Film > The Avengers
Segui la storia  |       
Autore: T612    05/01/2019    2 recensioni
Dal capitolo 8:
Devono aver urtato i cameramen perché viene perso il segnale, quando i televisori si risintonizzano segue un chiacchiericcio confuso che si placa con la notizia che nessuno voleva sentire… e i televisori esplodono, non si parla d’altro.
“...la diretta proseguirà per tutta la notte, man mano che giungeranno altre notizie. A tuttora, le nostre fonti ci confermano che pochi minuti fa, all’arrivo al Mercy Hospital, Capitan America è stato dichiarato morto.”
[Post-TWS - Civil War ComicVerse - "Captain America Collection" di Ed Brubaker - paring: canonico + WinterWidow]
Genere: Angst, Drammatico, Introspettivo | Stato: completa
Tipo di coppia: Het
Note: Missing Moments, Otherverse, What if? | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
 <<    >>
- Questa storia fa parte della serie 'M.T.U. (Marvel T612 Universe)'
Per recensire esegui il login o registrati.
Dimensione del testo A A A
26 aprile 2015, Stark Tower, New York
 

Steve non riusciva a capacitarsi del fatto che meno di 12 ore prima erano tutti intenti a festeggiare, trascorrendo la serata a ridere e prendersi in giro tentando di sollevare Mjolnir... e poi, di punto in bianco, un robot della Iron Legion aveva fatto irruzione dalle porte dell’ascensore attaccandoli.
Era stato impossibile concludere la serata in modo pacifico, automaticamente tutti avevano puntato il dito contro Stark e la situazione era precipitata, ma ormai il danno era stato fatto ed ognuno aveva ripiegato in una qualche attività per sbollire la rabbia senza causare altri danni.
Steve si era ritrovato improvvisamente solo, circondato da micce pronte ad esplodere alla prima parola sbagliata, ritrovandosi a scaricare la tensione sul sacco da boxe… ma dopo aver distrutto il terzo sacco di fila aveva deciso di darci un taglio, si era fatto una doccia ed aveva iniziato a girovagare senza meta in giro per la Torre, controllando in che condizioni stessero gli altri componenti della squadra… aveva beccato Clint e Thor concentrati in una partita di videogiochi, Natasha era intenta a sfondare le punte a ritmo di musica in palestra, mentre Bruce era passato dai tentativi falliti di praticare yoga, allo studio dei dati registrati per capire cosa fosse andato storto con Ultron. Quando Steve aveva bussato alla sua porta, Banner aveva voluto precisare che negli ultimi tre giorni lui e Tony avevano lavorato per prevenire le catastrofi, non per crearne una.
Steve non aveva obiettato, si era chiuso la porta alle spalle dirigendosi verso il laboratorio, intenzionato ad ascoltare la versione dei fatti dell’altra mente dietro ad Ultron… ma si era bloccato sulla cima del ballatoio puntando lo sguardo verso le vetrate sottostanti, ritrovandosi ad osservare Tony che si aggirava senza sosta da una finestra olografica all’altra, studiando di nascosto quante volte si riempisse la tazza di caffè, spaccandosi la testa tentando senza successo di riportare in vita J.A.R.V.I.S.
Steve aveva arrestato la sua marcia, ritrovandosi a pensare all’ultima litigata avvenuta mesi prima. Avevano avuto una delle loro solite divergenze di routine, non ricordava nemmeno qual era stato il motivo scatenante, ma le parole che Stark aveva usato in risposta gli erano entrate in testa come un tarlo fastidioso… Tony aveva superato una tacita soglia invalicabile, era sbottato dicendogli senza mezzi termini che necessitava di un amico, non di un rimpiazzo del padre, che i tempi delle paternali erano finiti da un pezzo. La scelta delle parole l’aveva lasciato interdetto a tal punto da chiedere a Sharon se ci fosse un problema di fondo di cui lui ignorava l’esistenza, così la donna aveva confessato che la sua “vacanza” nell’Artico era stato il più grande tormento di zio Howard, a tal punto da diventare il tormento di Tony stesso. Steve non aveva colpe se Howard si era rivelato una pessima figura paterna, ma si era ritrovato ad affrontare l’odio di quel bambino cresciuto troppo in fretta, che una volta diventato adulto aveva istituito quella soglia invalicabile per rapportarsi con lui, tentando di nascondere il fatto che Steve gli ricordava il padre già per diecimila motivi diversi senza l’aggiunta delle strigliate interminabili.
