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Autore: Bloodred Ridin Hood    13/01/2019    1 recensioni
Commedia sperimentale sulle vicende di vita quotidiana della famiglia più disfunzionale della saga.
Immaginate la vita di tutti i giorni della famiglia Mishima in un universo parallelo in cui i suoi membri, pur non andando esattamente d’accordo, non cerchino di mandarsi all'altro mondo gli uni con gli altri.
[AU in contesto realistico] [POV alternato]
[Slow-burn XiaoJin, LarsxAlisa] [KazuyaxJun] [Accenni di altre ship]
[COMPLETA]
Genere: Commedia, Introspettivo, Slice of life | Stato: completa
Tipo di coppia: Het, Shoujo-ai | Personaggi: Asuka Kazama, Jin Kazama, Jun Kazama, Lars Alexandersson
Note: AU, Lime, OOC | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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34
Let Me Treat You, Sweetheart
(Jin)

 

Suona la sveglia e finalmente svanisce quel mondo di figure, ombre inquietanti e demoni alati che accompagnano abitualmente il mio sonno. Ritorno lentamente alla realtà e apro gli occhi faticosamente. Tra pensieri disturbanti, emozioni negative e dolori vari sparsi in tutto il corpo ho dormito molto poco.
Sfilo un braccio da sotto le coperte e lo allungo per raggiungere la sveglia. Una forte fitta alla spalla mi fa emettere un gemito.
Merda!
Riesco a sollevarmi molto faticosamente e stacco finalmente quell’arnese dal trillo infernale. Sul cuscino c’è una chiazza di sangue secco, mi tocco il labbro, gonfio e pulsante.
Merda!
“... mi sono resa conto che… che provo... qualcosa per te.”
Come se non bastassero le fitte in tutto il corpo, il ricordo di quelle parole della sera prima mi investe con lo stessa violenza di un treno in corsa.
merda.
Sospiro e mi alzo. Vado a guardarmi allo specchio dietro l’anta dell’armadio.
Oltre al labbro gonfio, ho un occhio nero che oggi sarà impossibile nascondere.
Ieri sono tornato a casa e ho avuto abbastanza fortuna da evitare di incrociare gente in casa, ma per non farmi vedere neanche oggi dovrò fare molta, molta attenzione.
Non oso neanche immaginare la crisi che si farebbe venire mia madre se mi vedesse in questo stato.
È chiaro che prima o poi dovrà capitare, ma devo fare in modo che succeda il più tardi possibile.
Esco dalla stanza solo dopo essermi assicurato di non sentire rumore di movimenti in corridoio e scappo di corsa in bagno, portandomi appresso tutto ciò che mi serve per la giornata.
Qui mi lavo, rimuovo tutti i residui di sangue, mi disinfetto e mi medico come posso e cerco di modellarmi i capelli in modo da coprire l’occhio gonfio il più possibile. Indosso la divisa scolastica e un paio di occhiali da sole.
Con lo zaino sulle spalle, faccio ancora una volta attenzione prima di riaprire la porta e uscire.
Sento le voci di madre e Asuka che discorrono su qualcosa, mentre camminano lungo il corridoio. Superano il mio bagno, le sento dirigersi verso le scale, poi scendono al piano di sotto.
Bene!
Apro la porta e… mi ritrovo Lars davanti.
Merda!
“Hai finito finalmente?” mi chiede distrattamente intento a controllarsi il telefono.
“Sì.” rispondo sgattaiolando via, cercando di nascondere il viso il più possibile.
“Mmm.” risponde lui entrando in bagno continuando a non prestarmi attenzione.
Per una volta nella vita la fortuna sembra essere dalla mia parte. Non mi ha visto! Non mi ha visto!
Mi dirigo il più velocemente possibile verso le scale, quando improvvisamente Lars riprende a parlare.

“Hey, ma come mai ti sei portato lo zaino in bagno?” chiede confuso. 
Ormai sono di spalle, quindi non può vedermi e io di certo non mi volterò!
“Devo parlare con un professore prima delle lezioni, sto già uscendo.” mento scendendo i primi scalini “Avvisi tu mia madre se non la vedo?”
“Mmm… ok.” risponde distrattamente e sento che entra in bagno e chiude la porta.
Tiro un sospiro di sollievo e raggiungo in silenzio il piano di sotto. Mi appiattisco dietro la scala per studiare la situazione.
Sento le voci di Asuka, Alisa e mia madre provenire dalla cucina. Kazuya legge il giornale da solo in soggiorno.
Il ricordo della mia ultima imbarazzantissima conversazione di Kazuya mi contorce lo stomaco. 
Non. Deve. Vedermi!
In queste condizioni poi, meno che mai.
Do un’occhiata alla vetrata. Se faccio piano dovrei riuscire ad uscire da lì senza che se ne accorga.
Mi avvicino a passi felpati e molto lentamente faccio scorrere la porta a vetri su un lato, il tanto necessario per poter infilare il mio corpo di traverso, poi lo zaino e infine lentamente richiuderla dietro di me. Perfetto, silenzioso come un ninja.
È una fortuna che mia madre e Kazuya abbiano l’abitudine di comprare i meccanismi più costosi e silenziosi possibili.
Una volta in giardino, mi nascondo dietro la parete e tiro fuori le scarpe dallo zaino. In quel momento arrivano quei cani infernali ad abbaiarmi contro facendo un casino terribile, rischiando di mandare a monte la mia delicata missione.
“Andate via, mostri puzzolenti!” ringhio a bassa voce, e a quel punto inizio a correre lungo il perimetro della casa inchinato in avanti per non farmi vedere dalle finestre.
Quegli stupidi cani mi inseguono minacciosi, afferro un bastone e glielo tiro contro. Ovviamente non serve a niente.
Cazzo, se continuano così Kazuya si insospettirà e andrà a vedere con cosa o con chi ce l’hanno. Corro a perdifiato verso il lato anteriore del giardino e mi lancio contro il muro di recinzione, per arrampicarmici sopra. L’impatto tra il mio corpo già dolorante e il muro mi strappa un mugolio, ma non mi fermo, mi isso e mi lancio subito dall’altra parte. Cado a terra, ma non sono abbastanza pronto per restare in piedi e finisco sopra un cespuglio di rose.
“Merda…” brontolo rialzandomi. 
Sono grato che mi abbiano risparmiato un altro doloroso impatto col terreno e soprattutto che siano rose senza spine, ma ora c’è un buco nel cespuglio che mia madre non potrà non notare.
Sospiro nervosamente e mi allontano in fretta verso la strada, ignorando le fitte, e mi incammino verso la scuola.



