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Autore: Shainareth    29/12/2018    2 recensioni
Quando tieni la mano di un uomo che ti fa battere forte il cuore e ti fa sentire frastornata ed eccitata, allontanati da lui. Non è l'uomo per te.
Se tieni la mano di un uomo che ti fa sentire confortata e sicura, tienti stretta a lui. È l'uomo che dovresti sposare.
Genere: Introspettivo, Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Un po' tutti
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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CAPITOLO DODICESIMO




Marinette cercò di concentrarsi sulla soluzione che aveva fra le mani, ma non era molto facile con gli occhi astiosi di Chloé puntati addosso. La foto di lei e Adrien al tempio della Sibilla aveva fatto il giro del web nel giro di un niente, tanto che la ragazza aveva dovuto disattivare le notifiche dei social network sul cellulare, vista la mole di messaggi che continuavano ad arrivarle. Alcuni erano pieni di parole gentili, altri di insulti, altri ancora di lamentele circa la scarsa importanza di quel gossip. Perché di tale si trattava, dopotutto, e Marinette avrebbe dovuto farci l’abitudine se voleva continuare a frequentare Adrien – sia pure solo come amica. Le sue compagne di classe, eccezion fatta per Chloé e Sabrina, erano state le prime a congratularsi con lei per qualcosa che, a conti fatti, non era mai successa, e Marinette ci aveva messo un po’ per convincerle che in realtà quell’abbraccio era stata solo la conseguenza di un tuono più forte degli altri. La sola Alya si era permessa, rigorosamente in privato, di chiederle che ci facessero loro due insieme; Marinette non aveva fatto altro che raccontarle la verità, omettendo tuttavia la confessione di Adrien circa il suo essere innamorato di un’altra ragazza – dopotutto, il giovane lo aveva confidato a Ladybug, non a lei.
   Ancora adesso, a distanza di giorni, non erano poche le persone che la fissavano per strada, bisbigliando qualcosa che Marinette poteva ben immaginare, ed un paio di ragazzine, fan di Adrien, l’avevano persino fermata per chiederle se loro due stessero davvero insieme. «Siamo solo amici», aveva dovuto rispondere in entrambe le occasioni, ripetendo semplicemente ciò che continuava a dirsi tutte le volte che ripensava a quel pomeriggio sotto la pioggia.  Quanto ad Adrien… ecco, con lui le cose erano sensibilmente cambiate.
   Non erano più usciti insieme, né avevano fatto cenno a quanto accaduto fra loro, ma ogni qual volta qualcuno gli chiedeva spiegazioni in merito davanti a lei, il giovane si stringeva nelle spalle ed esibiva un sorriso imbarazzato ma felice, lasciando risposte sibilline che potevano voler dire tutto e niente al tempo stesso. Con Marinette, in particolare, era diventato improvvisamente curioso come un gatto, interessandosi a lei più di quanto già non facesse in precedenza. E le rivolgeva sempre sguardi profondi ed espressioni affettuose, spiazzandola più di quanto la ragazza avrebbe voluto e rendendo vano, di fatto, ogni suo tentativo di mettersi l’animo in pace circa il loro eventuale futuro come innamorati.
   «Attenta a non riscaldarlo troppo.» La voce di Alya la riscosse da quei pensieri, riportandola alla realtà e alla provetta che aveva lasciato sul becco Bunsen in attesa della reazione chimica. Abbassò la fiamma e osservò attentamente la soluzione ottenuta: nessun anello. «Ci rinuncio, sono davvero una frana con questa roba», borbottò desolata.
   «Sei solo distratta», le fece coraggio Alya. «Dovresti smetterla di perderti nelle tue fantasie romantiche e concentrarti di più sull’esercizio che ci ha dato madame Mendeleiev.»
   «Sssh! Abbassa la voce!» la riprese Marinette, occhieggiando davanti a sé, dove Adrien stava armeggiando con gli elementi chimici insieme a Nino. «Non voglio che fraintenda!»
   L’altra le scoccò uno sguardo a metà fra il divertito e il rassegnato. «Se permetti, è lui il primo a lasciare che tutti fraintendano», le fece notare in tono deciso. «Altrimenti perché non negare apertamente una qualsivoglia storia fra voi due? Un gentiluomo avrebbe messo a tacere la cosa anche per tutelare la tua immagine, ma dal momento che Adrien non lo ha fatto, mi pare ovvio che sia interessato a te.»
