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Autore: Shainareth    24/01/2019    3 recensioni
Quando tieni la mano di un uomo che ti fa battere forte il cuore e ti fa sentire frastornata ed eccitata, allontanati da lui. Non è l'uomo per te.
Se tieni la mano di un uomo che ti fa sentire confortata e sicura, tienti stretta a lui. È l'uomo che dovresti sposare.
Genere: Introspettivo, Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Un po' tutti
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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CAPITOLO QUATTORDICESIMO




Marinette uscì dalla trance verso la fine della seconda ora di lezione, quando la professoressa Bustier le chiese, in quanto capoclasse, di portare dei documenti a monsieur Damocles. Lei annuì, si alzò dalla panca, barcollò e poi, mettendo un piede davanti all’altro con una certa difficoltà, scese fino alla cattedra, presso la quale la donna le consegnò un plico di fogli. Quindi, senza dire una sola parola, mantenne gli occhi bassi ed uscì dall’aula il più velocemente possibile.
   Dopo che Adrien le aveva detto quelle parole, il suo cervello aveva avuto un blackout vero e proprio. Ricordava vagamente di due braccia che le si erano avviticchiate attorno al collo e la voce di Alya che le augurava il buongiorno in tono allegro e vivace. Poi forse era arrivato anche Nino e via via tutti gli altri – o almeno così credeva Marinette, perché davvero aveva vissuto le ultime due ore per pura inerzia. Ancora adesso, in tutta onestà, le pareva impossibile che Adrien avesse potuto rivolgerle quella frase, lasciando intendere senza alcun dubbio che non gli sarebbe dispiaciuto, in futuro, costruire una relazione amorosa con lei.
   Rallentò il passo e si fermò, appoggiando il palmo della mano al muro a causa di un capogiro, il cuore che continuava a martellarle incessantemente nel petto e nelle orecchie. Era un sogno. Soltanto un sogno. Non poteva essere altrimenti. E anche se così non fosse stato, rimaneva il fatto che, per quanto lei potesse piacergli, Adrien era ancora innamorato dell’altra ragazza. Ragionandoci su, la stessa Marinette non voleva che le cose fra loro accelerassero troppo: il dubbio di essere solo un – inconscio – palliativo per il cuore infranto del giovane l’avrebbe distrutta. Desiderava che Adrien fosse davvero innamorato di lei, che non pensasse più all’altra. Non voleva vivere quell’eventuale relazione con l’illusione di essere l’unica donna del suo cuore, come se tutto fosse solo un’enorme bugia.
   Adrien non è disonesto, si disse a mo’ di rimprovero, cercando di tornare lucida almeno in parte. Era impossibile che lui la usasse, che facesse il doppio gioco o roba simile. «Tikki… cosa… cosa ne pensi, tu?»
   «Segui il tuo istinto», le rispose soltanto lei, facendo capolino dalla borsetta che l’altra portava sempre con sé.
   Il mio istinto, si ripeté Marinette. Cosa le diceva, in quel momento? Che, pur anelando con tutta se stessa di diventare la sua ragazza, avrebbe davvero preteso che passasse del tempo prima che ciò accadesse – sempre ammesso che Adrien non cambiasse idea, nel frattempo. A Nino e ad Alya era andata bene, almeno fino a quel momento, ma se così non fosse stato per loro? Anche perché, a differenza della sua migliore amica, Marinette era molto più ansiosa e, soprattutto, gelosa; e il sapere di non avere il pieno possesso del cuore di Adrien l’avrebbe fatta ammattire.
   «Marinette?» Riportò lo sguardo, spaesato e confuso, su Tikki che ora la fissava in parte preoccupata, benché sulle sue piccole labbra rosse aleggiasse un tenue sorriso. «Non fasciarti la testa prima del tempo. Adrien stava comunque parlando di un ipotetico futuro», fu costretta a ricordarle.
   Giusto, convenne con lei la ragazza, annuendo più volte come un automa. Prese un grosso respiro e riprese la strada che l’avrebbe condotta nell’ufficio del preside.

Non era la sola, Marinette, ad essere in piena crisi. Lo stesso Adrien, presa coscienza di ciò che le aveva detto, ora avrebbe soltanto voluto mangiarsi le mani. Era stato sincero fino in fondo, con lei, non aveva avuto bisogno di mentire e, soprattutto, quelle parole gli erano sgorgate dal cuore, fresche, genuine, vere. Il dubbio che lei non fosse in realtà Ladybug? Lo aveva ignorato, come se non fosse importante, come se non fosse determinante per il suo futuro. Ma se davvero Marinette non fosse stata Ladybug, lui cos’avrebbe fatto? L’aveva forse illusa inutilmente? Oppure lui sarebbe stato in grado di sorvolare sulla cosa e si sarebbe dimenticato davvero di quell’amore abbagliante che gli aveva straziato il cuore fino a quel momento?