“Che caspita ti è successo?!” esclama Julia guardandomi preoccupata.
Sbuffo. Speravo di non incontrare nessuno almeno fino alle lezioni.
“Sono caduto… su un cespuglio di rose.”
Julia alza un sopracciglio.
Sono pessimo ad inventare scuse in fretta e sotto pressione.
“Hai… lottato con qualcuno?” chiede facendo per sollevarmi gli occhiali da sole, io le blocco la mano.
Aspetto qualche secondo prima di rispondere, poi faccio un broncio.
“L’altro è messo peggio.”
“Ma sei impazzito?!” chiede lei spalancando la bocca “È il solito tizio con i capelli arancioni vero?! Ma dico, siete matti?! Volevate finire all’ospedale?!”
Non rispondo. In effetti non mi ero reso conto di essere messo così male e dubito che se ne sia reso conto anche Hwoarang. Sempre che non ci sia finito proprio all’ospedale.
“Hai idea di quanto sia pericoloso?!” continua la mia seconda mamma “E se aveste un qualche tipo di trauma o emorragia interna?! Non ci hai pensato?! Non dovresti andare a farti vedere da un dottore?!”
Non rispondo e mi incammino verso la sala centrale.
“Hey, dove credi di andare?!”
“Non ho fatto colazione.” rispondo secco “Vado a prendere qualcosa da mangiare.”
“Dicevo…” riprende Julia camminando al mio fianco “Sei un cretino! Tua madre cosa ti ha detto?!”
“Non mi ha visto.”
Julia spalanca la bocca.
“Jin Kazama! Sei peggio di un bambino!”
“Dov’è Kamiya?” chiedo tanto per cambiare discorso.
Julia sospira e si arrende, ha capito che tanto è inutile stare a parlarne adesso.
“È andato nella nuova scuola di Kyoto per portare dei documenti per il trasferimento.”
“Ah…” dico soltanto.
Ormai manca poco al trasferimento. Roba di una settimana o poco più.
“E comunque, a proposito di trasferimenti.” sorride Julia “In realtà ti stavo cercando per darti la buona notizia prima di notare il tuo aspetto di oggi… indovina??”
Mi guarda con un gran sorriso.
Buona notizia?! Perché ho come il presentimento che abbia a che fare con Fox?
“Cosa… dovrei indovinare?” chiedo cautamente.
“Mi hanno accettato a Oxford!” esclama al settimo cielo.
“Oh…” mormoro sorpreso “Intendo dire… wow, congratulazioni!”
Lei sprizza di gioia.
“Grazie!”
“Wow, è fantastico.” continuo ragionandoci su “È uno dei tuoi sogni che si realizza no?”
“Lo è!” annuisce felicissima “Dopo l’estate mi trasferisco. Non vedo l’ora!”
“Avevi… mandato una lettera di presentazione giusto?” chiedo cercando di ricordare.
Lei annuisce.
“Sì, tempo fa. E poi Steve mi ha aiutato ad ottenere un colloquio il giorno della festa, ricordi?”
“Già…” rispondo riflettendo sul fatto che io sono un bel po’ di tempo che non mi preoccupo più di pensare ad un modo per sfuggire da questa scuola.
“Anche Steve frequenterà lì l’anno prossimo!” continua Julia con un sorriso.
Sorrido ancora, anche se ho un ombra di malinconia.
Sono realmente felice per lei, ma non posso negare che in un certo senso questa notizia mi rattrista. Kamiya si sta trasferendo questi giorni e lei se ne andrà l’anno prossimo. Ciò che ho sempre dato per scontato mi sta sfuggendo senza che neanche me ne accorga.
È in un certo senso un po’ destabilizzante. Ho sempre pensato di essere un individuo che non aveva bisogno di nessuno, ho sempre pensato di essere al di sopra di queste cose eppure...
Arriviamo ai distributori automatici e ci mettiamo in fila. La persona davanti a noi sbuffa spazientita, ci rinuncia e se ne va, rivelandoci una… Xiaoyu che litiga con il portafoglio.
“Hey, avevo quasi finito!” brontola lei diretta al ragazzo spazientito.
“Xiaoyu! Ciao!” esclama Julia tutta felice.
Lei alza lo sguardo, vede Julia e le sorride. Poi sposta lo sguardo su di me e si irrigidisce come se avesse visto un fantasma. Ci fissiamo per qualche secondo, impietriti, poi lei sembra iniziare a fare caso alle condizioni della mia faccia e sembra… confusa.
“Cosa ti è…” mormora senza terminare la frase.
“Ha fatto a botte con qualcuno.” risponde Julia a denti stretti.
“Ma… quando?” chiede incredula con un mormorio.
“Ieri sera. Prima di tornare a casa.” rispondo dopo una breve pausa.
A Xiaoyu sfugge dalle mani il portafogli, un borsellino rosa con i pom pom colorati, che va ad infilarsi nello spazio tra il distributore di merendine e il pavimento.
“Oh accidenti!” piagnucola dovendosi inginocchiare a terra.
Infila un braccio sotto per cercare di riacchiapparlo, lo afferra e lo tira fuori.
È incredibile l’imbranataggine di questa ragazza.
“Ehm, tutto bene?” chiede Julia.
“Sì!” dice lei tornando in piedi e scuotendo il braccio schifata per liberarsi dalla polvere “È solo che…” fa una smorfia imbarazzata “Stavo cercando di prendere un pacchetto di crackers, ma ho fatto male i calcoli e mi mancano 5 yen e stavo guardando se trovavo un’altra monetina in una di queste tasche… credo però di non avere altri spiccioli e…”
“Oh, ma c’è il tasto per farti sputare fuori i soldi e puoi prendere qualcos’altro.” dice Julia.
“Sì, ma oggi quel tasto non sembra funzionare!” spiega Xiaoyu premendolo più volte “Vabbè, ma non fa niente, tanto non avevo molta fame…”
Sospiro e prendo il portafogli.
“Hey, che stai facendo?!” chiede Xiaoyu guardandomi preoccupata.
Prendo una monetina da 5 yen e gliela porgo.
“Sì, infatti, Xiaoyu.” osserva Julia “Te li possiamo prestare noi.”
“No, ma… no! Non ce n’è bisogno!” replica Xiaoyu imbarazzata.
“Avanti, prendila!” insisto.
“Nooo.”
E a quel punto perdo la pazienza!
Non sopporto questo dannato atteggiamento improvvisamente timido e vergognoso nei miei confronti. L’ho guastata cazzo! L’ho rovinata per sempre! Non mi sarei mai dovuto avvicinare ad una persona pura e innocente come lei. Ama i panda e gli unicorni per l’amor del cielo!
“È una stupidissima monetina da 5 yen, Xiaoyu! Vale meno di niente!” sbotto prendendole la mano e forzandola ad accettare la monetina “Prendila, mangiati i crackers e ti prego vai a farti ipnotizzare o qualcosa del genere… devi dimenticartene!”
Poi sono talmente nervoso che mi giro e me ne vado.
“Hey!” mi segue Julia confusa “Non avevi detto di aver fame?”
“Mi è passata di colpo.” sibilo tra i denti.
Julia si guarda indietro disorientata, poi torna a scrutare me.
“C’è forse qualcosa che non va tra te e Xiaoyu?” chiede “Perché dovrebbe farsi ipnotizzare? Cosa è che dovrebbe dimenticare? E soprattutto, perché ti sei arrabbiato?”
“Non è successo niente e non sono arrabbiato.” sbotto andando a pesso svelto verso la mia classe “A dopo.”