   «Ti sbagli», insistette Marinette, che proprio non voleva saperne di illudersi, benché dentro di sé sperava che la sua amica avesse ragione. «Io e Adrien abbiamo fatto un patto. Cioè… non proprio un patto. Comunque sia, abbiamo stabilito che non deve interessarci ciò che pensa la gente di noi due. Insomma, perché nessuno si fa mai gli affari propri?» domandò con fare retorico, recuperando senza quasi rendersene conto la soluzione che sembrava ormai sull’orlo del disastro. «Per colpa dei pettegolezzi, adesso Chloé non mi rivolge più la parola.»
   Alya rise. «E te ne lamenti?»
   «No, in effetti no…» ammise Marinette, soffocando a sua volta una risatina. «Ma non è questo il punto. È solo che…» Cosa? Voleva davvero lagnarsi del fatto che tutti pensassero che lei fosse la ragazza di Adrien Agreste e che a lui sembrava star bene così? O che, da qualche giorno a quella parte, il giovane continuava a rivolgerle sorrisi del tutto gratuiti? O che avesse preso persino l’abitudine di fare freddure di dubbio gusto, mostrando di essere un insospettabile… mattacchione? Ecco, sì, magari di questo poteva un po’ lamentarsi, dal momento che in più di un’occasione, dopo una di quelle battute di spirito, aveva avvertito un brivido freddo lungo la schiena – più o meno lo stesso che sentiva ogni volta che a farle era Chat Noir. Avrebbe mai smesso di paragonare quei due? Di recente Marinette lo faceva sempre più spesso e la cosa cominciava a preoccuparla un po’.
   Madame Mendeleiev interruppe le loro chiacchiere, riportando all’ordine loro e quanti si erano distratti durante l’ora di laboratorio. Quando la lezione finì, i ragazzi furono liberi di uscire da quella stanza piena di strani odori e tutti si riempirono i polmoni d’aria fresca non appena misero piede nel cortile interno della scuola. «È un vero peccato che, per colpa del laboratorio, sia sparito quel buon profumo di croissant che ti porti sempre dietro la mattina.» Marinette si voltò, incontrando gli occhi allegri di Adrien, come sempre attento ad ogni dettaglio che la riguardasse. «E ti confesso che non mi dispiacerebbe se, almeno ogni tanto, non portassi con te soltanto quello.»
   Rassegnata ad avere a che fare con una buona forchetta, la ragazza incrociò le braccia sotto ai seni e gli rivolse un sorriso sghembo. «Ti porterò dei croissant solo se mi prometterai di non abbuffarti troppo», lo avvisò. «Non voglio che mi si incolpi di farti diventare un balenottero biondo.»
   «Avrei comunque il mio fascino», replicò lui con aria serafica, inducendola a sgranare gli occhi per quella spacconeria. Non ebbero il tempo di dirsi altro, ché Chloé li raggiunse e arpionò il giovane per un braccio, trascinandolo via con sé. «Adrien caro, c’è una cosa che devo assolutamente farti vedere!»
   «Mi chiedo se sia vero», commentò Alya, affiancandosi all’amica. «Si inventerebbe di tutto pur di separarvi.»
   «Non che mi importi molto, in realtà», rispose Marinette, stupendola per la maturità di quella dichiarazione. «Adrien non ha mai dimostrato interesse per lei e dubito che possa farlo ora.» Non dopo quel pomeriggio al parco, avrebbe voluto aggiungere, ma rimase in silenzio, tenendo per sé il segreto delle emozioni che avevano condiviso insieme. Troppe volte aveva reso partecipe gli altri dei propri pensieri e troppe volte aveva ricevuto delusioni. Avrebbe aspettato di vedere come si sarebbero evolute le cose – ammesso che lo avessero fatto – e solo allora sarebbe tornata a confidarsi con Alya. Tanto più che – e di questo se ne vergognava tantissimo – aveva di nuovo fatto un sogno strano, nel quale si trovava al tempio della Sibilla con Chat Noir e lui le rivelava che sì, quella volta a casa sua, quando i loro corpi erano rimasti intrecciati per qualche istante, avrebbe voluto baciarla. Ed in effetti, suo malgrado, era proprio questa la sensazione che aveva avuto Marinette quando l’eroe mascherato le era caduto accidentalmente addosso e l’aveva guardata negli occhi per un tempo indefinito. Quando però lui era andato via, si era data della stupida per averlo anche solo pensato: impossibile che due ragazzi volessero baciarla nel giro di un paio d’ore – specie se già innamorati di qualcun’altra.
