiota.”


*


“Dov’è Dom?”
“È il suo compleanno, suo zio chiede smuore un permesso speciale al Preside per poterlo portare fuori.”
“Ah, è vero, l’ho scordato… beh, è carino da parte sua. Fortunato, dubito che mio padre farebbe mai una cosa simile per me…”

Ivan sfoggiò un debole sorriso mentre se ne stava comodamente stravaccato su uno dei divani nella sua Camerata, parlando con un tono che tradì una nota di amarezza. 
Natalia, che era andata per stare con un po’ con lui ed Elvira, gli sorrise gentilmente e scosse il capo:

“Ivan, anche mio padre è sempre stato un po’ distante, e il tuo è solo, non dev’essere facile. Non lo voglio giustificare, ma sicuramente ti vuole bene, magari fa solo fatica ad approcciarsi a te, non sa come fare dopo il divario che si è creato tra di voi in questi anni. Non siamo tutti uguali.”
“Lo so, lo so… lo so che mi vuole bene, credo. Magari ora potremo passare un po’ più di tempo insieme e riusciremo ad avvicinarci di più.”

“Lo spero per voi, è un peccato che dobbiate vivere così… lui ha solo un figlio e tu solo lui, non dimenticarlo. Pensa ad Elvira: lei ucciderebbe per riavere suo padre.”

Ivan annuì alle parole della ragazza, dicendosi che, in effetti, non aveva tutti i torti. Non ebbe però il tempo di dire nulla visto che la voce della stessa Elvira giunse alle sue orecchie un attimo dopo, quando la familiare figura della bionda comparve sulla soglia del dormitorio delle ragazze, un’espressione a dir poco disperata stampata sul viso:

“Lia, mi puoi dare una mano?! Non trovò la metà delle mie cose!”
“Certo, sono qui per questo… pensa a quello che ti ho detto, Ivan. E se vedi Katja dille di raggiungerci, penso che avremo bisogno di molto aiuto.”

Natalia sospirò mentre si alzava, roteando gli occhi mentre raggiungeva l’amica, che parve molto sollevata mentre Ivan, invece, continuò ad osservare distrattamente un punto del tappeto ai suoi piedi, riflettendo sulle parole della cecoslovacca.


*


Giovedì 21 Giugno


 Il discorso di chiusura dell’anno scolastico era appena finito e Julie, dopo aver portato le sue cose nell’ingresso affinché venissero portate fino alla stazione di Hogsmeade dagli Elfi, stava cercando di trovare amici e fidanzato in mezzo alla calca e alla confusione che caratterizzavano ogni ultimo giorno. 

Pensare che quello fosse il suo vero ultimo giorno era strano, piacevole e triste allo stesso tempo, e mentre cercava John con lo sguardo – il suo Diploma nuovo di zecca stretto in mano – Julie cercava al contempo di memorizzare più dettagli possibili del Salone d’Ingresso: pensare che non ci avrebbe mai più messo piede le provocava una stretta allo stomaco dolorosa, tanto che sentiva quasi di invidiare i suoi fratelli minori.

E pensare che durante le settimane degli esami appena concluse aveva pregato affinché quel giorno arrivasse… 

“Eccoti qui! Ti ho persa di vista uscito dalla Sala Grande… sei pronta?” 

John le comparve davanti con il suo solito sorriso stampato sul volto, prendendole delicatamente le mani mentre la ragazza annuiva debolmente, sospirando piano:

“Credo di sì. Per te non è strano?”
“Andarcene? Certo Juls, ma infondo la cosa migliore che questo posto mi ha dato sono i miei amici e te, e non vi perderò affatto. Ci sarà un pezzetto di questo posto in ognuno di voi, nei ricordi che vi riguardano, credo che in un certo senso torneremo sempre qui.”


Il sorriso di John non vacillò e Julie, dopo un attimo di esitazione, lo guardò aggrottando leggermente la fronte:

“… Ti eri preparato il discorso, per caso?”
“Forse…”

“Su, andiamo a cercare gli altri.”  Julie roteò gli occhi chiari ma sorrise e, preso il ragazzo sottobraccio, si diresse insieme a lui a cercare gli amici tenendo la testa appoggiata sulla sua spalla.


