Giochi di Ruolo > Dolce Flirt
Segui la storia  |       
Autore: BlueButterfly93    15/01/2019    2 recensioni
(REVISIONE STORIA COMPLETATA)
MIKI: ragazza che, come il passato le ha insegnato, indossa ogni giorno la maschera della perfezione; minigonna e tacchi a spillo. È irraggiungibile, contro gli uomini e l'amore. Pensa di non essere in grado di provare sentimenti, perché infondo non sa neanche cosa siano. Ma sarà il trasferimento in un altro Stato a mettere tutta la sua vita in discussione. Già da quando salirà sull'aereo per Parigi, l'incontro con il ragazzo dai capelli rossi le stravolgerà l'esistenza e non le farà più dormire sogni tranquilli.
CASTIEL: ragazzo apatico, arrogante, sfacciato, menefreghista ma infondo solamente deluso e ferito da un'infanzia trascorsa in solitudine, e da una storia che ha segnato profondamente gli anni della sua adolescenza. Sarà l'incontro con la ragazza dai capelli ramati a far sorgere in lui il dubbio di possedere ancora un cuore capace di battere per qualcuno, e non solo..
-
Lo scontro di due mondi apparentemente opposti, ma in fondo incredibilmente simili. Le facce di una medaglia, l'odio e l'amore, che sotto sotto finiranno per completarsi a vicenda.
Genere: Romantico | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het
Note: Lime | Avvertimenti: Triangolo
Capitoli:
 <<    >>
- Questa storia fa parte della serie 'Ubriaca d'amore, ti odio!'
Per recensire esegui il login o registrati.
Dimensione del testo A A A

 

Capitolo 36

Perdere







🎶Zayn ft. Taylor Swift - I Don't Wanna Live Forever🎶

Sono seduta con gli occhi aperti ed ho una solo cosa fissa in mente
Domandandomi se fossi appena stata colpita da un proiettile o perso l'amore della mia vita

Sto impazzendo, sveglia tutta la notte e tutto il giorno
Ti ho dato qualcosa, ma tu non mi hai dato niente
Cosa mi sta succedendo?

E non voglio adattarmi ad ogni situazione
Voglio solo continuare a richiamare il tuo nome finché non torni a casa.

 

***

Una settimana. Sette giorni, centosessantotto ore, diecimilaottocento minuti, seicentoquattromilaottocento secondi. 

Era passato tutto quel tempo dall'ultima volta in cui io e Castiel ci eravamo urlati contro. Li avevo contati tutti; minuto per minuto, secondo per secondo, attimo per attimo. 

Entrambi mantenemmo la parola. Nessuno dei due si avvicinò all'altro, nessuno ebbe notizia di alcun dettaglio della rispettiva quotidianità. Non seppi nulla dell'operazione di Demon, né di come stesse Castiel o di come e con chi passasse le sue giornate; sperai non con Debrah. Non seppi nulla di Ambra. La mia vita dall'oggi al domani divenne semplice, senza alcun problema, ma dannatamente noiosa e vuota. Senza di lui e le sue cazzate ero persa. Io stessa non esistevo senza il suo sguardo addosso, senza la sua vicinanza, senza la sua voce. Ma avevo deciso di allontanarlo per una ragione ben precisa e nonostante la sofferenza credevo ancora fosse stato giusto così. 

Eravamo diventati due estranei. Due estranei che conoscevano a memoria il battito del cuore dell'altro, due estranei che conoscevano i loro rispettivi odori, le abitudini, i vizi, i difetti. Due estranei che si conoscevano meglio di chiunque altro, ma con troppi problemi e orgoglio per avvicinarsi di nuovo. 

Il mio corpo riconosceva quando Castiel era nei paraggi. La pelle rabbrividiva, il cuore sussultava, gli occhi lo cercavano, il respiro accelerava e la mente inevitabilmente rievocava i momenti vissuti insieme. 

Durante quella settimana capitò di scontrarci, privi di parole. Ci guardavamo negli occhi con l'immensa voglia di baciarci, di appartenerci, ma passavamo l'una di fianco all'altro senza neppure salutarci. 

E Debrah per quel motivo divenne la donna più felice esistente al mondo. Ce l'aveva fatta, alla fine, ad allontanarmi da lui. Ogni mattina emetteva un'aura di felicità pura, un sorriso smagliante invidiabile, per cui smise con i ricatti e le belle notizie. Mentre io.. ogni giorno continuavo a sperare, a credere che Castiel finalmente avesse compreso le mie motivazioni per averlo allontanato, che con la nostra separazione uno scossone lo avrebbe indotto a correre da me; che avrebbe percepito così tanto la mia mancanza da non riuscire a resistere, da dovermi cercare per riprendere a respirare, da dovermi parlare per eliminare ogni dubbio, tanto da volermi scuotere, dirmi: "Miki ma che cazzo ti passa per la testa?! Io e te non possiamo più stare lontani". E invece non accadde nulla. Solo il vuoto; il buio più totale.

