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Autore: Cloe87    27/01/2019    1 recensioni
«Tu cosa ne pensi?» domandò sottovoce Eaco, osservando di sottecchi la neo Regina degli Inferi che sfoggiava una maglietta rosa confetto, con sopra stampato il segno della pace, mentre dava le ultime disposizioni a Radamante, a cui era stato affidato l’incarico di ripulire l’Europa e l’Africa dall’ondata di zombie.
«Che ha un bel culo»
«Sto parlando seriamente, Minosse!»
«Anche io!»
«Ehi, voi due, invece di stare lì a guardarmi il fondoschiena, che ne direste di darvi una mossa? I morti non ci tornano da soli nell’Ade!» la voce della diretta interessata li fece sobbalzare.
«Sì, signora. Subito signora!» si ritrovarono quindi a dire i due Giganti, presi in castagna, per poi affrettarsi a darsi da fare.
«Dannazione! Che sia telepate?» sfuggì di conseguenza ad Eaco, preoccupato per la figura barbina in cui era appena incappato, mentre sbraitava ordini a destra e a manca ai suoi sottoposti.
«E cosa vuoi che ne sappia io! Fino a ieri nemmeno sapevo che Ade avesse una figlia!» gli rispose di conseguenza Minosse, con un’alzata di spalle.
Genere: Comico, Guerra, Sentimentale | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Gemini Kanon, Nuovo Personaggio, Un po' tutti, Wyvern Rhadamanthys
Note: OOC, What if? | Avvertimenti: nessuno
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Dove non si crede, l’acqua rompe:

e sono cazzi amari!

(prima parte)

«GLIDING ROAR»

Il ruggito della Viverna, con la conseguente onda d’urto, alzò un polverone non indifferente e Chrys si ritrovò a buttare l’occhio in direzione dei suoi Spettri, che erano stati ingaggiati in combattimento dai figli di Ares. In particolare Radamante si stava misurando in forza con un compiaciuto Deimos; il quale non si era fatto prendere di sorpresa dal Gigante infernale e aveva quindi serrato i pugni dello Spettro nelle sue mani, costringendo così il suo avversario ad una sorta di gara di braccio di ferro, per saggiarne la potenza fisica. Nel mentre, Earhart e Upyr avevano immediatamente intuito di trovarsi di fronte ad un avversario che difficilmente avrebbero potuto battere in un scontro frontale, e avevano deciso di unire le forze. Leybold era infatti partito a bomba, scagliando il suo Murderous Blood, riuscendo così a distrarre Phobos con i suoi pipistrelli di sangue esplosivi, mentre Vampir, forte della sua capacità di distorcere parzialmente le dimensioni*, era riuscito a sorprendere il figlio di Ares alle spalle, cingendogli il collo con le sue gelide mani, con l’intento di assorbire la sua forza vitale.

Infine Ursula se le stava prendendo come se non ci fosse un domani, sotto lo sguardo disorientato della sorella, in evidente crisi esistenziale, mentre Adrestia rideva sguaiatamente, mettendo così in luce il suo lato sadico, nonostante cercasse di darsi una parvenza signorile. Infatti, nonostante avesse ereditato una sfolgorante bellezza dalla madre Afrodite, il carattere era indubbiamente farina del sacco di suo padre.

La dea della morte spostò quindi lo sguardo su Ares, che la stava studiando per pianificare il suo attacco. Gli occhi azzurro ghiaccio del dio della guerra, identici a quelli di Zeus, stavano infatti seguendo ogni suo minimo movimento, mentre il vento generato dai Cosmi di Radamente e Deimos, gli scompigliava i folti e mossi capelli castani, dono di Era. Peccato che a deturpare il bel viso del Signore della Guerra ci fosse una vistosa cicatrice.  Infatti c’era poco da dire sul fatto che, nonostante il fisico statuario e la sfavillante Kamui rosso cupo, che riprendeva l’antica foggia delle armature degli opliti spartani, l’occhio finiva sempre e comunque sul suo sfregio. Quindi Chrys non poté fare a meno di constatare che infondo era comprensibile che Ares fosse incazzato come una iena… senza poi contare l’umiliazione subita sul campo di battaglia. Peccato che all’epoca Chrysanthe fosse decisamente furiosa con l’intero Olimpo e che Ares avesse avuto la pessima idea di misurarsi con la sua controparte italica, ovvero Marte, finendo così con il culo fatto a strisce, essendo il Capitolino un fine stratega, oltre che un esperto nell’uso delle armi bianche.

