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Autore: Rhymesketcher    13/01/2019    3 recensioni
Una raccolta di piccoli frammenti splendenti di ricordi, di piccoli bagliori di bellezza che appaiono come fantasmi nella funesta moltitudine del grigio quotidiano, come delle luci sfocate in lontananza, una sorta di varco... che ha forma di luce.
Piccoli cocci di costellazione da un’altra dimensione...
Genere: Introspettivo, Malinconico, Sentimentale | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het
Note: Raccolta | Avvertimenti: nessuno
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Abbandonarti a me

 

“Manca un po’ di musica, non crede

Madame?”

Eravamo soli,

timidi a splendere

fra le mura di creta

blu.

Come un coro d’amici

cominciano tamburi lenti,

corde a sonagli e altri strumenti,

albeggia la gioia dell’Outback.

 

Ci culla un’onda di fortuna,

una voce, la tua 

mi rende a piccole briciole oro:

Mida. 

Inciampiamo sui nostri passi, 

“Va tutto come dovrebbe”,

si muovono a passo di poesia

le nostre ombre, e scivolano via,

nella magia della penombra. 

 

Rimasugli di corde

ci accompagnano, mi adagiano al muro:

siamo soave affresco d’innocenza, 

mentre la musica riparte,

e non vorremmo essere che qui, 

da nessun’altra parte 

che noi. 

 

Salgono sommesse le note di libertà, 

piccoli fremiti come canarini incerti, 

mentre indugia la musica nell’oscurità,

ed è subito morbida magia.

 

Ti sento vivo

oltre ogni barriera,

che mi troveresti, rannicchiata,

in ogni piccola tasca, al di là

di me, misera, stessa. 

 

Tutto parte dalla tua pelle:

siamo dimenticate carte

d’Australia, lontano dal grigio, 

sbiadite e sgargianti,

esplorate con i nostri canti, 

senza muoverci oltre che 

sulla nostra pelle. 

 

Ed ora

“Se le mie difese cedessero”

il passo a te, opera d’arte,

vorresti entrare

in questa costellazione,

“Abbandonarti a me?”

 

“Vorrei fare l’amore con lei,

Madame.”

 

Brillarono i cocci di rugiada

nei miei occhi di gioia, 

ed i tuoi di giada mi abbracciarono. 

All’unisono

eravamo,

fin sopra Urano,

scivolati i veli di difese 

dello spazio solo nostro. 

 

La più bella musica fu

in un secondo: 

il tuo viso di poesia, che senza parole

mi scriveva fiumi d’amore, 

pur senza dirlo, senza colore;

eri lì, tu, bellissimo

Apollo, 

proteggevi la tua galassia 

un numero prima del tredici, 

sussurrando poesie 

alla tua dolce musa.

 

Mai passò prima nei miei occhi

un incolmabile desiderio di canto, 

che fra le sue braccia

rannicchiata nel mio sorriso

lasciò andare caldo un pianto. 

 

Recuperai forse, commossa

l’innocenza di diamante

che dalla tela era stata rimossa

tante lune nuove prima:

l’innocenza della vita

nel guardarti vivere, da viva

dapprima sconosciuto,

poi amante, 

ed ora sapendoti

mai più da me distante. 

 

Ti avrò forse amato da sempre, 

infinita parte di me, dispersa,

e ti ho avuto per due ore.

Ma trabocca ancora la gioia,

sapendoti esistere qui ed ora, 

al mio fragile fianco,

finché il mondo esisterà

e sarà per la nostra biro

foglio bianco. 

 

 

 

 

 

Salve a tutti. 

Ci sono cose che per ricordarle per sempre basta chiudere gli occhi, ma per ricordarle vivide e pure ci vuole poesia... 

Un’abbraccio cosmico e assoluto sulle note del grande Vance Joy: credo che sia stato uno dei pezzi più belli del puzzle della mia vita fin ora se non IL più bello. Indescrivibile: ci ho provato... 

 

Alla prossima!

 

Rhymesketcher 

 

 

 

 

 

  
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