Lysandre mi aveva addirittura spifferato che Castiel fosse offeso dal mio comportamento, dal mio modo di abbandonarlo davanti al primo momento di difficoltà. Primo. E tutti gli altri guai combinati in cinque mesi e risolti al suo fianco, invece? Li aveva dimenticati? Doveva avere la memoria corta, il ragazzo. Quell'evidenza m'indusse a presupporre che il mio sacrificio non sarebbe servito da lezione. Tanto piacere! Più tempo ci avrebbe impiegato a capire, e più tempo saremmo stati lontani. Perlomeno avrei tenuto la mia dignità stretta. Non avevo stipulato alcun contratto che mi obbligasse a stargli vicino. Non poteva pretendere nulla dalla sottoscritta. Con ciò...

Restavo solo e soltanto io, stupida illusa, che ancora sperava in una sua redenzione. Me l'aveva persino urlato che non sarebbe cambiato per nessuna, né tantomeno per me. E allora? Cosa ci facevo ancora lì impalata, in quel corridoio, a fissarlo da lontano come una maniaca? L'aria di Parigi mi aveva cambiata impiegando una forza distruttiva su di me. Nessun ragazzo aveva mai avuto quel potere su di me. Ero divenuta autolesionista, stupida e dura di comprendonio. Perché solo una ritardata in piena regola poteva sperare di riuscire a modellare un cuore di pietra a mani nude.

«A stasera!» ammiccò Debrah verso Castiel, lo sorpassò ondeggiando eccessivamente le anche ed il sedere e poi scomparve scendendo le scale. 

Quella voce sottile che poteva benissimo arrivare a perforare i timpani per quanto fosse acuta e fastidiosa... Quel tono da perfetta donnaccia di strada, m'irritarono più del dovuto e non potei evitare di fare una smorfia disgustata. L'avrei volentieri strangolata a mani nude; peccato per l'ergastolo. 

Era pomeriggio, le attività dei club si erano appena concluse. Mi ero dovuta sorbire quella voce da oca giuliva di Debrah Duval per due ore. Due ore senza commettere un omicidio. Meritavo un fottuto Nobel per la pace come premio alle mie innate capacità di resistenza. 

«Quanto diavolo ci hai impiegato ad uscire? Sbrigati, gli altri ci stanno aspettando!» Castiel rimproverò Lysandre che uscì mogio mogio dall'aula insonorizzata di musica. 

Stava attendendo lui, non Debrah. Tirai mentalmente un sospiro di sollievo. Eppure lei aveva esplicitamente fatto capire che dovessero incontrarsi quella sera stessa. Cos'avrebbero dovuto fare? La curiosità e la gelosia mi stavano mangiando viva. 

In tutta quella scenetta simpatica io, da genia della lampada qual ero, dopo la fine della lezione avevo ben pensato di appartarmi in un angolo del corridoio -poco distante dalla porta dell'aula di musica- con il cellulare in mano, fingendo di star scrivendo un messaggio di vitale importanza. Dovevo pur avere la dose giornaliera di Castiel in qualche modo, e quello pareva essere l'unica soluzione. Ero patetica lo sapevo bene, ma ero anche innamorata.. E a quel piccolo particolare non c'era rimedio.

«Ti unisci a noi per questa sera, Miki?» sussultai dopo aver udito pronunciare in lontananza il mio nome. Sollevai di scatto la testa dal cellulare. Lysandre mi aveva chiesto di andare da qualche parte con loro, ma dove?

«Stai zitto brutto coglione!» sibilò Castiel, ma riuscii a sentirlo ugualmente. Ovviamente lui non tollerava più la mia presenza, un po' come se lo avessi tradito, un po' come se gli avessi fatto qualche torto. Uno stronzo patentato, insomma!

«Eh?!» mi limitai a rispondere.

«Questa sera suoneremo al "Restaurant à la musique", ti va di venire a sentirci?» 

Il ristorante della famiglia di Debrah. Finalmente, grazie a Lysandre, appresi il luogo dove lei e Castiel si sarebbero incontrati quella notte. Perché suonare proprio lì come ai vecchi tempi? Sapevo ci fosse un motivo di fondo e avrei tanto voluto scoprirlo. 

«Ti farò pentire di essere nato», Castiel proseguì a fare il disturbatore di fondo. C'erano cinquanta centimetri a dividerci, lui non mi guardava; io non lo guardavo. Lysandre sembrò quasi essere imbarazzato per la scostumatezza del suo amico. 

«No, e-ecco io... Io in realtà ho già un impegno», così come il rosso neanch'io ero tanto propensa a passare una serata in sua compagnia. Probabilmente avrei ceduto e gli avrei rivolto nuovamente la parola se fossi stato troppo a contatto con lui, lo meritava ancor meno dopo le ultime sue supposizioni. 

«Il nostro è un appuntamento imperdibile, non suoniamo in pubblico da una vita..» Lysandre cercò di convincermi.

«Sei morto!» la serie di minacce in sottofondo di Castiel contro Lys sembravano non aver fine. Ma io ovviamente lo evitai, non potevo permettermi di rispondergli sebbene volessi riempirlo d'insulti. 

«Se riuscissi a liberarmi, magari... Ci penserò!»