“Essere una dea è veramente una seccatura” pensò quindi Chrys, mentre anch’essa studiava l’avversario cercando di scorgere un’apertura nella sua guardia. Infatti su una cosa era certa; non poteva permettersi di farsi battere da quell’ammasso di muscoli, tutto testosterone e niente cervello, di Ares.

La sua preoccupazione andava però ai suoi spettri. Ares infatti, anche se era l’incarnazione della forza e della guerra brutale, la cui potenza era innegabile, aveva paradossalmente uno stile di combattimento più pulito e meno subdolo di quello dei suoi figli che, avendo ereditato dalla madre una certa dimestichezza con i sentimenti, non disdegnavano all’occorrenza di utilizzare tecniche in grado di distruggere la psiche del proprio avversario. 

Chrysanthe non poté quindi fare a meno che riporre fiducia nelle potenzialità che aveva visto in loro, le quali avevano fatto propendere la dea a sceglierli come scorta. In fine, come ultima risorsa, avrebbe comunque sempre potuto resuscitarli.

Nel frattempo Ares aveva deciso di partire all’attacco con la sua temibile lancia, che era in grado di frantumare anche le Kamui, costringendo quindi Chrys a dar fondo a tutta la sua velocità ed agilità, per poter schivare la velocissima raffica di colpi, in grado di generare roventi correnti d’aria; fin quando la dea, scorgendo un punto scoperto nella tattica di Ares, non passò al contrattacco, infilandosi nell’apertura dell’avversario con colpi di punta, mirando alle parti lasciate scoperte dall’armatura.  Toccò così al Signore della Guerra cercare di non farsi affettare come un salame. Infatti era indubbio che la Regina dell’Ade, rispetto al suo predecessore, sapesse perfettamente maneggiare l’arma emblema della sua autorità sugli Inferi. D'altronde se quando era al servizio di Marte, era stata soprannominata “La Regina di Spade” c’era un motivo.

Ares infatti fu costretto a mettersi d’impegno, dato che era ben consapevole dell’eccellente tecnica schermistica dell’avversaria, dando così il via ad uno scontro all’arma bianca senza esclusioni di colpi.

Intanto Radamante, stanco della prova di forza in cui era stato ingaggiato da Deimos, aveva deciso di dare una svota alla faccenda, smettendo di far forza con le braccia, cosa che fece sbilanciare in avanti Deimos, il quale venne così centrato in pieno dalla ginocchiata di Radamante, che lo colpì alla bocca dello stomaco.

«A quanto pare la Viverna sa mostrare i denti! Se non fossi stato in possesso di una Kamui, mi avresti fatto male!» ironizzò Deimos, passandosi una mano sulla parte colpita, protetta dalla sua armatura, la cui foggia riprendeva un cinghiale, animale sacro al padre.

Radamante puntò quindi il suo sguardo severo su quello del figlio di Ares, i cui occhi azzurri facevano trasparire un certo divertimento.

«Questo è niente» gli ripose quindi la Viverna.

«Ottimo. Avevo proprio voglia di sgranchirmi un po’ i muscoli» fu il conseguente commento di Deimos che, dopo essersi ravvivato con una mano la capigliatura dorata, fece scrocchiare le spalle, per poi partire fulmineo all’attacco di Radamante, il quale ringraziò mentalmente le lezioni di kickboxing impartitegli da Lady Chrysanthe. Daimos infatti era degno figlio di suo padre, e sapeva unire velocità e potenza nei suoi colpi, cosa che lo rendeva decisamente un guerriero capace e letale. Quindi senza una buona base di tecnica lo Spettro se la sarebbe vista decisamente brutta.

«A quanto pare quella vacca di Chrys, vi ha messi sotto giù negli Inferi!» fu la conseguente considerazione di Daimos, dato che Radamante stava dimostrando di essere in grado di tenergli dignitosamente testa. Peccato che il termine “vacca”, affiancato al nome della Regina degli Inferi, fece infuriare di brutto la Viverna, che decise di dare il ben servito a Deimos, caricando il suo pugno con il Greatest Caution, per poi scagliarlo con violenza contro il figlio di Ares, il quale riuscì a schivarlo per un soffio.

