Capitolo quinto
Le
truppe di Firenze rientrarono vittoriose da Volterra, tra ali di folla
festante, ma Lorenzo, Giuliano e Francesco non erano affatto soddisfatti e non
li consolavano le acclamazioni della folla. Sapevano che il massacro di
Volterra era stato, in realtà, una sconfitta per i loro principi e si sentivano
abbattuti.
Lorenzo
scorse Jacopo Pazzi che, in mezzo ai Priori, sorrideva compiaciuto. Certo,
l’aveva avuta vinta lui, lui aveva voluto quella guerra e…
Il
giovane Medici rimase sbalordito e quasi cadde da cavallo nel vedere Antonio al
fianco di Jacopo, proprio nel posto dove non
sarebbe dovuto essere. Che ci faceva lì? Fu tentato di scendere da cavallo
e andare a chiederglielo, ma poi gli venne in mente un’altra cosa…
No, Antonio non
può averci traditi, non è possibile, non lo farebbe mai. E’ molto più probabile
che sia andato da Jacopo per cercare di fargli cambiare idea sulla guerra o
qualcosa del genere. Pazzi sembra molto compiaciuto, forse crede di aver
guadagnato Antonio alla sua causa, ma io non credo proprio. Anzi, se Antonio si
è acquistato la fiducia di Jacopo sarà ancora meglio per noi, standogli vicino
potrà tenerlo d’occhio e, magari, informarci in tempo per sventare i suoi
intrighi.
Sollevato,
Lorenzo riprese quella che per lui non era una marcia trionfale. Tuttavia
pensava che, forse, qualcosa di buono si potesse trarre anche da quella inutile
e insensata strage…
Eh,
sì, Lorenzo era amico di Antonio e gli voleva bene, ma l’idea di infilarlo nel
letto di Jacopo Pazzi per tenere d’occhio le sue mosse non gli era punto
sgradita!
Anche
Antonio vide Lorenzo e Giuliano e, tutto contento, si rivolse a Jacopo.
“Messer
Pazzi, i miei amici sono tornati da Volterra” disse. “Posso andare ad
aspettarli a Palazzo Medici?”
“Certo,
ragazzo” ribatté l’uomo, un po’ sorpreso da quella domanda. “Sei pur sempre il
cognato di Lorenzo, è giusto che tu abiti nel loro palazzo. Non ti ho mica
sequestrato!”
“Grazie,
Messer Pazzi, allora… vi auguro una buona giornata!” lo salutò allegro Antonio,
prima di dirigersi velocemente a Palazzo Medici dove avrebbe atteso l’arrivo
degli amici.
“Buona
giornata anche a te, ragazzino” replicò Jacopo Pazzi, divertito. Era molto
soddisfatto della compagnia del ragazzo e anche del fatto che non volesse
abbandonare i suoi amici Lorenzo e Giuliano.
In
fondo, cosa poteva sperare di meglio che avere una sua creatura così ben introdotta tra i suoi nemici? Pian piano lo
avrebbe convinto a fornirgli informazioni utili… Sì, il giovane Orsini era
stato davvero un colpo di fortuna inaspettato per la sua vita e i suoi
interessi, e per più di un motivo!
In
realtà aveva sottovalutato Antonio, che era molto più acuto e leale di quanto
il suo carattere felice e semplice facesse sospettare, ma questo lo avrebbe
scoperto solo in seguito.
Antonio
arrivò affannato a Palazzo Medici, pieno di entusiasmo. Si rendeva conto che
avrebbe dovuto sentirsi più triste per gli abitanti di Volterra, e lo era, ma
non riusciva a soffermarsi più di tanto su quel pensiero. Era contento che
Lorenzo e Giuliano fossero tornati sani e salvi, che Francesco avrebbe sposato
Novella e… ed era confuso e felice allo stesso tempo per ciò che era accaduto
quella notte con Jacopo Pazzi, il solo ricordo gli illuminava gli occhi e il
sorriso.
Fu
così che si incontrò sulla soglia del palazzo con Guglielmo che accompagnava
Andrea e Novella Foscari da Francesco per il fidanzamento ufficiale.
“E’
una splendida notizia!” esclamò, dopo aver salutato Guglielmo e i Foscari.
“Francesco è rimasto così amareggiato per come sono andate le cose a Volterra e
questo lo consolerà.”
“E’
ciò che spero” replicò Guglielmo con un sorriso. “Ma tu dov’eri?”
“Io
ero… ecco… ero a Palazzo Pazzi, proprio dove state andando voi, e poi…”
Il
rossore e la luce negli occhi di Antonio erano pari a quelli di Novella, la
promessa sposa, e Guglielmo non ci mise molto a fare due più due.
