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Autore: BlueButterfly93    23/01/2019    2 recensioni
(REVISIONE STORIA COMPLETATA)
MIKI: ragazza che, come il passato le ha insegnato, indossa ogni giorno la maschera della perfezione; minigonna e tacchi a spillo. È irraggiungibile, contro gli uomini e l'amore. Pensa di non essere in grado di provare sentimenti, perché infondo non sa neanche cosa siano. Ma sarà il trasferimento in un altro Stato a mettere tutta la sua vita in discussione. Già da quando salirà sull'aereo per Parigi, l'incontro con il ragazzo dai capelli rossi le stravolgerà l'esistenza e non le farà più dormire sogni tranquilli.
CASTIEL: ragazzo apatico, arrogante, sfacciato, menefreghista ma infondo solamente deluso e ferito da un'infanzia trascorsa in solitudine, e da una storia che ha segnato profondamente gli anni della sua adolescenza. Sarà l'incontro con la ragazza dai capelli ramati a far sorgere in lui il dubbio di possedere ancora un cuore capace di battere per qualcuno, e non solo..
-
Lo scontro di due mondi apparentemente opposti, ma in fondo incredibilmente simili. Le facce di una medaglia, l'odio e l'amore, che sotto sotto finiranno per completarsi a vicenda.
Genere: Romantico | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het
Note: Lime | Avvertimenti: Triangolo
Capitoli:
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- Questa storia fa parte della serie 'Ubriaca d'amore, ti odio!'
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Capitolo 37 

Drunkers
 







🎶Radiohead - Creep (consiglio l'ascolto nella parte finale del capitolo)🎶

 

***

MIKI

Un abito nero lungo fin sopra al ginocchio, stretto fino alla vita e morbido sotto. Stivali alti per tutta la gamba, ma con poco tacco. Capelli lasciati sciolti con boccoli naturali ed un filo di trucco sul viso. Semplice, ma d'effetto. Era quello il mio nuovo motto per il modo di vestire. Non amavo più gli eccessi, l'esagerazione. Non necessitavo più di alcuna maschera. Ero finalmente libera di respirare, di esternare la mia vera natura nascosta in tutti quegli anni. 

Ed ero anche pronta per la prima uscita serale con Rosalya. 

«Dove andiamo?», furono le prime parole spontanee pronunciate una volta entrata nell'auto di Leigh, il ragazzo di Rose. 

Avevo una brutta sensazione. Quella ragazza avrebbe finito per mettermi nei guai, ne ero sicura. Ma le volevo bene talmente tanto da esser pronta a correre qualsiasi rischio. 

«Ciao anche a te, piccola carotina», Rose si limitò a salutarmi, mentre il suo ragazzo -mise in moto l'auto e partì- non era intenzionato a nascondermi la destinazione. Parlò quasi sopra alla sua voce spifferando qualcosa:

«Al concerto dei Drun-» Leigh non fece in tempo a terminare la risposta che gli arrivò uno scappellotto sulla nuca da parte di Rosalya. 

Leigh stava guidando, dannazione. Avrebbe potuto portarci fuoristrada per la sorpresa dello schiaffo ricevuto. Rose fu imprudente. Parecchio.

«Sei un demente, ma uno di quelli peggiori eh. Ti ho ripetuto mille volte di non rivelarle niente, e tu che fai?! Appena entra in macchina le dici tutto? Fortuna che ti amo, altrimenti ti avrei lasciato seduta stante.» Incrociò le braccia al petto e lo uccise con lo sguardo, mentre il poveretto cercò di non perdere il controllo della macchina.

«Va bene, ora.. Qualcuno sarebbe così gentile da informarmi dove stiamo andando realmente?» m'intromisi in quel battibecco di coppia. 

«Leigh va al concerto dei Drunkers, noi andremo in un altro locale sole solette», cercò di essere convincente Rose. Stava mentendo, fu palese. Lo testimoniava il sorrisetto finto presente sul suo volto sin da quando avevo messo piede in auto.

«I Drunkers?!»

«Sì, la band di Cass, Lys, Mathias e Simon. Sarebbe una parola che deriva dall'inglese, ma in un significato tutto suo.» m'informò Leigh. Non conoscevo gli altri due componenti della band, ne avevo solo sentito parlare di sfuggita da Castiel e Lysandre. 

Drunkers. Nome inusuale per una band, ma a mio parere geniale. Ubriachi. Significato derivato dall'inglese. Quel termine avrebbe potuto racchiudere tanti concetti, non solo legati all'alcol. 

Ubriachi di musica, di parole, di suoni, delle persone, degli odori, dei sapori, dei sentimenti. Avrei tanto voluto sapere di cosa fosse ubriaco Castiel. Un giorno lo avrei scoperto, me l'avrebbe rivelato lui stesso.

«Tieni, questa potrebbe esserti utile», la mia amica, dal sedile anteriore, mi porse una piccola padella mono-porzione. L'afferrai osservandola. Quindi... Faceva sul serio quando ne aveva parlato per telefono. Povera me!

«Dove pensi potrei infilarla questa? Ho una pochette, Rose!» cercai di farla ragionare «E poi non dovrebbe servirmi, non stiamo andando al concerto..» sull'ultima parte ebbi dei dubbi. La mia amica aveva architettato qualcosa, lo percepivo.