«Accidenti! Quando si nomina in modo in proprio la tua dea, ti incazzi eh?» fu il conseguente commento divertito di Deimos, mentre con il pollice si puliva la guancia da un graffio causatogli dal colpo del Gigante Infernale.

«Mi sembra una cosa naturale. Insultare la Nostra Sovrana è un atto sacrilego, ed è quindi doveroso per uno Spettro punire con la morte un tale blasfemo» rispose la Viverna, il cui Cosmo nero come la notte, esprimeva tutto il suo disappunto.

«Ma che diligente soldatino! Mi hai fatto proprio venir voglia di vedere fino a che punto si spinge la tua devozione! Quindi fatti sotto, damerino infernale!» fu il conseguente appunto di Daimos, sul cui bel voto angelico, era andato dipingendosi un sorriso inquietante, mentre il suo cosmo divino si gonfiava.  

Radamante ebbe quindi appena il tempo di rendersi conto che Daimos era partito all’attacco, che il rumore metallico del suo elmo, finito a terra, risuonò nell’aria, ritrovandosi così l’indice e il medio del dio puntati sulla fronte.

«Tromokratía tou polémou»** furono le parole di Daimos, la cui espressione era diventata spaventosamente seria, mentre la Viverna, incapace di reagire alla tecnica del suo avversario, cadeva miseramente in ginocchio in preda ad un terrore sordo.

Radamante era infatti piombato in uno stato catatonico, mentre nella sua mente si affollavano le immagini dei suoi fallimenti passati; dalle Guerre Sacre che non era mai riuscito a vincere, alla devastazione del Regno dei Morti che lui non era stato in grado di fermare, fino alla morte di Ade, trafitto per mano di Atena. Per poi passare a quelli futuri, dove il corpo inerte e coperto di sangue di Lady Chrysanthe lo fissava con gli occhi assenti e senza vita tipici di un cadavere. Un devastante senso d’impotenza lo pervase, inibendo il suo corpo di ogni capacità di reazione, mentre Deimos gli prendeva il volto, sconvolto dalle visioni, tra le mani.

 «E già. Mia cara Viverna. È proprio questo quello che succede quando un Giudice, destinato a stare seduto comodo su uno scranno a giudicare le anime, si erge a comandante  di un esercito… fallisce! D’altronde la guerra è anche questo; fallimento. Ed è proprio questo ciò che ti atterrisce all’interno di un conflitto e, per quanto cerchi di nasconderlo a te stesso, tu sai perfettamente che l’ombra del fallimento è sempre alle tue spalle! Ma non preoccuparti, ci penserò io a darti la pace eterna che, quegli insulsi dei infernali ai quali ti ostini a votarti, non sono in grado di donarti!» e detto questo Daimos colpì Radamante con pugno dritto in faccia, fracassandogli il setto nasale, per poi passare a prenderlo a calci con evidente compiacimento.

Intanto Phobos era riuscito ad afferrare Earhart per la testa e a toglierselo di dosso scaraventandolo al suolo, nonostante l’energia sottrattogli dallo Spettro.

«Che mosche fastidiose che siete. Meritate solo di essere schiacciati» commentò quindi Phobos, rivolgendo i suoi occhi celesti, simili a quelli dei suoi fratelli, a Vampir e a Upiyr, riservando loro uno sguardo intimidatorio. D’altronde erano due Spettri di seconda e terza categoria, quindi ben lungi dall’essere presi come una seria minaccia dal figlio del Signore della Guerra, la cui Kamui vermiglia riprendeva la foggia di un cane (anch’esso animale sacro ad Ares); anche se la capacità di assorbire l’energia degli avversari di Vampir, poteva essere insidiosa. Phobos infatti aveva iniziato ad accusare una certa spossatezza, cosa che lo spinse a decidere di togliersi dai piedi quei due seccatori alla svelta.

«Se pensi d’intimorirci ti sbagli» gli tenne però testa Earhart, rialzandosi in piedi, cosa che fece abbozzare un sorriso divertito sul volto di Phobos:

«Ma davvero?»

«Siamo Specter al servizio della Regina degli Inferi. Quindi se credi che le tue minacce ci possano intimorire sei fuori strada. La morte per noi è infatti un concetto privo di significato!» rispose risoluto Leybod.