Antonio… con mio
zio? Santo cielo, sembra incredibile, eppure… beh, forse questo servirà a
rendere Jacopo più bendisposto e a non opporsi al matrimonio di Francesco. E se
Antonio è contento così, buon per lui!
Era
commovente vedere come tutta la famiglia Medici, compresi i parenti acquisiti
come Guglielmo, fosse così aperta alla possibilità di donare allegramente le
grazie di Antonio a Jacopo Pazzi pur di tenerlo sotto controllo e cercare di
renderlo più malleabile!
In
effetti Guglielmo non si sbagliava: Jacopo non si comportò con Francesco come
aveva fatto con lui, non lo cacciò dalla famiglia e non ebbe bisogno nemmeno di
troppe insistenze per fare una breve apparizione al matrimonio che, comunque,
si celebrò a Palazzo Medici. E’ vero che, ufficiosamente, si presentò soltanto
per dare un’occhiata sprezzante in giro, scambiare due parole in croce con
Antonio e poi portarselo al suo
palazzo senza tanti complimenti, ma vabbè, questo era Jacopo e non ci si
potevano aspettare miracoli in poche settimane.
E,
siccome il tempo passa in fretta quando ci si diverte tanto, i mesi trascorsero
senza che le cose peggiorassero. Antonio continuava a dividere il suo tempo tra
Palazzo Medici e Palazzo Pazzi, favorito anche dal fatto che le due dimore
erano piuttosto vicine e non ci voleva poi molto per passare dall’una
all’altra; Francesco e Novella erano felici insieme e la giovane veneziana
sperava di poter dare presto un figlio al suo sposo, per consolarlo del fatto
che i rapporti con lo zio si mantenevano piuttosto gelidi, cosa che addolorava
Francesco. Guglielmo e Bianca aspettavano un figlio e Clarice aveva dato un
maschio a Lorenzo, un bellissimo bambino a cui sarebbe stato dato il nome di
Piero. Insomma, pareva che la politica matrimoniale dei Medici e il concetto di
andare a letto con il nemico stessero
dando buoni frutti.
Purtroppo,
però, non si poteva mai stare tranquilli.
Antonio
trascorreva a Palazzo Pazzi tutte le notti, ormai, e la cosa cominciava a
risultargli più familiare e piacevole rispetto alle prime volte. La mattina
tornava a Palazzo Medici, visto che Jacopo aveva
i suoi impegni non meglio specificati e non ci teneva a far sapere in giro
gli affari suoi, e a quel punto passava il tempo con la sorella, gli amici e il
nuovo nipotino. Insomma, aveva interiorizzato con diversi secoli di anticipo
l’idea di famiglia allargata!
Quel
giorno, però, non aveva potuto resistere e si era deciso a recarsi da Jacopo
Pazzi nel primo pomeriggio, un orario inconsueto, per invitarlo al battesimo di
Piero che si sarebbe tenuto qualche giorno dopo: Francesco avrebbe fatto da
padrino per il figlio di Lorenzo e la cosa sembrava talmente meravigliosa al
giovane Orsini da voler a tutti i costi condividerla con Pazzi… che,
ovviamente, ne sarebbe rimasto schifato, ma Antonio era un ottimista, ormai si
è capito, no?
Eppure,
quando entrò nel palazzo, il ragazzo esitò sentendo Jacopo parlare con
qualcuno.
Ecco,
quella proprio non ci voleva, se Jacopo avesse saputo che lui era stato lì
mentre discuteva dei suoi affari con qualche mercante o altro banchiere non
l’avrebbe presa bene, proprio no. Perciò Antonio stava per andarsene,
ripromettendosi che avrebbe invitato l’uomo al battesimo in un altro momento
(sì, aveva ancora l’abitudine di invitare la gente a casa d’altri!), ma poi
quello che udì lo indusse a fermarsi e a… origliare.
Jacopo
stava parlando con il cugino Francesco Salviati, adesso Arcivescovo di Pisa, a
proposito del fatto che il Papa aveva intenzione di acquistare la città di
Imola da Galeazzo Sforza per tagliare fuori Firenze dalle più importanti rotte
commerciali in favore dello Stato Pontificio.
Ma
Antonio sapeva che Lorenzo aveva già un accordo con il Duca Sforza per comprare
Imola, allo scopo di incrementare i guadagni delle banche fiorentine e che,
anzi, aveva pensato di mandare Giuliano a governare la città, sebbene il
fratello non fosse convinto di partire. La cosa non gli tornava tanto.