«Sì certo, ma non puoi sapere che genere di persone rischi d'incontrare per strada» fu sbrigativa nel rifilarmi quella scusa. Tanto avevo già capito le sue intenzioni.. 

«Non mi entra in borsa, Rose!» insistei anche per minare alla sua pazienza. Mi divertiva troppo. 

«Dalle quel cavolo di spray al peperoncino e fatela finita!» risolse Leigh per noi. 

«Nessuno ha chiesto il tuo intervento», lo guardò di sbieco «Le padelle sono più efficienti di uno stupido spray al peperoncino. Parola di RosalHulk!» a quel punto non potei più evitare di scoppiare a ridere vista l'espressione assunta da Leigh dopo le parole della sua ragazza.

«RosalHulk.. Padelle. Tu non sei normale!» rise affettuosamente «Fortuna che ti amo, altrimenti ti avrei lasciato seduta stante» si vendicò Leigh ripetendo le identiche sillabe usate da Rose qualche minuto prima. Che coppia!

«Se non mi credi la posso benissimo provare sulla tua testa», gli mostrò la padella agitandola davanti al volto del ragazzo che di tutta risposta sgranò gli occhi e le chiese perdono. In caso contrario sarebbe stata capace di menarlo con quell'aggeggio, sicuro. 

Nel disagio assoluto, dopo circa quindici minuti, giungemmo dinanzi al "Restaurant à la musique". Alla fine vinse Leigh, misi nella borsetta lo spray al peperoncino, per la padella non pensai sarebbe stato il caso. 

 «Andremo in un locale proprio vicino qui, vieni. Ciao Leigh», baciò a stampo il suo ragazzo, afferrò la mia mano e mi trascinò in una piccola viuzza buia. 

«So camminare, non trascinarmi, rischio di cadere» bofonchiai.

Non mi diede retta, tenendomi ancora per mano mi spinse ad entrare in un locale. Non c'era nessuna insegna, dove diavolo ero finita?

Appena dentro mi si presentò davanti uno stretto corridoio in legno e semi buio. La mia amica mi lasciò la mano, udii i suoi passi allontanarsi accompagnati dallo sbattere di una porta e il girare della chiave in una serratura. Mi stava chiudendo dentro, per caso? Ma che diavolo stava succedendo?

«Rose?!» mi voltai in direzione della porta, non ero più in grado di vedere niente. Quel filtro di luce intravisto precedentemente era scomparso. Divenne tutto completamente buio. 

«Lys, apri questa cazzo di porta. Ti pesto appena riesco ad uscire da qui!» sentii battere contro un masso di legno. 

CastielCastiel era lì. Nella mia stessa stanza, al buio. Cazzo! Deglutii rumorosamente appena udii il suono della sua voce roca. 

"Ok mantieni la calma, Miki. Fai il punto della situazione. Allora: Rosalya ti ha trascinata e chiusa dentro chissà che posto, stessa cosa ha fatto, apparentemente, Lysandre con Castiel. Quindi... Rose e Lys erano d'accordo nel combinare quell'incontro, semplice da intuire." 

Rosalya mi avrebbe sentita appena uscita da lì. Quale parte di: "non voglio in alcun modo entrare in contatto con quella testa di rapa rossa" non le era stata chiara? Maledetta!

Prelevai il cellulare dalla borsa velocemente e chiamai Rosalya. Le avrei urlato contro come se non ci fosse stato un domani. Mi rifiutò la chiamata per ben venti volte. A quel punto pensai di comporre un messaggio autoritario ed inviarlo, magari l'avrei intimorita.


Vieni subito ad aprire la porta e fammi uscire da qui. Hai giocato sporco questa volta, Rose!


«E tu che ci fai qui?» balzai per la sorpresa e per poco lo smartphone non mi cadde dalle mani. Castiel si era avvicinato senza che me ne accorgessi, aveva smesso di battere contro quella che pareva essere una porta.

«Vorrei saperlo anch'io...» avvertii una fitta proveniente dal muscolo cardiaco. Stavo di nuovo parlando con Castiel. Dopo una settimana. 

«Rosalya e Lysandre», sollevò gli occhi al cielo appena giunse alla mia stessa conclusione. 

 

RosalHulk:

Prima parlate, poi vi faremo uscire. Avete bisogno di chiarire. Da una settimana a questa parte siete entrambi diventati insopportabili. Mi ringrazierai. Kiss!

Miki:

Contraddittoria che non sei altro, hai rapito Kiki per permettermi di spostarmi di banco ed ora vuoi che chiariamo?

RosalHulk:

Prima di ieri non avevo capito molte cose! 

Miki:

Che vuol dire? Che stai blaterando?

RosalHulk:

Una piccola chiacchierata con Lys mi ha aperto gli occhi e sarebbe ora che anche voi due li apriste. Adesso vai, non perdere altro tempo. A dopo, ti voglio bene anch'io!

 

«A quanto pare finché non chiariremo non ci faranno uscire da qui», illuminai anche lui del succo del discorso.

