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Autore: Hookina90    07/01/2019    1 recensioni
Dopo una grossa perdita Amy decise di abbandonare la sua città, i suoi amici e il suo lavoro. Durante il suo viaggio però si imbatterà in una piccola cittadina con abitanti particolari dove conoscerà persone che le cambieranno la sua vita, ma il passato quando meno se lo aspetta la riuscirà a trovare di nuovo. Dovrà fare scelte difficili e dolorose.
Cosa farà alla fine Amy? Starà legata al passato o si farà una nuova vita?
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Piccolo estratto del primo capitolo
Seguì Mr Gold in silenzio verso il suo negozio. Ci mettemmo poco ad arrivare. Notai subito che dentro c’era un sacco di roba e molti oggetti erano anche molto interessanti perché sicuramente ognuno di loro avrà una proprio storia. Sembrava una di quelle botteghe di antiquariato o di mercatino dell’usato.
“Bene, ora può parlare”, affermai determinata.
Ero curiosa di sapere perché lui si comportasse così nei miei confronti. Ero una persona normale o almeno non credevo di spaventare al tal punto le persone.
“Ok, come si chiama tuo padre?” , domandò girandosi verso di me.
“Bobby Singer, perché?”
“No, intendo il nome del tuo padre biologico?”, chiese lui serio.
IN REVISIONE
Genere: Angst, Fantasy, Sentimentale | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Altri, Baelfire, Killian Jones/Capitan Uncino, Neal Cassidy, Neal Cassidy/Baelfire, Signor Gold/Tremotino
Note: Cross-over, OOC, What if? | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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Capitolo 19: Let's just go home






Spazio dell'autrice:
Buonasera ragazze:) Spero abbiate passato le vacanze di natale in allegria e che abbiate ricevuto tanti ragali :) Io ho corretto questo nuovo capitolo e ormai siamo quasi alla fine della prima parte. Ringrazio chi continua a leggere e commentare :) Vorrei farvi una richiesta anche se so già sarà invana alle altre/i un vostro parere sulla storia. 

Ora vi lascio al vero capitolo:) 

Pov Amy
 
Ero tornata da poco dal lavoro.  Gli ultimi due giorni erano stati duri e stancanti e quindi non vedevo l’ora di farmi una bagno e una dormita, ma i miei piani fallirono, infatti mentre stavo per andare in bagno nel piano superiore sentì bussare alla porta. Ritornai così di sotto e andai ad aprire. Davanti a me vidi  due ragazzi, uno dai capelli castani e occhi scuri mentre l’altro aveva capelli neri come la pace e occhi azzurri come il cielo terso. Non erano del posto si vedeva lontano un miglio, ma non ricordavo neanche di averli mai visti in vita mia. Erano due perfetti sconosciuti.
“Scusate voi chi siete?”, domandai io perplessa. Notai subito apparire negli occhi azzurri del ragazzo tanta tristezza. Non capivo perché le mie parole avessero avuto questo effetto su di lui, ma lo avrei scoperto.
“Siamo tuoi amici di infanzia, non ci riconosci?”, domandò il moro sorridendo.
I miei ricordi da piccola e della mia adolescenza li avevo rimossi. Gli ultimi ricordi riguardavano me e Danny che stavamo lasciando la nostra casa per trasferirci alle Hawaii, lui per stare con la figlia e io per stargli accanto. Tutto ciò che era avvenuto prima era annebbiato e forse per questo non ricordavo i loro volti.  Erano anche cresciuti quindi saranno diversi da come erano da piccoli, però ora la mia domanda che iniziò a martellarmi la testa era
 
Posso fidarmi?
 
