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Autore: Io_amo_Freezer    01/01/2019    1 recensioni
Sabo e Luffy hanno in mente una grande sorpresa, per Ace, ed è davvero importante! Devono riuscirci ad ogni costo: questo giorno deve essere perfetto. Ma, per fortuna, non sono soli, e con una mano in più c’è la possono fare; e forse accadrà anche qualcosa di più, da togliere il fiato. In fondo, è il suo compleanno.
Genere: Fluff, Romantico, Sentimentale | Stato: completa
Tipo di coppia: Yaoi | Personaggi: ASL, Monkey D. Rufy, Portuguese D. Ace, Sabo
Note: AU | Avvertimenti: nessuno
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Gironzolava per i corridoi della propria casa con serenità, o meglio, alla ricerca di qualcosa con cui passare il tempo. Ormai Natale era passato, ma le vacanze erano ancora vive e felici, però, stranamente; quella mattina, al suo risveglio, non aveva trovato né i suoi fratelli né il suo nuovo ragazzo… Insomma, Luffy e Sabo erano svaniti nel nulla, di certo usciti, ma Marco… Il ragazzo da cui si sentiva da vari mesi, non rispondeva al telefono, e questo lo aveva rattristato molto. Alla decima chiamata con risposta della segreteria telefonica, aveva messo giù e lasciato perdere. Non aveva visualizzato neanche i suoi messaggi, e questo lo irritava non poco! Perché lo ignorava? Se non voleva stare con lui poteva sempre dirglielo in faccia, eh!, sbuffò, ma con una scrollata di spalle preferì scacciare via i nervi tesi, rilassandosi poi con un sospiro lungo e scendendo le scale senza le scarpe addosso. Non riuscì però a togliersi Marco dalla testa, continuando così a lamentarsi su vari punti, sui dieci messaggi che lo avevano confuso per il suo silenzio prolungato, e di come alla fine lo avesse, senza molte cerimonie, mandato a quel paese, riempiendolo di faccine furiose, solo per poi eliminarle e chiedere scusa… Oh, ma andiamo! Va bene che era più grande di lui, ma gli aveva detto che non gli è ne fregava nulla! Non era un problema! E se per Marco lo era, poteva tranquillamente fargliela passare a suon di pugni! E doveva finirla! Finirla di ignorarlo, ecco!
-Diamine! Se non la smetto di pensarci finirò per andare direttamente sotto casa sua…- borbottò, cercando di tirare pugni a quelle stesse parole, perché, no, non ci andava a casa sua dopo tutto quel mutismo nei suoi confronti! Avrebbe anche solo potuto avvisarlo, nel caso avesse da fare cose più importanti! Ma neanche quello aveva fatto!; per poco non mandò a terra la sedia su cui aveva deciso di sedersi dopo aver raggiunto la cucina, sbattendola a terra e ignorando il freddo delle piastrelle panna sotto ai piedi. Aveva provato a chiamare anche Thatch, ma che! Erano tutti scomparsi nel nulla!
Appena tornava Sabo, si sarebbe sfogato con lui: quello non dava mai cenni di vita se lo cercavi con il telefono, diamine; oggi che ne aveva proprio bisogno poi! Doveva esprimere i suoi dilemmi con lui comunque, o sarebbe esploso! Caspita se era nervoso! Ma soprattutto annoiato; riprovò a cambiare pensiero, strizzando gli occhi e sbuffando nel riadagiare contro lo schienale il proprio collo, ancora in pigiama: ovvero, solo in boxer. Ma si fece stranito, corrugando perplesso le sopracciglia e voltandosi verso la finestra, ritrovandola aperta come lo era da quella mattina, con le tende arance che svolazzavano verso l’esterno da fargli capire quanto facesse freddo, nella decorazione biancastra di dicembre che immergeva il giardino, che aveva perso il suo verde per diventare bianco, come anche gli alberi che avevano abbandonato le foglie per continuare il loro viaggio. Dimenticandosi del perché la fissasse, si precipitò, con gli occhi, sul tavolo: aveva già fatto colazione, ma questo non significava che non potesse osare qualcos’altro. Stringendosi nelle spalle e alzando le braccia al cielo con un grosso sbadiglio, si rimise in piedi, sfregandosi la chioma con un mugugno, con il brivido del vento sulle spalle, nel dare la schiena alla finestra che poco prima ammirava; ma che andò via nell’infrangersi contro la sua pelle calda e resistente al gelo anche più freddo, nonostante non ne sapeva nemmeno lui il motivo.
Aprì il frigorifero, rovistando tra le poche cose rimaste, e chinandosi a terra ma reggendosi sulle punte dei piedi nel restare sulle ginocchia, intanto che esaminava il contenuto: ma loro tre erano dei mangioni e quindi, oltre che spendere un sacco ogni volta per la spesa, la facevano di frequente. Gli toccava anche oggi, e forse, ormai che erano le due: si era svegliato tardi come al solito, avrebbe dovuto provvedere. Ma aveva pensato che i suoi fratelli fossero usciti per quello, o almeno, Sabo. Dato che non tornavano, si era ricreduto, e aveva iniziato a pensare che si erano fermati: Luffy dai suoi amici, e Sabo dalla propria ragazza. Forse avevano mangiato lì, e dato che ora non aveva il telefono per le mani: si era arrabbiato così tanto che alla fine lo aveva mollato sul comodino in camera; magari lo avevano informato con un messaggio; sempre se si erano ricordati di farlo; Luffy no di certo. In ogni caso, se era così, e visto che Marco era morto; tanto valeva che la facesse lui, la spesa; decretò, rimettendosi in piedi e chiudendo il frigorifero mentre mangiucchiò un pezzo di peperoncino. Avrebbe chiamato Sabo, per sapere se aveva bisogno che comprasse qualcosa in particolare, altrimenti avrebbe fatto lui.
Tornò alla finestra, decidendo di chiuderla dopo aver ammirato la neve che cadeva, quell’ultimo giorno di dicembre, e distese le tendine per poi avviarsi di nuovo di sopra, in tranquillità.
 
 
Appena giunse in camera, notò due chiamate perse di suo fratello Sabo, e sorrise nel capire che non si fossero scordati completamente della sua esistenza, quella mattina. Sbuffò più tranquillo, riprendendolo e richiamando, e intanto che attese rispondesse si infilò i bermuda neri in fretta, stringendo la cinta arancione che portava, sulla fibbia, la sua iniziale, colorata di rosso.
-Ace! Sei ancora a casa?-
-Ehi! Sì, scusa se non ho risposto. Dimmi, hai bisogno di qualcosa? Stavo per uscire per fare la spesa: il frigo è quasi vuoto.- mormorò, incuriosito però dal tono forte, quasi come se fosse meravigliato e irrequieto dal fatto che fosse nella propria dimora.
-Oh, ottimo. No, sono con Koala e speravo proprio che saresti andato tu. Tornerò tardi, scusa. Luffy invece è con gli altri.-
-Perfetto, salutami la tua ragazza allora. C’è qualcosa che vuoi che compri?-
-No, fai tu. Ci vediamo dopo.-
Riattaccò e Ace lasciò sul materasso il telefono con un gesto della mano, guardandolo un po’ perplesso per la fretta nel parlare dell’altro, quasi infastidito dal dover continuare ad ascoltarlo; di solito era calmo e tranquillo, ma alzò le spalle e si diresse verso l’armadio. Infilandosi una felpa arancio sbuffò, procedendo verso gli stivali, e appena fu pronto, con il telefono nuovamente in mano, avanzò verso il soggiorno.
Ricontrollò la cucina, sentendo di aver lasciato qualcosa fuori posto, e rimise per bene la sedia davanti al tavolo, riprendendo poi un altro peperoncino, grosso; gonfio verso l’alto ma che si andava a restringere sulla punta, e di rosso, non eccessivo, e lucido. Li teneva sia freschi che essiccati, lui; e fortuna voleva che fosse l’unico tra i suoi fratelli a mangiarlo con ingordigia. E poi, Luffy sapeva che quello era particolarmente suo, oltre che estremamente piccante. Mangiarlo prima di uscire sotto la neve non era stata una cattiva idea, anche se casuale. Riscaldava quasi quanto le fiamme, sorrise, afferrando un foglietto tra i tanti, di quelli quadrati e che si attaccavano ovunque volessi; e con la penna, presa accanto a quei pezzi di carta accanto al microonde, iniziò ad appuntare l’essenziale che mancava, sbadigliando ancora e terminando l’ultimo pezzetto di quel peperoncino squisito; peccato fosse complicato procurarselo. Ma forse aveva trovato un modo, di recente: poteva coltivarli lui. Robin, un’amica del suo fratellino più piccolo, Luffy; gli aveva dato l’idea quando l’aveva vista annaffiare dei semi di qualche fiore; anche se dubitava di poterci riuscire.
-Beh, penso che possa bastare.- borbottò, infilando il foglietto in tasca e posando la penna sul davanzale, accanto al lavello e non dove l’avesse trovata. Sbadigliò ancora, a occhi chiusi davanti le piastrelle a cubi per poi andare verso la porta principale, recuperando, nel mentre, il suo zaino a sacco verde e grigio da dentro l’angolo del divano; mettendoselo in spalla, consapevole che dentro ci fosse la copia delle chiavi di casa e uscì, ritrovandosi subito al gelo e al freddo; con i suoi scarponi che affondarono nella neve che aveva fatto svanire il tappetto all’ingresso. Rise, meravigliato da quel panorama con un luccichio vivo e brillantino, come tante stelle bianche; nelle pupille marroni prima di scivolare sulle scale, scendendole veloce che quasi cadeva davvero, ritrovandosi poi sul vialetto scomparso anche lui, e si premurò di appuntarsi mentalmente di doverlo spalare, almeno quello; intanto che i fiocchi si adagiarono sulla sua chioma come a voler dormire e nascondersi lì, in tranquillità; non volendo che il freddo spaccasse le mattonelle grigie che lo componevano. Lanciò uno sguardo al cielo, pieno di nuvole bianche ma si tranquillizzò: l’ombrello era nello zaino.
A quel punto sarebbe stato pronto ad avviarsi, se non che delle voci, o meglio, bisbigli che non comprese, attirarono la sua attenzione, costringendolo a voltarsi verso il fianco della casa con attenzione. Si addentrò verso quella meta con cautela, sporgendosi in avanti con il collo per poter vedere, ma udì dei passi correre chissà dove come spaventati e si fece confuso ancora di più.
-Eh? C’è qualcuno?- borbottò forte per farsi sentire, ma giunto verso l’angolo della casa vide solo la neve che sembrava salire a ogni ora e giorno: ieri era più bassa. In ogni caso, non s’è l’era sognato: c’erano delle orme. Forse erano dei bambini che giocavano…
Si irrigidì al suono di un ringhio e alzò lo sguardo da quelle tracce, troppo grandi perché si trattassero di quelle di mocciosi, e si ritrovò un gatto lince enorme che zampettava a grandi falcate verso di lui dopo aver svoltato in fondo, felice quanto Ace appena lo riconobbe, ma non ebbe il tempo di fermarlo che gli saltò addosso.