Steve aveva promesso a Sharon di non farne parola con il diretto interessato, da quel momento in poi le discussioni erano diminuite notevolmente, ma a volte Steve non poteva fare a meno di sentirsi responsabile per Tony e certe volte era davvero difficile astenersi dal fargli la predica… era stato in quel momento che gli era mancato il coraggio, era rimasto sopra il ballatoio cercando quelle parole che continuavano a sfuggirgli, immobile e in attesa, principalmente perché temeva che ogni suo tentativo di discussione civile sfociasse in una predica inevitabile.
Tony aveva tentato di proteggerli a modo suo, ma rimaneva il fatto che prima di iniziare a lavorare sul progetto Ultron avrebbe dovuto parlarne con loro. Avrebbe continuato a lavorarci di nascosto in ogni caso, perché non avrebbe accettato un no come risposta, ma Steve si sarebbe sentito in pace con sé stesso nel sapere di aver almeno tentato di fargli cambiare idea.
Era rimasto lì ad osservarlo fino all’alba, quando Maria Hill si era messa all’opera per arginare la catastrofe, raggiungendolo a passo spedito consegnandogli un tablet.
Osserva la fotografia del cadavere di Strucker, prendendosi qualche secondo per elaborare la notizia, per poi chiamare a raccolta tutti per aggiornarli sul da farsi.
-Cos’è?
La voce di Tony lo raggiunge appena varca la porta del laboratorio, distoglie l’attenzione dagli schermi mentre posa sul bancone la quinta tazza di caffè e allunga una mano in direzione del tablet.
-Un messaggio, Ultron ha ucciso Strucker.
-E ha fatto un Banksy sulla scena del crimine… per noi. -Tony quasi mormora le ultime due parole ed una parte di Steve vorrebbe dirgli di non incolparsi, ma tace perché è un dato di fatto che ci sia la mente di Stark dietro all’ultima catastrofe.
-É una cortina di fumo, perché un messaggio quando ci ha appena minacciati? -interviene Natasha afferrando il tablet scorrendo le immagini, rannicchiandosi contro la poltrona davanti al PC.
-Strucker sapeva qualcosa che Ultron non voleva che noi scoprissimo.
Steve la osserva per la prima volta da quando è entrata nella stanza, notando con disappunto che gli ha rubato nuovamente la felpa che aveva abbandonato in palestra un paio di giorni prima.
-Scommetto che…- Natasha digita velocemente qualcosa sulla tastiera, la fronte aggrottata mentre cerca le stringhe di dati volatilizzati nel nulla. -...sì, ha cancellato le informazioni su Strucker.
-Non tutte. -afferma Tony recuperando la tazza di caffè abbandonata, notando con disappunto il fatto che fosse vuota, per poi riporla di nuovo sul bancone. -Signori, si va di cartaceo.
Steve sospetta che sia mosso dai sensi di colpa, altrimenti non sa spiegarsi il perché Tony si sia diretto spedito verso l’uscita del laboratorio in direzione dell’ascensore senza delegare qualcun altro, lasciandoli tutti spiazzati dal suo spirito di iniziativa.
-Ragazzi, gli scatoloni sono tanti, mi serve una mano per portarli qui dal magazzino.
Bruce è l’unico che non leva una lamentela in proposito ai quintali di polvere che regnano in quell’ala della Torre, resta in silenzio mentre si muove per raggiungerlo, assumendosi agli occhi di tutti la sua dose di colpa.
-Forza ragazzi, non abbiamo tempo da perdere. -interviene Natasha, l’unica che non si è mossa di un millimetro dalla sua postazione, mentre si allunga verso il bancone afferrando la tazza vuota.
-Tu non hai intenzione di darci una mano, vero? - chiede Tony.
-Penso possiate cavarvela anche senza il mio aiuto, nel mentre preparo il caffè per tutti.
Steve lo vede annuire per poi sparire oltre la soglia del laboratorio, mentre lui si avvicina a Natasha, indicando la tazza vuota di Tony.
-Decaffeinato.
-Quanti ne ha già bevuti? -la rossa osserva il fondo della tazza con fare critico, cercando entrambi di mantenere invariata la routine quotidiana, compreso il conteggio dei caffè trangugiati dal padrone di casa. Pepper aveva chiesto loro di tenere sotto controllo le quantità di caffè ingurgitate da Tony mentre lei era fuori città, autorizzandoli a rifilargli il decaffeinato a sua insaputa ogni volta che lo ritenevano necessario.
-Siamo a quota cinque.
Natasha annuisce alzandosi dalla sedia girevole, la felpa di Steve che le copre le dita della mano libera quando se la porta alla bocca per coprire lo sbadiglio.
-Smetterai mai di rubarmi le felpe?
-Quando tu smetterai di lasciarle in giro. -il ding dell’ascensore la interrompe.
-Decaffeinato. -ribadisce indicando la tazza.
-Signorsì, Capitano. -accenna a un microscopio sorriso mentre lo spinge in direzione della porta. -Muoviti, ti stanno aspettando.
 