«Col cazzo... Tra mezz'ora devo suonare».

«Faremo finta di chiarire e tutto risolto, no?! Davanti agli altri fingeremo di andare d'accordo e poi ognuno per la sua strada..» gli proposi un compromesso anche se controvoglia. 

«D'accordo», acconsentì guardandomi per la prima volta negli occhi. 

«D'accordo!», lo fissai di rimando. «Tra quindici minuti scriverò a Rosalya di farci uscire, così sembrerà che avremo utilizzato questo tempo per chiarire», con un cenno della testa mi fece capire di essere concorde. 

Facendo attenzione al vestito mi lasciai cadere sul parquet di quel posto poggiando la schiena al muro, anch'esso di legno. Castiel fece lo stesso, ma dal lato opposto al mio. Essendo un corridoio non troppo largo eravamo quasi di fronte. Ci dividevano al massimo cinquanta centimetri di distanza. La luce della torcia del mio telefono fece da contorno a quel bel duetto che eravamo io e lui. Avevo paura del buio.

«Spegni quell'aggeggio, mi stai accecando!» da brontolone nato si mise una mano davanti agli occhi per deviare la luce. 

«Ma se neanche è puntata verso di te la luce..» dovevo contraddirlo a tutti i costi, era più forte di me.

Sbuffò e senza aggiungere altro si spostò poco più distante da me. Ne approfittai per guardarlo. Indossava qualcosa di diverso dal solito. Gli jeans neri erano strappati sul ginocchio, come sempre, ma abbinata a quelli aveva una camicia aperta quadrettata nera e gialla con sotto una semplice t-shirt nera. Nonostante la vista fosse adombrata a causa della scarsa illuminazione... Caspita se era bello! 

«Perché ti sei fatta spostare di banco?» dopo qualche minuto di silenzio arrivò quella domanda. L'aspettavo da un po'.

«Perché hai deciso di suonare proprio in quel locale?»

«T'informo che è lo stesso locale in cui sei tu, ora. Comunque non hai risposto alla mia domanda!» Perfetto. Rosalya mi aveva fatto entrare da una porta secondaria del locale di Debrah. Mi fece quasi schifo trovarmi in un posto di proprietà della sua famiglia. 

«Tipico, no?» era nostra tradizione rispondere alle domande con altre domande. 

«Come ti pare..» fece la parte del disinteressato. Bene, non avrebbe ottenuto alcuna spiegazione dalla sottoscritta di quel passo. 

«Che stronzo!» sibilai pur essendo sicura di esser sentita dal diretto interessato. Sembrava quasi fossimo tornati punto e a capo, ai primi giorni, a quando ci odiavamo e trascorrevamo il nostro tempo a bisticciare.

«Non fare la vittima, non ti viene bene», replicò infastidito. 

«Non ho mai giocato a fare la vittima nonostante le tue cazzate ventiquattro ore su ventiquattro», il battito del cuore salì per l'alterazione. 

«Io faccio cazzate, ma tu non hai pensato due volte prima di piantarmi in asso alla prima occasione..»

«Ti ho salvato il culo più volte di quanto tu possa immaginare prima di stancarmi, credimi!» non avrei aggiunto altro, non avrebbe conosciuto la verità, ma in quel momento mi sembrò giusto rispondergli in quel modo. Si credeva di essere il sapientone della situazione, ma si sbagliava. 

«E cosa avresti fatto, Illuminami! Eri tu quella ad avermi promesso il mondo dentro quella clinica del cazzo, e sei sempre stata tu quella che, dopo un giorno, ha ritirato ogni parola data rifilandomi una scusa mediocre.» agitò le mani e poi le strofinò contro i suoi jeans. Tipico gesto nervoso che gli apparteneva. Lo conoscevo bene ormai, pensai quasi amareggiata.

«Ci credevi a quella mia promessa, Castiel? Ti fidavi di me?», avevo bisogno di saperlo.

«Più di quanto io mi sia mai fidato di me stesso, che bella fregatura!» mi s'inumidirono gli occhi per quella risposta.

«E allora dovresti continuare a fidarti.. Capirai solamente quando azionerai il cervello.»

«Io ho già capito, Miki... Sei tu ad essere troppo cieca per accorgertene!» vacillai, cosa intendeva?

«Non mi avresti urlato contro se avessi capito realmente qualcosa..» 

«Non riceverai mai una richiesta di scuse da parte mia o frasi esplicite, sono fatto così», più sincero che mai smontò ogni mia speranza di sentir uscire dalla sua bocca ammissioni. 

«Ciò non toglie che non hai capito un tubo sul motivo del mio allontanamento e-»

Arrestò il mio fiume di parole «Mi manchi, Miki. Nonostante tu sia fastidiosa, mi manchi!» mi zittì. Bastava poco allo stronzo per rubarmi nuovamente il cuore.

Bum-Bum, Bum-bum. Il muscolo cardiaco accelerò la sua corsa per poi fermarsi di colpo. Quelle ammissioni improvvise nuocevano gravemente alla salute.. Un po' come le sigarette, lo zucchero; creava dipendenza, il decesso nei casi estremi. Ed io sarei morta di quel passo.