«Non ne dubito. Ma rimanete comunque degli esseri umani. E come tali il vostro cervello funziona esattamente come quello dei vostri simili. Quindi non potete in alcun modo opporvi a me: Protarchikós fóvos***»

Il Cosmo di Phobos si espanse imponente e infuocato e i due Spettri vennero colti da un’angoscia terrificante che li paralizzò. Rendendoli così incapaci di muoversi. I loro corpi infatti non rispondevano più al loro volere ma erano soggetti ad un terrore agghiacciante, che faceva risultare le loro membra pesanti come macigni.

«Che c’è Spettri? Dalla paura ve la state facendo sotto e non riuscite più a muovervi? Beh è naturale! Infondo non siete altro che animali un po’ troppo evoluti che, quando si trovano davanti ad un pericolo che non possono affrontare, non possono far altro che rimanere immobili e senza via d’uscita. E si dà il caso che io non sia minimamente misericordioso!» e detto questo Phobos piantò un pugno nel ventre di Earhart, facendogli sputare sangue, per poi passare a prenderlo a cazzotti, manco fosse un pungiball, sotto gli occhi di Leybold.

“Dannazione, devo fare subito qualcosa” pensò quindi lo spettro di Upyr che, vedendo il suo superiore trattato come una pezza da piedi, aveva ripreso parzialmente lucidità e stava cercando di elaborare una strategia difensiva. Infatti, nonostante il primo momento di disorientamento, il giovane spettro aveva intuito il funzionamento della tecnica di Phobos, il cui Cosmo andava ad agire direttamente sulla psiche del nemico, andando ad alterare la percezione del pericolo, amplificandola a tal punto da far in modo di inibirne le capacità mentali e motorie, tanto da renderlo incapace di agire. Cosa che rendeva il malcapitato una preda facile.

Leybold ringraziò quindi mentalmente le nozioni di teoria sull’uso del Cosmo che la sua Regina aveva messo a disposizione dei suoi Spettri. Infatti l’unico modo per andare a vanificare un colpo del genere era di andare a riequilibrare le proprie funzioni celebrali, concentrando il proprio Cosmo nella parte colpita, in modo da contrastare gli effetti della tecnica mentale dell’avversario.

La preoccupazione dello Spettro era però quella di non possedere un Cosmo abbastanza potente da riuscire a vanificare quello di Phobos, ma grazie all’energia sottratta al dio da Vampir, che aveva indebolito il figlio di Ares, Upyr aveva qualche possibilità di riuscita. Quindi decise di sfruttare la momentanea distrazione di Phobos, intento a dilettarsi con Earhart, in modo da liberarsi dal suo giogo, cercando di non farsi beccare, fingendo di essere ancora completamente in balia del figlio di Ares.

Approfittando quindi del fatto che Phobos lo avesse palesemente sottovalutato in quanto Spettro di basso rango, Leybold riuscì a mettere in pratica la sua strategia, riuscendo quindi a liberarsi dall’influenza del Cosmo del figlio di Ares, per poi scagliare il suo Murderous Blood, colpendolo in pieno il dio, preso completamente alla sprovvista, provocandogli diverse ustioni, per poi soccorrere Earhart, liberando così anche lui dagli effetti della tecnica di Phobos.

«Tu, maledetto bastardo! Questa me la paghi!» ringhiò quindi il dio minore, decisamente irato per il tiro mancino subito, per poi però rimanere di sasso nel realizzare che la sua tecnica era stata vanificata da quel giovane Spettro, che lui aveva a malapena considerato.

«Come diamine hai fatto a muoverti?» fu infatti la reazione incredula di Phobos, rivolgendosi a Leybold, che gli rivolse un sorrisetto di soddisfazione.

«Ho fatto tesoro di alcuni insegnamenti della Mia Signora. D’altronde se non si eccelle in potenza bisogna almeno saper usare la testa» rispose quindi lo Spettro di Upyr, cosa che fece imprecare il figlio di Ares. A quanto pare aveva fatto male a prendere sottogamba quello Specter, dato che, per essere riuscito a liberarsi da solo dall’effetto del suo colpo, nonostante la sua forza non spiccatamente elevata, doveva esse sicuramente molto abile nella gestione del Cosmo.

«Capisco. Pare proprio che quella dannata di Chrysanthe non ti abbia scelto per simpatia. Comunque questo non toglie che tra me e te ci sia un abisso» e detto questo Phobos si scagliò come una furia su Leybold, colpendolo in pieno con un calcio al fianco, facendolo così finire contro una pila di blocchi di cemento, che gli rovinò addosso.