Sono stato un idiota e sono stato sgarbato senza un vero motivo, lo so. Ma se questo dovesse aiutarla ad aprire gli occhi su di me ben venga! Forse capirà che uno come me non si merita niente, figuriamoci attenzioni di quel tipo!
Io ci provo. È tutta la vita che cerco di essere una persona migliore di mio padre o di mio nonno, ma niente da fare. Per quanto io ci possa tentare, il sangue è quello. Rimango comunque un pessimo elemento, con problemi di gestione della rabbia, affetto da pessimismo cronico e che ogni tanto entra in modalità berserk… o demone, che dir si voglia.
Lei è esattamente l’opposto di quello che sono io. Che diavolo mai ci potrà trovare in me?!
“Bene, la lezione di oggi è terminata e se farete i buoni la settimana prossima vi mostrerò una nuova mia invenzione.” promette Lee dopo il suono della campanella.
Ci guarda con un sorriso smagliante.
“Potete andare!”
Pausa pranzo. Finalmente posso andare a cercarmi del cibo. Mi rinfilo gli occhiali da sole e mi alzo.
“Kazama, aspetta un momento. Ho bisogno di parlarti.” mi richiama Lee proprio mentre sto per lasciare l’aula dietro ai miei compagni di classe.
Mi fa un cenno per avvicinarmi alla cattedra.
Faccio come mi dice.
“Prima cosa… mi vuoi dire che diamine ti prende?!” chiede sibilando tra i denti dopo che gli ultimi studenti escono dalla stanza.
“Cosa?” faccio confuso.
“Oggi non hai ascoltato una sola parola della mia lezione.” osserva “E perché mai avresti la faccia in quelle condizioni?”
“Sono caduto.”
Lee assottiglia gli occhi e si mette a braccia conserte.
“Sì, come no!” esclama, poi si alza in piedi e mi guarda da vicino “Credi che sia un idiota?”
Sogghigno.
“Se rispondo sinceramente a questa domanda cosa fai?” lo sfido “Mi sospendi?”
“Fossi in te farei meno lo spiritoso!” mi minaccia con un’espressione che non promette niente di buono “I tuoi genitori lo sanno?”
“Sì.” mento.
“Bene, allora non ci saranno problemi se più tardi farò una telefonatina a Jun per sapere come è successo.”
Che stronzo.
“Seconda cosa, la tua punizione l’altra volta prevedeva che andassi almeno una volta alla settimana dalla psicologa della scuola.”
Ancora più stronzo.
Chiudo gli occhi e cerco di reprimere la rabbia.
“Non mi risulta che tu ci sia mai andato, e dato che è evidente che il tuo comportamento violento stia persistendo…” indica la mia faccia “Penso proprio che tu abbia bisogno di farci due chiacchiere.”
Segue un momento di silenzio.
“Non ho bisogno di nessuna psicologa, Lee.” ringhio.
“Oh io credo di sì, invece.” continua lui serio “E non te lo dico solo da professore, Jin. Ci stai preoccupando.”
Ridacchio. Ridicolo, ora fa pure finta di comportarsi da zio apprensivo?
“Vi state preoccupando per niente allora.” ripeto seccato “Non è colpa mia se la sfortuna sembra perseguitarmi!”
Lee si mette a ridere.
“Sfortuna! Ma fammi il piacere!” risponde “Un brillante studente di materie scientifiche come te non può davvero credere a cose come la sfortuna! Esiste il caso, certo. Ma poi siamo noi a destreggiarci nello spettro delle infinite probabilità.”
“Ma che…”
“In altre parole, Jin, i guai te li vai a cercare!” sbotta “Dubito che tu ieri ti sia ritrovato casualmente in una rissa mentre ti facevi gli affari tuoi.”
Roteo gli occhi.
“Sì, d’accordo.” gli concedo “Ma non sono stato io ad iniziare. E comunque non capiterà più.”
Lee mi guarda in silenzio per qualche secondo, poi torna a sedersi.
“Potrebbe anche essere vero, ma credo sia comunque opportuno che tu veda la psicologa.” insiste mettendosi a braccia conserte “Non mi va a genio che un esperto di arti marziali vada in giro con un’indole violenta come la tua! Come scuola abbiamo l’obbligo di intervenire in qualche modo.”
“Che cosa?! Io non sono violento!” cerco di giustificarmi.
Lee alza un sopracciglio poco convinto.
“È tutta colpa di un tizio che mi perseguita, sempre lo stesso, e…”
“Se c’è qualcuno che mina alla tua incolumità dovresti parlarne con la polizia.” mi interrompe Lee con un sorrisino odioso.
Poi il sorriso prende una piega severa.
“Dalla psicologa!” mi ordina “Adesso.”
Sbuffo, resisto alla tentazione di lanciargli un banco addosso e inizio a camminare in direzione della porta.
“Ah Jin, aspetta un secondo.” mi ferma Lee quando sto per uscire.
Mi volto e gli lancio una generosa occhiata colma d’odio.
“Quel ragazzo, Lars, è tornato a vivere da voi?” chiede con uno strano sorriso.