Senza aggiungere altro m'incamminai lasciando dietro i due ragazzi. Dopo la nostra breve conversazione, Castiel incrementò la sua serie infinita di accuse contro Lysandre. Potei udirlo anche dal piano inferiore. Sembrava un bambino. 

***

Rientrata a casa affamata a causa della mensa di scarsa qualità presente al Dolce Amoris, corsi -letteralmente- in cucina per sbranare l'insalata di pollo preparata la sera prima dalla sottoscritta. Petto di pollo arrosto, peperoni, mais, olive, carote, maionese ed il gioco era fatto. Veramente squisita! 

Ma dopo neanche due bocconi per poco non rischiai di morire affogata. Dei passi provenienti dalle scale mi fecero allarmare. Zia Kate doveva ancora rientrare dalla sua vacanza romanticamente vomitevole, dovevo essere sola come lo ero stata per tutta la settimana. I ladri avevano fatto irruzione in casa? Eppure zia Kate aveva installato un ottimo sistema antifurto, a meno che...

«Micaela ben tornata! Com'è andata a scuola oggi?», zia Kate con la sua leggiadria entrò in cucina con la pelle leggermente più scura del solito e con un volto totalmente rilassato. 

Era tornata. Dopo ben due settimane di scappatella romantica aveva deciso di degnarmi della sua presenza. Ma certo! Lei ed il suo amante avevano rincasato già a problemi risolti. Adelaide era stata operata, aveva superato quel momento critico e aveva anche iniziato il primo ciclo di chemioterapia; a breve si sarebbero notati i primi effetti. Ma i due adolescenti innamorati cosa ne potevano sapere? Erano fuggiti dalle difficoltà come dei codardi abbandonando due adolescenti, addossandoci ogni responsabilità. Ed io, nonostante tutto, non lasciai Adelaide da sola. Avevo mantenuto la promessa, appena uscita dalla camera di terapia intensiva mi recai subito a farle visita in clinica; in orari diversi dal figlio per evitare d'incrociarlo in posti dove entrambi potevamo essere vulnerabili. La donna aveva notato ci fosse qualcosa di strano in noi, ma avevo preferito non approfondire, per non farle pesare quegli eventi.

«Micaela?! Mi stai ascoltando?» evidentemente aveva riempito la stanza di parole insulse, ma io persa nei miei pensieri non ne avevo ascoltata neanche una.

«E tu, tu invece hai ascoltato la famosa chiamata di quasi tre settimane fa proveniente da Roma? A me pare di no!» mi riferii alla chiamata rivelatrice delle menzogne rifilatami. 

«Ecco... Per quanto riguarda quel discorso... I-io, lei... Ti aveva abbandonata, temevo potesse essere una cattiva influenza, che potesse nuovamente spezzarti il cuore, è per questo che ho reputato giusto tenerla lontana da te, dopo che lei mi aveva espresso il desiderio di voler tornare nella tua vita. In più...»

«E non hai pensato neanche una volta che sarebbe dovuto toccare a me decidere se la reputassi una reale minaccia? "In più" cosa?» mi alterai, non riuscii a mantenere la calma.

«Senz'altro.. Ma a quei tempi eri troppo piccola, indifesa, sola, fragile.. In più ha ridotto mio fratello al lastrico, gli ha rubato tutti i soldi che poteva, e poi se n'è scappata segnando la morte di Luis.. è colpa sua se ha perso la testa, se ha iniziato a drogarsi e...» 

La bloccai concludendo quella telenovela al posto suo: «Per questo hai assunto un'intera squadra per minacciarla, per allontanarla da me nonostante fosse tornata. Volevi punirla in qualche modo e hai usato me per farlo. Bella storia, complimenti. Potresti pubblicarla su Wattpad o su EFP fan fiction, avresti molti lettori, ne sono sicura!»

«Non siamo in nessuna storia inventata, è la verità», non si lasciò allarmare dalle mie parole.

«Luis ha iniziato a drogarsi prima che lei ci abbandonasse. Quando lei è andata via, lui ha solo aumentato le dosi del doppio, non altro. Infatti: se Luis avesse avuto tutti i soldi che sostieni avesse, Teresa non avrebbe mai avuto bisogno di prostituirsi, ma se l'ha fatto ci sarà un motivo, no?! Questa volta devo dirtelo, hai perso colpi. La settimana di vacanza ti ha rincitrullito, avvocatessa. La tua teoria ha molte lacune», scimmiottai il suo lavoro.

«Non è come dici, posso spiegar-»

«No» scossi la testa energicamente «Non azzardarti neanche a parlare. Io piangevo mentre ero al telefono con te, mi torturavo di domande sul perché mi avesse abbandonata, sul perché non mi avesse più neanche cercata. Ho passato anni a pormi sempre le solite domande in tua presenza e tu... non hai mai, e dico mai, pensato di dirmi la verità. Mai! Cazzo zia, sono passati sette anni. Sette anni di menzogne, vergognati!»

«E no eh! Questo non te lo permetto proprio. Merito anch'io un po' di rispetto. Ti ho cresciuta come se fossi mia figlia, ho fatto qualche errore, è vero, ma ciò non toglie che io ti abbia mentito in buona fede. Non mi sono mai fidata di quella donna, per soldi venderebbe persino l'anima!»