Non potevo essere certa che mi stessero dicendo la verità e quindi la parte razionale quella che usavo sul lavoro mi diceva di stare attenta, però nello stesso tempo l’altra parte invece sentiva che non ero in pericolo perché percepivo che erano dei bravi ragazzi.
“No, mi dispiace…”, risposi afflitta appoggiando la mano sulla maniglia  della porta.
“Beh siamo cambiati da quando eravamo dei marmocchi! Te invece sei diventata più bella”, replicò  il moro sorridendo.
“Grazie, ma come vi chiamate…forse conoscendo i vostri nomi potrei ricordarmi!”, chiesi arrossendo lievemente.
“Io sono Sam e lui e Dean”, rispose Sam educato indicando poi l’altro ragazzo.
“No mi dispiace non ricordo proprio…”,  ammisi io dispiaciuta.
“Ti va se beviamo un caffe e così ti raccontiamo qualche aneddoto del passato?”, chiese Sam gentile. Ero un po’ stanca, ma ero curiosa di sapere chi erano i due ragazzi perché il mio passato era sempre stato avvolto dalle tenebre e mi faceva sempre piacere conoscere qualcosa che avevo rimosso. Decisi così di dargli una possibilità, in caso però fossero stati dei criminali non avrei avuto problemi a metterli KO e poi in caso di emergenza c’era sempre Steve, anche se era fuori a fare la sua nuotata quotidiana nell’oceano.
“Va bene, entrate pure però vi avviso che fra un paio d’ore devo uscire”, risposi prima di farli accomodare e poi andai con loro in cucina. Non appena i due ragazzi si sedettero al tavolo cominciai a preparare del caffè caldo perché era finito nel contenitore e dopo aver acceso la macchina mi sedetti di fronte a loro. Sam si stava guardando intorno mentre Dean stava fissando la tazza azzurra vuota che avevo messo sul tavolo.
“Hai una bella casa!”, disse Sam voltandosi verso di me interrompendo il silenzio che ci aveva invaso.
“Grazie, ma non è mia. E’ del mio ragazzo, io mi sono solo trasferita qua qualche anno fa!”, risposi gentilmente. Steve ed io dopo due anni di fidanzamento avevamo iniziato a provare a vivere insieme. Era una nuova esperienza che stava andando bene. Amavo vivere con lui in questo villino che distava pochi passi dal mare. Le onde del mare mi rilassavano e poi era un quartiere abbastanza tranquillo. Dovevo ammettere però che all’inizio convivere con lui non era stato semplice perché era un ragazzo abitudinario e quindi mi servì un po’ di tempo prima di abituarmi ai suoi ritmi, ma ora eravamo in sintonia.
“Ah capito beh sei stata fortunata. Hai una casa con vista mare. Mi sarebbe piaciuta anche a me averne una simile a questa”, commentò lui entusiasta, mentre l’altro ragazzo mi sembrava un sempre un po’ abbattuto.
“Stai bene?”, domandai io voltandomi verso Dean. Ero dispiaciuta che stesse male e speravo vivamente che non ero io la causa. Temevo di avergli fatto qualcosa di brutto in passato che io avevo rimosso. Il solo pensiero di aver potuto far soffrire qualcuno mi provocò un’ansia terribile. Iniziai a pensare che forse in passato non ero stata una brava ragazza.
“Io si perché?”, chiese lui alzando il suo viso incrociando così i miei occhi.
“Sembri giù di morale? Ti ho fatto qualcosa in passato di brutto?” domandai tristemente.
“No assolutamente no. Sono un po’ giù perché la vacanza sta quasi per finire”, rispose lui facendo un sorriso lieve.
“Ah capito, beh potete sempre tornare”, risposi sollevata.
“Hai ragione Amy, non dare retta a questo musone…è il solito pessimista…”, ribattè Sam mentre stava guardando Dean.
“Su niente pessimismo, ora semmai raccontatemi qualche aneddoto della nostra infanzia”
“Beh eri una bambina testarda e combattiva. Non ti arrendevi mai. Quando c’era qualche bambino in difficoltà te lo aiutavi sempre. Sembravi quasi una superoina.
Dicevi anche che da grande avresti voluto viaggiare per il mondo. Conoscere culture diverse. Eri uno spirito libero. Nessuno riusciva a tarparti le ali perche te ti liberavi sempre”, ammise Sam dolcemente
“Si in effetti sono così…quindi non sono cambiata nel tempo”, affermai sorridendo. Al momento sembrava dicessero la verità e forse in passato avevo passato del tempo con loro. Avrei però chiesto anche a Danny se ricordava questi due ragazzi per avere un ulteriore conferma.
“Quando ero piccolo tu mi hai aiutato molto. Mi hai salvato!”, replicò Dean laconicamente interrompendo i miei pensieri. Da quando era entrato non disse molto, era più silenzioso rispetto a Sam. Oltre a essere triste sembrava anche che avesse quasi timore di parlarmi, però anche se aveva detto poche parole mi provocarono in me varie domande.
 
Che cosa voleva dire che lo avevo salvato in passato? Io già da bambina mettevo in salvo le persone?
 