-Kotatsu! Ciao!- sbuffò via la neve saltata sulla bocca e la fronte, coprendolo intanto che il suo micio miagolò, disteso e con le zampe enormi sul suo petto, tranquillo a fare le fusa mentre la neve ghiacciata aveva attutito la caduta di entrambi come un grande cuscino; ed Ace fu felice almeno che il suo micio fosse bello caldo, al contrario della sua schiena e dei suoi capelli, adesso. Ma rise, sfregando le mani contro la pelliccia folta dell’altro, con energia, ma continuò a sentirsi osservato, e a quel punto costrinse il micio a lasciare il suo comodo giaciglio, che era anche il suo padrone, per mettersi seduto sulla neve, che aveva decorato un po’ il suo pelo marroncino e bianco, con la coda, che iniziava con vari puntini bianchi che scomparivano prima di raggiungere la metà di quell’estremità finale; e che sfrecciò a destra e sinistra, per terra, pulendo il giardino quasi, da quelle impronte, e fissando negli occhi il moro.
-Okay… Tu sai chi c’è?- si rimise in piedi, spolverandosi con le mani gli indumenti e la chioma, riafferrando il suo zaino e ritornando ad avanzare in avanti, ma il suo micio, sbuffando nervoso, si mise davanti a lui, piegato in avanti come se volesse giocare. -Cosa c’è?- alzò un sopracciglio, confuso e mirando poco dopo a oltre la propria dimora imbiancata, ma non vide nulla. Eppure…
-In ogni caso… Mhm, è meglio andare: non vorrei che chiudesse il… Un regalo da parte tua?- si meravigliò, sgranando gli occhi nel vedere Kotatsu fare un giro su sé stesso, e tenendolo poi tra le fauci, scodinzolante. -Grazie. Che bel collare, peccato sia il tuo.- rise, chinandosi per ringraziarlo con delle carezze mentre il vento sospirò come sollevato, senza che se ne rendesse conto.
-Okay. Oggi hanno tutti da fare, tu te la senti di voler restare con me? Che poi, dove sei stato?- mormorò, infilandoglielo dolcemente e immaginando che lo scodinzolio continuo fosse un gesto carino per dirgli che volesse giocare davvero, intanto che lo vide annuire. -Giocheremo dopo… Non ti fa freddo qua fuori? Puoi rientrare, eh.- lo accarezzò ancora una volta, sulla testa, ma negò. A quel punto si alzò e, voltandosi verso il vialetto, con il micio sulla sua ombra a zampettare tranquillo, si diresse verso la propria meta ormai decisa.
-Ora che ci penso…- mormorò stranito, con una smorfia e piegando un sopracciglio intanto che ammirò ancora una volta il cielo. -Domani sarà il mio compleanno!- rise, impacciato di essersene ricordato solo in quel momento intanto che il suo felino gioì con lui per quella novità consapevole, sfregandosi contro il suo polpaccio per accarezzarlo. Continuò a esprimersi felice, Ace, sospirando poi e prendendo il telefono, con ormai la dimora lontana ma ancora non troppo vicino al supermercato. Ricordava che l’anno passato, i suoi fratelli non c’erano: non avevano fatto in tempo a tornare per festeggiare con lui, e così alla fine non aveva fatto niente, ma aveva apprezzato i doni che i due gli avevano portato. Questa volta, invece, c’erano entrambi in città; la differenza era che adesso, lui, aveva più amici, e aveva Marco. Ma sospirò, tentennando nel digitare quel numero.
-Ah, che dici Kotatsu? Forse è inutile… Marco non fa che non rispondere… Avrà di meglio da fare... Sabo sembrava impegnato, lasciamo perdere anche lui, che tanto è sempre occupato per rispondere…- farfugliò, coccolando Kotatsu con una mano che lo osservava perplesso per quelle parole, forse perché non capiva perché parlasse del suo compleanno come fosse qualcosa da mettere tranquillamente in secondo piano se agli altri non interessava o ne arrecava disturbo. Saltò anche i vari recenti nuovi contati, come Thatch, Izou o Haruta, e passando subito al suo fratellino: -Allora, proviamo con Luffy. Sempre se risponde.- ghignò amaro e divertito al tempo stesso, portandosi il telefono all’orecchio e avanzando al contempo; insieme al suo amico fedele che miagolò fiero.
-Niente da fare.- arrancò, senza neanche troppa delusione, anche se, poteva capire Sabo, che era solito a non rispondere quasi mai, ma Luffy reagiva appena sentiva squillare il telefono… Persino a scuola, durante una lezione in piena regola… Non sapeva se preoccuparsi o meno, a questo punto. -Okay, pensiamo un attimo… Però non mi sembra di aver fatto qualcosa per poterli far arrabbiare a tal punto… Tu che dici, Kotatsu?- borbottò, davvero senza capire, e iniziava anche a sentirsi in colpa, come se avesse davvero fatto un qualche scempio orribile. Nel fissare nuovamente il suo micio, notò però che fosse seduto accanto a una scatola misteriosa, in mezzo alle sue zampe anteriori; apparsa davvero per magia: perché giurava che non ci fosse prima.
-Questa è bella… Chi l’avrà perso?- farfugliò nel raccoglierlo dopo aver riposto il telefono nella tasca, voltandosi però verso il cespuglio oltre il marciapiede e dietro le sbarre di legno dello steccato nel vederlo muoversi come se il vento ci stesse giocando, nonostante non c’è ne fosse. Roteò con lo sguardo senza motivo, forse solo scocciato di quell’acuta sensazione di essere continuamente osservato; alla fine lo prese, notando la scritta incisa sul biglietto, con tre lettere che componevano il suo nome: era grande più della sua mano. Assonnato si avvicinò a una panchina innevata, scostando la neve prima di sedersi: alla fine aveva ancora i vestiti umidi per prima, quindi non era un problema bagnarsi di più.
Sbuffando confuso, sbadigliando, sfilò il fiocco nel tirare una parte di quella fascia rossa che ricadeva oltre il bordo, scomponendo poi la carta fuoco che celava la scatola. Alla fine, quando la aprì ritrovò dentro un telefono bianco, poco più grande di quello che aveva, con la scatola della marca con all’interno cuffie e caricatore. Rimase un attimo a occhi sgranati, in silenzio e con il cellulare in mano, curioso e attirato dalla consapevolezza che avesse appena ricevuto un regalo… Meglio della sciarpa e di un album di un cantante, che comunque apprezzava molto e sentiva quasi sempre; a Natale. Ma niente di grandioso come il regalo di Marco… Quello era imparagonabile: lo avevano fatto per la prima volta dopo i cinque mesi che si conoscevano.
-Okay… Tu ne sai qualcosa, Kotatsu?- bofonchiò nel mirare, con gli occhi, al micio che aveva adagiato il muso sopra il proprio ginocchio ma che negò, facendolo solo sorridere per la sua tenerezza. Continuò, davvero divertito: iniziava a capire perché non rispondessero e perché Sabo lo volesse fuori casa. -Mhm, va bene.- mormorò, richiudendo il tutto dentro la scatola, per poi riporla dentro il suo zaino, e a quel punto il suo micio fu pronto a rimettersi in cammino, ma appena vide il proprio padrone tentare di avvicinarsi al cespuglio semovente di prima, lo afferrò per la felpa, tirandolo indietro con un ringhio insistente.
-Va bene…- sbuffò, non volendo, neanche lui, rovinargli qualunque gioco stessero facendo. Si chiese se non fosse un pre-compleanno, altrimenti non capiva: era domani Capodanno, di conseguenza era domani che avrebbe compiuto gli anni… Certo che… Oh, non importava. Il suo micio continuò a ringhiare, così si voltò, alzando le spalle e coccolandolo ancora sul suo capo mentre lasciò la presa e avanzò con lui nuovamente. Forse, se erano lì e lo seguivano, avevano di già intuito che fosse arrivato a una conclusione, che avesse capito… Ma già nel fare quel progetto, forse sapevano che sarebbe finito per scoprirli nel ricevere il primo regalo… Chissà.
 
 
Finalmente era arrivato. Si sfregò il collo con una mano davanti a quella porta apribile per magia, anche se in realtà era grazie a una tecnologia che non conosceva; ma, francamente, non vedeva l’ora di tornare a casa, e solo per togliersi quei vestiti, sempre più bagnati e coperti dalla neve che scivolava su di essi, come sulla sua chioma e sul corpo del suo micio che non faceva che scuotersi ogni volta che ne sentiva troppa su di sé da rabbrividire, ma ora erano al di sotto del tetto del supermercato e non c’era più questo problema.
-Potevi stare a casa, te lo avevo detto… Aspettami qui sotto, Kotatsu. Farò il più in fretta possibile.- annuì, non volendo che soffrisse freddo per colpa sua, ma appena entrò se lo ritrovò al proprio fianco sotto una pioggia di coriandoli e un inaugurazione di essere il millesimo cliente a entrare. -Ah?-
-Siete davvero fortunato, sa? Ha la possibilità di andarsene senza pagare nulla, prendendo tutto quello che vuoi. Ma! Hai un’ora di tempo!-
-Non… Io… Che?- farfugliò, sempre più scettico come nella voce prima che gli venisse offerto un carrello, con gli altri clienti ad acclamarlo come un campione mondiale di chissà quale sport; ad incoraggiarlo a vincere anche quella gara, insomma. Ghignò, alzando le spalle e impugnando il manico rosso del carrello con decisione, con la commessa che gli aveva parlato che gli sorrise felice prima di farsi indietro e premere un cronometro, lasciandolo alla sua sfida.
Si mise a correre, con Kotatsu che, felice, andò verso lo scaffale del cibo per gli animali. Ancora non ci credeva, e non dubitava che fosse un regalo anche quello, da parte di chissà chi, ma ne approfittò per prelevare una scorta di ananas, cibo preferito del suo ragazzo; molta carne, per Luffy, e pesce che non guastava mai. Sabo invece gradiva il ramen, quindi prese tutti quelli che sapeva fossero gli ingredienti; e quando finì di mettere anche il cibo nella lista, con il carrello che era così pieno da formare una montagna ormai, e con anche varie crocchette e buste con il cibo scelto da Kotatsu, compresa la sabbia per la sua lettiera; Ace si fermò davanti a degli scaffali di stoviglie, tanto il suo micio lo avrebbe avvisato nel caso il tempo fosse al limite, e poi era incredibile che avesse finito di prendere tutto così velocemente, forse ci aveva impiegato trenta minuti. Intanto riprendeva anche fiato.
