Abbandonarti a me
“Manca un po’ di musica, non crede
Madame?”
Eravamo soli,
timidi a splendere
fra le mura di creta
blu.
Come un coro d’amici
cominciano tamburi lenti,
corde a sonagli e altri strumenti,
albeggia la gioia dell’Outback.
Ci culla un’onda di fortuna,
una voce, la tua
mi rende a piccole briciole oro:
Mida.
Inciampiamo sui nostri passi,
“Va tutto come dovrebbe”,
si muovono a passo di poesia
le nostre ombre, e scivolano via,
nella magia della penombra.
Rimasugli di corde
ci accompagnano, mi adagiano al muro:
siamo soave affresco d’innocenza,
mentre la musica riparte,
e non vorremmo essere che qui,
da nessun’altra parte
che noi.
Salgono sommesse le note di libertà,
piccoli fremiti come canarini incerti,
mentre indugia la musica nell’oscurità,
ed è subito morbida magia.
Ti sento vivo
oltre ogni barriera,
che mi troveresti, rannicchiata,
in ogni piccola tasca, al di là
di me, misera, stessa.
Tutto parte dalla tua pelle:
siamo dimenticate carte
d’Australia, lontano dal grigio,
sbiadite e sgargianti,
esplorate con i nostri canti,
senza muoverci oltre che
sulla nostra pelle.
Ed ora
“Se le mie difese cedessero”
il passo a te, opera d’arte,
vorresti entrare
in questa costellazione,
“Abbandonarti a me?”
“Vorrei fare l’amore con lei,
Madame.”
Brillarono i cocci di rugiada
nei miei occhi di gioia,
ed i tuoi di giada mi abbracciarono.
All’unisono
eravamo,
fin sopra Urano,
scivolati i veli di difese
dello spazio solo nostro.
La più bella musica fu
in un secondo:
il tuo viso di poesia, che senza parole
mi scriveva fiumi d’amore,
pur senza dirlo, senza colore;
eri lì, tu, bellissimo
Apollo,
proteggevi la tua galassia
un numero prima del tredici,
sussurrando poesie
alla tua dolce musa.
Mai passò prima nei miei occhi
un incolmabile desiderio di canto,
che fra le sue braccia
rannicchiata nel mio sorriso
lasciò andare caldo un pianto.
Recuperai forse, commossa
l’innocenza di diamante
che dalla tela era stata rimossa
tante lune nuove prima:
l’innocenza della vita
nel guardarti vivere, da viva
dapprima sconosciuto,
poi amante,
ed ora sapendoti
mai più da me distante.
Ti avrò forse amato da sempre,
infinita parte di me, dispersa,
e ti ho avuto per due ore.
Ma trabocca ancora la gioia,
sapendoti esistere qui ed ora,
al mio fragile fianco,
finché il mondo esisterà
e sarà per la nostra biro
foglio bianco.
Salve a tutti.
Ci sono cose che per ricordarle per sempre basta chiudere gli occhi, ma per ricordarle vivide e pure ci vuole poesia...
Un’abbraccio cosmico e assoluto sulle note del grande Vance Joy: credo che sia stato uno dei pezzi più belli del puzzle della mia vita fin ora se non IL più bello. Indescrivibile: ci ho provato...
Alla prossima!
Rhymesketcher