   Quando Marinette era stata chiamata dalla professoressa Bustier, Adrien l’aveva seguita con lo sguardo, quasi avesse avuto bisogno di mantenere almeno quel semplice contatto visivo. E quando lei era uscita dall’aula, sparendo dietro la porta, il giovane aveva avvertito come l’assenza di qualcosa di vitale importanza. Anche se solo in parte, era bastato esternare ad alta voce i suoi sentimenti per lei, per rafforzarli fino a quel punto? Forse, si disse nel disperato tentativo di rimanere lucido, è perché, a differenza di Ladybug, Marinette è concreta. È qui. È alla mia portata. Non è sfuggente. E, soprattutto, mi ama. Almeno credo.
   Più ci pensava, più l’idea di poter intessere una relazione con lei lo galvanizzava. Ciò contribuiva, paradossalmente, a renderlo nervoso perché rimaneva sempre quel dannato tarlo del dubbio a rodergli le cervella: avrebbe davvero rinunciato a Ladybug per lei? Senza rimpianti? Senza correre il rischio di svegliarsi, un giorno, e di rendersi conto che Marinette non era altro che un dolce rimpiazzo? Sarebbe stato imperdonabile.
   Forse sì, era stato un incosciente a lasciarsi sfuggire di bocca quelle parole, per quanto sincere potessero essere. Aveva bisogno di capire. Aveva bisogno di indagare. Aveva bisogno di certezze.
   Doveva mettere alle strette Ladybug e scoprire la verità. Anche a costo di esporsi.
   In gioco c’era il cuore di Marinette, prima ancora del suo, e Adrien aveva il sacrosanto dovere di proteggerlo anzitutto da lui stesso.

Fu per questa ragione che, dopo lunga meditazione, una volta a casa decise di rompere il silenzio che era calato fra lui e il suo kwami. «Dovresti farmi un favore.» Plagg lo fissò da sotto in su con scettica curiosità. «Vorrei che tu andassi da Marinette e le dicessi che ho bisogno di vederla.»
   La creaturina ci mise qualche istante per capire che Adrien stava parlando sul serio. Quindi, accucciato sul tavolino della camera del ragazzo e addentando il pezzo di formaggio che aveva fra le zampine, parlò con la bocca piena. «E non potresti farlo tu, con il tuo cellulare?»
   «Se lo facessi, si presenterebbe all’appuntamento come Marinette», si sentì rispondere, come già si era aspettato.
   Masticò a lungo prima di domandare: «Vorresti che si presentasse vestita da Maestro Fu?»
   «Non scherzare. È importante.»
   «È importante anche che non le venga un infarto, vedendosi comparire davanti un esserino nero parlante e fluttuante a mezz’aria.»
   Seduto sul divano davanti a lui, Adrien si portò il pollice e l’indice alla radice del setto nasale e chiuse gli occhi. Avrebbe dovuto aspettarsi quell’obiezione, dal momento che Plagg, sull’argomento, sapeva essere davvero ostinato. Ora, tuttavia, il dubbio che lui potesse avere ragione continuava a rodergli la mente e perciò si impose di mantenere la calma. «D’accordo», sospirò, tornando a guardare il suo amico. «Potresti andare da Ladybug e dirle che ho urgenza di vederla?» riformulò quindi la domanda, cercando di non essere polemico. «Questa sera stessa, se possibile.»
   «Questa richiesta è già più ragionevole», gli concesse il kwami, mandando giù un altro boccone. «Che devi dirle? Che hai deciso di rinunciare a lei perché ti sei invaghito di un’altra?»
   «Cos…?!» Adrien lo fissò con gli occhi sbarrati, lasciando trapelare tutto lo sconcerto che aveva suscitato in lui quell’illazione. «Non dire assurdità!»
   «Mi stai dicendo che hai mentito alla piccola Marinette?»
   «No, ma…» Tacque, portandosi una mano davanti alla bocca e sentendo lo stomaco rimescolarsi per il guaio che temeva di aver combinato esponendosi troppo con la sua amica.
   «Andrò a parlarle», gli venne incontro Plagg, vedendolo in difficoltà. «Ma non assicuro di riuscire a strapparle un appuntamento per conto tuo.»