“In che modo?”, chiesi io curiosa prima di sentire il rumore della caffettiera che mi avvertiva che il caffè era pronto. Mi alzai subito odorando il buon profumo provenire dalla mia bevanda preferita. Mi rigirai di nuovo verso il tavolo e lo versai nelle tre tazze, poi mi risedetti perché ero curiosa di sapere la storia di Dean.
Dean stava per rispondermi ma venne interrotto da Steve che era appena entrato in cucina in costume da bagno. La sua nuotata era finita. Era durata meno del solito, forse perché era un po’ stanco a causa del caso.
“Tesoro chi sono questi due ragazzi?”, domandò lui mentre si asciugava i capelli con l’asciugamano grigio che gli avevo regalato a natale.
“Sono amici d’infanzia. Si chiamano Sam e Dean!”, risposi io indicandoli. Notai subito che Dean si era irrigidito. Non capivo per quale motivo, ma non mi ci soffermai.
“E’ sempre un piacere conoscere amici di Amy”, ribattè Steve sorridendo mettendo una mano sulla mia spalla.
“Steve è meglio se ti fai una doccia !”, replicai io rimproverandolo voltandomi verso di lui.
“Si hai ragione. Ragazzi se sarete ancora qua ci vediamo dopo perché sono curioso di sapere aneddoti della mia futura moglie di quando era solo una bambina!”, disse lui facendo l’occhiolino
“Vai su o ti devo accompagnare?”, domandai io ironica.
“No ce la faccio da solo, anche se non mi dispiacerebbe la tua compagnia”, disse Steve prima di baciarmi e andare in bagno. Lui era divertito, io invece arrossì. Dovevo però darmi un contegno.
“Ti stai per sposare?”, chiese Sam curioso.
“Si fra un mesetto. Non vedo l’ora. Sono così emozionata e nonostante abbiamo avuto alti e bassi sono sicura che riusciremo ad arrivare alla cerimonia vivi!”, risposi stringendo la tazza di caffè calda. Se pensavo a tutto quello che avevamo passato mi venivano i brividi. Solo tre settimane fa stava per morire. Era passato poco tempo e la ferita era ancora aperta, infatti avevo ancora paura che potesse capitargli qualcosa e soprattutto avevo ancora gli incubi di quella giornata. Il suo corpo martoriato pieno di sangue. L’attesa di sapere le sue condizioni e infine l’operazione. Era stata un giorno duro, un giorno che avrei voluto dimenticare.
“Tutto bene?”, ridomandò Sam preoccupato notando forse il mio cambio di espressione.
“Si si scusate. Mi è tornato in mente un brutto ricordo!”, ammisi cercando di sorridere.
“Che cosa?”, chiesero in coro
“Quasi un mese fa Steve è stato coinvolto in un incidente sul lavoro…stava per  morire…”, dissi vaga. Non volevo soffermarmi di nuovo su quello che era accaduto perché mi avrebbe fatto troppo male.
“Ci dispiace molto Amy, ma vedo che si è ripreso”, asserì Sam dolcemente
“Già, per fortuna!”, ribattei prima di bere un sorso della bevanda calda.
 
Non appena ingoiai il caffè mi sentì strana. Iniziai a vedere dei flash che poco a poco divennero più nitidi. Nella mia mente stavano apparendo nuovi ricordi. Io in macchina mentre scappavo dal Kansan. Io che investivo Hook. Mio padre. La morte di mio padre. Il ritorno di mio padre e di Dean. Zelena. Il viaggio per Agrabah. Morte di Hook per mano di Jafar. La ricomparsa di Hook. Il sortilegio e poi il mio arrivo in questo mondo fittizio.
Mi alzai in piedi sconvolta da quello che avevo appena provato.
 
Quanto tempo avevo passato lontano da casa? Cosa era successo dopo la mia scomparsa?Perchè ero finita in questo mondo?
Dean e Sam si saranno preoccupati nel non sentirmi? La mia famiglia sarà stata in pensiero per me?
 
“Amy? Tutto bene?”, chiese Hook inquieto alzandosi di colpo.
“Mi dispiace Killian…mi dispiace aver litigato con te prima di sparire. Io l’ho fatto per te”, risposi mestamente appoggiando la tazza di caffè sul tavolo.
“Non ti preoccupare Amy”, ribattè lui sorridendo tranquillizzandosi. Non era più teso come prima e  ora capivo perché prima si stava comportando in quel modo. Vedermi con Steve non sarà stato facile per lui.
“Hai recuperato la memoria. Meno male!”, affermò Bea entusiasta dopo aver fatto un sospiro di sollievo.
“Scusate!”, dissi laconicamente
“Non ti devi scusare. Non è colpa tua!”,  ribattè Bea dolcemente prima di venirmi ad abbracciare.
“Oddio Steve …come faccio con lui e  Danny… E come faremo a tornare a casa? Come siete arrivati qua? E Jafar non se ne accorgerà che non sarò più qui?”, domandai iniziando ad agitarmi dopo aver sciolto l’abbraccio. Avevo poche informazioni e ciò mi provocava una grande ansia.
“Calma Ams andrà tutto bene. Ti spiegheremo tutto quando saremo a casa, ma ora dobbiamo andare perché Jafar tornerà nel suo studio fra cinque ore. Non possiamo perdere tempo!”, disse Bea mettendo le mani sulle mie spalle cercando di calmarmi.
“Non riesco a capire, però se mi dite che abbiamo poco tempo allora dobbiamo andare”, ribatteì io più decisa.
Avrò le risposte non appena saremmo tornati nella Foresta Incantata, ora però dovevamo solo cercare un modo di arrivare dal “portale” che ci avrebbe permesso di lasciare questo mondo il prima possibile. Sicuramente non vedendomi a casa Steve inizierà a cercarmi e non potevo permettere che mi trovasse perché ci avrebbe rallentato, lasciai così il cellulare a casa e per sicurezza scrissi anche un biglietto sperando che non si facesse troppe domande.
 