«Oh be'... Ecco-» il cervello in pappa, il cuore che stava per avere un arresto cardiaco, ero un vero disastro. 

«Un po' contraddittorii entrambi, vero?» sollevò un angolo di bocca.

"E no, non sorridermi così però. Potrei sciogliermi, potrei morire!"

Passò dalla mia parte avvicinandosi e accomodandosi accanto a me, le nostre spalle si toccarono, rabbrividii al sol sfioramento. Quella settimana aveva peggiorato il mio stato. 

«Contraddittorii a dir poco...» sussurrai ancorandomi al grigio dei suoi occhi. La luce leggera li rendeva più scuri, più intimidatori. 

Mi sfiorò la guancia sinistra con la mano, poi scese fino alle labbra, accarezzò anche quelle provocandomi tremolii sin dentro le ossa. Era potente, devastante ciò che mi causava. I suoi occhi seguirono i movimenti della mano, i miei non si spostarono dal suo volto, invece. 

Perché avevamo litigato? Perché ci eravamo allontanati di nuovo? Perché entrambi eravamo così duri di comprendonio? Improvvisamente qualsiasi scusante risultò fallace, ed io dimenticai persino il mio nome. Avrei tanto voluto che quel momento durasse per l'eternità, o anche più...

«Ho bisogno di te. Avrò sempre bisogno di te, Ariel» parlò pianissimo, come se quelle parole dovessero restare celate tra noi, ed evidentemente sarebbe stato realmente così: il nostro segreto.

Lasciò la mano sulla mia guancia, ferma, e sollevò lo sguardo dritto nei miei occhi. Un altro battito mancato, un altro respiro smarrito.

«Per essere il tuo scaccia problemi?», trovai il coraggio di chiedergli. Dovevo essere sicura prima di ricominciare di nuovo a dargli tutta me stessa. 

«No, per respirare!» 

E a me invece lo tolse, il respiro, con quella dichiarazione. 

Castiel aveva bisogno di me per respirare. Per respirare. Lo aveva ammesso, lo aveva fatto per davvero. "Se questo è un sogno non svegliatemi!"

Dopodiché fu un attimo. Si fece sempre più vicino fino a carezzarmi la guancia con il suo fiato, mi guardò per qualche secondo come per avvertirmi delle sue intenzioni. E poi mi baciò. La nostra conversazione migliore, quella senza spazio tra due bocche. 

Come un incendio, un uragano, le nostre lingue si rincorsero bruciandospazzando via ogni dissapore. I nostri muri innalzati per un'intera settimana crollarono, senza chiarire con le parole, ma d'altronde quelle spesso erano superflue. 

Quando staccò la bocca dalla mia mi sorrise, non scappò com'era abituato a fare, non mutò atteggiamento come suo solito. Forse aveva compreso realmente, forse avrei potuto fidarmi di nuovo di lui. 

Inutile aggiungere che centinaia di farfalle si librano nel mio stomaco per farmi innamorare un altro po' di lui. Il cuore a breve sarebbe potuto scoppiare per quanto era pieno d'amore. 

Dopo un paio di minuti trascorsi senza parlare, facendo comunicare i nostri occhi al posto nostro, interruppi il silenzio: «Comunque bel nome "Drunkers", complimenti a chi l'ha scelto». Eravamo ancora seduti con la schiena contro il muro, vicini, sfiorandoci impercettibilmente. 

«Modestamente..» si mostrò vantandosi, facendomi capire che quel nome derivasse dal suo intelletto. «Drinkers non sarebbe stato bene, Ivre ancor peggio. Così... Una vocale cambiata e il nome della band è creato», sollevò le spalle e le braccia. «Mi piace perché può voler dire tutto, come può voler dire niente. Si può essere ubriachi di talmente tante cose... Di alcol, della musica, delle emozioni, sensazioni, di un profumo, di un odore, delle persone..»

Avevo dato anch'io lo stesso significato, poco prima, appena conosciuto il nome della band. 

«E tu... Tu di cosa sei ubriaco, Castiel?» tutto il corpo in fibrillazione per l'attesa della risposa. 

Ma il destino volle che, proprio subito dopo la mia domanda, qualcuno c'interrompesse. Quella risposta sarebbe arrivata a distanza di mesi. Il nostro amico tempismo, sempre presente pronto a prendersi gioco di noi.

«Tra dieci minuti inizia il concerto, venite fuori di lì..» la voce di Lysandre fece distogliere i nostri sguardi ancora incatenati.

Ci alzammo dal parquet e ci dirigemmo verso Lys. Uscimmo dalla porta in cui era entrato Castiel mezz'ora prima, dopo qualche metro fummo stravolti da un forte brusio. Il locale doveva essere pieno.  

«Tutto apposto voi due?» ci chiese, con un sorriso furbo, il ragazzo dai capelli bianchi. Diversamente dagli altri giorni indossava degli abiti comuni, un pantalone ed una camicia neri. Era strano vederlo così, quasi informale per le sue abitudini. 

Castiel gli rispose con un buffetto dietro la nuca come rimprovero per averlo rinchiuso in quella specie di deposito contro la sua volontà. 