Prese due padelle, sperando fosse una buona marca quella indicata: quelle che avevano, ormai, erano per lo più bruciate: loro non erano bravi in cucina. Prese anche tre pentole, cercando poi un posto dove infilarle, in basso, intanto che il suo micio si era allontanato. Distaccò le mani lentamente, indietreggiando come se gli stessero puntando una pistola, ma poi vide che, la montagna alta quanto lui; e lui era alto!; tremolò sempre più piano fino a fermarsi.
-Mhm… Ho preso tutto, no? Potrei vedere… Cosa posso prendere? Magari i peperoncini…- farfugliò, perché aveva davvero riempito la propria spesa anche con troppo. Anche il latte e lo spumante aveva preso! -Meglio tornare alla cassa. Kotatsu?- si voltò nel capire che non fosse ancora tornato, e proseguì verso la strada che ricordava avesse fatto, ritrovandolo poi seduto davanti a una ragazza che sembrava attenderlo, ma che non conosceva; accanto al muro con davanti tutti i reparti ben divisi e che aveva visitato; stava con una bancarella piena di marmellate, cioccolata, e…
-Peperoncino!- esordì interessato, con il micio che si mise in piedi per andargli incontro, coccolandosi contro il suo polpaccio scoperto prima di andare a fare da guardia alla spesa.
-Salve.- sorrise ancora, la castana dalle ciocche corte e sul volto, intanto che la sua gonna rosa svolazzò leggermente, insieme al grembiule bianco e lungo. -Si servi pure. Sono assaggi, ma abbiamo anche le scatole se gradisce.-
-È fantastico!- gioì, con troppa voce forse, mentre udiva delle rotelle proseguire verso di lui con difficoltà, e lentezza, cigolando da mettere i brividi se fossero stati in un luogo abbandonato e al buio. Ma nel cercare curioso quel significato, trovò il suo micio che spingeva dalla parte opposta del manico, con la testa, il carrello che traballava a ogni scossone, fino a che non si fermò.
-Mhm, forse il tempo sta per finire… Prendo cento scatole di questo peperoncino, grazie.- rise, gongolando come un bambino entusiasta intanto che, da dietro la bancarella, la ragazza si chinò sotto la tovaglia che copriva ciò che vi era all’interno del tavolino, dopo un’incertezza iniziale verso quelle parole.
-Abbiamo anche il peperoncino al cioccolato.- sbuffò nel mettere sul davanzale, dove prima c’era il piatto di peperoncino ma che ora teneva il moro, ormai vuoto; una scatola grossa il doppio di lei.
-Sì! Grazie! Non sapevo esistessero!-
-Allora ne andrà pazzo. Ma si sbrighi, penso le restino venti minuti.- esordì nel prendere anche un recipiente in cartone, con dentro altre cento scatole del secondo ordine che Ace aveva preso.
-Grazie.- si affrettò con un inchino completo, per poi afferrare i due scatoloni e avanzare, con Kotatsu che spingeva il carrello, che comunque tenne con una mano per aiutarlo, intanto che le scatole scivolavano un po’ a destra e sinistra, stando contro il suo petto e il suo volto, da impedirgli che strada prendere mentre il bicipite iniziava a pizzicare nel bruciare per il peso eccessivo che teneva.
-Gira a sinistra.-
-Grazie.- disse tranquillo, ancora felice per le compere fatte, e senza rendersi conto che quel sussurro fosse comparso dal nulla: ma come poteva soffermarcisi se era talmente occupato e felice?
 
 
Alla fine, con i suggerimenti di chissà quali clienti, giunse a destinazione, e lo seppe solo grazie alla cassiera che lo avvisò e si congratulò, aiutandolo a posare quegli scatoloni sulla fascia scorrevole, e poi tutto il resto, con Kotatsu che si distese a terra stanco, ai piedi del padrone che, chiedendo per la terza volta se fosse sicura del fatto che fosse arrivato in tempo, metteva il tutto nelle cinquanta buste di plastica che gli avevano dato, in cui aveva inserito tutto, tranne il contenuto degli scatoloni. Si allontanò per poi posare il tutto poco prima della porta, afferrando il telefono e sperando che qualcuno rispondesse.
-Se sapevo venivamo con la macchina… Sabo non risponde, e nemmeno Marco… Come porto la spesa?- mormorò, chinandosi seduto per coccolare il suo micio e guardando tutta quella roba dentro il carrello, nelle buste, e con accanto gli scatoloni. -Qualche idea?-
-Ace, sei proprio tu. Che coincidenza trovarti qui.-
-Makino, buon pomeriggio! Tutto bene?- sorrise sorpreso nell’alzarsi, con Kotatsu che mugolò, alzando il muso per poi riadagiarlo a terra nel vedere chi fosse; mentre l’altra sembrò fissarla apprensiva, con le mani intrecciate sul ventre e i capelli verdi scuri corti, raccolti indietro con un codino viola chiaro, quasi bianco; lasciando solo due ciocche a ricadere in avanti.
-Sì. Ho sentivo che hai vinto la spesa: sei stato molto fortunato, ma ti serve una mano, immagino.-
-Beh, sì, è stata inaspettata come cosa… Però… Mi aiuteresti tu, per favore?- esordì alla fine, illuminandosi e chiedendolo per bene, non volendo deludere la sua maestra delle elementari, che lo aveva visto crescere.
-Certamente. Ecco le chiavi, aspettami in macchina, io devo finire di pagare.- annuì, con Ace che ringraziò ancora, scusandosi anche per il disturbo prima di prendere le buste e avviarsi, con Kotatsu che si rianimò, portando le altre due che aveva lasciato sopra le scatole, stando bene attento a non romperle con i due denti a sciabola, piccoli, che arrivavano quasi al mento, e con Makino che, ridendo per come fossero carini, tornò indietro, verso un gruppo di persone dietro a un muro.
Ace tornò da solo e riprese quei due scatoloni con fin troppa allegria, portandosi dietro il carrello per metterlo con gli altri prima di uscire, anche se una commessa decise di prenderlo e riporlo lei al posto suo; forse proprio quella che lo aveva accolto.
-Ace, aspetta!- lo rincorse, Makino, toccandogli una spalla e sospirando per averlo raggiunto in tempo mentre quello restò fermo per via dei pacchi che teneva, forse pensando che sarebbero andati insieme in macchina dato che lei avesse finito. -Ho un imprevisto. Mi spiace, ma non posso venire ad accompagnarti, però, puoi guidarla e quando hai fatto me la riporti a casa. Non è un problema, vero?-
-Sei sicura che vada bene? Posso andare a piedi, e…-
-No, no… Devo andare a fare una commissione, ma posso andare anche camminando. Tu hai più bisogno di me di quella macchina, e sono sicura che me la riporterai intera. Scusami ancora. Ci vediamo dopo.- gli diede una dolce carezza sulla spalla, quasi materna prima di ascoltare la sua risposta.
-Va bene allora, e mi dispiace averti creato questo problema.- annuì, ascoltandola parlare ancora che non fosse tutto questo dramma prima di allontanarsi dopo averlo salutato, nell’alzarsi sulle punte, con un bacio affettuoso sulla guancia, davvero materna come lo era in classe con tutti, ma soprattutto con i bambini che non ne avevano, come lui e i suoi fratelli. Ace sorrise nel ringraziarla ancora, andando poi verso la macchina nera, pensando a tutte le volte che gli andava a trovare a casa, portando regali, come vestiti o abbracci. Sempre così presente: faceva parte della famiglia, ormai; letteralmente anche perché aveva sposato lo zio Shanks.
Si mise in macchina dopo aver messo quelle scatole nel bagagliaio, sereno e con un sospiro, partendo poi intanto che Kotatsu salì sul sedile passeggero, lasciando il tappetino e guardando il suo padrone con il suono incessante di fusa che ricercavano attenzioni; Ace a quel punto iniziò a parlargli per intrattenerlo, consapevole però che non fossero lontani da casa.
 
 
 
Parcheggiò nel vialetto, davanti al garage, di Makino, sospirando e sfregandosi il collo prima di scendere e chiudere la macchina a chiave appena Kotatsu scese, andando poi a rotolare nella neve per sgranchirsi, dato che era rimasto dentro anche quando erano arrivati a casa loro. Sorridendo alla vista del suo micio divertirsi così tanto, fece il giro, andando davanti al muso della macchina nera, fino alla porta principale e bussare.
Ovviamente non c’è nessuno, nemmeno lo zio; discusse tra sé e sé, ironico, alla terza volta che suonò il citofono senza risposta. Di certo, le chiavi della macchina, non poteva lasciarle sotto al tappeto marrone, né chissà dove… Però c’era la buca lettere, pensò, osservandola attaccata alla porta, chiusa e con la boccuccia in alto che si apriva per inserire le bollette e i messaggi a mano. Alzò le spalle, sperando di non sbagliare e buttandola dentro con un gesto veloce, per poi ripescare dalla tasca il telefono e mandare il messaggio a Makino, per informarla di quell’atto appena compiuto.
Si voltò però, ascoltando una vibrazione forte e si corrucciò perplesso, andando verso il suo micio che si era messo seduto, sull’attenti anche lui a guardarlo confuso, miagolando poi per incamminarsi verso le sue gambe dove si appollaiò, tra mille fusa, ricevendo in cambio la mano del padrone, che non ebbe bisogno di piegarsi questa volta, dato che restò seduto, il suo micio, e che, in quel modo, era alto fino al suo busto.
-Magari ha lasciato il telefono in macchina, Makino…- farfugliò piano, osservando il parabrezza con attenzione, a quel punto sbuffò, scrollando le spalle e avanzando: la neve non smetteva di cadere, sorrise. Ma smise nel ricordarsi che non ci fosse nessuno con lui ad assistere a quella felicità, e si adagiò lentamente al muso della macchina, sospirando e prendendo nuovamente il telefono per divagare su internet, con Kotatsu che gli leccava la mano nella tasca, volendo attenzioni. -Ora andiamo, aspetta.- lo fermò, coccolandolo però e sbuffando nel capire che nessuno aveva risposto ancora. Fece una smorfia indecisa, con un fiocco di neve che gli cadde sulla punta del naso, e sorrise mentre sembrò fu quello il segnale per ripartire, perché infatti ritornò a camminare, con Kotatsu che miagolò intanto che osservava un cespuglio con attenzione, forse attirato da un animale o altro.
Continuò ad avanzare, fino a fermarsi di botto, con ormai la casa di Makino lontana, e con neanche una persona in giro; eppure delle orme avevano lasciato quel regalo che ritrovò ai suoi piedi, dalla carta verde decorata di simboli di stelle gialle, con il fiocco rosso che sventolava in attesa che venisse afferrato mentre il suo micio corse a circondarlo, girandogli attorno prima di afferrarlo e sedersi per portarglielo, e con la coda che dibatteva, ma solo per cancellare gli indizi che aveva adocchiato.
