Timidezza
Guardati che dolce:
distogli lo sguardo
con quel sorriso fragile,
breve afflato di lampo.
Non farlo affievolire,
resta così:
appoggiati, ora, se vuoi
colibrì ciano, sul mio palmo
e non aver paura.
I bulbi dorati nella stanza
si rannicchiano con timidezza,
illuminano poco di te:
sottili spiragli verdi
che quasi sospirano,
morbide guance
che quasi tremolano,
petali di labbra rosa
che quasi si schiudono,
un viso di casa,
che, non quasi, fa tepore.
Lascia che le mie dita
posandosi, api, sul volto,
ti lascino riposare l’iride:
sei dolce, sognante, al sicuro.
Senza musica, sento le corde
della canzone della timidezza,
che contornano brevi baci
che non riesco a darti;
mi regali un sorriso così fragile,
senza vento, senza tempo:
resta così,
tu.
adagio la mia frangia
sulla fronte mogia, tua:
non aver paura,
vedo che sorride la tua aura,
(tenero fantasma cobalto)
al dischiudersi del mio volto.
Questa tiepida lana
ci rassicura, ci ammorbidisce,
ovatta la stanza:
e non è mai troppa,
solo larga, con qualche toppa,
come potrebbe altrimenti contenere
due anime così grandi eppure tenere?
Piccolo colibrì a riposo,
sfiori la mia diafana mano nascosta
fra la maglia,
che sul tuo viso poso,
resta così:
ora, se vuoi, schiudi il verde,
e cullami in penombra di cuoio
con un tuo fragile sorriso...
... così flebile, fiamma
di candela,
quasi...
mi commuove.
Non aver paura:
lasciami volare, lucciola
nella dolce valle
fra collo e spalle di lana.
Non ti spaventare:
sono di carta, ma puoi scrivere
su di me, se ti va
tutte le dolci note che sai,
ecco:
raccogli gli spariti
in un flebile abbraccio di maglia,
grazie.
Resto così:
a volte la debolezza muove anche me,
mi spinge, filo d’erba, a sorrisi di tenerezza.
Ora, se vuoi,
semina cauto carezze di grano
su questo campo di cotone,
mentre collezioni sapori di note
che gli anni passati cantavano.
Non aver paura, me stessa:
questo tepore non può
farti del male,
lascia seminare la tenerezza
di piccoli baci di timidezza,
senza più lana,
sulla pelle diafana...
... quasi una lacrima
scivola via: un frammento di luna,
entrata nella baita, di sera.
Tenere mani imbevute,
tremolanti, insicure, eppure ormai
coro di lucciole d’oro su di noi,
morbide, tiepide,
non hanno più paura:
cantiamo di dolci sospiri,
timidi, ci brilliamo dei nostri stessi respiri,
mentre senza musica, sentiamo le corde
della canzone
della timidezza.
Salve a tutti!
Di solito non parlo molto, soprattutto adesso che la mia voce è in stallo, purtroppo. Maledetto inverno.
La musica ed il ricordo di dolci carezze non fanno nascere poemi epici e solenni, ma piccole banalità di dolcezza... e a volte va bene così, va bene lasciarsi abbandonare alla semplicità, come sono semplici gli accordi del folk con l’acustica... eh già: scusate se è poco *spallucce*, ma anche le luci in effetti Bokeh sono molto semplici, come delle lampadine gialle in una baita... eppure riscaldano eccome.
Alla prossima!!
- Rhymesketcher