«Non. Parlare. Spettava e spetterà a me cercare di capire le sue intenzioni. Non a te.»

«Sei così ingenua. Hai realmente intenzione di darle una seconda possibilità? Stai attenta Micaela, lo dico per te!»

«Smettila con queste raccomandazioni del cazzo. Tu non hai più nessuna voce in capitolo.»

«Dopo tutto quello che ho fatto... Questo è il ringraziamento..»

«Mi stai rinfacciando ciò che hai fatto per me in questi anni? Sta tranquilla, zietta. Appena avrò dei risparmi da parte, o appena riceverò l'eredità dei nonni, ti ritornerò indietro fino all'ultimo centesimo.»

«Non voglio nulla, non intendevo questo.. I soldi non sono tutto nella vita»

«Ah no? Tu mi hai dimostrato il contrario però. Strano per una che con i soldi si è comprata persone affinché vegliassero sulla mia incolumità e protezione, al posto tuo.»

«Non è così!»

«Tu e i dischi inceppati siete la stessa e identica cosa.»

«Smettila subito, Micaela!» tentò di rimproverarmi.

«Certo la smetto. Ho molto da studiare, vado in camera mia. Discussione terminata, addio!»

Non le permisi neanche di replicare. Mi precipitai in camera chiudendo a chiave la porta; conoscendola sarebbe stata in grado di raggiungermi per continuare quella discussione fino all'indomani. Sapevo di aver esagerato con alcuni termini, ma il nervosismo aveva scollegato il mio filtro tra bocca e cervello.

Alla fine non chiarimmo. Ma d'altronde cosa c'era da risolvere in una situazione già così limpida di per sé? Zia Kate mi aveva mentito per una vita intera, stop. Fine della discussione. Sin da quando mia madre raccontò la verità avevo percepito qualcosa rompersi tra me e Kate. Perché da chiunque mi sarei aspettata un gesto del genere, ma non da lei. Non da lei che ribadiva perennemente l'importanza della verità, della lealtà. Non da lei che aveva assistito a tutte le mie crisi di pianto; perché lei c'era sempre stata, -anche se a volte solo telefonicamente- ad ogni crisi esistenziale che mi colpiva. E allora... Che razza di persona poteva essere una donna che pur avendo la chiave per la risoluzione dei problemi non la proponeva?

Dopo aver avuto quella prova non necessitavo di null'altro. La sua reale natura a distanza di anni si era rivelata. Non aveva pensato a me, povera orfana cresciuta sola e lontana da ogni affetto; Kate aveva ricordato solamente che Luis, suo fratello, fosse stato lasciato da Teresa e per quel motivo si vendicò tenendoci lontane, pensando solo a ferire mia madre. Aggiungendo poi i comportamenti assunti sin dall'entrata in scena di Isaac, ancor di più perse credibilità e la mia fiducia. 

Mai come in quel pomeriggio rimpiansi l'aver acconsentito il trasferimento a Parigi. Non avevo più alcun desiderio di condividere la casa con quella donna. Era caduta dal mio cuore e probabilmente non sarebbe mai più giunta in cima. 
 



CASTIEL

Una settimana. Sette giorni, centosessantotto ore, diecimilaottocento minuti, seicentoquattromilaottocento secondi.

Ero diventato un asso in matematica. Tutti quei giorni, tutte quelle ore ed io ero sempre più irascibile del solito. Conoscevo il motivo, solo che... faticavo ad ammetterlo a me stesso. O meglio.. stavo cercando in tutti i modi di eliminare quel senso di vuoto che solo una persona era stata capace di lasciarmi addosso. 

Non poteva essere vero che io avessi un bisogno così potente di lei, quasi paragonabile a quello sentito per Debrah i primi periodi. Non potevo accettarlo, non dopo soli cinque mesi di conoscenza. Ma Miki era testarda, forte, bellissima, intraprendente e mi aveva stregato completamente. Maledetta!

Malgrado ciò anche lei, come Debrah, aveva reputato opportuno abbandonarmi in uno dei mille momenti catastrofici della mia vita. Avevo riposto tanta fiducia in quella ragazza, in quella testa ricoperta di boccoli ramati, e avevo sbagliato. 

Mi colpii la fronte con un buffetto impiegando tutta la forza per tentare ad eliminarla dai miei pensieri. Mi trovavo proprio vicino casa sua, in quel preciso istante, ed uno sbandamento non era previsto. Non doveva accadere che io cedessi e la cercassi. Tuttavia non potei esimermi dal sollevare il capo e guardare proprio lì, dritto, in direzione della sua camera. La luce era aperta, ma di lei nessuna traccia. Provai quasi un moto di delusione nel perdermi l'occasione di poterla ammirare studiare, o leggere, o semplicemente dormire, ma lo scacciai subito. 

«Allora è vero ciò che si dice in giro...» la voce, che da qualche anno avevo imparato a detestare, catturò la mia attenzione. 