-Ah ah… Kotatsu, le ho viste… Mi dite perché questa iniziativa? Sembra una caccia al tesoro.- domandò nel guardare i cespugli che tremarono alle sue parole prima che commentasse l’ultima frase nel fissare il suo micio che miagolò divertito. -Okay…- rispose, e dopo l’attimo di smarrimento si chinò per afferrare quell’oggetto dalla bocca del suo amico, senza negarsi un sorriso interessato e bambinesco. Era più grande rispetto all’altro, più profondo e capiente; notò divertito, grattandosi il capo con una mano, impacciato quasi dal ricevere così tanti doni. Era una sensazione davvero sublime nel vedersi davanti tante attenzioni.
-Un giubbino nero, però.- sorrise, congratulandosi per il gusto, provando poi a giocare un po’: chi mai avrebbe potuto regalarglielo? C’era solo scritto “Per Ace.”, come nell’altro, ma forse poteva ipotizzare bene, che gli è lo avesse donato Nami, l’amica di suo fratello Luffy. Il telefono invece era, di sicuro, opera di Sabo. Lo scompose, aprendolo e liberandolo dalla scatola che rotolò a terra, senza rumore nel finire sulla neve. Inclinò il capo, adagiando a terra il suo zainetto e, dato che era uscito senza, stringendo le dita sul soffice ma caldo tessuto in pelle, se lo infilò addosso, sistemandoselo e chiudendo la zip in un attimo, per poi introdurre le mani in tasca per controllare se fosse comodo, e sorrise, sistemandosi poi, con una mano, il cappuccio soffice.
-Mhm…- mugugnò, riprendendo da terra sia la sua sacca che la scatola, tenendo la prima davanti al petto, reggendola per le spalline che aveva appeso al braccio, e infilò dentro anche quel contenitore, non vedendo in giro secchi di spazzatura, per poi afferrare la borraccia verde scura e rotonda, aprendola e iniziando a dissetarsi mentre Kotatsu miagolò, leccandosi il muso e facendolo ridere quando terminò. -Aspetta, dovrei avere una ciotola…- mormorò, rovistandoci dentro mentre si avviò, dimenticandosi del cespuglio semovente; con la bottiglia in mano e il micio al suo seguito ma esibì una smorfia, scostando alcune lettere e qualche giornale prima di richiudere il tutto e tenere la borraccia.
-Non ho nulla dove versarti l’acqua, ma puoi bere anche da qui.- alzò le spalle: per lui non era un problema, e Kotatsu non avrebbe rifiutato di certo, quindi si chinò su un ginocchio che affondò nella neve, guardandolo mettersi seduto attento, leccandosi la bocca senza sosta mentre iniziò a versargliela all’interno. -Avevi sete, eh.- rise, chiudendola nel momento in cui gli saltò addosso senza pensarci, felice per ringraziarlo intanto che cadde di nuovo di schiena, Ace, sbuffando e sorvolando con gli occhi mentre il nuovo cappotto lo proteggeva dal freddo come meglio poteva.
-Sempre sulla neve…- si lamentò, tra sé e sé, con le braccia parallele alle spalle mentre il suo micio sfregava la testa contro il suo petto caldo.
-Fratellone!-
-Luffy! Come va?- sgranò gli occhi nel riconoscerne la voce, alzandosi come meglio poté e mormorare nel vederlo in piedi al suo fianco, ma non ebbe la possibilità di spiare da dove fosse sbucato, però era sicuro ci fosse di mezzo il cespuglio: ne era convinto. Ormai era chiaro che si erano nascosti là, anche se non capiva perché continuassero a restarci o perché, Luffy, fosse uscito.
-Andiamo al parco?- si chinò di scatto con il busto, con un sorriso enorme che quasi raggiungeva il cielo.
-Al parco? Con questo tempo?- chiese perplesso, ma quello non lo ascoltò, prendendogli il polso e tirandolo su appena Kotatsu scese dalle gambe del padrone, tirandolo poi verso la strada per attraversarla, con il più grande che si affrettò a guardarsi attorno, al contrario del minore che sembrava il re del mondo, in quel momento.
-Spero non mi venga un malanno.- decise di arrendersi, mormorando mogio nel percepire un brivido attraversargli la schiena da farlo rabbrividire, intanto che il suo micio era corso ed era ormai dall’altra parte della strada e sempre più avanti, a fare da guida, con loro dietro. -Ma che dobbiamo andare a fare, al parco?- chiese, forte da farsi sentire, e con Luffy che, nel pensarci rallentò, ma i suoi sandali persero attrito, e si ritrovò sbalzato verso il marciapiede davanti a sé, tirando la mano collegata al maggiore che, di scatto indietreggiò per fermare il minore, che gli venne addosso da far cadere lui, con un tonfo ben sentito nell’esserci poca neve su quel punto.
-Mi dici perché continui a indossare i sandali?- borbottò, strizzando un occhio e massaggiandosi la testa intanto che il micio tornò indietro assieme al suono di alcuni cespugli agitati, che lasciarono cadere un po’ di neve; e che subito si ammutolirono nel ricevere lo sguardo del lentigginoso su di sé. Sospettava che, forse, Chopper si fosse preoccupato, pensò Ace.
-Sono comodi.- spiegò pacato, sbattendo i piedi tra di loro, rossi e di sicuro gelati; seduto sulle ginocchia dell’altro che esibì una smorfia.
-Andiamo, almeno mettiti il mio giubbino.- borbottò, togliendoselo in fretta e mettendoglielo sulle spalle, guardandolo infilarselo per bene mentre lui si sistemò la chioma nuovamente, riempita di neve e bagnata. Non vedeva l’ora di andare a casa per farsi un bagno caldo e togliersi quegli indumenti bagnati fino al midollo… anche se tutto quel mistero era allettante. Sbuffò, alzandosi appena lo fece il minore che saltellava per il freddo ai piedi anche se ora stava più caldo nel suo giubbotto.
-Ti è piaciuto il regalo di Nami?- rise, sfregandosi le braccia intanto che Kotatsu mugolò come deluso, e dei bisbigli adirati vennero trattenuti da dentro il cespuglio al loro fianco.
-Okay… Sì, dovrò ringraziarla appena la vedo…- mormorò nel guardare il fogliame tremoleggiare ancora prima di sospirare e fermarsi, riprendendo da terra il proprio zaino e mormorando stanco: -Andiamo a casa?- si voltò verso il più piccolo, sperando che si fosse dimenticato della sua meta principale, e infatti annuì, affermando che aveva anche fame.
-Ho fatto la spesa.- spiegò a quelle parole, calmo e serio intanto che sentiva dei ringhi nervosi da parte degli arbusti, e si trattenne dal ridere al pensiero di una Nami davvero furibonda per essersi fatta sfuggire Luffy, o forse il piano era quello, dato che lui non sarebbe andato al parco senza un motivo logico; ma forse capiva che, anche se il suo fratellino era l’unico che andava dove voleva senza motivo, sarebbe stato meglio scegliere qualcuno di più sensato.
-Ottimo! Ho davvero una fame enorme e…! Il parco! Dobbiamo andare prima lì.- si riprese appena salutò qualcuno dietro le spalle del maggiore, ma che, appena si voltò, scoprì esserci il nulla, e guardò perplesso il più piccolo, come se iniziasse a dubitare della sua sanità mentale, o della propria mentre tornarono a camminare, con lui che lo trascinava e Kotatsu che starnutì ai piedi del padrone prima di avanzare dopo aver ringraziato il padrone per quel “Salute.” dettogli.
-Arriviamoci in fretta allora, che sono talmente bagnato che inizio a temere per la mia condizione fisica.- borbottò, sbadigliando e smuovendo le spalle sotto un altro brivido di freddo prima di sfregarsi una guancia, percependo sia le dita che la guancia, gelida e quasi inesistenti ormai: non le sentiva quasi più, ma continuò ad avanzare verso la schiena del più piccolo che sembrava deciso e consapevole di ciò che faceva, o di ciò che gli avevano detto.
 
 
Erano arrivati, finalmente…, gli sfuggì di pensare, ma iniziava a essere davvero stanco; colpa anche del freddo. Luffy intanto si era messo a correre per tutto il prato bianco, come se fosse cosparso di panna gelida e ghiacciata, andando a rigirare ovunque, e lui era troppo sfinito per andargli dietro, quindi non aveva nemmeno varcato la soglia del giardino, restando sul marciapiede accanto alla strada a sospirare, sempre più infreddolito, sia nelle vene che nelle ossa. Lo percepiva bene ormai, che era un pezzo di ghiaccio.
-Fratellone, andiamo! Cerca con me!-
-Eh? E cosa dovrei cercare?- urlò in risposta, con un sopracciglio alzato, perplesso, ma il suo pensiero cadde su altri regali e sospirò con un mezzo sorriso, tra il grato e il fiacco mentre avanzò assieme al suo micio, che, per aiutarlo, si decise a scrutarsi attorno.
Individuò, per prima cosa, Ace, un vaso bianco, più perché lo vedeva intatto dalla neve, e procedette lentamente, grattandosi il capo e socchiudendo gli occhi impacciato per tutti quei gesti gentili e pieni di attenzione e affetto, da persone che, al momento si nascondevano. Sorrise, guardando all’interno, e notando che, la neve c’era, ma che immergeva anche una nuova scatola, incartata di blu e con il solito fiocco rosso; di nuovo piccola ma piena, si rese conto appena la prelevò, sciogliendo il nastro appena si fosse accertato fosse per lui. Sbuffò grato nel vedere una sciarpa grigia e lunga, di lana e bella tiepida mentre tolse lo zaino per inserire ancora una volta il contenitore, inserendolo dentro insieme a ognuno di quelli che aveva preso già, notando che fossero tutti di grandezza diversa e che, il più piccolo, fosse quello appena aperto. Riponendo il tutto e con, di nuovo, la sacca in spalla, indossò in fretta quell’indumento dolce, assaporando l’odore di pulito che conteneva, a occhi socchiusi; e chiedendosi se fosse un dono di Marco, o di Izou, o chissà chi altro suo amico. Ma almeno era tornato ad avere un po’ di caldo dopo aver ceduto la sua giacca nuova.
-Fratellone, ne ho trovato un altro!- gioì il più piccolo, venendogli incontro saltellante, con una scatola quadrata in mano, tenuta verso il cielo e con Kotatsu che ne stava portando un’altra ancora, sferica e profonda. La prima con l’incarto argentato, il secondo dorato. -Era sopra una panchina, nascosta tra la neve.- rise, troppo allegro per quel gioco.