Non ho idea del motivo per cui Lee sia interessato a Lars, ma neanche mi interessa più di tanto. Insomma, Lee è strano e comunque anche se dovesse sospettare qualcosa su di lui, non sarebbe d’intralcio, dato che ha tutto l’interesse anche lui ad infossare Heihachi il più possbile.
Arrivo davanti allo studio della psicologa e busso alla porta.
Nel giro di pochi secondi, la donna viene ad aprirmi.
“Ehm… sono stato mandato dal professor Chaolan per…”
“Benvenuto Kazama-kun.” sorride lei che a quanto pare si ricorda bene chi sono “Ti aspettavo.”
Si sposta per farmi entrare.
Lo studio è uno stanzino accogliente, con tanti fiori e librerie colme di libri.
Mi indica un divanetto contro la parete.
“Prego, accomodati pure.”
Sospiro e vado a sedermi dove mi ha indicato.
Lei prende posto su una poltrona davanti a me.
“Mi chiedevo quando saresti venuto a trovarmi.”
Sospiro.
“Ho avuto… altro a cui pensare.”
Lei annuisce apprensiva.
“Ho saputo che sei stato in ospedale.” risponde “Mi dispiace.”
Faccio le spallucce e non rispondo.
“Allora…” dice quindi lei poco dopo “Come ti senti adesso?”
“Normale.” rispondo in automatico.
Lei inclina la testa su un lato rivolgendomi uno sguardo penetrante.
“Normale?” ripete scettica “Non è successo proprio niente di ‘anormale’ nelle ultime ore?”
Mi appoggio all’indietro contro lo schienale, schiarendomi le idee. È chiaro dove abbia intenzione di andare a parare e forse a questo punto è meglio collaborare, così magari riuscirò a non bruciarmi tutta la pausa pranzo.
“Ho avuto uno scontro con un altro ragazzo.” ammetto “Ma non c’è molto altro da dire.”
La donna si sistema gli occhiali sul naso.
“Vuoi raccontarmi meglio che cosa è successo?”
Distolgo lo sguardo e mi concentro su uno strano quadro sulla parete alla mia destra.
“È un tipo che mi segue da anni, dice di avere un conto in sospeso con me e di voler dimostrare di essere più forte di me.” spiego brevemente “Ieri mi sono deciso a dargli quello che voleva.”
“Quindi… c’è un ragazzo che ti segue da anni…” ripete lei prendendo degli appunti “... perché vuole dimostrare… di essere più forte di te?”
Sospiro.
“Sì, lo so che sembra ridicolo, ma… sì, più o meno la situazione è questa.”
“E tu hai sempre declinato l’offerta, giusto?”
“Io non picchio la gente senza un motivo.” mi viene da rispondere in automatico “Cioè, in realtà non picchio mai nessuno.” mi correggo subito dopo “Ma meno che mai per un motivo futile come questo.”
La psicologa annota qualcosa sul suo quaderno, poi lo abbassa tornando a studiarmi con lo sguardo.
“Come mai allora questa volta hai ceduto alla sua richiesta?”
“Perché…” comincio, ma non so cosa inventarmi.
Mi blocco e sorrido amaramente, totalmente sconfitto. Fanculo, se vogliono psicoanalizzarmi, che lo facciano pure! E se mi rinchiudono da qualche parte, ben venga pure quello! Tanto ormai non ho più niente per cui valga la pena restare qua.
“Volevo sfogarmi.” ammetto con un sorriso inquietante.
La psicologa non sembra però particolarmente colpita dalla mia confessione.
“Volevi sfogarti.” ripete prendendo nota, poi mi guarda ancora “Per quale ragione hai sentito questo bisogno? Ti senti forse stressato?”
Passano alcuni secondi di silenzio, poi mi scappa una risata.
“Ah, mi chiede se mi sento stressato?!” ripeto quasi divertito “Mi sono scavato un buco nello stomaco per lo stress! Certo, poi c’era anche un’infezione batterica in corso e ho preso dei farmaci particolarmente aggressivi per curare un’influenza, ma… sì…” annuisco tornando serio “Fondamentalmente sono… abbastanza stressato.”
La donna si sistema ancora gli occhiali.
“Ma che cos’è che ti provoca tutto questo stress?” vuole sapere.
Ancora, mi scappa quasi da ridere.
“Non saprei da dove cominciare.” rispondo distogliendo lo sguardo.
“Inizia pure da dove vuoi.” mi dice con un sorriso amichevole “Sono qui per ascoltarti.”
Sospiro. Tutto quello che dirò qui resterà tra queste mura. Forse potrebbe farmi stare meglio sfogarmi una buona volta.
“È iniziato dal giorno in cui sono nato.” decido di aprire la diga di parole “La mia famiglia è un covo di serpenti! Tutti odiano tutti! E per tutta la vita non ho fatto altro che subire le loro continue cattiverie! Mia madre è l’unica a posto, ma per qualche ragione è stata stregata da mio padre e non si è mai resa conto di che razza di pessimo elemento sia! In sintesi non l’ha ancora lasciato. Per quanto mi riguarda, finché ho memoria sono sempre stato arrabbiato, questa rabbia perpetua mi ha impedito di imparare a rapportarmi in modo normale con la gente. Ho tipo tre amici in tutto, a cui non sono del tutto sicuro di piacere sul serio. Comunque, due di loro si trasferiranno presto e l’altra…” mi incupisco “lasciamo perdere l’altra. Ma ho imparato tempo fa a diffidare della gente in generale, perché la maggior parte vede soltanto la mia famiglia e il mio nome quando mi guardano. C’è chi mi stima affascinato da chissà quale mito di potenza o ricchezza, c’è chi mi odia perché appartengo a quella stessa famiglia che odio anche io. Per me è impossibile vivere una vita normale. Non sarò mai normale e la cosa che più mi spaventa è che mi rendo conto, giorno dopo giorno, di stare diventando come loro… come i miei dannati parenti!” mi fermo per riprendere fiato “Io vorrei… vorrei… rinascere in un’altra famiglia. In una casa normale… con problemi normali.”
Non so neanche io cosa tutto ho detto in questo flusso di pensieri, non credo di aver mai parlato così a lungo negli ultimi anni, non so neanche se sia possibile trovare un senso a tutto quello che ho detto, ma… è come se la testa mi si fosse un po’ alleggerita.
La donna si schiarisce la voce.
“Capisco.” dice “Non ti senti compreso.”
La guardo incerto.
“È evidente che la tua famiglia non è riuscita a darti il supporto di cui avresti avuto bisogno durante la tua crescita.” dice “Questo ti provoca uno stato di smarrimento e tanta rabbia repressa nei loro confronti.” poi sorride amichevolmente “Ma non è colpa tua e non dovresti essere così duro con te stesso. Sei uno studente brillante e un bravo ragazzo. Hai dei principi. Lo dimostra il fatto che ti sei rifiutato per tanto tempo di affrontare quel ragazzo che ti dava fastidio o come hai affrontato il bullo della scuola.” poi si toglie gli occhiali “Devi cercare di trattarti meglio. Inizia a volerti bene, Kazama-kun. Tu non sei come loro, e solo il fatto che ti preoccupa l’idea di assomigliargli ti rende diverso. Però devi cercare di essere più aperto nei confronti delle altre persone, devi dare loro la possibilità di aiutarti.”
“Ma non voglio coinvolgerle con i casini della mia vita.” ribatto.
“Kazama-kun, non ti è mai passato per la mente che anche tu potresti dare loro qualcosa di positivo?”
Abbasso lo sguardo, riflettendo su quelle parole.
“Ma di questo magari approfondiremo meglio in un altro momento, alla prossima seduta magari. Adesso ascoltami bene.” dice la donna “Per stasera ti do un piccolo compito.”
Torno a guardarla confuso.
“Prima di tornare a casa, passa al centro commerciale e fatti un regalo o mangia il tuo cibo preferito.” sorride “Concediti un sorriso ogni tanto.”