Steve sono uscita con i miei amici. Tornerò più tardi
Baci Amy
 
“Bene, andiamo!”, asserì Bea determinato dirigendosi verso la porta.
“Ehm ma dove e come ci arriviamo?”, chiesi io non appena uscimmo fuori dall’appartamento.
“In una casa abbandonata a più di un’ora da qua! Dobbiamo trovare l’auto che abbiamo preso in prestito!”, spiegò lui con calma mentre si guardava intorno.
“Hai rubato una macchina?”, domandai io sorpresa. Sapevo che in passato pure lui aveva commesso qualche piccolo crimine, ma non mi aspettavo che l’avrebbe fatto per trovarmi.
“Avevamo anzi abbiamo poco tempo …non posso rispettare leggi di un mondo illusorio!!”, affermò lui incamminandosi. In effetti non aveva tutti i torti. Dovevamo sbrigarci.
Dopo due isolati sulla destra vidi una vecchia macchina rossa. Per fortuna nessuno aveva denunciato ancora la scomparsa del veicolo perché in quel caso saremmo nei guai perché non avremmo potuto girare in tranquillità.
Bea si mise alla guida, Hook al suo fianco io invece mi sedetti sul sedile posteriore e poi partimmo subito.
“Ma noi quindi dobbiamo andare in questa casa dove c’è il passaggio con l’altro mondo?”, chiesi dopo qualche minuto di silenzio. Hook aveva lo sguardo perso nel vuoto. Stava sicuramente riflettendo, ma era strano vederlo così silenzioso.
“Esatto. All’interno c’è uno specchio con un varco che non appena lo attraversiamo ci riporterà nella Foresta Incantata e più precisamente nello studio di Jafar”, spiegò Bea mentre guardava concentrato la strada.
“Come facciamo a sapere che non si troverà li quando arriveremo?”, domandai perplessa. Non potevamo rischiare di incontrarlo perché non potevamo rischiare di affrontare uno scontro diretto con Bea e Hook presenti. Ero consapevole che con loro presenti avrei avuto difficoltà a mantenere l’autocontrollo.
“C’è Regina che fa da palo. Non ti preoccupare”, ribattè Bea facendo l’occhiolino.
“Come avete fatto a farmi recuperare i ricordi?”, ridomandai curiosa.
“Ti ho messo una pozione nel tuo caffè mentre stavi preparando la bevanda calda. Avevamo anche un altro modo ma Hook non ha voluto provare” ribadì sorridendo.
“Cioè?”
“Il bacio del vero amore”, rispose prendendosi subito uno sguardo omicida da parte di Hook.
“L’importante è che la tua memoria sia tornata!”, replicò Hook ancora un po’ seccato.
“Già meno male. Tutto ok Killian?”, chiesi vedendo che era più silenzioso del solito.
“Si si. Sono veramente felice di averti rivisto e di tornare nella Foresta Incantata, anche perché questo posto non mi piace c’è troppo caldo”, ribattè lui voltandosi verso di me guardando per qualche istante l’anello che avevo all’anulare. Effettivamente le temperature delle Hawaii sono alte per lui, ma per fortuna ora saremmo tutti andati di nuovo a casa.
“Anche io sono contenta di rivederti e Hook….con Steve avevo solo una finta relazione…!”, ammisi dispiaciuta fissando l’anello che mi aveva regalato.
“Non devi dare nessuna spiegazione Amy. Ora l’importante è tornare a casa sani e salvi!”, proferì lui mentre fissava il paesaggio fuori dal finestrino.
“Già..!”, affermai abbattuta. Lo sentivo così distante, forse era ancora arrabbiato per quello che avevo fatto. Non mi piaceva che si fosse creata questo gelo tra di noi, perché mi piaceva stare al suo fianco. Dovevo cercare un modo per rimediare.
“Non voglio vedere musi lunghi. Abbiamo già ottenuto una piccola vittoria. Dobbiamo essere grati di essere riusciti ad arrivare qua senza problemi e averti fatto riacquistare la memoria in poco tempo!”, proferì Bea entusiasta guardando entrambi.
“Hai ragione Bea. Ora sconfiggeremo anche Jafar e così potremmo vivere felici e in tranquillità!”
 