   Rassegnato, Adrien seguì Chloé per inerzia fin quasi all’uscita di scuola. «Abbiamo ancora lezione», le ricordò, opponendo una leggera resistenza ed inducendola infine a fermarsi. «Cosa dovevi farmi vedere?»
   «Il mio cellulare», rispose lei, alzando lo smartphone davanti a loro e scattando una foto proprio mentre gli scoccava un bacio sulla guancia. Preso alla sprovvista, Adrien indietreggiò di un passo ma non protestò: sarebbe stato inutile. C’era di buono che lei non si spingeva mai oltre, perché in realtà, per quanto l’apparenza e le malelingue giurassero il contrario, Chloé non era davvero pronta per approcciarsi ai ragazzi. Di più, Adrien era convinto che l’amica d’infanzia non provasse per lui nient’altro che un sentimento sincero, qualcosa di molto più simile all’affetto fraterno che all’amore per un uomo.
   «Anche quando vieni colto di sorpresa riesci ad essere perfetto in foto», stava dicendo Chloé, digitando velocemente qualcosa sul cellulare. «Ecco fatto, adesso va molto meglio», aggiunse poi con aria soddisfatta.
   Il telefonino di Adrien lo avvertì della ricezione di una notifica e, quando la visualizzò, si lasciò andare ad un sospiro di sopportazione: quella scriteriata aveva condiviso online la foto appena scattata, aggiungendo una descrizione in cui si vantava del suo rapporto speciale con il modello più giovane e famoso di Parigi. Fu il suo turno di digitare qualcosa e quello di Chloé di ricevere una notifica che le fece scappare un verso oltraggiato. «Perché?!» esclamò, voltandosi con foga verso il giovane e puntandogli un dito contro. «Perché ti sei affrettato a smentire?!»
   «Perché, in tutta onestà, non è che io ci faccia bella figura, sai?» rispose con calma lui, cercando di farla ragionare. «I miei fan si sono già convinti che io stia con Marinette. Se ora metti in giro una voce completamente diversa, finiranno per credere che io sia un ragazzo poco serio.»
   Indignata, Chloé serrò le labbra e strinse il cellulare nel palmo della mano. «E non potevi smentire l’altro pettegolezzo, invece?!» pretese di sapere, fumante di rabbia. «Io sono molto meglio di Marinette! Avresti molta più pubblicità!» ci tenne a sottolineare, dandogli ad intendere che non si era bevuta la storia di una relazione fra lui e la loro compagna di classe e che il vero problema, dal suo punto di vista, fosse la scarsa importanza del ruolo che Marinette aveva in società. «Io sono la figlia del sindaco e…»
   «…e sarebbe un bel guaio se tuo padre fosse coinvolto in uno scandalo per colpa tua», la interruppe Adrien, stringendosi nelle spalle. Le voleva bene, tanto; ma Chloé si faceva spesso guidare dall’istinto e da quella malsana educazione che aveva ricevuto da genitori che, anziché starle accanto, avevano preferito viziarla e lasciarla alle cure dei loro collaboratori. Come mio padre ha fatto con me, dopo la scomparsa della mamma… Fortuna che c’è Nathalie.
   Vide la ragazza abbassare lo sguardo con fare mortificato. «Siamo troppo in vista», le ricordò ancora Adrien, regalandole finalmente un sorriso. «Non possiamo permetterci di prendere questo genere di cose alla leggera, soprattutto perché, oltre alla nostra, finiremmo per rovinare anche l’immagine dei nostri genitori.»