Nathaniel. Finalmente si era degnato di uscire dalla sua gabbia d'oro, o da tutti comunemente chiamata casa. Non gli risposi. Mi ero scomodato a recarmi sino a casa sua per un motivo ben preciso, non per fare conversazione. Quella mattina, a scuola, lo avevo avvertito che sarei passato a casa sua -quello stesso pomeriggio- per chiedergli qualcosa. Aveva semplicemente annuito; sapeva lui, come sapevo anch'io che sarebbe dovuto giungere quel momento prima o poi. Gli si leggeva negli occhi che fosse a conoscenza di tutto, mi stupì però la sua reazione. Il vecchio Nathaniel, il mio ex migliore amico, mi avrebbe sbattuto al muro e riempito di pugni per il caos provocato nella sua famiglia già di per sé inguaiata, ma non lo fece. Il bon ton non permetteva quel genere di audacia.

Anche Nathaniel guardò in direzione della finestra di Miki e «Ti sei innamorato di lei, è così?» non seppi distinguere il tono usato, se fu dispregiativo o canzonatorio. 

Mi mancò il respiro per un attimo. E provai dolore, una fitta, quasi come se mi avessero dato un pugno sullo sterno. Cos'era? Non avrei dovuto avere quella reazione ad una semplice supposizione falsa da parte di un damerino da quattro soldi. 

«Non sono mica come te...» mi limitai a replicare.

«Oh questo puoi dirlo forte.. Se fossi stato come me, non avresti combinato questo genere di cazzate!» corrugai la fronte, non fui più sicuro a quale argomento stesse facendo riferimento. Stava parlando forse di sua sorella? 

«A proposito tu sai se-» ebbi difficoltà a parlargli apertamente. Insomma... Probabilmente avevo contribuito a rovinare per sempre la vita di sua sorella, non era semplice chiedere proprio a lui se avesse sue notizie. «Se.. Ecco.. Se tornerà presto? Dovrei parlarle!» mi schiarii la voce. 

Dio che situazione! Insultai mentalmente la Durex per avermi messo in quella circostanza. Se, per la produzione di profilattici, usassero materiale più resistente il mio amico non avrebbe combinato danni. Perché lo avevo indossato il preservativo durante l'amplesso, cazzo, ma si era forato ed io ovviamente me n'ero reso conto solamente due mesi dopo, a guaio commesso. 

«I miei genitori hanno reputato giusto mandarla in un college svizzero, non è sicuro per lei tornare a Parigi, per ora.» mi parve quasi di star assistendo alla lettura di un necrologio. Non trasparì alcuna emozione né dal suo volto né dalla sua voce. Era una specie di robot umano.

«Quindi tutti sanno che...» anche in quell'occasione fui un disastro con le parole. Era una situazione fottutamente imbarazzante e inusuale per me. Io e Nathaniel non ci rivolgevamo la parola da circa un anno, tranne per il raro caso in cui ci azzuffammo durante il ballo di Natale, e dopo tutto quel tempo passato ad ignorarci, ritrovarmi lì nel giardino di casa sua a discutere con lui sulle sorti di sua sorella fu stranissimo. 

«Ma che domande fai? Certo che tutti lo sanno. Come poteva nasconderlo? Ha sedici anni, aveva bisogno di un'autorizzazione, di una firma», quasi si spazientì. 

«Non so bene come vanno questo genere di cose.. Comunque, in ogni caso, ho deciso di assumermi ogni tipo di responsabilità, è giusto così. Qualora lei decidesse di tenerlo, io pot-»

Fermò il mio divagare: «Castiel, Ambra ha già abortito scorsa settimana. Non devi assumerti nessuna responsabilità, vogliamo solo che tu sparisca dalla sua vita!» 

Apatico più che mai buttò dalla sua bocca quella notizia come se fosse cosa da niente. Avrei voluto scuoterlo per far fuoriuscire qualche emozione, cazzo avevo messo incinta sua sorella, un pugno in pieno viso lo meritavo eccome. L'indifferenza non era concessa in quei casi. Chi diavolo era? E che cosa ne avevano fatto del Nathaniel Daniels conosciuto da una vita?

Senza salutarlo o chiedere altre informazioni gli diedi le spalle e uscii velocemente dal cancello della villa Daniels. Ero incredulo, mi mancava il respiro. Neanch'io riuscivo a capire come mi sentissi dopo quella notizia. Sollevato, ma triste. Una vita che avevo anch'io contribuito a creare era morta, mentre io ero ignaro di tutto ciò. Ambra aveva deciso ogni cosa senza neanche interpellarmi. Certo, non mi sarei aspettato il tappeto rosso, ma perlomeno un avvertimento.. Non eravamo mai stati una coppia, sebbene lei avesse insistito molte volte su quel punto, io non avevo mai avuto la minima intenzione di accasarmi con lei, né con nessun'altra. Tuttavia sarei stato disposto a fare il genitore. Ci avevo riflettuto molto in quella settimana, in seguito alla novità. E dopo aver spaccato un armadio e una lampada per la rabbia, arrivai alla conclusione che non sarei mai stato capace di uccidere o buttare nel cassonetto qualcosa di mio. Anche la "terapia" con Lysandre aveva contribuito a farmi riflettere e giungere a quel punto d'arrivo. 