Dopo un’ora e mezza arrivammo nell’abitazione che ci avrebbe permesso di tornare a casa. Era sicuramente stata abbandonata perché il giardino era poco curato e pieno di erbacce mentre all’interno invece c’era polvere ovunque sui mobili e sul pavimento, ma tutto sommato era un villino ancora abbastanza nuovo e forse era stata costruita al mio arrivo, quindi sarà stata vuota per poco tempo.
“Tieni questi sono per te”, affermò Hook porgendomi la lampada e il bastone dentro il suo fodero, dopo si posizionò la cinta con due foderi sul fianco e successivamente mise all’interno le rispettive  spade di cui una era nuova.
“Quella dove l’hai presa?”, domandai curiosa dopo aver messo la lampada dentro la giacca che avevo preso prima di uscire e il bastone sulla mia schiena.
“E’ una storia lunga…poi ti racconterò tutto, te lo prometto!”, ribattè Hook serio. Era strano. C’era qualcosa di più oltre alla rabbia per quello che era successo prima del sortilegio, era sicuramente accaduto qualcosa in queste settimane. Speravo niente di grave. Avrei provato a parlargli non appena saremmo nel castello di mio padre.
“Ok, ma la lampada serve per rinchiuderlo?”, domandai io dubbiosa. Non ricordavo se bastava solo quell’oggetto per poterlo battere definitivamente.
“Tu sei l’unica che potrebbe ucciderlo, ma sarebbe dannoso per il tuo cuore e per questo è meglio se usi la lampada!”
“Ok ho capito. Non lo ucciderò ve lo prometto!”, ribattei io risoluta. Non potevo cedere all’oscurità. Non avrei peggiorato la mia situazione del mio cuore. Dovevo solo imprigionarlo. Dovevo mantenere l’autocontrollo.
Non appena entrai nel salotto notai subito un enorme specchio con un varco oscuro sulla parete di fronte a me accanto a un enorme libreria piena di volumi di vario genere. Non avevo ancora capito come c’erano riusciti, ma erano stati veramente bravi, anche se sicuramente non sarà stato facile arrivare in questo mondo.
“Siete pronti?”, domandò Bea girandosi verso di noi.
“SI”, rispondemmo in coro poco dopo lo seguimmo e insieme attraversammo lo specchio.In pochi secondi mi ritrovai in una stanza con una scrivania in legno e pieni di appunti sparsi ovunque. Eravamo nello studio di Jafar e per fortuna lui non era ancora arrivato.
“Bentornata a casa!”, disse Bea entusiasta.
“Si ora devo solo sconfiggere Jafar per dire conclusa definitivamente questa brutta storia!”, ribattei io determinata.
“Esatto. Ora andiamo nel castello di nostro padre e cerchiamo di idealizzare un piano in modo da non farti perdere il controllo!” affermò Bea voltandosi verso di noi.
“Riesci a usare la magia per andare al castello di tuo padre?”, chiese Hook fissando la porta agitato.
“Non lo so. Non me lo ricordo molto…”, affermai dispiaciuta.
Bea stava per rispondere quando la porta della stanza si aprì e davanti a noi apparve Jafar con un paio di due sentinelle. Come era possibile che fosse già arrivato? Eravamo in anticipo e in teoria doveva esserci Regina a tenerlo occupato. Iniziai così a sperare che non le fosse successo nulla.
“Cosa ci fai tu qua? Dovresti essere in quello specchio!”, chiese Jafar sorpreso di vederci e soprattutto vedere Amy in quella stanza.
“Non è importante! Ora che sono tornata ti sconfiggerò definitivamente!”, ammisi decisa.
“Amy aspetta prima è meglio andare da nostro padre e fare un piano di battaglia!”, sussurrò Bea spaventato.
“No non abbiamo tempo. Ormai ci ha scoperto.!”, ribattei io dura voltandomi verso di lui.
“Ho provato a rispettare i patti, ma se non sono riuscito a sbarazzarti di te mandandoti nel mondo dello specchio allora ti ucciderò”, replicò lui prima di far sparire me e lui in una nuvola di fumo nera.
 