   «Dille che non si tratta di qualcosa di romantico», lo pregò allora il giovane, che sentiva sempre più pressante il bisogno di conoscere la verità. «Devo parlarle di una cosa importante.»
   Adrien era sconvolto. Fu questa la conclusione a cui giunse il kwami fissandolo negli occhi. Quel ragazzo non riusciva ad accettare l’ipotesi che Ladybug e Marinette potessero essere due persone ben distinte, e per quanto lui avrebbe voluto rassicurarlo al riguardo, non gli era permesso dire alcunché. Si morsicò il labbro inferiore con i dentini aguzzi, soffocando l’istinto di aiutarlo, di incoraggiarlo a perseverare e a non perdere le speranze. «Non fare sciocchezze», disse soltanto, lanciando in aria l’ultimo pezzo di formaggio. Ne intercettò la caduta e lo catturò tra le fauci giusto un attimo prima di prendere il volo oltre i vetri chiusi della grande finestra della camera del suo giovane amico.
   Non fu un viaggio lungo, vista la distanza davvero irrisoria che divideva le due abitazioni. Plagg attraversò senza troppi complimenti una delle pareti della camera di Marinette, incurante di annunciarsi, e si guardò attorno. Era vuota, ma la televisione era accesa e questo lo convinse che di lì a poco la ragazza sarebbe tornata. Poi una voce a lui familiare attirò la sua attenzione. «Se sei qui per il formaggio…»
   «Adrien ne ha di più buono», rispose il kwami del Gatto Nero, senza scomporsi.
   Tikki lo guardò con i suoi grandi occhi azzurri lievemente corrucciati. «Avresti almeno potuto accertarti che Marinette fosse davvero assente, prima di pronunciare quel nome», lo ammonì, mentre lui si avvicinava e si sedeva accanto a lei, sulla scrivania.
   «Quel ragazzo sta diventando indisponente.»
   «Lo dici di tutti i tuoi portatori.»
   «Ha capito.»
   «Cosa?»
   «Tutto.»
   «È per questo che stamattina ha detto quelle cose a Marinette?»
   «Non proprio. Il dubbio che siano due persone diverse lo sta uccidendo.»
   Tikki sorrise intenerita. «La ama sul serio.»
   «Mh», mugolò Plagg, facendo una smorfia e allungando una zampina verso i biscotti con cui la sua compagna stava facendo merenda.
   «Dovrebbe dirglielo. Prima che sia troppo tardi.»
   «Credevo che lei ne sarebbe stata felice.»
   «Sta cercando di non illudersi, di mettersi il cuore in pace.»
   «C’è qualcun altro?»
   «Forse.»
   «Quel qualcun altro?»
   «Non lo ha ancora ammesso, ma è assai probabile che sia davvero lui
   Plagg ingoiò un pezzo di biscotto. «Anche lei dovrebbe dirglielo.»
   «Non può. Non ora. Adrien la tiene sulle spine.»
   «Stanotte credo che gli tirerò i capelli nel sonno.»
   La risata cristallina di Tikki gli fece per un attimo battere il cuore. Amava quel suono, ed era per questa ragione che capiva perfettamente come si sentiva Adrien. «Perché sei venuto qui?»
   «Vuole parlarle.»
   «Stasera si lavora, quindi.»
   «Stasera la metterà alla prova.»
   «Lei non cederà.»
   «Non sottovalutarlo.»
   «Sarebbe disposta a tutto per un fine superiore. Proprio come lui.»
   «Stasera si vedrà.»
   «Sta arrivando.»
   Quando Marinette comparve oltre la botola che portava al piano di sotto, ci mise diversi istanti prima di accorgersi dell’ospite a sorpresa. Sgranò gli occhi, spalancò la bocca e annaspò in cerca d’aria. Quindi, senza pensarci un momento di più, si affrettò a chiudere la botola a chiave e si precipitò verso la scrivania. «Che ci fai, tu, qui?!»
   «Anch’io sono contento di vederti», rispose Plagg, dando un altro morso al biscotto con aria strafottente. Tikki faticò a trattenere una risatina.
   Marinette fissò il kwami del Gatto Nero con aria corrucciata ed inarcò le braccia sui fianchi. «Quindi non è vero che mangi solo formaggio.»
   «Mai detto il contrario», le assicurò lui. «Ricordo ancora il macaroon che ho dovuto dividere con Tikki quella volta, nel container, quando tu e il tuo amato…»
   «Chat Noir non è il mio amato!» scattò la ragazza, troppo stizzita per arrossire a quelle parole.
   «Come vuoi.»