Non sarebbe stato facile con una mamma come Ambra e un padre come me, ma ci avrei provato a fare il genitore. Ogni azione aveva le sue conseguenze e visto che avevo apprezzato esplicitamente il divertimento sessuale, dovevo apprezzare anche la parte negativa una volta accaduta. Ma oramai non ce ne sarebbe più stato bisogno. Mio figlio era morto. 

Quando passai sul marciapiede di fronte casa di Miki con le mani nelle tasche anteriori dei jeans, sollevai nuovamente lo sguardo. Le avrei voluto dire talmente tante cose da trovarmele in testa tutte insieme in un vortice, lì pronte a devastare intere foreste. Parlare con lei non era la stessa cosa di farlo con Lys. Perché parlare con Miki voleva dire leggere nei suoi occhi le stesse mie emozioni, lei mi ascoltava per davvero. Non sentiva solo le mie parole, ma riusciva a percepire addirittura quel cuore arrugginito che non batteva per qualcuno da un bel po' di tempo ormai. Come ci riuscisse, non lo sapevo.. Ma mai fare domande di cui si ha paura di ricevere risposte. 

Avrei voluto raccontarle che Demon avesse superato l'operazione, che avrei potuto riabbracciarlo dieci giorni dopo. Rabanne dopo avermi liquidato mi aveva richiamato dicendo di aver cambiato idea. Dopo mille torture mentali avevo trovato finalmente il modo per completare il pagamento delle cure per il mio cane. Lo stilista non era poi così crudele come dava a vedere, ne fui contento, perché grazie a lui riuscii a risolvere almeno uno di quei problemi che negli ultimi mesi mi avevano assalito. Dopo quella chiamata provai una gioia che non gustavo da tempo. Avrei ancora potuto fare jogging insieme a Demon, avremmo corso insieme come ogni sera. Avrei potuto accarezzare il suo pelo liscio, funzionava spesso come anti-stress, gli avrei potuto confessare ancora i miei segreti più oscuri perché tanto lui non mi avrebbe mai giudicato. 

Avrei voluto raccontare a Miki che non sarei diventato padre, che Ambra aveva interrotto la gravidanza e che io non mi sentivo poi così tanto sollevato come pensavo. Un mio ipotetico figlio era stato ucciso, non era poi chissà che grande notizia da festeggiare.

Avrei voluto urlarle quanto fosse stupida a pensare che il mio bisogno di lei si chiudeva in una fonte sicura per risolvere i problemi. Avrei voluto invece dirle quanto mi mancasse, lei, come persona. Mi mancava il suo sorriso sincero, quel sorriso che troppe volte le era stato portato via. Mi mancava l'odore della sua pelle morbida che avrei tanto voluto assaggiare. Mi mancavano i suoi capelli color rame al profumo della vaniglia. Mi mancava vederla corrugare la fronte a causa di qualche arrabbiatura. Mi mancava lei, nel suo tutto, nella sua individualità, e non l'avrei mai ammesso ad alta voce. 

Avrei voluto urlare davanti al suo cancello, lì in un quartiere della periferia di Parigi, quanto in realtà probabilmente l'a..... Mi frenai ancor prima di pensare quella parola. Non era vero niente. Un cuore di pietra non poteva provare emozioni. 

Così ancora una volta l'orgoglio e la paura mi mangiarono vivo. Abbassai il volto eliminando totalmente dalla mente l'idea malsana di urlare davvero quelle parole non vere in mezzo ad una strada, sotto la sua finestra. In quel caso sì che sarei finito nei guai. Perché tutti prima o poi se ne vanno e lei non sarebbe stata da meno. Sollevai il cappuccio della felpa, abbassai il volto e scalciando dei sassolini proseguii per la mia strada. 




 

AMBRA

"Se non decidi della tua vita qualcun altro deciderà per te", quanto era vero.. quanto mi rispecchiavano quelle parole. 

Alla fine non ero riuscita a scamparla. Ero stata meno furba dei miei genitori, soprattutto di mia madre. Negli ultimi anni, sin da quando avevo incominciato a godermi la vita, pensavo di esser stata brava a nascondere loro di aver perso la verginità, purtroppo mi sbagliavo. La mia famiglia aveva una sorta di fissazione sul mantenere la purezza fino al matrimonio, solo mio fratello Nathaniel poteva seguire "i loro insegnamenti". Quanto erano ipocriti. Mio padre aveva figli sparsi per il mondo e si permetteva il lusso di rimproverare me. "Non vi permetterò di fare il mio stesso errore", diceva. Quanto era falso. Intanto alla mia età, lui, si era divertito ad impollinare ogni fiore d'Europa; ora pretendeva che io mantenessi la mia purezza per riservarla a qualche riccone che mi avrebbero costretto a sposare. Ma anche no!