   Era il prezzo da pagare per la fama, Chloé ne era ben consapevole; e capiva anche che da questo punto di vista non poteva esserci spazio per i capricci. Era una bella rogna, ragionò fra sé, portandosi una mano chiusa a pugno davanti alla bocca per mordicchiarsi l’unghia del pollice e contare fino a dieci. Il suo maggiordomo continuava a ripeterle di mantenere il controllo, perché una vera signora avrebbe dovuto mostrarsi sempre posata ed elegante, senza scendere mai al livello di una donna qualsiasi. Però… perché Adrien lasciava correre i pettegolezzi che lo vedevano tra le braccia della figlia di un semplice pasticcere?!
   «In questo caso», iniziò dopo qualche istante, la testa alta e lo sguardo penetrante, «dovresti affrettarti a smentire anche l’altro gossip, ti pare?»
   «Non l’ho mai confermato», le fece notare lui.
   «Non hai fatto neanche il contrario», rimbeccò lei.
   Stavolta Adrien non rispose. Che avrebbe dovuto dirle, dopotutto? Che, a differenza di quello con Chloé, il pettegolezzo su di lui e Marinette gli dava tutt’altro che fastidio? La sua cara amica d’infanzia avrebbe dato di matto, come minimo, rendendo persino la vita di Marinette un inferno. E poi, a voler essere davvero onesto con se stesso, c’erano ancora tante insicurezze che gli impedivano di affrontare il discorso con quella che, con tutta probabilità, era anche la sua partner in battaglia. A cominciare dal fatto che, pur accettando Adrien, non voleva saperne di cedere a Chat Noir. E lui, che era l’uno e l’altro, se ne rammaricava non poco.
   «Dovremmo tornare in classe», sospirò allora, preferendo cambiare discorso. E, ben conscio di stare scappando, si avviò per tornare dagli altri loro compagni.
   Inaspettatamente, Chloé non disse una parola né lo fermò, limitandosi a seguirlo con lo sguardo, delusa e arrabbiata con lui. Ciò nonostante, non avrebbe potuto tenergli il muso a lungo, non ne sarebbe mai stata capace. Decisamente non credeva ai pettegolezzi su quei due, ma dal modo in cui Adrien aveva appena sviato il discorso, le fu chiaro che comunque ci fosse qualcosa di cui lei non era a conoscenza. Assottigliò le palpebre e incrociò le braccia al petto in un gesto stizzito: avrebbe scoperto di cosa si trattava.
   Con passo deciso, seguì le orme del giovane fino a che non furono di nuovo in classe, dove, prendendo posto, gettò un’occhiataccia alla sua rivale di sempre. Marinette, dal canto suo, stava visualizzando la foto appena messa online – Chloé l’aveva persino taggata per farle dispetto – e per un attimo la stizza fu sul punto di prendere il sopravvento. Quando però più in basso lesse il commento di Adrien, che in modo educato e persino divertente aveva subito smentito la possibilità di una relazione di tipo romantico con Chloé, Marinette sentì la rabbia evaporare e il cuore riprendere a battere per ben altro tipo di sentimento.
   Non soltanto sollievo, no. Si trattava, in realtà, di qualcosa di più incerto e confuso, che la portava ancora una volta a porsi domande sul comportamento sempre più equivoco di Adrien nei suoi confronti: perché non si era affrettato a smentire anche il pettegolezzo che riguardava lei? Possibile che Alya avesse ragione? Che così, all’improvviso, il giovane aveva scoperto di provare per lei qualcosa di diverso dalla semplice amicizia? Se così fosse stato, significava che ciò che aveva provato fino a pochi giorni prima per l’altra ragazza – quella fortunatissima sconosciuta – era stato molto labile. Oppure quel sentimento era ancora lì, nel cuore di Adrien? Perché, in tutta onestà, a Marinette lui era parso quasi disperato nel suo voler mettere in chiaro a tutti i costi con Ladybug che non era innamorato di lei bensì di un’altra…
   Il mondo stava davvero girando come una trottola, in quell’ultimo periodo, e lei aveva bisogno di fermarsi, scendere e respirare.