Non è che credo davvero a ciò che mi ha detto la psicologa, ma è vero che io per lo meno la volontà di non essere come mio nonno o mio padre ce la metto. E adesso, non so quanto l’idea di farmi un regalo possa realmente aiutarmi a sentirmi meglio, ma dopotutto male non può fare, no?
D’altronde non ricordo più l’ultima volta che mi sono regalato qualcosa. E poi, più tardi torno a casa, più tardi mi vedranno la faccia pestata e meglio sarà per me.
È anche per questo che ho deciso di accettare il consiglio della psicologa e sono davvero andato a fare un giro al centro commerciale dopo la scuola.
Dopo circa un’ora passata in giro per vari negozi di elettronica e videogiochi, mi fermo fuori da un chiosco per leggere la lavagna con il listino prezzi e le specialità. Sto giusto pensando a che cosa potrei prendermi per cena, quando un richiamo improvviso mi fa gelare sul posto.
“Jin-chaaaan!”
Mi volto preoccupato.
La mia ex baby-sitter si avvicina. Avanza tra la folla con il suo cappotto pelliccioso aperto sul davanti, una maglia con una scollatura estrema, minigonna molto mini, tacchi vertiginosi e borse da shopping che stanno per esplodere.
“A… Anna?” chiedo sgomentato.
“Che sorpresa! Ci rincontriamo di nuovo!” esclama con un sorrisetto fermandosi davanti a me.
“Già, che sorpresa!” ripeto con un filo di voce.
“Che combini qui?” chiede guardando il chiosco dietro di me.