-Grazie.- sghignazzò anche lui, divertito, e affrettandosi a distruggere la carta, accartocciandola senza pietà mentre scoprì davanti agli occhi un libro, ma si corresse, perché, oltre che fosse più largo e sottile di un tomo, vi era riportata sopra la scritta, elegante, di “Album di ricordi”, in corsivo, grigia e con la copertina rossa fiammante. Comprese subito che fosse di Makino, perché lei aveva sempre fotografato ogni loro momento felice e insieme; alcune foto erano in casa, ma si era sempre chiesto dove fossero finite le altre. Sorrise malinconico, iniziando a sfogliarlo e ritrovando subito una dedica, proprio della persona che aveva pensato fosse l’artefice del dono, e affondò il muso nella sciarpa nel leggere con attenzione, quell’augurio per il meglio, quella felicità nel trascrivere con quanto amore avesse scelto e posto le foto in ordine di momenti della loro vita, e sbuffò imbarazzato e onorato per l’ultimo commento, che gli augurava di essere felice anche con Marco mentre Luffy gongolava per la felicità del maggiore, che subito andò a curiosare, notando immagini di loro tre, insieme, per il primo giorno di scuola e con lui troppo corrucciato e sulle sue mentre Luffy rideva per qualcosa che aveva visto alla finestra, intanto che Sabo cercava di concentrarlo per la foto; foto dei compleanni, e anche in quello stesso parco a giocare. Ma anche con gli amici, fino a crescere, e poi altre pagine bianche, con la prima che cominciava con un: “Tocca a te riempire la tua vita, ma io starò lì a guardare e a scattare per ogni momento che condividerai con noi.”.
-Grazie Makino! Grazie ragazzi: è tutto bellissimo!- urlò al vento, voglioso di farglielo sapere in ogni caso mentre sbuffò, un po’ rosso mentre tenne quell’oggetto prezioso sotto braccio per prendere anche l’altro, scoprendolo subito e notando il contenuto con allegria prima che perdesse fiato, restando immobile con sguardo fisso e incredulo nel ritrovare quel regalo, davvero inaspettato in un momento del genere: erano a fine dicembre.
-Uoh! Il fiore della mamma!- esordì Luffy, nello sporgersi per vederlo dato che il silenzio di Ace lo aveva incuriosito sempre più.
-Già.- mormorò, sorridendo poi nel vedere i fiori rigonfi e sottili, rossi e con il polline giallo, con tre fili di esso che uscivano verso l’alto con delicatezza, il tutto dentro un candido vaso giallo come il sole, pieno di terra. -Un ibisco rosso, proprio come quello della mamma.- farfugliò, immaginando subito che fosse merito di Robin, guardandolo ancora un po’ prima di riporre nuovamente il coperchio della scatola su di esso. Quello sì che era un dono prezioso. Chissà la difficoltà, di farlo sbocciare in inverno, pensò con fare dolciastro, ripensando a Rouge, sua madre e a come ne portasse sempre uno tra i capelli, lunghi, ondulati e di un rosa chiaro e delicato come il suo spirito, ma forte come quel fiore. Domani, lui, avrebbe compiuto venti anni…, ripensò con fare troppo profondo, e lei non c’era a vederlo crescere…, ripensò, forse troppo negativo mentre osservava la scatola che aveva chiuso, e sferica con troppa fissazione, in quel momento. Era bello però avere qualcosa che lei amava e a cui teneva tanto.
-Fratellone! Cerchiamone altri!- alzò un pugno al cielo prima di tornare a muoversi, anche per non far congelare i suoi poveri piedi, e fiondandosi poi su un albero, iniziando ad arrampicarsi su di esso con agilità, aggrappandosi da un ramo a un altro, e con Kotatsu che lo supportava da terra, in attesa.
-Okay.- annuì, sospirando e riportando a terra lo zaino, aprendolo lentamente nel chinarsi a terra, facendo poi spazio e riponendo dentro, con cautela, quella pianta dentro la confezione, intanto che l’album restò sulle sue cosce finché non si rialzò e lo tenne in mano, muovendosi per cercare nuovamente, ridendo perché, alla fine, era davvero divertente.
-Avanti, fratellone!-
-Va bene, va bene. Ho capito, ma tu attento, che si scivola.- annuì, guardandosi intorno e, per lo più si soffermò sui cespugli verde scuro, che si agitavano per il vento, questa volta, e che venne addosso anche a lui per scompigliargli la chioma prima che sospirasse e riaprisse quel libro, tornando a osservare la prima pagina, restando a guardarla con occhi troppo profondi, quasi da voler entrare in essa, in quella foto che aveva giaciuto in casa da secoli, un po’ rovinata dal tempo, ma che rappresentava ancora la sua mamma, con il sorriso gentile e le lentiggini uguali alle sue, come gli occhi anche se più chiari del suo marrone scuro; dal volto così sereno e docile. Le mancava. E, forse anche per quello, sentiva freddo.
-Ace! Eccone un altro!- rise, dondolandosi da sopra il ramo e indicando per terra, oltre la fontana al centro, sporgendosi in basso per guardare Kotatsu che miagolava preoccupato. -Vai tu intanto che scendo!-
-Sì, va bene, ma ora scendi: è pericoloso…- si bloccò, alzando lo sguardo dalla foto e chiudendo di scatto l’album nell’udire un ramo spezzarsi, e osservò il minore appeso sullo stesso, piegato e che dondolava con poca sicurezza, con il legnetto quasi addolorato per il peso, che rideva per come ci fosse mancato poco, ma subito quel pezzo d’albero tirò un ultimo gemito prima di sprofondare e dare la marcia al maggiore di correre nel gettare a terra lo zaino e quel regalo che stava contemplando, scivolando poi verso il tronco, distendendosi in avanti con una gamba che scompose la neve e cadendo sulla schiena; sbattendoci i piedi contro e ricevendo addosso il più piccolo che, nell’atterrare tra un verso di sospiro generale; scoppiò a ridere, ricevendo solo un pugno leggero del lentigginoso, che crollò a terra esamine, con il capo, ignorando il ramo sotto al suo collo prima di adocchiare, alla propria sinistra, delle gambe, risalendo fino alla corta chioma bionda e al sorriso che esibì, grato al cielo per essere arrivato in tempo, a terra come lui ma di petto e che era atterrato sopra la sua pancia per poi accusare il colpo del più piccolo sulla schiena.
-Sabo?-
-Oh? Ehi, Ace, ciao… Tutto bene?- si rialzò appena il minore scese con un balzo, venendo rimproverato da Kotatsu e dai suoi versi di ringhio, ma che ignorò per correre dietro la fontana.
-Sì… Spero… Eri dietro al cespuglio anche tu?- si mise seduto, strizzando in un breve istante l’occhio sinistro nel sentire una costola rimuginare al suo gesto prima di sbuffare e scuotere il capo, notando poi il suo micio riportargli l’album, che tenne in bocca; sorrise. -Grazie.-
-Ma no! Che dici! Passavo di qua e… Sicuro di stare bene?- lo aiutò a mettersi in piedi, guardandolo sorridere e annuire.
-Okay. Ci aiuti? Cerchiamo dei regali, e sono tutti per me, poi… Oh! Guarda!- riaprì l’album, mostrandogli la foto del loro primo compleanno assieme con Makino, quando Sabo compì dieci anni.
-Cavolo, da quanto tempo…- si meravigliò, lasciando una mano sulla spalla del più grande di tre mesi prima di concordare alle prime parole: -Sì, vi aiuto volentieri.-
-Luffy, se devi arrampicarti, presta più attenzione… Mi hai fatto prendere un colpo.- sbottò con una smorfia rigida davanti al più piccolo, che era tornato con una tavola incartata di blu e tempestata di neve bianca disegnata su di essa.
-Va bene. Ciao Sabo!-
-Ciao, ma Ace ha ragione: non salire più sugli alberi, per oggi. Ma ora, aprirlo: vediamo cosa c’è.-
-D’accordo.- annuì il più piccolo, portando le braccia dietro la testa e volgendo le pupille al più grande che, dando il libro a Sabo, iniziò a strappare la carta.
-Un quadro.- mormorò nel reggere quel materiale marroncino, per poi rigirarlo e sorridere. -È la foto che abbiamo fatto qualche giorno fa, assieme a Marco.-
-Fa parte della famiglia ormai.- rise, fiero che gli piacesse ciò che gli aveva donato, Sabo; ritraeva tutti e quattro, con Luffy abbracciato al maggiore che si stringeva al braccio di Marco, in mezzo e con a fianco lui che aveva passato il braccio attorno al suo collo, per portarselo vicino. Tutti, lì, sorridevano; ed erano felici, come ora.
-Ma cos’è tutta questa caccia al tesoro?- mormorò, anche se con tono grato, per poi bisbigliare all’orecchio del coetaneo: -C’è anche Marco nel cespuglio?-
-No, lui non c’è.- rise, per poi consolarlo per il broncio che mise, spronandolo nel dargli una pacca sulla spalla. -Ora andiamo a casa?-
-Va bene.- concordò, alzando le spalle e guardando Luffy che andò a recuperare il proprio zaino, in fretta, più di Kotatsu che se ne rammaricò con uno sbuffo, tornando indietro con il minore che rideva, vantandosi della vittoria. -Almeno potrò dormire un po’… Sei venuto in macchina?-
-No.- alzò le spalle, con Ace che sbadigliò indifferente, proseguendo e sfregando la chioma al minore prima di continuare a camminare. -Aspetta, ma ora che ci penso, non eri con Koala? E non avevi detto che avresti fatto tardi?- sbadigliò ancora, a occhi chiusi mentre riprese il telefono, volendo riprovare con il proprio fidanzato, anche se si lagnò nuovamente nel vedere che non avesse visto nemmeno un messaggio, ma avviò lo stesso la chiamata, portando il telefono all’orecchio finché non terminarono gli squilli e scattò la segreteria che chiuse senza tante cerimonie, sotto il sorriso forzato di Sabo per quelle accuse mentre Luffy giocava con il suo micio.
-Beh, magari potremmo fare un salto a casa sua, no?-
-No. Ho sonno. E se non vuole rispondere non voglio insistere.- esordì, spalancando la bocca e coprendola con la mano nel tirare fuori ancora del fiato assonnato e caldo.
-E allora andiamo!- incoraggiò con una gomitata, sapendo che il maggiore non aspettasse altro, o meglio, non avrebbe gradito altro se non tornare a casa, per la sorpresa finale; gioì al pensiero, il biondo, anche se, avere più tempo non avrebbe arrecato dispiaceri, né a lui né ai regali che ancora non erano arrivati.
-Peccato ci tocchi andare a piedi…- mormorò, anche se dentro sorrise, e forse lo mostrò anche per poi far ridere il fratello che acconsentì, guardando il minore e facendogli cenno di affrettarsi.
-Giusto, a casa! Come nei piani!- ricordò lui, tornando a correre solo per poi scivolare, con Kotatsu alle sue calcagna.