«A dopo, Ariel» mi si avvicinò schioccando un piccolo e tenero bacio sull'angolo della bocca, poi si allontanò recandosi sul palco che s'intravedeva dalla mia posizione. I suoi gesti erano così: spontanei e imprevedibili, senza bisogno di spiegazioni.

«Quindi... Il nostro piano ha funzionato, è così?» mi accorsi soltanto in quel momento della presenza di Lysandre alle mie spalle. 

«Tu e Rose siete da rinchiudere in un manicomio, non in una stanza buia, ve lo dico affettuosamente», accennai un sorriso. 

«Questo e altro per i nostri migliori amici. Non ringraziarci...» pronunciò quell'ultima frase allontanandosi, con un sorriso vittorioso, e raggiungendo Castiel sul palco. 

Rimasi sola. Ne approfittai per guardarmi intorno. Il locale era esattamente come l'ultima ed unica volta in cui c'ero stata. Era molto illuminato. Il soffitto era fatto di vetro, così da poter ammirare il cielo. I lampadari a mo' di grappolo. Posto molto suggestivo e fatto interamente in legno dal parquet ai muri, ai soffitti. In un lato appartato vi era un bancone, con degli sgabelli, dove servivano da bere. Ero stata in quel posto la mattina in cui vidi per la prima volta quella strega malefica di nome Debrah Duval. Il giorno di Natale; una giornata da dimenticare quella.

Mentre ancora mi osservavo intorno, all'improvviso, fui privata della vista. Qualcuno mi aveva poggiato delle mani sugli occhi.

«Ti ho trovata finalmente!», quella voce... L'avrei riconosciuta tra un milione. Era impossibile fosse lì. 

«Mamma?!» mi voltai incredula e quando si degnò di levarmi le mani dagli occhi potei ammirarla in tutta la sua bellezza. «O mio Dio! Che ci fai qui?» alzai la voce di troppi decibel, ma stranamente ero incredibilmente felice di vederla. 

Indossava una pelliccia lunga e marrone, degli stivali alti e il suo sorriso sincero. L'accessorio più bello che la distingueva dalle altre donne. Non potei trattenermi, accorciai ogni distanza e l'abbracciai. La strinsi a me sperando di trasmetterle quanto necessitassi di affetto materno. Potei apparire come la contraddittorietà fatta persona, come una dal perdono facile, ma non m'importava. Il mio cuore l'aveva già perdonata a Roma, dentro la sua nuova casa lussuosa, quando venni a conoscenza della verità. Dopotutto anche lei aveva sofferto, si stava guadagnando il perdono ed anch'io meritavo di avere una mamma; a sedici anni suonati, ma pur sempre una mamma.

«Era richiesta la presenza di Marcel per questa sera, così ne ho approfittato per venire a trovarti», sciolse l'abbraccio per guardarmi negli occhi. La scelta migliore che potesse fare quella di recarsi a Parigi. In quei giorni in cui avevo perso ogni certezza, ogni collegamento con il passato, con la mia infanzia, lei sarebbe potuta essere una sorta di ancora per evitare di sprofondare e annegare.

Mi carezzò i capelli ed il viso come solo una mamma sapeva fare ed io abbattei definitivamente ogni muro. «E Flora?», la mia sorellastra restava una compagnia accettabile, iniziava ad importarmi di lei.

«In Italia, è rimasta con la baby sitter.» m'informò. «Quindi ora sei in buoni rapporti con Debrah?»

Non capii il senso di quella supposizione. «In realtà tutto il contrario.. Perché?» sorrisi amaramente. Se solo sapesse tutti i retroscena...

«Strano, è stata lei ad informarmi che ti avrei trovata qui, questa sera, e che avresti gradito la mia sorpresa.» corrugò la fronte cercando di comprendere la psicologia della sua figliastra. Era impossibile capirla, avrei dovuto avvertirla prima o poi. 

Debrah aveva previsto la mia presenza a quel concerto, aveva addirittura stimolato mia madre a recarsi nel locale. Una sola soluzione al grattacapo: aveva architettato qualcuno dei suoi piani da schizofrenica, senza ombra di dubbio. Dovevo stare attenta, tenere gli occhi aperti.

«Oh allora sei viva..» una terza voce si aggiunse al parlottare mio e di Teresa. Rosalya.

«Muta, tu! Dovrei denunciarti per sequestro di persona» la guardai di sbieco, ma alla fine sorrisi. 

«Addirittura?!» s'interpose mia madre. Senza darle spiegazioni feci le presentazioni ufficiali tra le due, e non potei evitare di notare l'espressione sorpresa di Rosalya quando capì chi fosse la donna in mia compagnia. Mia madre, ormai, era quasi famosa tra le persone che conoscevano la mia vera storia. Ed infatti... La fissò come se avesse davanti un'attrice porno. 

«Sta per iniziare», dopo aver esaurito le sillabe per qualche secondo, Rose, riprese a parlare normalmente. 

«Oh andate pure, solo... Un'ultima cosa Miki..» prese la parola mia madre «Dovrei parlarti di qualcosa, quando potremmo parlare tranquillamente?»

Cosa doveva dirmi? La curiosità mi uccideva perennemente.

«Domani? Ti scrivo appena posso magari..»