***
 
28 aprile 2015, Fattoria Barton, ubicazione ignota
 

Nevica. Natasha ne è così convinta che rimane delusa quando punta lo sguardo fuori dalla finestra e vede il sole, il prato verde e Tony e Steve intenti a spaccare legna… la neve è dentro la sua testa, vorrebbe cancellarne il ricordo, ma l’unica reazione che riesce a manifestare è quella di rannicchiarsi ancora di più sotto le coperte della sua camera da letto, cercando di proteggersi dagli spifferi congelati della Siberia.
-Hei, Nat… -la coperta scivola da sopra la sua testa rivelando il soffitto bianco e la figura di Clint che si staglia sopra di lei.
Non ha la forza di parlare, non ha nemmeno la forza di alzarsi dal materasso, ma lo sguardo spaurito del biondo la getta in agitazione, non è abituata all’idea che qualcuno si preoccupi per lei.
-È la Russia, vero?
Annuisce lievemente, trascinandosi nuovamente la coperta sopra la testa, ha freddo… ricordandosi per l’ennesima volta che il gelo è dentro la sua testa.
Clint le prepara un bagno caldo, la solleva quasi di peso dal letto, prendendosi cura di lei in quella rara occasione in cui glielo concede.
Si immerge nell’acqua calda tentando di scacciare i ricordi che le affollano il cervello, scompare completamente sotto la schiuma, urlando a pieni polmoni esaurendo l’ossigeno. Nessuno l’ha sentita, il grido liberatorio attutito dall’acqua, mentre riemerge con la testa e regolarizza il ritmo dei suoi polmoni in fiamme.
Non si accorge nemmeno delle lacrime che iniziano a solcare le sue guance, le lascia scorrere libere mentre si sfrega la cicatrice sul polso1 tentando di cancellare il primo marchio che le ha inflitto la Stanza Rossa, cercando di non pensare alla cerimonia di laurea e a tutto ciò che ne è conseguito… la sterilizzazione, la nota rossa grondante di sangue e il suo cuore in frantumi.
Si costringe a richiamare alla mente il suo viaggio a Mosca, agli stanzoni del Cremlino vuoti e in disuso da decenni, alle tombe di Alian Romanoff e consorte ricoperte di sterpaglie.
La Stanza Rossa è solo un brutto ricordo e la sua vita precedente non può più ferirla.
Continua a ripeterselo, ma smette di crederci quando arriva il momento di rivestirsi, quando incappa nella cicatrice sulla scapola2 e quando sfiora lo sfregio sul fianco2.
Nella Stanza Rossa le avevano strappato via tutto, ma era stato in mezzo a quegli orrori che aveva ricucito la sua anima e scoperto di avere ancora un cuore… e l’artefice di quel miracolo rispondeva allo stesso nome del fantasma che continuava a sfuggirle tra le dita da più di un anno.
Quando fa ritorno nella propria stanza trova Lila spaparanzata sul suo letto, le sorride portando l’indice a coprire le labbra, fermando sul nascere qualsiasi sua obiezione.
-Shh, ho preparato i biscotti con mamma, te ne ho portati un po’ prima che gli amici di papà se li mangiassero tutti… ho fatto bene, zia Nat?
Si avvicina sfiorandole la fronte con le labbra, ritrovando il sorriso mentre il profumo dei biscotti le invade le narici.
-Ottimo lavoro, malen'kiy vreditel'.3
Ne addenta uno, sedendosi di fianco alla bimba, offrendo il bottino anche alla piccola Barton. Riesce a farsi corrompere lasciandosi sfuggire qualche informazione in risposta alle domande curiose di Lila, raccontandole aneddoti divertenti sui super-amici del suo papà… evitando accuratamente di dirle che nelle ultime ore nessuno di loro si sentiva molto super.