“Se
il Papa si impossesserà di Imola, questo creerà un grave dissidio tra lui e i
Medici” diceva Jacopo, molto compiaciuto.
“Questo
è vero, cugino, ma non sarebbe una perdita anche per voi? La vostra banca ne
risentirebbe” obiettò Salviati.
“Non
necessariamente” ribatté l’uomo. “So che Papa Sisto non ha abbastanza denaro
per acquistare Imola e, se la banca dei Pazzi gli concedesse un prestito,
allora sicuramente lui sposterebbe tutti i suoi conti da noi, privandone la
banca dei Medici.”
“Credete
davvero che il Papa vorrà affidare i suoi conti ad una banca gestita da un uomo
senza discendenza? Se ci fosse Francesco sarebbe diverso, ma così la vostra
banca non ha un futuro da offrire a Sua Santità” disse Salviati.
Ma senti che razza
di bastardo,
pensò Antonio, che già dai tempi di Roma non aveva proprio simpatia per quel
prelato arrogante e spietato. Sa
benissimo, come lo so io, che Messer Pazzi soffre ancora per aver perduto tutti
i suoi figli, nati morti o vissuti pochissimo… e questo glielo va pure a
rinfacciare? E si permette di parlare anche di Francesco, poi. No, questa cosa
non mi piace affatto, bisogna che lo faccia sapere subito a Lorenzo!
E
così il giovane Orsini si avviò lentamente e il più silenziosamente possibile
verso l’uscita del palazzo. Ma, mentre se ne andava, fece in tempo a sentire
un’ultima frase di Jacopo, una frase che lo turbò alquanto.
“Cugino,
torna a Roma e informa il Papa della mia proposta di prestito. Francesco
lascialo a me, ci penserò io a riportarlo al posto che gli spetta.”
Che cosa avrà
voluto dire? Ha forse intenzione di convincere Francesco a tradire Lorenzo? Ma
non può, Francesco è felice con Novella e…
E
però Antonio sapeva bene che il rapporto glaciale con lo zio gettava un’ombra
sulla felicità del suo amico, che non riusciva a non pensarci. Jacopo avrebbe
potuto indurlo a passare di nuovo dalla sua parte, magari usando proprio
Novella?
Ma perché le cose
devono sempre andare così? Sarebbe molto più facile collaborare e aiutarsi a
vicenda, sono mesi e mesi che ci provo, ma Messer Pazzi non mi sta a sentire.
Prima o poi combinerà qualcosa e non si rende nemmeno conto che a rimetterci
sarà anche lui! E’ faticoso, ma devo riuscire a stare sempre un passo avanti a
lui… per il suo bene, per il bene di Firenze e di tutti i miei amici.
E
pensare che Antonio era fuggito da Roma proprio perché odiava gli intrighi e
non voleva che la sua famiglia lo costringesse a intraprendere la carriera
ecclesiastica come suo zio, con tutti quei giochi di potere e quell’ipocrisia…
adesso ci si trovava in mezzo ancora di più, però questo destino se lo era
scelto lui. O meglio, non lo aveva propriamente scelto, aveva solo avuto la
sventura di innamorarsi perdutamente di Jacopo Pazzi!
Il
giovane era dispiaciuto di dover disturbare Lorenzo proprio in quei giorni in
cui si stava organizzando il battesimo di suo figlio, ma cosa poteva fare? Era
chiaro come il sole che Jacopo Pazzi stava tramando qualcosa e, forse, quel
qualcosa sarebbe potuto andare anche oltre la perdita di una città importante
per i commerci come Imola.
E,
sopra ogni cosa, Antonio era preoccupato per l’ultima frase che aveva sentito
dire a Pazzi: avrebbe riportato Francesco dalla sua parte. Cosa pensava di
fare?
Entrando
a Palazzo Medici, il giovane Orsini aveva preso la sua decisione: avrebbe
informato Lorenzo della questione di Imola perché se ne occupasse, magari
tornando a Milano per parlare con Sforza e convincerlo… insomma, la politica
non lo interessava più di tanto.
Lui,
invece, avrebbe tenuto d’occhio Francesco e Novella.
Se
Jacopo Pazzi aveva in mente qualcosa su di loro, lui avrebbe fatto come al
solito: lo avrebbe anticipato.
Volere
bene a Jacopo e preoccuparsi per lui cominciava a diventare sinceramente
complicato, ma Antonio non aveva intenzione di demordere e nemmeno di lasciare
che l’uomo potesse fare del male ai suoi amici.
In
tutto ciò, cominciava a pensare che forse non sarebbe stata una grande idea
invitare Jacopo Pazzi al battesimo del piccolo Piero…
Fine capitolo
quinto