«Perfetto, a domani allora.» strizzò un occhio, poi si avvicinò per darmi un piccolo bacio sulla fronte «Divertitevi ragazze, buona serata!», e in tutto il suo splendore, mentre si udivano i primi accordi della chitarra elettrica, Teresa fece la sua uscita trionfale. 

«Cazzarola, che femminilità! Farebbe invidia persino a Monica Bellucci», furono i commenti a caldo di Rose. 

«Già..» accordai. Parecchie donne sfiguravano in sua presenza. Non era solo bella esteriormente, fisicamente, ma aveva degli atteggiamenti, delle movenze talmente sensuali da far sentire inferiore chiunque. 

«Andiamo!» senza perdere ulteriore tempo, quando sentimmo la prima canzone partire, mi afferrò la mano e mi trainò fin dentro alla folla. 

«In realtà tu ed io non dovremmo essere qui!», le feci notare ancora un tantino fintamente risentita per esser stata chiusa in una stanza contro la mia volontà, per non aveva mantenuto la parola. Avevamo in programma di visitare un altro bar. Tuttavia, visti gli ultimi cambiamenti, non ero d'idea contraria sull'ascoltare quel concerto. 

«A volte sembri mia nonna..» sbuffò mentre spinse chiunque le intralciava il cammino. «Comunque avete chiarito, no? Questo è l'importante. Nessun dilemma ora!» feci cadere lì il discorso, tanto avrebbe vinto sempre lei. 

Sulle note di un brano rock non di mia conoscenza sia io che Rose cercammo Leigh con gli occhi e sollevandoci sulle punte per avere una maggiore visione della sala. 

«Eccolo, vieni!» la mia amica lo trovò, lo raggiunse con me ancorata al suo braccio facendosi spazio tra la folla. Pestai circa cinquanta piedi durante la sfacchinata, ma quello fu dettaglio di poco conto. 

Eravamo poco distanti dal palco, in quarta fila più o meno. Finalmente dopo il termine della prima canzone, dopo aver preso un minimo di familiarità con il posto, trovai il coraggio di sbirciare la band. 

I miei occhi, quasi come un magnete, cercarono il suo corpo, l'unica persona capace di suscitare in me sensazioni sconosciute. Scrutai solo lui, quasi come se non ci fossero altre tre persone su quel palco, come se lui fosse l'unico. Il centro dell'universo, il centro del mio universo.. ed evidentemente era così. Castiel era al centro, con il microfono retto da un'asta, con una chitarra elettrica legata al collo. Aveva una bandana nera tra i capelli, per evitare che ciuffi ricadessero sugli occhi impedendogli di vedere. La fronte corrugata in testimonianza della sua concentrazione, le lunghe dita della mano destra che sfioravano le corde della chitarra. Era bello, bello da togliere il fiato, inutile che lo ripeta. 

«Mathias è quello che suona la batteria», mi urlò nell'orecchio la mia amica. Spostai per un attimo l'attenzione, a sinistra, sul soggetto indicatomi. Capelli ricci non troppo corti ed occhi verdi fu l'unico aspetto che riuscii ad inquadrare da quella distanza. «Simon è l'altro, quello che suona la seconda chitarra», seguii le indicazioni e puntai lo sguardo a destra, sul quarto componente della band. Capelli disordinati castani e occhi neri, gli unici tratti distinti da quella lontananza. Lysandre, invece, era accomodato su uno sgabello dietro una tastiera; cantava e suonava.

Dopo le delucidazioni Rose sollevò la mia mano e la mosse in sincrono con la sua a ritmo di musica. Non conoscevo quelle cover di band rock, ma non potei evitare di riconoscere la potenza della musica, la bellezza di quegli accordi. Castiel, sebbene avesse il microfono davanti a lui, non aveva ancora cantato; si limitava a produrre suoni con la sua chitarra. I Drunkers erano bravi, parecchio bravi. 

Tra una canzone e l'altra notai qualche ammiccamento e sorrisetto da parte del rosso verso la mia direzione, ma non ne fui sicura, le luci e la distanza potevano ingannare. L'illusione giocava brutti scherzi quando si metteva d'impegno. 

«Se hai voglia di qualcosa da bere mando Leigh, lui è maggiorenne può prendere qualsiasi drink», si staccò dall'abbraccio del ragazzo per chiedermi se volessi qualcosa dal bar. 

«Oh no, no grazie. Magari dopo», le sorrisi. Amavo sbirciare l'effusioni tra Leigh e Rosalya, non erano volgari, tutt'altro... Li trovai addirittura teneri. Tra una canzone e l'altra si scambiavano delle carezze e dei piccoli baci. Avevano appena scalato la mia classifica delle ship aggiudicandosi il primo posto. Meritatissimo. Le altre coppie della lista erano tutte persone dello spettacolo. 

Quando il terzo brano terminò, dopo l'adrenalina e gli applausi, ci fu un attimo di silenzio.

«Adesso la sorpresa della serata: canterà con noi la bellissima Debrah Duval!» la voce euforica di Simon presentò il mio incubo peggiore. Perché, ovvio, non poteva filare tutto liscio. Ormai era sicuro, il mio nome doveva per forza essere scritto in qualche lista nera, da qualche parte nel cielo. Le cattive notizie erano pane quotidiano nella mia vita. 