Era giunta sera in un batter d’occhio, aveva aiutato Laura a sparecchiare e lavare i piatti, per poi afferrare i pennarelli e mettersi a disegnare insieme ai bambini, ascoltando gli aggiornamenti di Fury a proposito di Ultron.
-Cerca ancora i codici di lancio?
-Cerca, ma non sta facendo molti progressi. -Fury si versa da bere, schivando Lila per un pelo, mentre la bambina corre nella sua direzione consegnandole un disegno.
Era furba, aveva costretto Steve a disegnare con lei contagiando anche Cooper, che aveva abbandonato i lego e Bruce in favore di tempere e pennelli, mentre Tony e Clint continuavano a sfidarsi a freccette.
-Al liceo, per scommessa, ho superato il firewall del Pentagono. -commenta Stark lanciando una freccetta contro il bersaglio.
-Ho inviato un agente alla NEXUS per quello.
-Allora che hanno detto? -interviene Clint centrando il bersaglio e mancando Tony per un soffio.
-Ha un pallino per i missili, ma i codici vengono cambiati in continuazione.
-Da chi?
-Persone sconosciute.
-Abbiamo un alleato? -chiede drizzando le orecchie, chiedendosi il perché Fury abbia inviato un agente alla NEXUS, quando poteva fare una semplice telefonata ad Oslo.
-Ultron ha un nemico, non è la stessa cosa. Pagherei dei bei soldi per sapere chi è, la mia fonte non ha saputo riferirmi altro.
-Fonte anonima, Nick? -Natasha mima la domanda con le labbra fingendo disinvoltura, mettendo a punto un’ipotesi abbastanza precisa su cosa abbia combinato Fury nell’ultimo anno.
-Forse dovrò fare un salto ad Oslo, a cercare gli sconosciuti. -afferma Tony nello stesso momento, calamitando l’attenzione di tutti tranne quella di Fury.
L’ex direttore rimane impassibile e risponde alla proposta di Stark con un paio di secondi di ritardo, dando un’implicita conferma alle supposizioni di Natasha, ma aspetta che finiscano di stabilire il piano d’azione prima di passare all’attacco.
-Nick, permetti una parola?
Vede le sue spalle irrigidirsi impercettibilmente, annuisce facendole cenno verso la porta d'entrata, quella conversazione va affrontata lontano da orecchie indiscrete.
-Era solo questione di tempo, vero? -chiede immediatamente appena si chiude la porta alle spalle, scegliendo fin da subito un approccio diretto.
-Mi stai depistando.
-Su sua richiesta. -la rimbecca immediatamente correndo ai ripari, alzando le mani in segno di resa mentre lei abbassa lo sguardo.
-Non posso fargliene una colpa.
Per una frazione di secondo vede il prato imbiancato, avvertendo un brivido gelido che le percorre la schiena, sfiorando inavvertitamente la cicatrice sul fianco… capisce perché l’ha chiesto, il perché James voglia evitarla.
-Perché lo stai cercando ora, Natasha?
-In realtà cerco una pista dai tempi di Odessa, abbiamo dei conti in sospeso… qualche punto da chiarire.
-Conti in sospeso che c’entrano con il fatto che hai fatto prendere un aereo a Murdock4 per l’Ucraina, perché ti stavi dissanguando su un letto d’ospedale, per poi lasciarlo fuori dalla porta?
-Anche. -Ha un vago ricordo del suo ricovero ad Odessa, aveva permesso solo a Clint e Fury di farle visita, aveva saputo da loro che Matt dormiva nella sala d’aspetto.
-L’hai lasciato appena ti hanno dimessa, eravate andati a convivere… pensavo fosse quello giusto Romanoff.