In pochi secondi mi ritrovai in uno spiazzo con pochi alberi rigogliosi e vari cespugli dai quali s’intravedeva qualche fiore colorato. Il cielo era terso e il sole splendeva illuminando la vegetazione e noi. Le temperature erano abbastanza alte per essere in primavera inoltrata. C’era qualcosa che non quadrava.
“Cosa c’è che ti percuote così tanto?”, domandò lui vedendo che mi stavi guardando in giro perplessa.
“Quanto tempo è passato da quando mi hai rinchiuso nel mondo dello specchio?”, domandai io secca girandomi verso di lui.
“Quattro mesi! Pochi per i miei gusti e sinceramente dovevo fare in modo che quel pirata rimanesse morto almeno ora non avrei perso tempo a combattere contro di te”
Erano passati quattro mesi. Quattro mesi in cui tutti hanno cercato un modo per salvarmi. Quattro mesi in cui Sam e Dean non avevano avuto mie notizie. Quattro mesi tra le braccia di Steve mentre Hook era qua a stare male per me. Quattro mesi in cui Jafar aveva messo sotto il suo comando la Foresta Incantata.
“Non è possibile!”, ribattei sconvolta.
“Si è così e ora ti ucciderò una volta per tutte e così potrò di nuovo tornare a governare questo popolo di poveracci”, urlò lui rabbioso prima di lanciarmi una palla di fuoco che però schivai. Aveva iniziato subito. Bene non mi sarei risparmiata. Non potevo dimenticare quello che aveva fatto a mia madre, a Hook e molto probabilmente a gente indifesa del regno. Sapevo anche che non dovevo surriscaldarmi, ma alla fine fu più forte di me. La rabbia prese il sopravvento e così qualche istante dopo passai al contrattacco. Allungai così le braccia e creai un tornado di aghi dei pini che erano intorno a noi e lo lanciai verso di lui. Era un attacco che avevo imparato da poco, infatti non lo avevo fatto in modo perfetto, ma almeno lo avevo colpito.
“Questo è tutto quello che sai fare? La ragazza che viene proclamata come una maga super potente oppure forse ha bisogno di qualcuno che ti difenda”, replicò lui dopo essersi pulito il labbro dal sangue che gli era uscito a causa del mio attacco.
“No mi stavo solo riscaldando!”, risposi con tono di sfida mettendomi in posizione di attacco. Stavo per sfoderare un altro dei miei colpi quando lui mi lanciò un gruppo di pietre taglienti che erano apparsi dal nulla. Non ero stata attenta ai suoi movimenti, quindi non avevo tempo per scansarmi così impulsivamente rialzai le mani e poco dopo però inconsapevolmente riuscì a creare una parete di roccia sollevando una parte del suolo che avevo davanti ai miei piedi. Era una cosa nuova, forse era un potere che avevo ereditato da mia madre.
“Non potrai difenderti per sempre! Ti farò fuori!”, urlò lui interrompendo i miei pensieri.
Aveva ragione. Dovevamo terminare questa battaglia ora. Andai verso di lui per prendergli il cuore e poi stritolarlo davanti ai suoi occhi. Ero ormai a qualche passo da lui quando a un certo punto però iniziai ad annaspare. Cascai in ginocchio e mi misi subito una mano sul petto nel vano tentativo di tornare a respirare, ma fu tutto inutile. Era stato lui, infatti quando guardai nella sua direzione notai che era concentrato. Dovevo trovare un modo per spezzare questo legame.
“Non …credere che ….morirò ….cosi facilmente”, affermai con difficoltà facendo crescere delle radici ai piedi di Jafar facendogli così perdere l’equilibrio e per fortuna poco dopo tornai a respirare. Jafar era steso per terra e dovevo assolutamente approfittare di questo momento che era distratto. Mi avvicinai a lui e questa volta sarei riuscita a prendergli il cuore, però non appena cercai di strapparglielo dal petto venni catapultata dalla parte opposta contro un albero. Sentì subito un dolore pungente alla schiena e poi caddi per terra. Avevo preso una bella botta. Notai che il bastone era caduto dal fodero ed era finito qualche metro lontano da me.
“Ho fatto un incantesimo sul mio cuore. Nessuno può prendermelo. Ora invece io ti darò il colpo finale”, disse serpentino prima di farmi alzare da terra con la magia. Non ebbi il tempo di contrattaccare che lui mi fece avvolgere da una pianta piena di spine che penetravano nella pelle. Il dolore alla schiena che stavo provando prima non era nulla in confronto a quello che stavo patendo in questo momento.
Abbassai lo sguardo e vidi che in corrispondenza delle spine stava fuoriuscendo del sangue. Dovevo liberarmi e anche in fretta. Stavo per usare la magia, ma Jafar mi fermò dicendomi in modo subdolo : “Più userai la magia più la pianta ne assorbirà e sai che senza magia che cosa ti succede”
Stavo per ribattere, ma Jafar chiuse a pugno la mano che aveva alzato per lanciare l’incantesimo e in pochi istanti la pianta si strinse ancora più forte e le spine stavano premendo ancora più forte nella carne ormai ferita.
“Ahhhhh”, gridai a causa del dolore che ormai era diventato insopportabile. Era forte, ma non potevo perdere. Dovevo cercare di rimanere concentrata. Dovevo rimanere vigile.
“Oh finalmente vedrò la tua fine!”, replicò lui felice.
“Sei un maledetto!”, urlai a fatica abbassando lo sguardo in modo da incrociare il suo sguardo spietato.
Nonostante stessi cercando di rimanere sveglia sentivo che ormai le forze stavano diminuendo, la vista si stava annebbiando, i suoni stavano diventando più ovattati e tutto il corpo ormai era dolorante. Avevo già provato queste sensazioni, ma questa volta non sarebbe arrivato nessuno a salvarmi, quindi dovevo trovare un modo per togliere questa pianta dal mio corpo, ma purtroppo non riuscivo a pensare lucidamente. Ormai stavo per svenire, lo sapevo. In lontananza sentivo Jafar ridere soddisfatto della sua vittoria. Sicuramente era rimasto per vedere sfiatare il mio ultimo respiro.
Cominciai a vedere varie fasi della mia vita sia quelle belli come i pomeriggi a giocare con mio padre Bobby, le risate con Sam e Dean tra una caccia e l’altra, i momenti intimi con Dean, le chiacchierate con Sam, il tempo passato con il mio vero padre e mio fratello, i pochi istanti che ho passato con mia madre e infine tutto il tempo passato con Hook, sia quelli brutti come la morte di Bobby, Dean, Rumple e di Hook, le varie liti con Dean o con Hook, vedere mia madre essere usata come un oggetto e Rumple essere usato come schiavo da Zelena. Ogni singolo attimo mi passò davanti e pensai che ormai non avrei avuto più momenti speciali sia pieni di gioia o di dolore. Stavo morendo. Mi aveva sconfitta. Ero debole e non ero degna di salvare nessuno.
 Un certo punto però sentì una voce in lontananza. La riconobbi subito. Era Hook che mi stava ripetendo
 