“Mi era… venuta fame?” rispondo vago.
A quel punto Anna stringe gli occhi facendo attenzione al mio viso. 
Io indietreggio, ma lei appoggia le borse con gli acquisti a terra e allunga una mano per spostare i miei occhiali.
“No, non ce n’è bisogno.” le devio la mano con un sorrisetto nervoso.
Anna però non ne vuole sapere. 
“Sta’ zitto!”
Mi schiaffeggia la mano spostandomela via, e mi solleva gli occhiali a forza.
“Per l’amor del cielo, Jin!” esclama seria “Che diavolo hai combinato?!”
Sospiro, scansandomi e riabbassandomi gli occhiali.
“Non avrai mica ripreso a combattere per strada!” continua lei con tono severo.
“È stato solo un episodio isolato.” rispondo serio “Non capiterà più.”
Anna mi guarda in silenzio per qualche secondo.
“A casa ti hanno già visto?” chiede.
Faccio di no con la testa.
Lei annuisce, poi sorride.
“Voglio fidarmi di te.” dice poi piano “E per questo da brava baby-sitter ti darò una mano!”
Indica i sacchetti dei suoi numerosi acquisti a terra.
“Sù! Dammi una mano a portare quelli alla macchina!”
Sospiro e faccio come mi chiede.
L’accompagno al parcheggio, carico come un mulo. Ci saranno almeno dieci chili di roba dentro queste buste. Il che è davvero notevole per una che di solito si veste con così poca stoffa!
“Anna, hai deciso di rifarti l’intero guardaroba?!” borbotto raggiungendo finalmente la decappottabile rossa.
“No, tesoro!” dice lei con un sorrisetto sollevando il portellone del bagagliaio con una mano “Ho solo fatto qualche acquisto in vista della prossima serata aziendale. Incontriamo un importante cliente la settimana prossima! Avevo bisogno di qualcosa di sofisticato.”
“Ah…” soffio iniziando a sistemare la roba a bordo “E hai avuto bisogno di andare a svuotare venti negozi diversi per trovare questo qualcosa?”
Lei risponde con un risolino.
“Quanto sei simpatico Jin-chan!” esclama “Ti darei un pizzicotto sulla guancia se non avessi tutta la faccia pestata.”
Chiudiamo il portellone e andiamo a prendere posto in auto.
“Dove mi vuoi portare?” chiedo richiudendo lo sportello.
Anna è intenta a ripassarsi il rossetto sulle labbra guardandosi allo specchietto retrovisore.
“Tu non devi preoccuparti di niente.” risponde riponendo il rossetto nel beautycase del cruscotto.
Poi mette in moto e si prepara ad uscire dal parcheggio.
“Lascia che la tua babysitter si prenda cura di te!”
“Lo sai che questo mi preoccupa, vero?” 
Lei sorride e mi manda un bacio volante.
“Tu pensa solo a metterti la cintura, tesoro!”
Sospiro e faccio come mi dice. Lasciamo il centro commerciale a suon di classici pop degli anni ‘80.
“Non è che siccome adesso sei grande e grosso non ti debba più coccolare Jin-chan!” riprende Anna poco dopo. 
Sta praticamente urlando per farsi sentire attraverso la musica.
“Anzi, sai una cosa, dovremmo vederci più spesso!” aggiunge “Ormai praticamente ci incontriamo solo per caso… ed è un peccato.”
Sospiro. Inizio a chiedermi se ho fatto bene ad accettare di seguirla. Ma è stata quella dannata seduta dalla psichiatra che mi ha totalmente confuso. Non sono abituato a parlare di me così a lungo, tutto ciò mi ha fatto sentire strano e destabilizzato.
Ad un certo punto Anna muove leggermente la rotella del volume con un’unghia laccata di rosso per abbassare la musica.
“Hai detto di avere fame prima, eh?” si ricorda “Conosco un posticino interessante. Inizia a pensare a che cosa vorresti mangiare!”
E Anna si dirige verso una sorta di chiosco drive-thru da cui ordiniamo… insalatine di pollo senza condimento, in accordo con ciò che mi hanno ordinato i medici.
“Mi dispiace tanto che tu non possa ancora mangiare qualcosa di più gustoso Jin-chan!” dice Anna dispiaciuta guardandomi con apprensione.
“Non fa niente.” rispondo cupo bevendo acqua minerale dalla cannuccia “Non avevo davvero voglia di mangiare qualcosa di buono stasera.”
“Ero così dispiaciuta quando Lee mi ha detto che eri stato ricoverato!” continua “Purtroppo ero a Los Angeles per un viaggio d’affari in quei giorni, altrimenti sarei certamente passata a trovarti, cucciolotto mio!”
“Figurati!” rispondo con una mezza smorfia “Non ce n’era bisogno.”
“Comunque devi avere più cura di te stesso!” puntualizza lei “Non va mica bene che ti strapazzi in questo modo e poi finisci in ospedale facendo venire un colpo a tutti!”
“Mmm.” rispondo bevendo un altro sorso dalla cannuccia.
Poco dopo ci apprestiamo ad entrare nel parcheggio di un palazzo in centro.
“Dove siamo?!” chiedo guardandomi intorno confuso.
Non sembra una zona che conosco. 
Anna tira il freno a mano, poi mi guarda con un altro sorriso.
“Questo è il palazzo dove abito, sciocchino!” risponde con una risatina “Devi aiutarmi a portare su tutti i miei acquisti, no?”
Qualche minuto dopo esco dall’ascensore carico di tutti gli acquisti di Anna e la seguo verso la porta del suo appartamento.
Apre e si sposta per lasciarmi passare.
“Lascia pure tutto lì accanto al divano, Jin-chan!” mi dice richiudendo la porta.
Raggiungo il divano il più velocemente possibile e lascio finalmente quella montagna di borse.
“Oh, guarda chi è venuta a salutarmi!” sento esclamare Anna dietro di me.
Mi volto e la vedo prendere in braccio una gattina siamese. Anna l’accarezza dietro alle orecchie, mentre lei si struscia contro il suo braccio in cerca di attenzioni.
“Diventa sempre così affettuosa quando porto un uomo a casa.” mi spiega Anna “Immagino che sia un po’ gelosa.”
Detto questo la posa delicatamente a terra.
“Allora!” dice poi con un gran sorriso togliendosi il cappotto e scendendo dai tacchi “Vogliamo mangiare la nostra insalatina dietetica?”
“Non c’era bisogno che ordinassi questo anche tu.” commento prendendo un’altra forchettata di quell’insalata senza sapore “Non mi sarei mica offeso!”
Anna aggrotta le sopracciglia.
“Ma per chi mi prendi! Non avrei mai potuto fare questo al mio cucciolotto!”
Si versa un bicchiere d’acqua.
“E poi non è diverso da quello che mangio tutti i giorni, dopotutto.” aggiunge increspando un po’ la fronte “Lo so che non si direbbe, ma ho una certa età Jin-chan, devo fare attenzione alla mia alimentazione!”
Beve il bicchiere d’acqua e poi rimane ad osservarmi per qualche secondo con uno strano sorrisetto.
“Che c’è?” chiedo allora poco dopo.
“Non me lo vuoi ancora dire?”
“Dire cosa?”
Anna ridacchia.
“Tesoro, hai accettato di passare un po’ di tempo con la tua cara vecchia baby-sitter senza dire mezzo ba.” osserva a voce alta “Non è certamente da te. Non penserai che Anna non l’abbia notato!”
Sospiro, rigirando la forchetta nell’insalata.
“Tanto probabilmente verrai a saperlo comunque da lui.” dico con una smorfia “Il tuo caro amico del cuore ha deciso di mandarmi dalla psicologa della scuola.”
“Sul serio?”
“Sì, e… lei mi ha consigliato di… cercare di essere più aperto nei confronti di quelli che si preoccupano per me o qualcosa del genere.” borbotto con un filino di imbarazzo.
“Oh quanto sei dolce, Jin-chan!” squittisce lei congiungendo le mani davanti al viso.
“Piantala, sto iniziando a pensare che non sia stato un buon consiglio!” mi tiro subito indietro.
Lei sorride e riprende a mangiare.
“È stato un ottimo consiglio, sciocchino!” mi corregge “E appena finiamo di mangiare, vedrò di fare qualcosa per sistemare il tuo faccino.”
Dopo cena mi fa sdraiare a pancia in su sul divano, mentre lei procura la sua valigetta del pronto soccorso. Inizia lavandomi il viso con una salvietta umida.
“Devi promettermi però che non lo farai più.” dice seria a bassa voce, mentre aspetto ad occhi chiusi.
“Mmm.”
“Non c’è bisogno che ti ricordi quanto possa essere pericoloso, giusto? Soprattutto andarci così pesante.”
Inizia a spalmarmi una cremina sulla zona gonfia vicino all’occhio.
“Però ricordo che anche tu ci andavi piuttosto pesante quando litigavi con tua sorella, Anna.” rispondo tagliente.
Per un attimo si ferma, poi riprende a spalmare la medicina con movimenti circolari.
“Una memoria da elefante!” commenta poco dopo con una risatina un po’ nervosa.
“Ho una buona memoria solo per i dettagli che trovo interessanti.” preciso.
“Beh sì… È vero. Io e mia sorella ce le siamo date di santa ragione più volte in passato.” ammette “Ma! Ed è un grosso ma! Non vuol dire che sia stata una buona idea.”
Poi sospira.
“Ma devi ringraziare quel periodo lì se ho imparato a medicare i lividi così bene.” continua “Quelle chiazze violacee sono così antiestetiche!”
Finisce con la pomata e la sento richiudere il tubetto.
“Va meglio?” mi domanda.
Riapro gli occhi.
“Sì, mi sembra di sentire un po’ di sollievo.” rispondo.
Anna mi porge il tubetto di pomata.
“Prendila pure.” mi dice “Dovresti metterla due volte al giorno.”
“Grazie.” mugugno cercando di rimettermi a sedere, ma lei mi ferma spingendomi con una mano contro il petto.
“Ma che…”
“Non abbiamo mica finito!” fa lei con un sorriso sghembo mentre prende un altro borsello “Questo unguento si asciuga in un attimo, quindi ora possiamo subito procedere per la seconda fase.”
“Seconda fase?! Cos’altro vuoi farmi?” chiedo accigliato.
E lei a quel punto toglie fuori degli strani prodotti dalla borsa.
“È… è trucco?!” chiedo mettendo meglio a fuoco.
“Sta’ zitto!” mi blocca lei tenendomi giù “O vuoi che tua mamma si preoccupi più del dovuto?”
Apro la bocca per protestare, ma lei è già partita in quarta con una strana roba verde.
“Applichiamo un po’ di correttore verde per neutralizzare il rossore.”
“Non ci credo…” brontolo, mentre vengo truccato per la prima volta nella vita “Non avrei dovuto dare retta alla psicologa!”
Lei ridacchia, poi mette via quel prodotto e ne prepara un altro.
“E ora, il fondotinta!”
Bagna una spugnetta con una crema color pelle e me la tampona dolcemente sull’area livida.
“Certo non è esattamente il colore giusto per te, ma è meglio di niente.”