   Alzò lo sguardo e, davanti a sé, vide Adrien seduto al suo posto che occhieggiava nella sua direzione, timido ma sorridente. «Ti chiedo scusa a nome di Chloé per quel tag», ci tenne a dirle a mezza voce, carino come sempre. Come avrebbe potuto, Marinette, continuare a soffocare ciò che sentiva per lui? «Non è un tipo molto sportivo, lo sai…»
   Abbozzò un sorriso. «Sì, beh… ad essere onesta mi aspettavo una vendetta molto più cattiva. Magari questa è solo la punta dell’iceberg.»
   «Se dovesse infastidirti, non esitare a farmelo sapere», si mise in allarme Adrien, temendo che quell’ipotesi potesse divenire realtà. Alle labbra di Marinette salirono diverse domande, ma lei le ingoiò tutte, una per una. Chi è la ragazza di cui sei innamorato? E se ami lei, perché continui a comportarti in questo modo con me? Hai davvero represso l’istinto di baciarmi, l’altro pomeriggio? O sono io ad avere le traveggole? Perché non ti sei preoccupato di smentire il pettegolezzo che mi dipinge come la tua ragazza? Non hai paura che l’altra lo venga a sapere? Davvero non ti importa? Se è così, perché l’altro giorno, con Ladybug, hai reagito in tutt’altro modo?
   L’arrivo della professoressa Bustier interruppe il flusso dei suoi pensieri e fu un bene. Marinette sperò che l’ultima ora di lezione passasse il più in fretta possibile: non avrebbe mai creduto che sarebbe arrivato un momento del genere, eppure aveva davvero bisogno di fuggire da Adrien.

«Plagg mi ha detto di starti alla larga.»
   Ladybug inarcò le sopracciglia scure, presa del tutto alla sprovvista da quell’affermazione. Se ne stavano seduti sul tetto di un edificio da un po’, di guardia alle Galeries Lafayette dove avevano segnalato la presenza di una banda di vandali che di recente aveva preso l’abitudine di gironzolare nei dintorni, divertendosi a mettere a soqquadro il quartiere, a divellere la segnaletica stradale e a spaccare vetrine. Aveva già mandato in frantumi la luce di un lampione, quella sera, e i due eroi parigini ne avevano approfittato proprio per nascondersi nell’oscurità della notte, favorita da quella zona d’ombra, per coglierli di sorpresa nel momento in cui i teppisti sarebbero passati di nuovo di lì.
   «Ha ragione», commentò dopo un attimo la ragazza, tanto per far dispetto al collega. Come gli saltava in mente di uscirsene con certi discorsi nel bel mezzo di un appostamento? «Non sono la donna giusta per te.»
   Il giovane non sembrò risentirsi, ma strinse le labbra con aria pensierosa. «Quindi concordi anche sul fatto che sei matta?» Ladybug strabuzzò gli occhi in un’espressione che lo fece quasi ridere. «Vedi», aggiunse allora lui, per dovere di cronaca, «Plagg sostiene che tu sia una stalker
   «Questo non è vero!» lo smentì lei con foga. Insomma, magari era un po’ ossessionata da Adrien, ma lo stalking vero e proprio era cosa ben più seria.
   «Mi ha detto che hai la camera tappezzata di foto del tipo che ti piace», insistette Chat Noir, che in realtà si era inventato quel piccolo particolare per metterla alla prova.
   Quel piccolo farabutto! Marinette trattenne a stento quel pensiero, limitandosi a serrare le mascelle e dimenticandosi completamente del perché erano lì.
   «Ha aggiunto anche che hai un tabellone in cui hai appuntato tutti i suoi impegni quotidiani», persistette lui, che aveva notato quel particolare solo l’ultima volta che era stato in camera della ragazza.
   Oh, la miseria! Semmai avesse rivisto Plagg, Marinette lo avrebbe tirato per le orecchie, come minimo.
   L’altro fece spallucce. «A me non importa, sai? Non temo la concorrenza.» Ladybug fece per dirgli che non si poteva parlare di concorrenza, dato che non ve n’erano i presupposti, ma lui continuò: «Anche perché Tikki mi ha detto che non ho nulla da invidiare al tuo grande amore.»
   Fu la ragazza, ora, a mettersi quasi a ridere. «Sei un caro ragazzo, chaton, ed io ti voglio bene», cominciò, sperando così di indorargli la pillola. «Ma credimi quando ti dico che nessuno può competere con lui.»