   Sospirando pesantemente e arrendendosi all’idea di dover avere di nuovo a che fare con quella creaturina snervante, Marinette si lasciò cadere sulla sedia della scrivania e abbandonò l’espressione accigliata. «Avanti, sentiamo… perché sei qui?»
   «Vuole vederti», disse Plagg, senza perdersi in chiacchiere inutili.
   Di nuovo lei sgranò gli occhi. «È successo qualcosa?»
   «Vuole solo parlarti.»
   Chat Noir non era mai ricorso al suo kwami per chiederle un incontro. Di solito, in effetti, loro due non si vedevano mai al di fuori delle emergenze, o presunte tali, e per qualunque cosa avevano sempre fatto affidamento alle loro armi che consentivano loro di parlare a distanza come con un comune cellulare – ma a ben guardare non era molto comodo comunicare in quel modo, aspettando che l’altro si trasformasse per ascoltare il messaggio lasciato in segreteria. C’era dunque un’urgenza? Di che tipo? Di sicuro doveva trattarsi di qualcosa di serio, altrimenti Chat Noir non avrebbe avuto bisogno di incontrarla faccia a faccia.
   «Dove e quando?»
   Plagg si strinse nelle spalle minute. «Stasera. Non ha specificato né ora né luogo, perciò immagino che voglia lasciar decidere te.»
   Il primo posto che venne in mente a Marinette fu la terrazza su cui lui le aveva confessato i suoi sentimenti e lei era stata costretta a respingerlo. La terrazza su cui gli aveva detto che amava un altro. La terrazza su cui lui le aveva sorriso lo stesso e le aveva regalato una rosa. E un bacio. Un bacio capace di farle battere il cuore, nonostante fosse stato sulla guancia. Innocente e puro quanto i suoi sentimenti. I loro sentimenti. Le voleva bene sul serio e lei ne voleva a lui, sia pure in modo diverso. Marinette ripensò al pianto dirotto a cui si era lasciata andare fra le sue braccia, quando Adrien le aveva detto che amava un’altra. Ripensò alla sua dolcezza. Ripensò alla tenerezza con cui poi, il giorno dopo, era tornato da lei per sapere come stava. Glielo doveva, qualunque fosse il motivo per cui Chat Noir le aveva chiesto quell’incontro.
   «Alle dieci. Sulla… terrazza che…»
   «Quella che lui aveva addobbato con rose e candele?» Annuì. Plagg sorrise sornione. «Riferirò.»
   «Non è un appuntamento romantico, vero?»
   «Vorresti che lo fosse?»
   «Sono già abbastanza scombussolata per Adrien.»
   «Oh, già. Il tuo boyfriend
   Marinette arrossì. «Non… Non sono affari che ti riguardano.»
   «Invece sì», la smentì il kwami, finendo il biscotto che aveva fra le zampine. «Dall’esito della tua relazione con quel ragazzo dipende anche la felicità di Chat Noir.» L’altra non ebbe la forza di rispondere e lui decise di lasciarla ad arrovellarsi il cervello – e il cuore – attorno a quelle parole che nascondevano verità a lei ignare. «Grazie per la merenda», disse soltanto, prima di esibirsi in un inchino affettato e sfrecciare via, oltre la parete che dava all’esterno.

Atterrarono sulla terrazza nello stesso, identico momento e si fissarono stupiti, ancora inginocchiati l’uno di fronte all’altra. Si sollevarono lentamente in piedi e rimasero fermi, occhi negli occhi. Poi Chat Noir sorrise, deciso a spezzare quella lieve tensione che sembrava essere calata fra loro. «Sei in anticipo, my lady
   «Anche tu», si permise di fargli notare lei, lieta di sentire il suo tono di voce allegro.
   «Non volevo farti aspettare.»
   «Che gentiluomo.»
   «Modestamente», se ne compiacque il giovane, rimirandosi gli artigli con fare lezioso. «E tu? Come mai così in anticipo? Sono appena le nove e mezza.»
   Ladybug sorrise forzatamente. «Per il tuo stesso motivo», rispose, benché la verità fosse un’altra. E cioè che, essendo quella terrazza a due passi dal suo balcone, lei aveva temuto che, arrivando all’ultimo momento, Chat Noir potesse scorgerla mentre sgattaiolava via di casa. Sarebbe stato un vero disastro se lui avesse capito la verità. Non perché non si fidasse, figurarsi; più semplicemente, temeva che Papillon potesse approfittare di quel loro segreto condiviso per scoprire chi si celava dietro le loro maschere. «Non tutte le donne sono tanto indelicate da far aspettare un uomo per intere ere geologiche.»
