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Autore: SkyDream    30/12/2018    6 recensioni
E’ l’incarnazione della Luna, una dea fattasi umana per ghermire il cuore fragile di un uomo. Solleva le palpebre e le ciglia, anch'esse candide come ogni cosa del suo corpo, scoprono due iridi grigi e le dilatate pupille nere come il cielo.
Si accosta senza timore e mi tende una mano che non posso far altro che afferrare senza emettere alcun suono.
[...]
«Nacqui impotente e in gran pianto, forti i dolori che mi pervadevano le ossa e il midollo. La nutrice mi zittiva cullandomi, mia madre pregò di non vedermi morire tra le sue braccia, ero solo una neonata quando i miei capelli biondi persero colore e i miei occhi si tinsero d’argento».
Genere: Angst, Malinconico, Poesia | Stato: completa
Tipo di coppia: Het
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Prima di iniziare la lettura: La fenilchetonuria (PKU) è la più comune malattia del metabolismo degli aminoacidi che, in mancanza di trattamento, può determinare ritardo mentale di grado variabile. I pazienti spesso presentano un'ipopigmentazione, ovvero pelle pallida e occhi chiari, causati dal fatto che la fenilalanina non si trasforma in melanina, il pigmento responsabile del colore dei capelli e della pelle. Il trattamento di elezione per le forme che richiedono una terapia consiste nella dieta a basso contenuto di fenilalanina e di aminoacidi misti.

Lux Candida

 
Sono le sfumature del tramonto a dar tono al limpido cielo.
Il Sole cala sul retro delle immense montagne e i vasti boschi di cui sono ricolme cedono all’oscurità, ma non prima di bearsi del violaceo meriggio. Discende la notte in vacuo silenzio, tutto s’acquieta e il tempo pare dar tregua a chi come me non ha scampo.
I piedi mi trascinano sulla sabbia un tempo dorata che ricopre quest’umile terra ai preziosi bordi che si stagliano sul mare.
Quando la vista lambisce i tremori dell’acqua, alle spalle mi ha già abbracciato la sera.
Ampia la Luna sorge portando con sé ogni voce del mattino, solo lo scrosciare delle onde sembra riempire l’aria di un limpido frastuono.
Poi l’inconfondibile fruscio delle vesti richiama la mia attenzione per l’ennesima volta in queste notti, sento il cuore esplodermi in petto quando lei mi appare in cotanta bellezza.
Schiude le chiare labbra in un gemito di sorpresa che non può far altro che incantarmi ancora, in un istante le folate di un grezzo vento salmastro le scostano i ciuffi argentei dal viso limpido.
E’ l’incarnazione della Luna, una dea fattasi umana per ghermire il cuore fragile di un uomo. Solleva le palpebre e le ciglia, anch’esse candide come ogni cosa del suo corpo, scoprono due iridi grigi e le dilatate pupille nere come il cielo.
Si accosta senza timore e mi tende una mano che non posso far altro che afferrare senza emettere alcun suono.
Mi porta con sé, affonda i piedi nivei nelle acque scure e lentamente scorgo l’assenza di ogni luce, seppur distingua ancora i lineamenti morbidi del suo viso.
Ebbene, dando manforte alla mia tesi, giurerei che tale scintillio che mi permette ancora di ammirarla, venga direttamente dal suo stesso corpo.
Brilla di luce propria questa stella, con un solo sguardo la prego di narrarmi la sua storia.
«Nacqui impotente e in gran pianto, forti i dolori che mi pervadevano le ossa e il midollo. La nutrice mi zittiva cullandomi, mia madre pregò di non vedermi morire tra le sue braccia, ero solo una neonata quando i miei capelli biondi persero colore e i miei occhi si tinsero d’argento.
Ricordo ancora, benché fossi solo una bambina, quando mia madre mi vestiva e cospargeva d’acqua santa nel terrore di vedermi bruciare sotto i raggi del sole. Tuffavo le dita in tutto ciò che avesse un colore brillante nel tentativo di farlo mio, ma mai più alcun pigmento si legò alle mie membra».
China il capo mentre la brezza marina ci cosparge di fine sale bianco. Alte le luci che costellano il cielo in mille scintillanti fuochi.
«Accadde tutto con una lentezza inesorabile e rimasi figlia della notte e del silenzio, lì dove alcun anima potrà additarmi come una dannata che sta scontando la sua pena. Giacché non posso più godere di molte fragranze, né posso gioire dei frutti e del grano dorato, sono stata costretta a una limpida esistenza che oserei definire ultraterrena, sennonché il dolore è prerogativa dell’essere umano, fatto tale per ammirare e apprezzare ciò che la Natura ci regala e per soffrirne quando non può esserne parte».
Il suo sguardo si incatena al mio corpo, che di troppe gradazioni invece è sporco, mai alcun significato avevo attribuito ai mille pigmenti che fanno di me un individuo unico.
La sua pelle, invece, come ogni cosa che la costituisce, è di un candore tale da ricordare le cicatrici sbiadite che non prendono mai colore. Stagliate su un lembo di pelle che ormai non gli appartiene.
Seppur tutto di lei narri di una dannazione, la fierezza e la bellezza con cui si adorna di quelle sfumature di Luna sono tali da renderla eterea.
Con riverenza e devozione mi avvicino al limpido viso e vi sfioro le labbra fredde e salate, scoprendole di una morbidezza che ben s’armonizza col suo essere.
Non riuscirò mai a definirla né a scoprire il suo nome, nei miei sogni e desideri più intimi vi rimarrà scritta come la Dea del Candore.
Non la rividi più dopo averle rivolto la parola oltre lo sguardo, ma fui immediatamente certo che seppur i miei occhi avessero mantenuto il loro verde smeraldo, delle mie notti non sarebbe rimasto altro che un pallido dolore.
 

 
   
 
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