   Adrien accettò la sfida, un sorriso sornione sulle labbra ed un guizzo di divertimento negli occhi verdi. «Allora farò a te le stesse domande che ho fatto a lei.»
   Marinette alzò gli occhi al cielo scuro. «Ci avrei scommesso che le avevi fatto il terzo grado…»
   «Il tuo principe azzurro è più alto di me?»
   «No», si arrese a sospirare, portando pazienza.
   «Più forte?»
   Rise. «Non essere ridicolo, non ha i tuoi superpoteri.»
   «Allora è più atletico?»
   «È sicuramente atletico, pratica molti sport e ha un fisico eccezionale.»
   «Ah-ah», l’assecondò Adrien, gongolando per tutti quei complimenti perché convinto che la sua compagna continuasse a parlare di lui. «Ed è più intelligente?»
   «Mi stai davvero chiedendo se ti reputo un idiota?»
   «Non puoi semplicemente rispondere con un sì o un no?»
   «Va’ avanti.»
   «Non ha senso che io lo faccia, sarebbe inutile.»
   «Perché?»
   «Mi ha dato le tue stesse risposte. In modo più educato, però», ci tenne a farle sapere, ostentando comunque una tranquillità che non aveva. Possibile che Marinette fosse così presa da Adrien e per nulla interessata a Chat Noir? Non andava bene per niente, maledizione. «Solo che io le ho chiesto anche se lui è più bello di me.»
   «Non posso giudicare», gli fece notare lei.
   «Per via della maschera, lo so.»
   «Non volermene», riprese mettendo le mani avanti ond’evitare che il suo partner si lamentasse ancora della sua mancanza di tatto, «ma lui è senza dubbio il ragazzo più bello che io abbia mai visto in vita mia.»
   Quelle parole gonfiarono d’orgoglio il giovane, che esibì un sorriso a dir poco entusiasta. «Davvero?» volle sapere, facendo insospettire in qualche modo la sua amica. Cos’aveva, quello sciocco, da essere tanto allegro? Non gli aveva appena ribadito che Adrien le piaceva più di chiunque altro al mondo? «Tikki non era d’accordo», le rivelò con tutta calma Chat Noir, intaccando di colpo tutte le sue sicurezze.
   Tikki non era una bugiarda, si disse Marinette, tutt’altro. E, come se non fosse bastato, dopo il suo tête-à-tête con l’eroe mascherato, il kwami della Coccinella aveva spezzato diverse lance a suo favore, arrivando quasi ad insinuare che anche lui, come Adrien, aveva fatto breccia nel suo cuore. Per quanto quella rivelazione la lasciasse turbata, la ragazza non volle credere alla possibilità che esistesse qualcuno migliore del suo compagno di classe – o che potesse anche solo competere con lui.
   «Lo avrà detto solo per non farti rimanere troppo male.» Le uscì d’istinto, come per autodifesa, e un po’ se ne pentì. Teneva davvero molto a Chat Noir e mai avrebbe detto o fatto qualcosa che potesse fargli male, però…
   Ancora una volta lui parve soprassedere e, anzi, continuò a sorridere. «Può darsi», disse soltanto, quasi fosse sovrappensiero.
   Il loro confronto terminò lì, poiché un movimento giù in strada attirò la loro attenzione, seguito poco dopo da un coro di voci maschili che intonava parole volgari miste a goliardia. «Mi spiace che quei balordi feriscano le tue orecchie delicate», si rammaricò Chat Noir, rimettendosi in piedi e afferrando il bastone che portava dietro la schiena. «Mi assicurerò che la piantino di fare tutto questo baccano», affermò deciso, quando un membro della banda cominciò a prendere a calci una delle autovetture parcheggiate in strada. Deciso a non perdere tempo, il giovane balzò giù e subito allontanò il teppista dal mezzo con una spallata. I suoi compagni subito accorsero per difenderlo e circondarono l’eroe armati di mazze e coltelli. Lui roteò il bastone sulla testa e si mise in posizione, in attesa del primo attacco. Senza troppo spreco di energie, i sei balordi furono messi al tappeto nel giro di pochi minuti e Chat Noir si prese il lusso di tornare ad ergersi sulle gambe, la schiena ben diritta, un pugno sull’anca e il bastone nell’altra mano ben puntellato a terra.