«Bene, ora voglio proprio vedere se hai ancora voglia di fare lo splendido!» commentò Phobos trionfante, ma purtroppo per lui, aveva cantato vittoria un po’ troppo presto. Earhart infatti, per quanto mal ridotto, non era ancora KO e quindi si era rimesso in piedi per poi scagliare il suo Crimson Cross.

Un’enorme croce latina squarciò il cielo e Phobos fu investito da una luce cremisi, proveniente direttamente dal Regno degli Inferi, la cui peculiarità era quella di sottrarre l’energia vitale al bersaglio colpito. Se non fosse stato un dio protetto da una Kamui, probabilmente il suo corpo non avrebbe retto. A quanto pareva quei due sapevano fare il gioco di squadra e la cosa era decisamente una seccatura. Phobos quindi non poté fare a meno di constare che Chrys non si smentiva mai nel saper scegliere bene le sue carte, mentre osservava lo Spettro di Upyr riemergere dai blocchi che l’avevano sommerso, per poi mettersi in posizione d’attacco, nonostante fosse lordo del sangue che sgorgava dalle sue ferite, facendo finire così il figlio di Ares tra due fuochi.

«Siete tenaci e preparati, ve lo concedo. Ma chissà se questo sarà sufficiente per sconfiggermi? Sono proprio curioso di scoprirlo!» constatò quindi Phobos, sul cui volto si stava dipingendo un’espressione compiaciuta, dato che, nonostante tutto, stava iniziando a divertirsi, siccome lo scontro, inizialmente previsto come palloso, si stava invece rivelando parecchio interessante. Si scrocchiò quindi una spalla per poi partire all’attacco, gonfiando al massimo il suo Cosmo.

Nel frattempo Ursula non se la stava passando proprio bene. Infatti, nonostante il suo fare battagliero e aggressivo, lo Spettro di Bennu era finito presto vittima di Adrestia, che l’aveva conciata per le feste, dato che, essendo ancora priva di Surplice, Ursula non aveva la ben che minima difesa.

«Ma che meraviglia! Chrys dovrà saldare a caro prezzo il suo debito nei miei confronti per avergli tolto di mezzo uno Spettro così inutile!» cinguettò soddisfatta la figlia di Ares, per poi sferrare un calcio a Bennu, che finì diversi metri più in là, lasciandosi dietro una scia di sangue che andò a macchiare l’asfalto.

«Che c’è Bennu? Sei talmente messa male da non riuscire nemmeno più a parlare per via del dolore?» la canzonò quindi Adrestia mentre, a passi lenti, le si avvicinava per sferrarle il colpo di grazia.

Ursula strinse quindi i denti, mentre il dolore lancinante si propagava per tutto il corpo. Possibile che fosse talmente debole da non riuscire nemmeno a vestire l’armatura e a lasciarsi ridurre così? Eppure la Stella della Furia Celeste doveva essere tra le più potenti! Tuttavia, per quanto si sforzasse, la Surplice di Bennu sembrava non volerne sapere di venire in suo soccorso. Comunque sia non avrebbe mai dato la soddisfazione ad Adrestia di andarsene da pusillanime. Si mise quindi nuovamente in piedi a fatica, per poi puntare il suo sguardo rovente sul viso della figlia di Ares che, nonostante avesse gli occhi coperti da una benda, pareva vederci benissimo.

«Ma che sguardo assassino! Peccato che non serva quello per uccidere, ma un Cosmo adeguato!» la sfotté la dea minore, ravvivandosi in modo civettuolo i lunghi e mossi capelli castani, per poi prepararsi a darle il colpo di grazia, venendo però bloccata dalla percezione di un Cosmo imponente alle sue spalle. Infatti Christine, alla vista della sorella ridotta in quelle condizioni, stava iniziando a perdere lucidità mentale, lasciando quindi trapelare il suo Cosmo non più adeguatamente segregato, mentre una luce blu notte aveva iniziato a rivestire il suo corpo, per poi lasciare spazio all’elegante e sinuosa Surplice di Cetus sigillata in lei.

«Ohhh! Il pesciolino fuor d’acqua vuol fare lo squalo!» ridacchiò quindi Adrestia in direzione di Cetus che, non riuscendo più a sopportare i suoi sensi di colpa nel lasciare la sorella in balia di una farabutta del genere, aveva iniziato a mandare al vento i suoi propositi di non belligeranza. In più, prima si riusciva a mettere fine a quella schermaglia, prima avrebbe ottenuto la despettrizzazione.