-Piani?- alzò un sopracciglio, incredulo prima di sorridere al pensiero di una nuova sorpresa, e ideata proprio dai suoi fratelli! Di certo, lo avevano fatto con tutti per farsi perdonare per l’anno ormai passato, rifletté ridacchiando con fare sempre più elettrizzato prima di sgranare gli occhi e sospirare trasognante: Magari anche Marco si era unito in quella idea! Ma certo! E il che lo sollevò anche: Marco non lo stava lasciando, ma amando di più per il suo compleanno!
-No. No, no. È Luffy che sbaglia.- cercò di illudere, ma ormai il tarlo era andato a innescarsi in Ace e non si sarebbe tolto, lo sapeva, Sabo, che sospirò intanto che Luffy, ridendo, giocava, senza capire il danno fatto. Non era bravo con i segreti… E pensare che lo sapeva anche bene! Come aveva potuto lasciare che il più piccolo facesse parte del piano! Rischiava di rovinarlo!, si agitò, con una smorfia prima di ascoltare le risate del lentigginoso e darsi dell’idiota per come stesse facendo storie per niente: in ogni caso, erano riusciti a fare tanto, ed Ace non sapeva cosa fosse con esattezza ciò che lo attendeva, sorrise; e nemmeno Luffy, per sicurezza; sospirò.
-Perfetto, andiamo!- sghignazzò, allettato soprattutto di rilassarsi al caldo appena sarebbe arrivato; ma maggiormente che Marco lo stesse proprio aspettando lì, e il suo cuore batté con più forza a tal pensiero, estremamente colorato e palpitante; e forse con impazienza come lui in quel momento! E lui che aveva pensato male! Che idiota che era stato!, rise, aumentando il passo con il battito in frenesia: doveva raggiungere Marco immediatamente!
-Eh? Aspetta, non c’è bisogno di correre!-
 
 
 
Finalmente! Finalmente era lì davanti! Per la strada aveva incappato in altri regali, e li aveva accettati, con gioia e frettolosità, peccato che Luffy ci tenesse che gli aprisse, più di quanto lui volesse correre verso il suo ragazzo, sempre se era lì: ma ne era sicuro. Anche Sabo desiderava che raggiungessero quella meta ma con calma, e, alla fine, respirando piano e scartandoli lentamente, guardandoli tutti con maestosità per il loro contenuto, si era ritrovato con lo zaino pieno e con i doni che non vi erano più entrati tra le mani, assieme ai suoi fratelli, e anche Kotatsu ad aiutarli. Ma alla fine, anche se con le mani piene fino al collo, era davanti alla porta, con occhi traballanti e pieni di stelle che vibravano, in attesa della loro luna che sperava aprisse, dopo il suono del campanello, pigiato con il dorso del gomito per un soffio, anche se una scatola era crollata; sotto il sospiro di suo fratello, forse sperando in una vera sorpresa, ma capiva anche lui che, in quello stato, non c’era molto da fare se non suonare per farsi aiutare; per quanto strano fosse suonare alla propria dimora quando loro che ci vivevano erano tutti e tre fuori. Ed Ace sorrise al pensiero, perché Marco, di certo, gli avrebbe soccorsi da quei pesi.
-Avanti ananas! Ho fame!- volle incrementare la velocità del biondo, sempre se stesse arrivando; Luffy.
-Dagli tempo.- bofonchiò amaro, Ace, non amando che, al suo Marco, gli venisse parlato in quel modo, intanto che Sabo cercò subito dopo di parlare a Luffy di stare in silenzio su quell’argomento; trattenendo, nell’abbracciarli; tutti i pacchi che regeva, sfatti ma rimessi insieme, dentro quei contenitori, per comodità. Corrugò le sopracciglia in fretta, Ace, perché capì solo in quel momento; non ci aveva fatto caso nemmeno lui che aveva anche giustificato il fidanzato, quasi d’istinto, ma… Marco era lì? A casa loro? Quindi c’era davvero una sorpresa?, sorrise a bocca aperta, quasi con gli occhi pieni di luci colorate, da abbagliare la porta che, lentamente, e sotto il suo fiato che si fermò; si aprì.
-Come mai… Oh, vi serve una mano, immagino.- sorrise, passandosi una mano tra il ciuffo biondo che teneva, lieve mentre con l’altra mano si tolse gli occhiali, riponendoli nel taschino della camicia azzurra, che gli mostrava il petto; per poi massaggiarsi il mento del proprio volto allungato, con un breve contenuto di barbetta sul bordo, fino a tornare al fianco, spalancando poi la porta completamente. -Ciao Ace.- ci tenne a salutare, appena gli passò davanti e quello provò a mostrarsi con una grande gioia senza imbarazzo nella sua direzione, eppure rosso come un peperoncino; prima di avanzare verso l’ingresso, nel corridoio; e adagiare a terra ogni cosa; sbadigliando poco dopo prima di mettersi in piedi, non avendo più forza per risistemare e guardando le scale come un’impresa inaudita, in quell’arduo momento, pensando a una doccia rovente.
-Ace!- rise, Luffy, correndogli incontro, ma Sabo, ridendo, negò con il capo divertito, lasciando tutto sul pavimento meglio di come avesse fatto il più piccolo, che gli aveva gettati senza neanche un minimo di ripensamento; per poi prendere per un braccio il maggiore e, spronandolo, lo spinse verso il soggiorno nonostante guardasse Marco con occhi profondi e vibranti, come se fosse la sua ancora, come se non potesse proseguire in mare aperto senza di lui, o sarebbe stato perso; ma si lasciò pressare.
-Sorpresa!-
L’urlo immenso che giunse alle sue orecchie lo scompose da costringerlo a strizzare gli occhi nel voltarsi a guardare intanto che sentì una bottiglia stapparsi e il tappo volare fino a sbattere contro qualcosa; nello stesso momento in cui, in aria, finirono i coriandoli che gli si adagiarono sulla sua chioma lentamente come delle carezze, tra la meraviglia quando si rese conto che fossero tutti lì, tra gli addobbi natalizi che si alternavano a quelli per la festa, con palloncini, buffet, una fascia con scritto “Buon compleanno, Ace!”, e la presenza di tutti, incluso il gigante: il padre di Marco.
-Ma… è domani il mio compleanno…- farfugliò per poi voltarsi verso Sabo che gli si era affiancato alla sua sinistra, diversamente da Marco che era sul lato opposto. -Che ore sono?- mormorò, vedendo il cielo oscurato da uno strato enorme di nuvole, molto più scure ormai, oltre la finestra immersa nel muro.
-Saranno le sei. Ma che importa? Possiamo sempre stare e aspettare di accogliere il giorno del tuo compleanno con te, festeggiando già da ora.-
-Oh… La… La trovo un’ottima idea. Siete stati grandi!- esclamò, ridendo e avanzando, sporgendo prima la mano verso l’esterno, cercando e bramando, stringendo, l’arto di Marco per poi avventarsi verso il buffet come Luffy, a differenza del fatto che ringraziò chiunque incontrò per tutto quello. Si illuminò maggiormente nel capire che, quelle cibarie, fossero tutti gli ingredienti comprati e che amava insieme ai suoi fratelli, inclusi i peperoncini che sembravano aspettare solo lui, e che fossero riservati solo per lui; nemmeno Luffy sembrava intenzionato ad avvicinarsi, per una volta; almeno non a quella cibaria in particolare.
-Allora… Ti abbiamo fatto felice?- sorrise, con una pacca sulle sue scapole, Nami, divertita e scuotendo la propria chioma fluida e arancio mentre Ace, ancora ammaliato da tanto cibo, annuì senza darle però la giusta attenzione.
-Ace! Il karaoke ti aspetta!- incitò Thatch, sventolando un braccio dopo essere salito su un piccolo palco, costruito poco prima del suo arrivo da Franky che urlò un “Super!” per la sua opera, contornata da colonne in legno, che lasciavano scivolare dei tondoni bianchi; come il materiale di tutta quella struttura.
-Arrivo anche io!- saltò subito, Luffy, oltrepassando il tavolo e afferrando e spingendo verso il castano, il maggiore che fu costretto a lasciare, bruscamente, Marco, che, ridendo decise comunque di andargli dietro, non volendo lasciarlo solo nel suo divertimento, anche se ben consapevole di non essere uno che si gettava in quegli svaghi.
-Ah, Marco, mi sa che ti tocca raggiungerlo.- forzò Haruta con un ghigno e un sospiro benevolo dopo il cenno del castano ancora sul ripiano, sotto l’attenzione di tutti mentre acclamava e presentava i due appena saliti su di esso, come lui, e che iniziarono a impossessarsi dei vari microfoni intanto che Sabo corse a raggiungerli dopo aver afferrato la chitarra elettrica dello scheletro Brook che volteggiò ridendo per quel gesto, continuando poi a suonare con il suo violino, ma smettendo appena cominciò a strimpellare il biondo.
-No, non credo. Si diverte anche così.- alzò le spalle, lui, osservando Ace saltare e cantare, decisamente più intonato di Luffy che mancava ogni nota mentre ci dava dentro sulla batteria, dandole bacchettate come se volesse sfondarla senza pietà; ascoltando, nel mentre, il babbo sorseggiare, seduto su una poltrona grande più di lui, all’angolo accanto al camino, che Usop stava cercando di accendere, solo per poi vedere i propri capelli, riccioluti e lunghi fino alle spalle, prendere fuoco assieme a Rosinante, che, nel provare a spegnerlo, scivolò dentro al camino, il tutto sotto il sospiro teso e deluso del fratello minore, Law; seduto su una sedia accanto a Izou che si lisciava i capelli con una spazzola, divertito dallo spettacolo, e di come la piccola renna, Chopper provvedette a tirarlo fuori e a guarire entrambi dalle scottature.
-Marco, vai prima che ti costringano. E sai che lo faranno.- consigliò un’ultima parola, Haruta, sfregandosi la chioma castana e a caschetto prima di allontanarsi con un cenno della mano, recandosi a riempirsi lo stomaco con una forchettata di spaghetti, mentre il sole aveva ormai abbandonato la città, come voglioso di accelerare il momento in cui Ace compisse gli anni, costringendo il gelo e la neve a raffreddarsi di più e, a loro, di accendere la luce, mentre Makino sistemava tutti i regali in ordine, riponendoli poi in qualche camera, forse in quella del festeggiato, con l’aiuto fulmineo di Sanji, che però la pregava di godersi quella celebrazione e di rilassarsi, ma lei non sembrò volerlo accontentare, almeno finché non terminarono di sistemare.
Marco ghignò alle parole dell’amico, per poi puntare lo sguardo; restando ancora ai piedi del palco; al cuoco, che era sceso e gli venne incontro; subito pensò alle parole del fratello, che avrebbero voluto vederlo là sopra come stesse facendo Ace con i suoi fratelli e con quelli che si erano aggiunti; troppi e più di quanto quel palcoscenico potesse contenere; ma si affrettò a interromperlo ancor prima che cominciasse.