Ti prego combatti. Non posso perderti di nuovo
 
Aprì leggermente gli occhi e lo vidi al mio fianco. Sapevo che era frutto della mia immaginazione, ma ero comunque felice di averlo lì accanto a me perché la sua sola presenza diminuiva il peso che premeva sul mio petto. Non volevo morire da sola anche perché nonostante avessi voluto fare quello che mi stava chiedendo non sapevo come accontentarlo. Non avevo le forze.
“Ti vedrò morire. Sarà una morte lenta e poi ucciderò tutta la tua famiglia soprattutto quel pirata che questa volta non tornerà dal regno dei morti!”, affermò Jafar diabolico di fronte a me.  Non riuscivo a vederlo bene, ma quelle parole fecero scattare qualcosa in me. Non potevo lasciare indifesa la mia famiglia, dovevo ucciderlo. In pochi istanti percepì  un enorme potere crescere in me che voleva essere sprigionato, così strinsi i pugni e urlai liberando un’onda di energia magica così potente che eliminò tutta la pianta sradicando gli alberi che erano intorno a me, mentre lui venne catapultato indietro cadendo per terra. Io invece ero di nuovo libera, ma ricolma di sangue. Ora non avevo tempo per pensare alle ferite o al dolore.
“Come cavolo ci sei riuscita? Non credevo fossi così forte”, domandò lui sorpreso cercando di rialzarsi.
“Sono piena di risorse!”, ribattei io sorridendo tentando di rimanere in piedi nonostante ormai le mie energie fossero al limite.
“Non importa perché le ferite che ti ho riportato su tutto il corpo ti porteranno alla morte!”, replicò lui beffardo.
“Le mie ferite sono il mio ultimo dei pensieri,  ora voglio solo ucciderti perchè non posso lasciare la mia famiglia e la popolazione ancora nelle tue grinfie. Devo salvarli”, urlai arrabbiata prima di essere avvolta da un fumo nero e uno bianco.
“Non ce la farai!”, gridò lui mettendosi in posizione di  attacco e subito dopo tentò di colpirmi, ma io fui più veloce. Alzai le mani e lanciai un fumo bicolore contro Jafar che non riuscì a schivare e lo colpì in piedo. Vidi il suo volto contorcersi dal dolore, ma non mi importava. Anzi ero felice. Doveva soffrire per tutto il male che aveva fatto a tutti. Si meritava di morire. Iniziò a urlare in modo straziante. Tentò pure di respingere l’attacco, ma fallì perché era troppo debole rispetto a me.
Stavo per aumentare la potenza per ucciderlo definitivamente quando vidi Hook al mio fianco. Era frutto della mia testa. Non potevo ascoltarlo perché mi avrebbe distratto e ora io dovevo rimanere concentrata sul porre fine alla mia missione
“Amy ti prego fermati…pensa al tuo cuore a cosa potresti diventare ..”, disse lui avvicinandosi a me.
“Non posso…dopo quello che vi ha fatto e quello che voleva fare..”, ammisi dura guardando Jafar soffrire.
“Siamo tutti sani e salvi ti prego non cedere all’oscurità, ti prego non voglio perdere pure te…”, asserì lui mestamente appoggiando la mano sul mio braccio sinistro.
“Killian è più forte di me…”, confessai voltandomi verso di lui e vidi il suo sguardo preoccupato. Mi faceva male vederlo con quell’espressione nonostante non fosse reale. Aveva ragione però la mia parte oscura stava diventando troppo forte e non riuscivo a contrastarla.
“Lo so la tua parte malvagia sta avendo la maglio sulla tua luce, ma devi cercare di combatterla. So che ce la puoi fare. Sei una vera combattente e io sarò sempre al tuo fianco. Ora però prendi il tuo bastone. Lui ti salverà!”, affermò lui indicando l’oggetto che era alla mia destra  qualche metro dal mio corpo.
“Non funziona lo sai!”, replicai continuando a colpire Jafar che ormai era allo stremo.
“Ora funzionerà te lo prometto!”, ribattè lui sorridendo
“Va bene, però stai qui con me”
“Non ti lascerò mai Amy. Starò sempre al tuo fianco!”, disse lui dolcemente