Tuttavia la mia disobbedienza l'avevo pagata cara. Per quasi due mesi avevo portato in grembo il figlio di Castiel Black. Ancora rabbrividisco quando ci penso. Castiel, lui... lo conoscevo da una vita. Era il migliore amico di mio fratello, ed il mio sogno proibito di ogni notte. Lo desideravo praticamente sin da quando -all'età di tredici anni- compresi il significato della parola "sesso". La mia prima possibilità di averlo, però, mi si presentò quando Debrah Duval gli aveva spezzato il cuore. Quanto era stato cretino ad innamorarsi di una come lei. Quanto li odiavo quando erano la coppia perfetta, la coppia dell'anno, desiderati, temuti e invidiati da tutto il liceo. Comunque mentre lui giocava a fare il bravo fidanzato, io, avevo ben pensato di tenermi in allenamento con altri bei ragazzoni che di tanto in tanto incontravo in qualche locale. Non avevo perso la mia verginità con Castiel, no, anche se probabilmente glielo feci credere tentando così di farlo innamorare di me. Ma non aveva funzionato. Avevo calcolato male i miei piani. O meglio... Qualche imprevisto aveva scombinato le cose. Miki Rossi. 

Come si poteva competere con lei? Da quando arrivò al Dolce Amoris, Castiel non ebbe più occhi per nessun'altra. Neanche per me che in due anni ero stata la sua scopata preferita. Iniziò a chiamarmi sempre di meno o quando lo faceva si capiva fosse per sfogarsi. Mentre io desideravo lui con tutta me stessa, lui pronunciava il nome di un'altra durante l'amplesso. Fu quel giorno che capii di non avere più speranze con lui, fu quel giorno che però mi fregò completamente. 

Ero rimasta incinta di un ragazzo che mentre sbatteva al muro me desiderava un'altra. Che bel traguardo che avevo raggiunto. Inizialmente ero stata furiosa con lui, passai dall'adorazione profonda all'odio in un battito di ciglia. Ma quando poi ebbi il tempo di riflettere capii che lui non aveva meno colpe di me. C'ero anch'io con Castiel in quel bagno, anch'io avrei potuto rendermi conto che il profilattico fosse bucato, solo io avrei potuto assumere la pillola del giorno dopo. Solo io continuavo ad avere la fissazione per quel ragazzo che mi usava con l'unico scopo del piacere, solo io avevo costruito castelli in aria, solo io da grande illusa potevo sperare che s'innamorasse di me. Era stato chiaro sin dall'inizio che non sarebbe mai accaduto. 

Ma come quasi ogni donna della terra anch'io amavo i romanzi, i ragazzi impossibili. Avevo sbagliato a versare troppe speranze in lui, ma me n'ero accorta tardi, quando già ero su un aereo diretto in Svizzera che mi avrebbe allontanata per sempre dalla Francia, dai miei amici e dalla mia famiglia. 

Famiglia. La stessa mamma che mi aveva scoperto con un test positivo della gravidanza in mano. Quella mattina pensavo di esser sola in casa e invece... Appena uscii dal bagno pronta per gettare quella maledetta prova, lei era lì, davanti alla porta; quasi come se sapesse ogni cosa o probabilmente aveva già capito tutto ancor prima di me. Famiglia. Lo stesso padre che per non avere scandali -nel suo impero- non ci pensò due volte prima di spedirmi in un collegio governato e gestito da suore, insieme ad una sua fidata amica. La sua "amica", si occupò di me fino all'interruzione della gravidanza, poi non la vidi più. Famiglia. Lo stesso fratello che appena seppe cosa mi era accaduto e di chi fosse il figlio, mi prelevò di nascosto il cellulare, cambiò la password di ogni social network, spezzò la sim del mio numero per non avere più contatti con lui. Ed io da grande ingenua pensavo mi avrebbe aiutata, appoggiata, e invece no. Nathaniel era stato anche più crudele dei miei genitori. Che stronzi!

Sarei voluta scappare, evadere da quelle costrizioni e privazioni, ma dove sarei potuta andare senza neanche un soldo, senza neanche un aiuto? Nessuna di quelle che ritenevo essermi amiche si fece viva, nessuna corse fino a casa mia per capire cosa mi fosse accaduto. Ero sola e fragile. Perciò non mi restava che accettare ogni condizione imposta dai miei genitori. E partii per la Svizzera, dicendo definitivamente addio al mio piccolo bambino. 

Quel giorno era stato orribile. Il peggiore della mia vita. Ero stata chiusa in una stanza completamente bianca, senza finestre. Mi avevano somministrato l'anestesia totale e da lì il buio. Quando mi svegliai avevo della stoffa nella parte più delicata del mio corpo per bloccare il sangue dovuto all'aborto. Avevo perso mio figlio. 

Non doveva andare così. Non volevo andasse così. Desideravo portare a termine la gravidanza, dare magari in adozione quel bambino ad una donna meno fortunata di me. Per nessuna ragione al mondo avrei mai pensato di uccidere un bene così prezioso come un nuovo essere umano. Sarebbe potuto diventare dottore un giorno, avrebbe potuto salvare altre vite. O magari sarebbe potuto diventare un avvocato, un astronauta, un maestro, un poliziotto. A suo modo, anche mio figlio avrebbe dato il suo contributo all'umanità, ne ero sicura. 