*


“NON TROVO SALEM!”
“Com’è possibile che quel gatto sia perennemente ovunque tranne che nella sua gabbietta, si può sapere?!”
“Novak, non farmi la predica!”
“Certo che te la faccio, se ci fai perdere la Passaporta per il tuo gatto!”

“Senti, mio zio dice che mia madre perdeva sempre il suo gatto, Darcy, quando andava a scuola, avrò preso da lei, forse è un fattore genetico… ma ora dammi una mano, ti prego!”

Katja sfoggiò un’espressione implorante tale da non lasciare alcuna scelta al fidanzato, che dovette alzare gli occhi al cielo ma a rendersi e annuire, asserendo con un sospiro che l’avrebbe aiutata: disgraziatamente, non riusciva mai a dirle di no.
Katja, per tutta risposta, lo abbracciò stringendolo per la vita ringraziandolo e trillando felice, facendogli alzare gli occhi al cielo una seconda volta: tra lei ed Ivan a cui star dietro persino essere uno studente era diventato un lavoro a tempo pieno.


*


Silvy, seduta vicino al finestrino, teneva il capo appoggiato al vetro ed osservava distrattamente il Lago Nero sparire in lontananza. Erano partiti da poco e nello scompartimento aleggiava un silenzio quasi inusuale mentre tutti erano impegnati, probabilmente, a chiedersi cosa avrebbero fatto a quel punto è se avrebbero sentito o meno la mancanza di Hogwarts.

“Sapete, forse in parte mi dispiace aver passato il nostro ultimo anno altrove… sento quasi di non essermela goduta appieno.”
“Beh, ma se non fossi venuta con noi non avresti conosciuto Ivan, dico bene?”

Sean, seduto accanto all’amica, abbozzò un sorriso e la ragazza annuì, esitando prima di sorridere a sua volta:

“Sì… spero di vederlo presto. Tim, tu quando vedrai Elvira?”
“La prossima settimana viene a trovarmi, non vedo l’ora.” Il Tassorosso sorrise, gli occhi azzurri luccicanti mentre David, seduto tra lui e Julie, sorrideva sollevato: dopo tre settimane passate a sentire l’amico lamentarsi di sentire la mancanza della sorridente e vivace norvegese era un sollievo sapere che l’avrebbe riabbracciata presto.

“Sì, anche io…”
“Hai detto qualcosa Dave?”
“No, nulla.”


“Mi mancherà Hogwarts, e sarà quel che sarà, ma sono felice di tornare a casa, mi manca la mia famiglia… e dovete ammettere che lasciare quel freddo atroce è stato un sollievo!”  Rose, seduta sulle ginocchia di Graham e impegnata a giocherellare con i capelli rossi del ragazzo, accennò una smorfia con le labbra mentre Julie, di fronte a lei, annuiva:
“Poco ma sicuro, e anche alcuni aspetti della loro strana cucina…”
“Bah, e pensare che a sentir loro eravamo noi quelli con pessime tradizioni culinarie, roba da non credere!”

“Già, da matti…” Silvy sorrise mentre tornava a guardare fuori dal finestrino, appoggiò la fronte sul vetro e salutò un’ultima volta il paesaggio che tante volte aveva studiato da una finestra del castello che per sette anni era stata una seconda casa, per lei.
Ripensò alle reazioni schifate di Ivan di fronte alla maggior parte dei piatti britannici che la cucina di Durmstrang aveva proposto nel corso delle settimane e si disse che, infondo, per quanto la cara vecchia Hogwarts le fosse mancata era stata comunque una gran bella esperienza. E aveva dato buoni frutti, sopratutto.

Non sapeva di preciso che cosa l’aspettasse a quel punto, ma di una cosa era sicura: qualunque cosa avesse in serbo per lei il futuro, di certo non sarebbe stata sola ad affrontarlo. Aveva una grande, assurda e caotica famiglia su cui fare affidamento, famiglia che comprendeva ormai anche i Cavendish, e molti amici magnifici accanto.

Che cosa poteva andare storto?











……………………………………………………………………….
Angolo Autrice:

Scusate il ritardo, ho avuto problemi con la rete negli ultimi giorni…
Ci sentiamo domenica con la conclusione, buonanotte e buon sabato!
Signorina Granger 



   
 
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