«Tu lo sapevi?» mi rivolsi a Rose in tono scontroso, non aveva potuto giocarmi quel brutto scherzo. Pregai affinché lei non ne fosse a conoscenza. Non volevo dover perdere anche lei. La sua amicizia era un bene prezioso.

«Ti giuro, io non ne sapevo proprio niente.. Mi dispiace Miki» mi carezzò una spalla per conforto, sapeva quanto fosse difficile, per me, stare nella stessa stanza con quell'arpia, figuriamoci a vederla cantare affianco al rosso... Istinti omicidi vennero a farmi visita, di nuovo. 

«Nessuno ne era a conoscenza.. solo Castiel e Simon a quanto pare», intervenne Leigh. 

Castiel lo sapeva. E furono tante, troppe, le sensazioni negative che invasero il mio povero corpo martoriato. Non avrei tollerato altro male, non potevo farcela.

Debrah Duval fece la sua entrata trionfale atteggiandosi da diva, con una minigonna di pelle viola quasi inesistente per quanto striminzita, un corsetto di pizzo, degli stivali alti quanto il monte Everest, e per finire -dettaglio non trascurabile- un microfono rosa shocking brillantato. Amava mettersi in mostra, amava farsi guardare. Da quando mise piede sul palco tutti ebbero occhi solo per lei, incluse le donne. Maledetta strega.

«Buonasera a tutti» disse con la sua voce fastidiosa, mentre tutti applaudirono «Sono molto emozionata, scusatemi..» fece qualche finta moina, ma il pubblico parve non accorgersene «Perché questa sera, dopo anni, canterò insieme al ragazzo che tanto tempo fa mi ha rubato il cuore. Spero percepiate tutto il mio amore in questi brani. Buon concerto!» Dire di aver voglia di urlarle contro e menarla era un eufemismo, volevo fare molto di più. In quel momento rimpiansi di aver lasciato in macchina la mini padella gentilmente offerta da Rosalya.

Appena terminò con le sue belle fandonie i Drunkers incominciarono subito con gli accordi di una canzone che le mie orecchie avevano imparato a conoscere perfettamente grazie a Castiel. "When I'm Gone" dei 3 Doors Down. Il rosso l'ascoltava spesso, era presente nel suo mp3. 

Debrah cantò la parte iniziale del pezzo, l'euforia dei presenti fu tanta, ma a me la sua voce non piaceva per niente, appariva quasi urlata, strozzata. Forse ero sin troppo di parte per poter giudicare obiettivamente.

Quando, invece, giunse il ritornello il mondo si fermò. Fu finalmente il turno di Castiel. Potenza e perfezione in un'unica frase. La sua voce roca, forte e particolare mi fece tremare. Fui cosparsa di brividi dalla testa ai piedi insieme ad una potente scossa percepita lungo tutta la schiena. Non lo avevo mai sentito cantare prima d'allora, ero all'oscuro di quella sua bravura. Caspita, lui sì che meritava di diventare un cantante professionista. La mia esaltazione però durò poco. 

"Perciò stringimi quando sono qui, correggimi quando sbaglio. Stringimi quando sono spaventato e amami quando me ne sarò andato.. Non ti lascerò mai andare, anche se potessi. Rinuncerei a tutto solo per il tuo bene". 

Nel pronunciare quelle parole in inglese, Castiel, non smise un attimo di guardare Debrah. Stava cantando per lei, quel brano era dedicato a lei. E chissà... Magari era stata addirittura la colonna sonora della loro storia d'amore. Quel "non ti lascerò mai andare" venne cantato da entrambi. Le loro voci insieme si fusero completamente amalgamandosi divinamente. Come potevo competere con quella alchimia? Erano stati insieme per un intero anno, si conoscevano meglio di chiunque altro. 

E sapevo, sapevo che Debrah non amasse realmente Castiel, dopo gli ultimi ricatti ne ero certa. Infatti il mio unico e vero timore restava lui... Lui che scrutava lei come se non avesse mai smesso di amarla, di desiderarla. E se io fossi stata soltanto un ripiego? Un modo per non restare solo. E se, poco prima, avesse cercato di addolcirmi esclusivamente perché aveva compreso i reali sentimenti di Debrah?

«Ehi.. Non torturarti, lei è questo che vuole. Non dargliela vinta», mi strinse la sua mano Rosalya in segno di sostegno vedendomi improvvisamente ferma e dubbiosa, quasi sofferente. 

«Lui la ama ancora...» mi torturai il labbro inferiore. Era difficile d'ammettere ad alta voce, ma sfortunatamente e discustosamente reale. 

Lui amava un'altra, mentre io amavo lui. Il triangolo perfetto. Terza incomoda da invidiare. 

«Ti assicuro che non è così». Sperai avesse ragione Rose, ma continuavo ad avere i miei dubbi. Quella certezza, quella sensazione non voleva abbandonarmi.

Partì la seconda canzone, d'amore ovviamente, un brano che da sempre avevo amato ma che da quel momento avrei odiato. "Creep" dei Radiohead.