Poi sorride e mi porge uno specchio. Mi guardo e… devo dire che l’aspetto del mio occhio è migliorato parecchio, sembra quasi normale.
“Sei brava a sistemare queste cose!” commento alzando un sopracciglio.
Lei mi rivolge un sorriso un po’ triste, rialzandosi in piedi.
“Come ti ho detto, ho una certa esperienza.” dice recuperando la roba e riportandola in bagno.
Mi metto a sedere sul divano, nel mentre guardo il gatto che mi osserva da sopra il bracciolo. Allungo una mano verso di lei, che accoglie l’invito e si fa subito coccolare.
Anna torna dal bagno.
“Allora Jin, ti metto pomata e trucchi dentro un sacchetto e poi ti riaccompagno a casa!” dice andando a recuperare quei prodotti.
“Va bene la pomata, ma non ho intenzione di rimettermi il fondotinta domani mattina!” protesto “Tienitelo!”
“Oh, macché!” dice lei agitando una mano “Ne ho un sacco! Magari cambi idea. Fatti aiutare da tua cuginetta, magari.”
“Come no.” brontolo.
“E cerca di fare un sorriso ogni tanto!” continua spostandosi in camera sua “Sei sempre così triste e arrabbiato! Non scherzavo il giorno di quella festa quando dicevo che dovresti imparare a goderti di più la vita! Insomma… quanti anni hai adesso? Sedici?”
“Diciannove…”
Sospiro e continuo a giocare con il gatto.
“A diciannove anni uno deve essere felice e spensierato! Non scorbutico e imbronciato come un sessantenne!” riprende lei dall’altra stanza “Te l’avranno detto anche i medici all’ospedale! Oltre alle insalate quello che davvero può farti stare meglio è un po’ di buon umore.”
Anna torna dalla sua stanza con un sacchetto regalo colorato in mano.
“Ecco qua, ti ho messo la pomata, un po’ di trucchi…”
Alzo gli occhi al soffitto.
“Ti ho detto che non li volevo i trucchi, non li so usare!”
Mi ignora.
“E un altro regalino da parte mia. Poi vedrai che cos’è.” conclude con una strizzatina d’occhio.