   «Mh», prese nota mentale il giovane, incrociando le braccia al petto, un’espressione da schiaffi in volto. «Stiamo parlando di un appuntamento, quindi?»
   Marinette s’irrigidì, dandosi dell’idiota per il paragone appena fatto. «Credevo si trattasse di qualcosa di più serio», sviò allora, cercando di non tornare con la memoria a quella sera di diverse settimane prima. Ora che si trovava davanti a lui, cominciava a pentirsi di aver fissato lì il luogo del loro incontro.
   «Intendi una proposta di matrimonio?» la prese in contropiede Chat Noir, facendola arrossire da capo a piedi. Annaspò, balbettò qualcosa a metà fra un’imprecazione e un insulto e ringhiò quando lo vide sghignazzare con aria divertita. Imbronciata, incrociò le braccia e preferì tacere. «Magari la prossima volta», cercò di rabbonirla lui, divorandola con lo sguardo. Era bellissima anche quando si indispettiva in quel modo. «Ho dimenticato di passare dal gioielliere, prima.»
   «Chaton…» lo richiamò lei, con un sospiro affettuoso, nonostante tutto.
   Lui ne fu felice e la fissò ancora con occhi vivaci e pieni d’amore. Checché ne dicesse Plagg, che cercava puntualmente di mettere in dubbio le sue convinzioni al riguardo, sotto quella maschera c’era Marinette; Adrien ne era più che sicuro. «Scusa», cominciò allora in tono gentile, facendo un passo nella sua direzione. Lei non indietreggiò e questo fu incoraggiante. «La verità è che non ho più avuto modo di chiederti come stai.» La vide battere le ciglia con aria confusa. «Riguardo… lui
   Era solo preoccupato per lei, dunque? Marinette avvertì di nuovo il cuore sciogliersi per la dolcezza che Chat Noir sapeva sempre mostrare nei suoi confronti. Avrebbe voluto dargli una risposta che non potesse ferirlo, ma la verità era ben diversa e, soprattutto, anche lei faceva ancora fatica a capirla fino in fondo. «Meglio, credo», ammise, sperando di non fargli troppo male. Il sorriso del giovane si accentuò, come se fosse sinceramente contento per lei. L’amava così tanto? Sì, diamine, ne era davvero capace…
   «Ne sono felice.» Quella risposta del tutto disinteressata le provocò un dolore sordo al petto che le mozzò per un attimo il fiato. «Posso almeno farti un ultimo regalo, prima di lasciarti andare?»
   Cosa voleva dire, con quelle parole? Che avrebbe definitivamente rinunciato a lei? Sul serio? Avrebbe dovuto esserne contenta, eppure Marinette si sentì disorientata quasi quanto quella mattina, a scuola, quando Adrien le aveva lasciato intendere di essere in qualche modo interessato a lei. Pensare alla sua esistenza senza l’amore di Chat Noir… faceva male. Proprio come quel bacio che l’eroe le aveva dato nel sogno.
   Seguì i suoi movimenti mentre lui si portava una mano dietro alla schiena e ne tirava fuori un fiore: un crisantemo bianco. Perché quella scelta? Aveva un significato particolare? Marinette ne era più che convinta, dal momento che anche con la rosa rossa e la margherita bianca Chat Noir aveva voluto comunicarle qualcosa di importante.
   Non ebbe tempo di concepire altre domande che lui le porse il fiore e, con un sorriso affettuoso e lo sguardo più dolce del mondo, disse: «Conservalo come hai fatto con gli altri, per favore.»
   Marinette gelò. Adrien non infierì e, suo malgrado, scappò via per darle il tempo di realizzare cos’era appena accaduto.












Non si può certo dire che in questa storia Adrien non abbia spirito di iniziativa. Ecco (anche) perché esistono le fanfiction, per mettere per iscritto le nostre speranze! XD
Ora ci troviamo con una Marinette doppiamente sconvolta, porella. Riuscirà Adrien a farla impazzire prima della fine della long?
A tal proposito, l'ho conclusa. Davvero. Fatico ancora a crederlo, ma due giorni fa ho scritto l'epilogo e ancora sono qui a chiedermi se è vero o meno. Suppongo che prenderò finalmente coscienza della cosa quando avrò scritto anche la shot spin-off che si collega a questa storia e avrò pubblicato anche i capitoli restanti.
Vi ringrazio come sempre per l'affetto che dimostrate verso questa fanfiction, valuterò seriamente l'idea di rendere gli aggiornamenti settimanali, d'ora in poi, così da non tenervi più troppo sulle spine.
Un abbraccio e buona giornata!
Shainareth





  
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