"Tu sei proprio come un angelo
la tua pelle mi fa piangere
tu fluttui come una piuma
in un mondo meraviglioso

Tu sei così maledettamente speciale".

Le persone presenti in quel locale si muovevano elettrizzati per quella musica energica, mentre io ero l'unica a restare ferma, immobile. Mi mancava l'aria, non percepii più la terra sotto ai piedi. Mi trovavo in una specie di limbo, in stato di shock, con un principio di attacco di panico pronto per trasformarsi in qualcosa di peggiore. 

Le stava dedicando quella canzone? No... Perché per la prima volta in un'ora ebbi la certezza che stesse guardando me; ma non nel modo in cui avverrebbe in qualsiasi storia, non con amore, sentimenti positivi, no, mi guardò con pietà, impietosito dal mio povero cuore distrutto. Perché lui lo sapeva, sapeva bene quanto dolore stava provocando alla mia povera anima lacerata. 

Occhi rossi, labbra spaccate, ferite brucianti. Ogni dettaglio, ogni battaglia era servita per portarmi ad un passo in più vicina al suo inferno. Le fiamme pronte ad inondare il mio corpo, il respiro bloccato; per quanto tempo ancora sarei stata in grado di combattere, di ricucire il cuore, l'anima?

"Cosa diavolo sto facendo qui? Io non appartengo a questo posto".

«Rose io vado via, non ce la faccio..» le comunicai quasi piangendo. Ero al limite, a breve sarei scoppiata.

«Ti accompagno asp-»

«No, davvero. Tranquilla. Chiamerò un taxi.» e non le diedi il tempo di ribattere che subito mi feci spazio tra la folla per uscire da quel posto maledetto. Non sarei dovuta restare. Non sarei proprio dovuta uscire di casa, perché sapevo -dentro di me- che Rose mi avrebbe portata a quel dannato concerto. Che stupida ero stata, avevo persino ceduto a baciarlo.

"Lei corre fuori dalla porta
lei sta correndo
lei corre..."

Quasi come se fosse stato fatto di proposito mentre Castiel cantava quelle parole io ero in procinto di uscire dalla porta di legno e vetro. Non mi voltai nella direzione del palco, non avrei resistito un attimo di più nel vederli in una sintonia eccessiva, come se gli anni di lontananza, i dispetti, i ricatti, non fossero mai esistiti. Ero giunta al punto finale della sopportazione, anzi avevo appena varcato il limite. 

Le mani sulla maniglia di ferro dorato, la musica si fermò improvvisamente quando ancora la canzone non era giunta alla fine, un attimo di silenzio e poi lui... Lui e la sua voce mi sorpresero.

«My heart's against your chest, your lips pressed in my neck. I'm falling for your eyes, but they don't know me yet. And with this feeling I'll forget, I'm in love now. Kiss me like you wanna be loved, You wanna be loved. This feels like falling in love, Falling in love.. We're falling in love..»

Intonò quella canzone. La prima canzone ascoltata insieme, quando tutto tra noi stava cambiando. Quando su un giardino in terrazza, a Roma, avevamo ammirato insieme le stelle. 

"Il tuo cuore è contro il mio petto, le labbra premute sul mio collo. Mi sono innamorato dei tuoi occhi, ma loro ancora non mi conoscono. E il sentimento che avevo dimenticato, adesso sono innamorato. Baciami come se volessi essere amata. Sembra che io mi sia innamorato.."

Conosceva quel brano sebbene odiasse la mia musica preferita, lo aveva imparato a memoria e lo stava cantando, a cappella, davanti a migliaia di persone. Solo per me

Anche in quel caso avrei dovuto leggere tra le righe? Ma allora perché aveva cantato così intimamente con la sua ex ragazza? Erano quelli due degli interrogativi principali che presero a girovagare nella mia mente, ma per un attimo decisi di fermarli.

Mi voltai invece, verso il palco, incredula ed anche un po' ubriaca di emozioni... 

Ma lui non c'era più!

 

 

 

 

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🌈N.A.🌈

LALALALALALALA *canta con l'aureola in testa*

Sì, sono innocente. Non ho concluso questo capitolo in suspense, no? Sono stata brava.

Ok, be' che dire?! Ovviamente Castiel e Miki hanno fatto pace, ma ovviamente si sono presentati altri problemi. 

Debrah... è fastidiosa anche quando è poco presente, lo so. Prima o poi riuscirò a farla uccidere. 

Dietro questo concerto c'è qualcosa di ben più grosso che però si scoprirà quasi alla fine della storia.. già. Quindi tenetelo bene a mente. 

Poi... Cosa dovrà dire Teresa a Miki? Lo scopriremo nel prossimo capitolo. 

Volevo anticiparvi, giusto per mettervi un po' di ansia, che nel prossimo capitolo succederà qualcosa di SORPRENDENTEMENTE SORPRENDENTE😏. 

Ehm, vogliamo parlare anche del Castiel in questo capitolo? Lui è bravo a sorprendere vero? Sa sempre farsi perdonare dopo che combina un'infinità di guai. 

Ok, anche per oggi ho finito con il mio monologo..

Alla prossima

All the love💖

Blue Night🦋

  
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