Rientro a casa e riesco a sgattaiolare al piano di sopra senza essere visto, ma non riesco a sfuggire da Asuka che si accorge come passo davanti alla sua stanza.
Spalanca la porta e mi guarda accigliata.
“Dove cavolo eri finito?!” mi chiede “La zia è molto arrabbiata! Lee le ha detto tutto! Hai combattuto con qualcuno?”
“Che stronzo…” sibilo con un soffio continuando ad andare verso la mia stanza.
Asuka mi segue fin dentro alla camera.
Lancio il sacchetto di Anna sul letto e lo zaino di scuola sul pavimento.
“Era Hwoarang, vero?” vuole sapere.
“Sì…”
“E… ? Come è finita?” chiede ancora “Non avete esagerato, vero?”
“Decisamente sì.” rispondo “Per quello che Lee se n’è accorto. Sembro abbastanza normale solo perché Anna ha insistito per mettermi del fondotinta.”
“Anna?” ripete Asuka confusa “Anna Williams?”
Annuisco.
“Cioè, eri con lei?” continua, poi guarda il sacchetto sul letto “È lei che ti ha fatto un regalo?”
“Non è un regalo.” rispondo aprendo l’armadio e togliendo fuori dei vestiti “C’è una pomata e dei trucchi che mi ha dato per coprire i lividi, che però butterò dato che non ho intenzione di usarli.”
“Oh, trucchi? Se non li vuoi li prendo io!” esclama lei andando a recuperare il sacchetto.
“Sì, come vuoi, ma te ne vuoi andare?! Dovrei cambiarmi! Ho questa divisa tutto il giorno!”
“Ma dobbiamo parlare di… quella cosa!” dice alzando le sopracciglia con aria losca.
Oh perfetto! Perché ora doveva farmi ripensare a quella cosa? E di conseguenza alla mia conversazione con Kazuya.
“Non ho intenzione di parlare di quella cosa!”
“Perché? Hai intenzione di gettare la spugna e di perdere tutti i soldi che hai speso per il kit?!”
La spingo fuori dalla stanza!
“Lasciami in pace, Asuka! Sono stanco.”
Chiudo la porta e vado a cambiarmi. Il tempo di spogliarmi e di infilarmi un altro paio di pantaloni e quella scema ha già riaperto la porta con un ghigno da ebete stampato in faccia.
“Cazzo vuoi ancora Asuka?! Mi lasci vestire in santa pace?!” chiedo infilandomi la maglietta.
“Hai detto che Anna ti ha dato questo sacchetto?” chiede ridacchiando, mentre richiude la porta alle sue spalle.
“Sì!” ripeto.
“Ok…” dice lei riaprendolo “Capisco la pomata…” la toglie fuori e la lancia sul letto “Pure il correttore e il fondotinta che ti ho già rubato, ma…” toglie fuori una scatolina rettangolare “Come mai ti ha dato questi?”
“Che diamine è?!” mi avvicino confuso.
Prendo in mano la scatola e impallidisco di colpo.
Asuka scoppia in una risata fragorosa.
"Dovresti imparare a goderti di più la vita!"
Quelle parole di Anna mi rimbombano di colpo nella testa.
Quella matta della mia babysitter mi ha regalato una scatola di preservativi!
Solo lei potrebbe fare una cosa del genere!
“Oddio Jin! Dovresti vedere la tua faccia!” Asuka si tiene la pancia in preda alle risate “Sei fortunato ad avere una babysitter così premurosa, che non ha mai smesso di preoccuparsi per te!”
“Asuka, esci fuori!” esplodo.
Le strappo la scatolina dalle mani e la spingo di nuovo fuori dalla mia camera.
“Jiiiin!” sento intanto la voce di mia madre venire da qualche altra parte della casa.
Deve essersi accorta del mio ritorno.
Sbuffo.
D’accordo, è arrivato il momento di affrontare anche questo.
Nascondo la scatola di preservativi lanciandola dentro all'armadio.
“Arrivo!” rispondo lasciando la mia camera.
E adesso prepariamoci al peggio.





 

 





NOTE:
Felice anno nuovo! :D

 

 
  
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