-Perché? Ci tenevi ad accompagnarmi all’altare? -sbotta piccata fulminandolo con lo sguardo, di cosa ne faceva della sua vita privata non era affar suo. -Mi dispiace deluderti Nick, ma i problemi con Matt erano iniziati molto prima di Odessa… divergenze professionali, hai sempre saputo che io ho il grilletto facile a differenza sua.
Si sente esposta, capita così di rado che Fury mostri il suo lato umano che la trova sempre impreparata… vorrebbe una sigaretta, non ne fuma una da anni.
-Fai prima a dirmi cosa vuoi sentirti dire, Nick.
-Sei un livello 8, Romanoff. Tu lo sai cosa voglio sentirmi dire, ho tre scatoloni pieni di informazioni sul tuo conto, ma certi dettagli non sono scritti da nessuna parte.
Inspira chiudendo gli occhi, posando le mani sulla balaustra del portico, pentendosi in principio di ciò che sta per dire.
-È lui il motivo per cui non ho ucciso Clint a Budapest… aspettavi questa conferma dall’interrogatorio del ‘91?
-Può essere, va avanti.
-Pensavo fosse morto, Nick. Sa nascondersi, dubito che tu l’abbia rintracciato per bravura, era lui che voleva farsi trovare, sbaglio forse?
Fury distoglie lo sguardo punto sul vivo, facendole cenno di proseguire senza infierire.
-Lo sai da te come sono andate le cose dopo Budapest. -afferma indicando la porta alle sue spalle per avvalorare la sua tesi, da fuori si sentono le risate dei bambini, ritrovandosi a sorridere al ricordo di Clint che le chiede se sarebbe mai riuscito a cavarsela come papà. -Ho voltato pagina, Matt è stata una lunga parentesi felice che stava diventando decisamente troppo seria… non avrei accettato la proposta se fosse arrivato a farmela, non dopo Odessa almeno.
-Quando hai scoperto che era ancora vivo.
-E ho ricordato cosa fosse successo a Mosca.
Natasha non sapeva ancora con certezza cosa le avessero fatto, in che modo i suoi capi fossero riusciti a cancellare tutti i suoi ricordi su James, ma aveva capito che qualcosa non andava solo dopo la morte di Alexei5… quel qualcosa di strano che non era riuscita a spiegarsi con Clint e non aveva fatto funzionare le cose con Matt, aveva avuto una spiegazione solo nell’ultimo anno quando tutti i tasselli erano tornati al loro posto.
-Mi spiegherai mai cosa è successo a Mosca?
-No, troveresti il modo di usarlo contro di me e non negarlo, tu vivi di vantaggi e segreti. -punta lo sguardo lontano, passandosi una mano sul volto nascondendo gli occhi lucidi, ne ha abbastanza di sentirsi debole.
-Di cosa avete paura?
Natasha si rende conto che con ogni probabilità Fury aveva condotto un interrogatorio molto simile anche con James, ritrovandosi a sorridere all’idea che l’avevano lasciato entrambi a bocca asciutta, ma l’ultima domanda non rientra nei parametri… era puro interesse personale, una rara manifestazione del lato umano di Nick Fury.
-Di cosa abbiamo paura? -ripete la domanda con tono ironico, si stupisce che Fury non ci sia ancora arrivato, probabilmente aspetta solo che sia lei a dirlo. -Di svegliarci e riaprire gli occhi sulle celle del Cremlino.
Non sa bene che cosa dirle, non che ci sia molto da dire dopo una rivelazione del genere, per la prima volta da quando lo conosce sembra che Fury abbia perso tutte le parole.
-È tutto okay, Nick. -interviene in suo soccorso posandogli una mano sul braccio, riacquistando la solita sicurezza che la caratterizza. -Fammi un favore, digli che non lo voglio morto.
Fury annuisce, si ricompone puntando lo sguardo sul cielo stellato.
-Se ci riesci va dormire, Nat. Il Quinjet parte all’alba.
 