-La torta è pronta?- gli sussurrò, volendo che fosse tutto perfetto per i nuovi anni di Ace, un po’ come anche i suoi stessi fratelli: avevano organizzato tutto, dividendosi poi in due gruppi, e lui era capitato a fare quello che sistemava la casa, e si era divertito e aveva ammirato Ace dalla finestra e i suoi modi di fare, anche se era stato anche dispiaciuto di doverlo spiare in quel modo, soprattutto a non rispondere ai suoi tentativi di averlo vicino; e i fratelli, Nami, Usop, Chopper erano la squadra regali, e avevano adempito al loro dovere, seminando regali e rendendo felice Ace; ringraziava anche Makino che, nel mandarla a fare la spesa per gli addobbi, aveva dato una mano al suo ragazzo nel tornare a casa con tutta quella roba; mentre Thatch sorrise di più per quelle parole, rassicurandolo con tono fiero per il capolavoro messo in atto assieme al biondo Sanji.
-Aspetta solo di essere mangiata.-
Lo guardò ridere, ma in un attimo gli scomparve davanti gli occhi e gli apparì un sorridente e stupendo Ace che aveva terminato di cantare, o forse si era bloccato nel vederlo lì, rosso in volto ma tremendamente felice prima che lo avvolgesse, con le braccia, attorno al collo, accogliendolo e abbracciandolo; sospirando docile prima di sussurrare una nuova canzone movimentata, o forse quella di prima, tornando a cantarla con il microfono in mano mentre il biondo, sospirando; un po’ più alto del moro da respirare sulla sua chioma, iniziò a dondolarsi, stringendogli i fianchi con cautela sotto il fischio di approvazione di qualcuno; di sicuro Thatch, che fu proprio quello ad offrirgli un nuovo gelato, facendolo sbuffare e strizzare un occhio, con una smorfia di malavoglia prima di schiarirsi la gola, leggermente rosso, e intonare le parole stesse di Ace che, meravigliandosi si scostò per guardarlo meglio, come se altrimenti non avesse creduto alle proprie orecchie. Lo vide guardarlo con occhi ricolmi di gratitudine per tutto quello, ed estremamente brillanti come mai, solo nel compiere la loro prima volta gli ebbe visti così fragranti di brio.
-Ti amo.- annunciò di colpo, contro quel microfono, con un sorriso malizioso e perfetto; raggelandolo di un calore anomalo e che si sprigionò fino a raggiungere il proprio cuore intanto che, rabbrividendo e tremante, si portò il microfono alle labbra per parlare, e forse proprio per dire lo stesso, sotto il silenzio generale che si era creato, e, a dir poco imbarazzante per Ace, su cui regnava un velo rosso su tutto il volto.
-E ora si mangia!-
Boccheggiò, corrugando confuso le sopracciglia, osservando il proprio fratellino mollare gli ormeggi alla batteria e precipitarsi al tavolo, forse stremato dal dover stare così staccato dal cibo con tutta la fame che lo attanagliava, e sbuffò una risata, anche quando vide Nami colpirlo con un pugno per rimproverarlo dell’intromissione nella discussione romantica. E il definirla romantica lo fece arrossire ancora di più intanto che, riprendendo la presa più forte sul microfono, con occhi decisi verso il suo lui che aspettava ancora, altrettanto divertito per quella scena; si confessò, come già fatto ogni volta che ne aveva la possibilità, ma questa volta in pubblico, e sotto gli occhi innamorati e azzurri dell’altro su cui, Ace, ci teneva tanto a fare bella figura, sotto l’ovazione più completa del pubblico per tutto quello.
-E ora! Andiamo anche noi a mangiare, Marco!- si elettrizzò dopo aver lasciato il microfono, e parlando solo dopo essersi avvicinato all’altro, con un grande sorriso e afferrandogli la mano per poi guardare il buffer, volendo saltare il gradino per raggiungerlo, ma Marco, resistendo e portandolo indietro, cercando di essere delicato, scuoté il capo, rallentando la sua allegria.
-Vorrei approfittare di questo momento per darti il mio regalo, se per te va bene.- annunciò, sempre con più serietà e ancora con il microfono davanti alle labbra che riproduceva in tutta la casa, nuovamente in silenzio, ma questa volta in uno ancora più emozionato e incredulo per chissà quale idea mentre Ace, indietreggiando e rallentando il fiato, si mise per bene davanti ai suoi occhi. -So che non è ancora il tuo compleanno, ma sono certo che non te ne lamenterai: in fondo, tutti ti hanno già riempito di regali.-
-Beh sì, sono stati fantastici, e vi ringrazio ancora.- si voltò ancora verso di loro, volendo fargli capire quando ci tenesse, parlando anche lui al microfono ritrovato, più perché Sabo gli è lo aveva passato di colpo dopo che lo avesse ripreso da terra. Ma si sentiva davvero accaldato mentre tornò da Marco; si sentiva tremare, le dita fredde e le pupille sempre più ristrette: il cuore non batteva più al pensiero di cosa gli stesse per donare il suo ragazzo.
-E a questo punto, ti presento il mio regalo.- continuò dopo il sorriso generale del pubblico per le parole del moro; e a quel punto, frugando nella tasca, divertito dal sospiro trattenuto di molti, mostrò una scatoletta nera quanto la sua mano e velata da un solo e piccolo fiocco rosso, con le strisce che ricadevano oltre il bordo mentre udì Ace boccheggiare attraverso il gelato in mano, anzi, lo udirono tutti finché non crollò seduto a terra, lasciandolo rotolare con un suono sordo e incessante che continuò a emettere finché non si fermò.
-Io… Tu vuoi…?- mormorò confuso, talmente spaventato e felice, con le ginocchia divaricate e piegate, e con i palmi sul pavimento e dietro la schiena; sconnesso al punto che, in un attimo, si perse e non ricordò più cosa si stesse aspettando dall’altro, dal più grande, e in quel silenzio, interrotto solo dal masticare di Luffy; udiva solo il suo cuore rombare nel suo petto e il suo cervello pulsare come una chitarra che strimpellava. I suoi occhi tremavano, il suo respiro vacillava, ma anche il suo cuore perse un battito appena Marco, scuotendo il capo negativo, con una smorfia, si chinò in ginocchio, con un sospiro e lasciando a terra il microfono.
-Vuoi vivere con me?-
Spalancò la bocca, restandoci ad occhi sgranati fino all’invero simile, forse da spaventare, e forse sembrava incredulo allo stato puro, davanti a quella chiave che era dentro quel cofanetto perfetto e ripieno di tessuto scuro… Tutto era diventato bello in quell’istante, ma non riusciva a parlare intanto che Sabo, dietro la schiena di Marco, sembrava perplesso, quasi deluso: forse aspettandosi altro, come tutti dato che si udì un “Oh.” generale e triste davanti alla constatazione che Marco avesse comprato una casa per entrambi.
-Ma certo!- si riprese, scattando in avanti con il petto; da far venire un infarto ai due, che però subito sorrisero sotto le risate di alcuni mentre Ace tentennò un attimo prima di afferrare quell’oggetto speciale, che rigirò tra le dita con il respiro mozzato, attento su quest’ultimo prima di riportare il volto, con fare dolce, sul suo fidanzato che non sembrava, però, aver terminato.
-E allora ti chiedo, e spero che accetterai, di diventare mio marito.- terminò con sicurezza, nel sfogliare via il tessuto che aveva lasciato a far riposare quella chiave, con due dita; rivelando poi che, quel cofanetto, fosse qualcosa di più e un qualcosa in cui tutti, in quel momento, avevano sperato: un anello argentato e prezioso. L’applauso generale venne sommerso e annientato dalle urla di gioia e acute della maggiorparte delle ragazze; intanto che Ace, respirando lentamente e guardando quel nuovo regalo con timore, ancora a terra e ansimante, cercava di realizzare l’accaduto, allungando successivamente una mano verso di esso, ma portandola sulla guancia di Marco, su cui riadagiò poi gli occhi, accarezzandola un attimo, compresa quella barbetta sul bordo prima di precipitarsi sulle sue labbra, premendole con forza a occhi chiusi, portandoselo sempre più vicino prima di staccarsi e sbuffare allegro.
-Sì!- lo strinse con forza, ridendo forte e strusciandosi contro la sua guancia prima di staccarsi e osservarlo con decisione e fronte corrucciata, sbuffando dalle narici un attimo, con una smorfia indispettita da meravigliarlo e lasciarlo un attimo stupito, e poi fu lui a sentirsi agitato e confuso, non prima che Ace commentasse con un rimprovero: -Non ignorarmi più al telefono, va bene? Mi hai fatto preoccupare…- 
Lo vide ridere e annuire al contempo, esclamando un “Promesso.” sincero e si sentì meglio; e anche se era al centro dell’attenzione, si decise ad adagiarsi contro il suo petto con la fronte, mormorando che fosse il sogno più bello essere sposato con lui, da ora in poi; stringendosi ai lembi della sua camicia con forza e sentendo le braccia dell’altro fare lo stesso contro il suo busto celato dalla felpa radiosa e ancora umida.
-Congratulazioni!- l’urlo di tutti riprese e risvegliò i due, con Ace che, arrossendo e staccandosi piano, si sfregò il capo sotto gli occhi dolci del, più ufficialmente suo, Marco.
-Grazie! Ora possiamo mangiare?- rise, traballando con le spalle e baciandolo nuovamente, più a fondo, ma senza sporgersi troppo per la presenza di altri, e così si alzò, saltando giù con Marco alle spalle, raggiungendo il minore, con Sabo che, scoppiando a ridere, decise di raggiungerli, anche lui affamato dopo quella carica di novità sotto la luce chiara che, in un attimo tornò stereoscopica tra i mille colori fugaci e di mille forme; e si affrettò ad affiancare il maggiore, adagiando una mano sulla sua spalla.
-Ci mancherai in casa.- parlottò appena gli applausi cessarono definitivamente e tutti tornarono a divertirsi completamento; sincero e sedendosi accanto al più piccolo che, mangiando, parlò di qualcosa, ma di certo esclamò con forza i suoi migliori auguri mentre Ace, ridendo, se li strinse un po’ alla volta in un abbraccio, con il petto contro la loro schiena e le braccia sulle loro spalle, prima di sedersi vicino a Marco, ma non fece in tempo che venne attirato da delle lacrime, e subito vide la grossa Dadan, sua babysitter, cedere in un pianto eterno, asciugandosi quella pioggia accanto alle risate enormi di suo nonno Garp; sotto i sorrisi di molti per quello prima che Ace, mormorando un attimo incredulo e allegro a ciò, si voltasse a guardare ancora i minori:
-Mi farete da testimoni?-
-Ci puoi contare!- brandì il cosciotto, Luffy, con i suoi corti capelli, neri, che sventolarono leggermente, mentre i suoi occhi brillanti e audaci persero in un attimo ogni interesse per ciò che aveva appena detto, voltandosi poi verso il biondo con intensità e grattandosi, con un dito ricolmo d’olio, la cicatrice ovale a quattro punti sotto l’occhio sinistro: -Cos’è un testimone? Beh, in ogni caso puoi sempre contare su di noi.- tornò, vantandosene quasi, a parlare con il maggiore che, sporgendosi, gli sfregò la chioma come ricompensa intanto che Sabo, sbuffando pensieroso sulla definizione appena richiesta; sfregandosi lentamente la capigliatura riccioluta e corta, pensieroso, si affrettò poi a spiegarla, sapendo che comunque Luffy non avrebbe ascoltato, o capito il tutto, preferendo mangiare come poi, iniziarono a fare tutti.