Decisi di fare quello che mi aveva chiesto. Feci comparire il bastone nella mano destra mentre con l’altra  continuai a emettere fumo bianco e grigio. Non appena le dita toccarono la mia arma sentì subito la mia voglia di vendetta e di sangue iniziare a scemare. Non sapevo se era grazie al bastone o alla presenza di Hook, ma alla fine smisi di attaccare Jafar che era sfinito pieno di ferite. Era ancora vivo per fortuna.
“Aveva ragione tua madre…se la tua …parte malvagia prevale sei …potente…e pericolosa..”, replicò Jafar a fatica cercando inutilmente di alzarsi
“Ora usa la lampada!”, sussurrò Hook che era rimasto al mio fianco.
“La lampada…vero ho la lampada!”, dissi a bassa voce.
Nel combattimento mi ero completamente dimenticata che avevo un oggetto che mi avrebbe dato la possibilità di sconfiggerlo velocemente, però non lo avevo ancora usato perché non ero riuscita a tenere sotto controllo la mia parte oscura. Ero stata una debole. Mi ero ripromessa di non  farla vincere e invece mi ero fatta battere di nuovo così facilmente, ma non dovrà più succedere. Dovevo assolutamente evitare che una cosa del genere non ricapiti di nuovo.
Tirai fuori l’oggetto e Jafar non appena la vide sbiancò. Non si aspettava che ce l’avessi io.
“Come è possibile che tu abbia la lampada dei geni?”, domandò lui scioccato.
“Te l’ho già detto…sono piena di sorprese”, risposi sorridendo prima di strofinarla rinchiudendo Jafar all’interno, mettendo così fine alla sua tirrania, così ora tutti potevano vivere sereni e in pace senza la paura di essere feriti da Jafar. L’intero regno era tornato libero e soprattutto la mia famiglia era al sicuro.
Dopo un estenuante battaglia ero riuscita a salvare tutti, anche se avevo avuto un aiuto esterno. Se non avessi avuto Hook al mio fianco ero certa che avrei ucciso Jafar e avrei detto addio alla mia luce diventando il mio incubo peggiore. Sarei diventata completamente oscura. Ormai era evidente che non potevo vivere  senza di lui. Hook era la mia ancora che teneva a galla la mia luce.
Ebbi solo il tempo di mettere il tempo di mettere la lampada dentro la giacca e il bastone nel suo fodero prima di cadere a terra stanca, dolorante e con le ferite aperte. Gli indumenti ormai erano rovinati e strappati ovunque a causa dell’esplosione di prima, ma al momento mi importava solamente che questa battaglia fosse finita.
Nonostante sapevo che il mio corpo stava per crollare e che ormai era giunta la mia ora, volevo tornare a casa con le mie ultime forze perché volevo vederli almeno per l’ultima volta e dovevo assolutamente avvisarli che non dovevano avere più paura di Jafar. Lui non sarebbe stato più un loro problema.
Dovevo teletrasportarmi ma non ricordando come era fatto il castello di mio padre visualizzi il viso di Hook. Sapevo che vedendomi in questo stato si sarebbe spaventato, ma in questo momento volevo andare prima da lui. Il mio cuore voleva vederlo a ogni costo per l’ultima volta. Ormai era evidente quello che provavo, l’uso del bastone era una prova quindi non potevo più tacere. Non potevo più mentire a me stessa.
Venni avvolta così da un fumo grigio e mi teletrasportai da lui. In pochi attimi mi ritrovai in una camera da letto. Lui era di fronte alla finestra che stava guardando fuori. Molto probabilmente stava fissando la strada sperando di vedermi arrivare.
“Killian…”, dissi cercando di mettermi in piedi, ma non ci riuscì. Lui si girò e non appena mi vide sbiancò. Corse subito verso di me.
“Che diavolo ti è successo?” domandò lui terrorizzato mettendomi un braccio intorno alla mia vita per tenermi alzata.
“Ho sconfitto Jafar…e con le mie ultime forze…volevo vederti…e grazie a te che ci sono riuscita…che sono riuscita a …far vincere la luce”, affermai a fatica. Sentivo ormai stavo per svenire o peggio morire.
“Non provare a morire… capito..non voglio perderti!”, ammise lui angosciato, poi iniziò a urlare il nome di mio padre, ma quello che successe dopo non riuscì a vederlo perché venni avvolta dalle tenebre.
   
 
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