***
 
5 settembre 2015, residenza sicura di Sharon Carter, Manhattan, New York
 

Sharon spegne il televisore lanciando lontano il telecomando, gettando il capo all’indietro rilassandosi contro il divano, non ha voglia di ascoltare di nuovo le solite notizie su Sokovia.
Era una notizia ormai obsoleta, l’udienza si era conclusa settimane prima, lo S.H.I.E.L.D. era stato ripristinato con a capo Maria Hill e lei era stata reintegrata con effetto immediato nelle ultime 24 ore… aveva tentato di contrattare Steve per festeggiare, ma non aveva avuto molto successo, rimanendo piacevolmente sorpresa quando il Capitano si era palesato alla sua porta verso l’ora di cena con i cartoni delle pizze.
-Pensavo ti fossi trasferito in pianta stabile al Complesso, l’appartamento a Brooklyn avrà tre dita di polvere ormai.
-Sei andata a controllare di persona? -Steve pone la domanda in tono ironico, ignaro di quanto si sia avvicinato alla realtà.
Tony gli aveva trovato un appartamento a Brooklyn qualche settimana dopo gli eventi in Sokovia, aveva fatto sostituire il ring e gli aveva procurato qualche sacco da boxe per la palestra al piano terreno, ma Steve ci aveva dormito solo un paio di volte prima di trasferirsi in pianta semi-stabile al Complesso. Le aveva lasciato comunque una copia delle chiavi, in caso di emergenza, quindi Sharon poteva affermarlo con assoluta certezza visto che era andata effettivamente a controllare di persona nella speranza di trovarlo in casa.
-Può essere… come mai le pizze?
-Avevo fame e non mi andava di cenare da solo.
Sharon non se la sente di obbiettare specificando quanto fosse improbabile che potesse cenare da solo, considerato che vivevano in sei persone sotto lo stesso tetto senza contare gli eventuali ospiti, liquidando l’informazione con un'alzata di spalle.
Cenano chiacchierando del più e del meno e Steve l’aiuta a rimettere a posto la cucina, nonostante lei avesse ripetuto più di qualche volta di potercela fare da sola.
-Come procede l’allenamento reclute?
-È più un servizio babysitter.
-Natasha? -chiede, mentre stappa un paio di birre e raggiunge Steve sul divano.
-Mi ha abbandonato, ha preso il primo volo per Mosca e si è lanciata in una caccia ai fantasmi. -afferma il biondo con tono leggero, afferrando la bottiglia e bevendo il primo sorso.
-Ti ha detto di chi?
-Pretendi troppo, se ti chiedo come va il lavoro pensi di darmi una risposta?
-Tecnicamente mi sono licenziata dalla CIA, sono stata reintegrata allo S.H.I.E.L.D. - comunica Sharon con nonchalance, posando la bottiglia sul tavolino voltandosi curiosa nella sua direzione.
-Cosa ti mancava? Maria che ti impartiva gli ordini, le missioni adrenaliniche o il vedermi ogni giorno sul posto di lavoro? -posa anche lui la birra e sorride, mandandola completamente in tilt.
Sharon si ritrova a pensare in rapida successione che Steve deve avere il sorriso più bello del mondo, che deve essere ubriaca per pensare una cosa del genere e che l’ultimo punto non è possibile visto che ha bevuto a malapena due sorsi di birra.
-Non farti strane idee, ci vediamo poco, ma non al punto da spingermi a cambiare lavoro… diciamo che alla CIA iniziavo ad annoiarmi.
-Quindi sei tornata per l’adrenalina.
-Tra le altre cose…
Non ha idea del come si siano ritrovati così vicini, o chi dei due sia stato il primo ad avvicinarsi così pericolosamente all’altro, ma Sharon non è l’unica ad accorgersene.
Steve sembra avere un ripensamento, tossicchia e si allontana di qualche centimetro, lasciandola interdetta con il suo respiro a fior di labbra.
-Hai già qualche missione?
Steve tenta inutilmente di cambiare discorso, la gola secca e lo sguardo ancora ancorato su di lei, aspettando un tacito permesso come un soldato in attesa degli ordini.
-Non dovremmo parlare di lavoro, godiamoci la pace finché dura.
Recupera i centimetri persi superando il distacco, gettandogli le braccia al collo perdendosi in quel bacio.
-Era ora. Ce ne hai messo di tempo, Capitano.
Ride, afferrandola per i fianchi, zittendola definitivamente con un altro bacio.
 