   Un placido applauso proveniente dal cono d’ombra lo indusse a riportare lo sguardo sulla collega che un attimo dopo lo raggiunse con un grazioso balzello. «Lo hai fatto per impressionarmi?»
   «No, in realtà speravo mi dessi una mano», le fece sapere l’altro, quasi indispettito. «Ma se ho guadagnato qualche punto con te, non posso che esserne felice», aggiunse subito dopo, sfoderando uno dei suoi famosi sorrisi da schiaffi.
   Pur ridendo, Ladybug scosse il capo. «Erano soltanto in sei, nessun superpotere… Era una battaglia vinta in partenza.»
   Lui annuì. «Hai ragione, sono troppo forte per queste mezze cartucce.»
   «Merito del miraculous
   «Avrei potuto avere la meglio anche senza superpoteri.»
   «Sì, certo.»
   «Dammi una spada e divento imbattibile.»
   «Dovrei crederci?» lo prese in giro la ragazza, incrociando le braccia al petto.
   «È la verità, lo sai anche tu.»
   Ci fu un attimo di silenzio. Poi, come riflettendo fra sé e sé, Marinette mormorò: «Anche lui pratica scherma.» Adrien s’irrigidì, stringendo la presa attorno al proprio bastone, ma non fiatò. «A volte…» La vide esitare, riprendere fiato e umettarsi le labbra – quelle meravigliose labbra che lui tanto avrebbe voluto baciare! – con la punta della lingua. «A volte ho come l’impressione che voi due vi assomigliate più di quanto io sia disposta a credere», ammise infine lei, calando le ciglia sul viso. Sospirò, scosse di nuovo il capo e tornò a guardarlo, l’ombra di un sorriso sul volto. «Ciò non vuol dire nulla, quindi non farti venire in testa strane idee.»
   «Io non ho fiatato», ribatté il giovane, portandosi una mano alla bocca per mimare il gesto di sigillarsi le labbra come fanno i bambini. Dentro di sé, tuttavia, Adrien stava esplodendo: finalmente Ladybug – Marinette? – si era accorta che non c’era alcuna differenza fra il ragazzo di cui era innamorata e quello che spasimava da sempre per lei e verso il quale si era comunque ammorbidita molto nell’ultimo periodo. Ciò stava forse a significare che prima o poi avrebbe accettato anche il lato meno perfetto del suo carattere? Quei difetti, quelle sfaccettature che lui riusciva ad esternare solo nel privato o, meglio ancora, quando indossava la maschera?
   In lontananza iniziò a sentirsi riecheggiare una sirena. «Ho chiamato la polizia, prima», spiegò Ladybug con voce atona. «Aspettiamo che portino via questi idioti e poi filiamocela a letto. Sono stanca morta.»
   «Ci vuole un bel fegato a dirlo, visto che non hai mosso un dito», le rinfacciò Chat Noir, sperando di strapparle un ultimo sorriso prima di separarsi da lei.
   Ci riuscì, perché, roteando le iridi chiare verso il cielo buio, l’eroina sospirò: «No, decisamente non vi assomigliate per niente.»












Ed eccoci qui, alla fine dei giochi. No, non proprio, ma in questi giorni ho avuto modo di andare avanti con la scrittura e, grazie al cielo, sono ormai ad una scena dal termine di questa storia. Alleluja!
In realtà la mia beta (e complice) mi ha chiesto anche un epilogo più leggero, giusto una cosetta per ridere un po', e spero davvero di riuscire a scriverlo. Stessa cosa per una shot spin-off che ho in mente, ambientata ovviamente al termine di questa long. Vedremo cosa riuscirò a tirare fuori.
Intanto vi ringrazio per essere ancora qui, immancabili come sempre, a sostenermi ed eventualmente a tirarmi le orecchie nel qual caso io commetta qualche strafalcione. Non lesinate critiche, purché siano costruttive e rivolte con garbo.
Colgo dunque l'occasione di augurare a tutti voi buone feste, con la speranza che il prossimo anno possa donarci un po' di serenità.
Buon 2019! ❤️
Shainareth





  
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