«Lascia immediatamente stare Bennu!» fu quindi la sua replica secca, mentre i suoi occhi color acqua marina si facevano sempre più assenti.

«Altrimenti che mi fai?»

Il tono irriverente di Adrestia e la conseguente domanda stupida, diedero definitivamente il colpo di grazia ai freni inibitori di Cetus che, alla faccia della parvenza da fanciulla indifesa, colpì in pieno la figlia di Ares con una bomba d’acqua evocata direttamente dal Regno dei Morti, scaraventando così Adrestia lontano dalla sorella.

«Maledetta stronza! Come hai osato lordarmi con l’acqua immonda dell’Ade, nella quale marciscono i cadaveri!» inveì quindi Adrestia, infuriata per la perfetta messa in piega andata a farsi benedire e per l’olezzo che ora le impregnava la Kamui, rappresentante un avvoltoio, animale sacro ad Ares.

«A dire il vero quella era semplice acqua di scarico delle latrine degli alloggi degli skeletons. Se avessi evocato quella dell’Acheronte, del Lete, dello Stige, del Cocito o del Flegetonte ti posso assicurare che l’ultimo dei tuoi problemi sarebbe stato l’odore. Diciamo che si è trattato di un avvertimento. Quindi te lo dico per l’ultima volta. Desisti dallo scontro se non vuoi che io ti scateni contro i fiumi infernali» la voce ferma di Christine, e il suo incedere elegante, ma al contempo inquietante, insieme al suo vasto Cosmo, che si stava lentamente espandendo, fecero capire ad Adrestia che era giunto il momento di fare sul serio. Cetus infatti, nonostante fosse uno Spettro poco incline alla lotta, aveva comunque la nomea di essere all’occorrenza molto spietato, ma d’altronde se veniva definita la “Fata Azzurra della morte” un motivo c’era.

«Christine! Questo è il mio scontro! Stattene fuori!» la voce irata di Ursula bloccò però la sorella in procinto di attaccare.

«Ma Ursula… nelle tue condizioni, come puoi pretendere che io rimanga a guardare senza intervenire!» la riprese però Cetus incredula.

«Nessuno mi pare ti abbia chiesto aiuto!» inveì però Bennu, che nel mentre aveva iniziato ad essere pervasa da una rabbia accecante che gli fece serrare i pugni. Se c’era una cosa che proprio non sopportava era che venisse calpestato il suo orgoglio, così come essere oggetto di pietà da parte di sua sorella. Mai e poi mai avrebbe infatti potuto tollerare un suo aiuto. Il desiderio di incenerire tutto e tutti, si allargò quindi come una voragine nella sua anima, mentre il suo Cosmo, bloccato per troppo tempo, esplose incendiando l’aria circostante, che fece liquefare l’asfalto attorno a sé, mentre una Surplice alata, nera come le tenebre, compariva alle sue spalle.

Cetus e Adrestia ebbero quindi appena il tempo di mettersi a distanza di sicurezza, per evitare di rischiare di riportare gravi ustioni causate dal contatto con il Cosmo infuocato di Ursula, mentre l’armatura infernale di Bennu finalmente tornava a proteggere le membra del suo legittimo proprietario. Una risata compiaciuta ed euforica sgorgò quindi spontanea dalle labbra di Ursula, la quale puntò poi i suoi occhi di brace sul viso di Adrestia, mentre attorno allo spetto di Bennu si allargavano le fiamme nere degli Inferi.

Un brivido gelido percorse la schiena della dea della Vendetta: la Fenice Demoniaca dell’Ade era infatti risorta ed era incazzata come non mai. A quanto pare quella che gli era parsa una facile vittoria, si era invece rivelata una bruttissima gatta da pelare! 

 

XXXXXXXXXXXXX

NOTE

*nel volume dedicato ad Aspros di Gemini non viene espressamente menzionata questa capacità, ma dato che l’Altra Dimensione del gold saint non gli fa un baffo e che compare dal nulla alle spalle della gente, ed in più fa apparire navi da una croce che squarcia il celo, ho dedotto che Earhart non fosse proprio a digiuno di tale tecnica.

** da google translate: Terrore della guerra.

***da google translate: Paura primordiale.

  
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