Peccato però che ormai non potrà farlo più. Peccato però che ormai non c'è più.

***




MIKI

«Daaaaaaai vieni...» la mia migliore amica sapeva come diventare una palla al piede in un microsecondo. 

Pochi minuti prima stavamo chiacchierando tranquillamente sugli ultimi avvenimenti e le parole: "Lysandre mi ha proposto di andare al ristorante di Debrah per ascoltare lui ed il suo gruppo suonare dal vivo, ma io non ho intenzione di andarci", avevano segnato la mia fine. 

«Ti ho detto di no!» quella conversazione proseguiva da dieci minuti buoni e non sembrava accennare a concludersi. 

«Leigh è loro amico ed è stato invitato ancor prima dell'organizzazione del live. Mi aveva proposto di andare, ma-»

«Ma io non avevo nessuna intenzione di mettere piede nel ristorante della vipera, da sola. Adesso che ci sei tu, tutto cambia..» terminai al suo posto la sua recita imitando persino la sua voce. Aveva ripetuto la stessa ed identica pappardella per ben quattro volte, la conoscevo a memoria oramai.

«Che ti costa? Non dovrai parlare con Castiel, non ti accorgerai neanche della sua presenza» da dove prendesse tutte quelle energie, per essere così attiva alle otto di sera, restava un mistero. Era una fonte inesauribile. 

«Ma se canterà e suonerà sul palco.. Come potrei non accorgermi di lui? Il fatto, Rose, è un altro. Io voglio vederlo, ma non posso. Non se devo dargli una lezione. Non posso cedere proprio ora!»

«Ho il mio infallibile spray al peperoncino. Lo metterò nella tua borsetta, ti proteggerà nel caso in cui dovessi restare sola con il lupo», bisbigliò come se mi stesse raccontando un segreto. 

«Non siamo mica nella favola di Cappuccetto rosso, RosalHulk..»

«Era una metafora, secchiona dei miei stivali. Comunque per farti stare ancora più tranquilla porterò una piccola padella tascabile perfetta da inserire in borsetta. Alla prima occasione la tiri fuori e la pasta al pomodoro è servita.» 

«Cos'è questa fissazione per le padelle, ora? Le nomini sempre.»

«Sono utili per cucinare e uccidere. Le padelle come nuovo patrimonio dell'umanità», urlò perforandomi il timpano. 

«Ok, basta così. Grazie per gli sforzi, ma non mi hai convinta. Buonanotte Rose!»

«Non azzardarti a chiudere la chiamata. Non abbiamo mai fatto un'uscita serale, dobbiamo provvedere e provvederemo proprio questa sera. Punto!»

«Sì ma perché proprio in quel locale? Possiamo benissimo andare altrove, in quel caso ci sarei.» cercai di ritrattare la modalità d'uscita.

«Ceeerto! Passo a prenderti per le nove.. Quindi fatti trovare pronta tra un'ora. Ti voglio bene anch'io, ciao».

 

 

 

 

___________________________________________________________________

🌈 N.A. 🌈

Hello, scusate il ritardo ma sto avendo giorni un po' frenetici d'affrontare ed ho finito solo ora di scrivere il capitolo. Spero vi sia piaciuto, perché a me non convince poi chissà quanto (per lo stile della scrittura intendo, ma pazienza)

Direi che questo è stato il capitolo delle rivelazioni. 

Demon si è salvato, qualcuno lo aveva già dato per morto, ma come vedete sono più buona di quanto sembra xD. Non ho approfondito molto sul suo caso perché ne torneremo a parlare in futuro. 

Miki e Castiel si evitano, per quanto durerà ancora? Chi cederà per primo e si avvicinerà? 

Lysandre ha chiesto a Miki di andare ad ascoltare il suo gruppo al ristorante di Debrah. Come mai suonano proprio lì? C'è qualcosa di sotto?

Ma soprattutto: Rosalya porterà Miki in un altro posto come le ha fatto credere? O... 👀

Ultimo punto, ma non meno importante, Ambra. Ha deciso d'interrompere spontaneamente la gravidanza più che altro per un'imposizione dei suoi genitori. Colgo l'occasione per ricordarvi che l'aborto, sebbene appare come una parola terribile, è un diritto previsto dalla legge ed è esercitabile fino al terzo mese di gravidanza. E' argomento parecchio dibattuto e motivo di polemica, quindi non starò qui a farvi la predica. Voglio solo avvisarvi che a prescindere che siate favorevoli alla pratica o meno, è un diritto e come tale va rispettato. 

Ci tenevo -nel mio piccolo- ad affrontare anche quest'argomento reale e delicato nella storia, e spero di non aver toccato la sensibilità di nessuno. 

Ecco, detto tutto. Ora scappo. 

Buona giornata

All the love 💖

Blue 🦋

  
Leggi le 2 recensioni
Segui la storia  |        |  Torna su
Cosa pensi della storia?
Per recensire esegui il login oppure registrati.
Capitoli:
 <<    >>
Torna indietro / Vai alla categoria: Giochi di Ruolo > Dolce Flirt / Vai alla pagina dell'autore: BlueButterfly93