***
 
21 ottobre 2015, Kronas Corporation, New York
 

-Aleksander, non ti stai rilassando troppo? -la voce del medico lo distoglie dai propri pensieri.
-Tu guardi i telegiornali, Faustus?
-Cosa c’entra? -il tono di voce del sospetto, mentre si pone sulla difensiva.
-Tu rispondi alla domanda.
-Non di recente.
Lukin posa giù i piedi dalla scrivania, indicando i televisori spenti con un gesto volto ad introdurre il discorso.
-Sono un paio di settimane che nessuno parla di Sokovia, le persone hanno accantonato il problema…gli Avengers sono stati ripristinati, Maria Hill è la nuova direttrice dello S.H.I.E.L.D. e tutto procede per il meglio.
-Non è negativo per la nostra causa? -lo stato confusionale del psichiatra gli fa affiorare il sorriso sulle labbra.
-No Faustus. È quando si rilassano che capisci che i tempi sono maturi, dopotutto quando tagli una testa ne spuntano due.
-Come intendi procedere?
-Accontenterò Crossbone, sono mesi che scalpita e, ora come ora, Sin è il tassello mancante per attuare il mio piano.
-Ci vorranno mesi prima che Rumlow capisca in che modo aggirare i sistemi di sicurezza. -obietta il medico con tono ovvio, ancora insicuro sul dove voglia arrivare il suo capo.
-Non ho fretta… nel mentre entri in gioco tu, sto giocando una partita a scacchi.
-A cosa punti Alexander?
-Lo scoprirai… la vendetta è un piatto che va servito freddo.

 
 
 
Note:
1 Tutte le bambine allenate nella Stanza Rossa venivano ammanettate alla testiera del letto per impedire loro di scappare nella notte, è un’abitudine così radicata che viene abbandonata di rado dalle allieve.
2 Secondo la mia versione dei fatti la cicatrice sulla scapola le è stata inflitta da James in una delle torture ai tempi della Stanza Rossa, mentre la cicatrice di sul fianco è la ferita d’arma da fuoco che Natasha mostra a Steve in TWS.
3 Traduzione dal russo: piccola peste.
4 Matt Murdock AKA Daredevil, uno dei tre amori della Vedova.
Piccola breve spiegazione stringata in merito:
Natasha conosce Clint a Budapest, lavora come agente sotto copertura per gli americani per poi essere integrata nello SHIELD nel ’91, si frequenta con Clint per qualche anno avendo una cattiva influenza su di lui, ma si lasciano in buoni rapporti. Frequenta per qualche anno Matt Murdock, ma la relazione naufraga in un binario morto a causa del codice morale diametralmente opposto.
5 Alexei Shostakov, il marito di Natasha ai tempi del KGB, a causa di un lavaggio del cervello lo sposa convinta di provare per lui i sentimenti che prova per James. Alexei muore in un incidente missilistico finito male, una copertura per distogliere l’attenzione di Natasha nell’aver riconosciuto in James l’assassino di JFK. (1956)
 
Commento dalla regia:
Per necessità di trama ho apportato qualche modifica a AoU, oltre al fatto che ritengo infondata la relazione tra Natasha e Bruce, soprattutto considerato che ci sono tre candidati canonici che non hanno mai voluto prendere in considerazione nell’MCU.
Gusti personali a parte, spero che il capitolo vi sia piaciuto, qualunque recensione/commento/etc. è ben gradito.
_T
   
 
Leggi le 2 recensioni
Segui la storia  |        |  Torna su
Cosa pensi della storia?
Per recensire esegui il login oppure registrati.
Capitoli:
 <<    >>
Torna indietro / Vai alla categoria: Film > The Avengers / Vai alla pagina dell'autore: T612