 
 
Gli strinse la mano, ammirandosi intorno con un sospiro sempre più grato, consapevole che ormai fosse sempre più tardi, e che il suo compleanno si stesse facendo sempre più vicino, tra risate, musica, balli, e semplice ma puro chiasso felice.
-Okay… Ma quand’è che ci sposiamo?-
-Oh, vuoi parlarne ora?- rise, Marco, guardando l’altro annuire con convinzione e con un dolce, anche se in realtà denso, “Certo.” nella voce. -Beh, io non ci avevo pensato. Possiamo decidere la data insieme.-
-Facciamo domani?- ingrandì le proprie pupille, avvicinandoglisi e respirando il suo odore intanto che lo notava così sereno e felice.
-Per me andrebbe benissimo, ma per i preparativi ci vorrà un po’. Se hai una data in particolare, possiamo sposarci in quel determinato periodo: in estate o in primavera e…-
-Voglio sposarti ora.- assottigliò gli occhi, come impaziente e con sufficienza per tutti quei rigiri di parole dell’altro, che, ridendo a piena voce sotto il sottofondo della musica sempre più alta, si chinò per avvolgergli le braccia attorno al suo busto, tenendolo stretto e lasciando che, il proprio mento, si adagiasse contro il petto dell’altro, al centro del suo cuore e immersi in quella folla che, se li notava sorrideva per poi tornare a ballare e a lasciargli la propria intimità.
-Quindi? Ci sposiamo adesso?- sorrise, lasciando le braccia sulle spalle del ragazzo, in attesa e beandosi dell’aria calda che gli veniva addosso dalle narici del biondo.
-Ci sposiamo. Anche ora, ma sai, non c’è il prete.- confessò, un po’ amaro, perché l’idea non dispiaceva nemmeno a lui, e socchiuse gli occhi, dispiaciuto nel deluderlo un po’ anche se si aspettava, in quel momento un “Andiamo a recuperarlo adesso.”; ma, baciandogli i pettorali un po’ alla volta fino a risalire verso il cielo, e atterrare sul suo collo e poi sulle sue calde labbra, se lo ritrovò dormiente; colpevole la sua narcolessia, e sbuffò, tenendolo ancora più stretto a sé per non farlo cadere, consapevole però che, al suo risveglio, l’argomento sarebbe stato ripreso, sempre se se lo fosse ricordato. Ma, in ogni caso si volle cercare un luogo dove potersi sedere, e così lo tenne per bene in braccio, come una sposa tant’è che Thatch, nel vederli fischiò attraverso il microfono, assordando tutti, compreso il babbo, sotto le proteste di tutti e di Nami che, arrivando veloce come un fulmine, lo colpì con forza sulla testa da farlo stramazzare al suolo, prima che potesse commentare altro e attirare l’attenzione su di loro, per fortuna.
-Allora Marco… Il tuo nuovo sposo è felice?-
-Certo padre, troppo in realtà e mi rende felice.- rise, coccolando i capelli al moro dopo aver preso posto sotto il trono possente del vecchio gigante, che, ridendo e bevendo; con quei baffi bianchi e lunghi verso l’alto, concordò, consapevole dei sentimenti del più giovane per il suo primogenito.
-Al vostro matrimonio potrei sposarvi io.- annunciò sicuro, con il biondo che quasi si illuminò a quelle parole, sgranando gli occhi e alzandoli al cielo, verso gli occhi gialli del babbo: non ci aveva pensato. -Avete già deciso la data?-
-In realtà…- ghignò, sorpreso che anche lui gli è lo avesse chiesto, ma, alla fine si era meravigliato che non lo avesse rimproverato scherzosamente, ma non era così sorprendente; non c’era motivo di farlo solo perché i suoi regali erano rimasti un segreto anche per il vecchio, con cui si confidava particolarmente. -Ace vorrebbe affrettare le cose, perché non vede l’ora di essere legalmente sposato con me, però, io penso che potremmo fare le cose anche con calma, e che, magari, ci divertiremo anche di più così: sarà una bella avventura, dobbiamo cominciarla pensando alla data. Ma ora non è il momento: tra poco è il compleanno di Ace.- spiegò, rasserenato dalle sue stesse parole, a cui non aveva neanche dato peso, o pensato mentre le pronunciava: temeva di chiedergli se volesse sposarlo anche in quel momento, così da far felici tutti, ma, voleva essere felice con Ace, ed Ace era felice con lui: aspettare non era un problema se erano in due a volerlo. Ace voleva sposarsi in fretta, ma loro erano già sposati, da molto ormai, da quando si erano conosciuti: a renderli tali non sarebbe mai stato un foglio di carta o un anello, bensì il loro cuore. A mente più lucida, avrebbero scelto una data, perfetta come lo erano loro.
-Sono fiero di te, di entrambi voi. Vi auguro tutta la felicità, figliolo.- esclamò, poggiando l’enorme dito sulla chioma del più grande prima di risollevarlo e tornare a sorseggiare sakè, con Zoro vicino ma che era crollato a dormire; al lato opposto.
-Fratellone!- piombò, Luffy, poco prima che Marco potesse rispondere al proprio padre; e si ritrovò sulle gambe del più grande che era sorretto, al contempo, dal biondo ananas, e scoppiò a ridere sincero prima di scivolare giù con un balzo all’indietro e brandire il polso del lentigginoso che schiuse gli occhi, confuso. -Andiamo! Dobbiamo uscire!-
-Uscire?-
Non ebbe neanche il tempo di decifrare la propria domanda nella testa, perché si ritrovò fuori in un attimo, e si voltò intorno confuso, con Luffy davanti a saltellare e indicare la neve, mentre Sabo lo raggiunse con due giubbini per mano, dato che lui ne possedesse già uno addosso; che offrì in fretta mentre tutti quelli dentro si affrettarono a spargersi nel giardino, incluso Marco che si fece largo tra la folla per raggiungere i tre ed essere tra i primi della fila per quello spettacolo: ormai mancava pochissimo alla mezzanotte.
-Cosa succede?- bisbigliò, verso i due biondi, rendendosi conto con più certezza adesso sul fatto che, Luffy, non indicasse la neve, bensì il cielo, velato da qualche nuvola grigia e che sembrava nera in quel momento, nella notte, ma che gli permise comunque di scorgere qualche stella, brillante e ricolma di energia.
-Stai a guardare.- alzò le spalle, Sabo, per poi ammutolirsi e far rendersi conto ad Ace che fossero tutti, in quel momento, in silenzio, e sgranò gli occhi verso la folla prima di puntarli in alto, meravigliandosi al solo e semplice nulla di un colpo prima di capire e vedere una piccola scia, sempre più intensa, volare verso il cielo, con un fischio lungo e sordo mentre Barbabianca usciva dalla porta posteriore, più grande da farlo passare, rispetto a quella principale, e avvicinarsi il giusto e in tempo da prelevare Ace sulla sua mano, facendolo oscillare e barcollare nell’alzare la mano più in alto che poté, tra alcuni battiti di mani del pubblico, sempre più distante e sempre poco sentito, anche se Luffy urlava di voler salire anche lui; e quell’ascensore terminò il suo lavoro appena il colpo esplose, con un botto e lasciando sfregare il cielo di mille scie, di mille colori che colorarono la sera e tutti loro; lasciando che ne sopraggiungessero altri, con più intensità o meno; ma da essere così vicini che ad Ace, sospirando incredulo; sembrò di poterli toccare intanto che allungò una mano verso quel paesaggio, rendendosi conto di essere così vicino al cielo da poterlo abbracciare; intanto che il silenzio terminò, e, tra le urla delle perone che non conosceva che si auguravano “Buon anno”, lui udì solo quelle dei suoi amici che, insieme, gridarono con più forza un perfetto “Buon compleanno!”, sotto le risate del babbo, così imponenti e illuminate dai fuochi d’artificio che non sembravano voler terminare, intanto che anche lui stesso gli è lo augurò.
-Grazie…- si strinse nelle spalle nel ridere così tanto di felicità e baldoria, finendo nel cadere disteso e a braccia parallele alle sue spalle intanto che ammirava tutte quelle luci con un sospiro, venendo riportato giù lentamente e tra le braccia dei suoi cari, letteralmente: ognuno di essi si misero a contenderlo per abbracciarlo e baciarlo per quei nuovi venti anni; ma terminò con il vincere Luffy, che non sembrò più volerlo lasciare intanto che anche Sabo si affrettò a raggiungerli, ed Ace a stringerli e ad urlare un nuovo e perenne, ma maestoso “Grazie!”.
Ridendo, volse gli occhi a Marco, stringendo ancora la propria famiglia a sé prima che lo baciasse e gli toccasse il mento con due dita per alzarlo al cielo, tra le risate e la felicità generali, consapevoli che la festa fosse iniziata solo ora, mentre Ace sgranò gli occhi per il nuovo spettacolo di luci vere, bianche e lontane, così fuggiasche che non riusciva a contarne una che subito svaniva, tra quell’immensità di cielo nero e nuvole fosche; di stelle che avevano deciso di danzare per lui in un ballo tra comete; finché non lo notarono tutti e il silenzio tornò sovrano per un attimo.
-Guarda, anche il mondo festeggia il tuo compleanno, Ace.- gli sorrise ancora, Marco, prendendo posto appena Sabo e Luffy si staccarono per guardare meglio il cielo e quelle costellazioni passanti e che scappavano per illuminare il cielo di meraviglia per uno stupendo istante; tra lo sguardo di Ace che rise nel sentire le braccia del suo amato su di sé, sotto quello splendido giorno della sua festa, e sotto quel nuovo bacio emozionante, che gli tolse il fiato e gli occhi dalle comete per riversarlo sul suo lui che, mordicchiando le proprie labbra con convinzione, socchiuse gli occhi e lo strinse maggiormente a sé, accaldandolo e velandolo con una coperta di esplosioni d’artificio dentro i propri cuori.
-Buon compleanno, amore mio!-
 
Fine.
  
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