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Autore: BlueButterfly93    31/01/2019    2 recensioni
(REVISIONE STORIA COMPLETATA)
MIKI: ragazza che, come il passato le ha insegnato, indossa ogni giorno la maschera della perfezione; minigonna e tacchi a spillo. È irraggiungibile, contro gli uomini e l'amore. Pensa di non essere in grado di provare sentimenti, perché infondo non sa neanche cosa siano. Ma sarà il trasferimento in un altro Stato a mettere tutta la sua vita in discussione. Già da quando salirà sull'aereo per Parigi, l'incontro con il ragazzo dai capelli rossi le stravolgerà l'esistenza e non le farà più dormire sogni tranquilli.
CASTIEL: ragazzo apatico, arrogante, sfacciato, menefreghista ma infondo solamente deluso e ferito da un'infanzia trascorsa in solitudine, e da una storia che ha segnato profondamente gli anni della sua adolescenza. Sarà l'incontro con la ragazza dai capelli ramati a far sorgere in lui il dubbio di possedere ancora un cuore capace di battere per qualcuno, e non solo..
-
Lo scontro di due mondi apparentemente opposti, ma in fondo incredibilmente simili. Le facce di una medaglia, l'odio e l'amore, che sotto sotto finiranno per completarsi a vicenda.
Genere: Romantico | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het
Note: Lime | Avvertimenti: Triangolo
Capitoli:
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- Questa storia fa parte della serie 'Ubriaca d'amore, ti odio!'
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Capitolo 38

Provare?






🎶Sia - Dressed in Black🎶

La vita mi aveva fatto a pezzi il cuore

Hai preso la mia mano nella tua

Hai iniziato ad abbattere i miei muri

Hai represso le mie paure, mi hai fatto ridere

Poi hai riempito il mio cuore di baci

___

🎶Nathan Sykes ft. Ariana Grande - Over And Over Again🎶

Basta che tu metta il cuore tra le mie mani 
Prometto che non verrà infranto 
Non dimenticheremo mai questo momento 
Perché ti amerò ripetutamente

Sarò tutto ciò di cui hai bisogno.

Uno più uno. Due per la vita!

 

***

CASTIEL

Alcuni dei passanti per la strada della mia vita avevano avuto la presunzione di ritenermi un oggetto inutile, uno di quegli oggetti statici, inservibili, che restano sempre allo stesso posto, in vetrina, lì dove vengono poggiati come soprammobili. Pensavano di gettarmi e riprendermi a proprio piacimento, ma si sbagliavano. Debrah si sbagliava. Quella sera d'inizio Febbraio aveva la convinzione di tenermi in pugno, di potermi ricattare ancora con i suoi giochetti: "si fa tutto ciò che dico io!", ma è sempre stata la convinzione a fottere la gente; compresa lei. 

Mi aveva costretto a cantare insieme a lei, nel suo dannato locale, sempre sotto intimidazione. "Se non lo fai mostrerò quei video alla polizia", avevo imparato quelle provocazioni a memoria ormai. "Se non fingerai sul palco, dandomi le attenzioni che mi avresti dato anni fa, ti rovino". Il suo scopo era far ingelosire Miki, inculcarle in testa che non avrei mai potuto dimenticare il mio primo ed unico amore. Lo avevo capito, conoscevo Debrah e i suoi modi d'agire; eppure lei non conosceva me. La nuova versione di Castiel. Stronzo, perspicace, vendicativo, arrogante, solitario, versione che lei stessa aveva contribuito a creare con le sue menzogne e pretese, ma che non temeva come invece avrebbe dovuto. 

Per tenerla buona l'avevo assecondata durante le prime tre canzoni, ma quando il soggetto di mio interesse fu in procinto di abbandonare la sala anticipai ciò che avrei dovuto fare di lì a poco. Fermare la musica e abbandonare il concerto. Più facile a dirsi che a farsi. Perché... Una parte recondita del mio cervello e forse addirittura del cuore, proprio in quel momento, aveva ritenuto opportuno rievocare i ricordi vissuti a Roma, in compagnia di Ariel, e Sbam: la voce fuoriuscì automaticamente, da sola, senza che volessi realmente. Cantai a cappella il ritornello di quel brano lagnoso di uno dei cantanti che Miki si ostinava perennemente ad ascoltare. Neanche la scienza sarebbe stata in grado di comprendere ciò che mi accadde. 

Quelle parole risuonarono chiare, ero ufficialmente fottuto. "Mi sono innamorato di te" diceva, ed io con lui, sotto lo sguardo sbigottito di Debrah e degli altri miei compagni di band. 

Come avevo potuto scegliere proprio quella parte di canzone? Con quale coraggio lo avevo fatto davanti a centinaia di spettatori? Sembrava una dichiarazione in piena regola. Appunto: sembrava, ma non lo era. 

IO. NON. ERO. INNAMORATO. DI. MIKI. 

Era assurdo anche solo pensarci. Perché le sensazioni che mi suscitava, il tornado percepito nello stomaco dovuto alla sua sola presenza, i pugni sullo sterno avvertiti grazie ai suoi tocchi, alla sua bocca sulla mia pelle, non erano nient'altro che suggestioni. Lei mi piaceva. Punto. Sia fisicamente che mentalmente. Già... Nell'ultimo mese si era aggiunto anche quel piccolissimo particolare: "mi attraeva mentalmente", ed era quello a preoccuparmi maggiormente. Ma al momento non volevo pensarci, avevo altro per la testa. 

Senza badare ai richiami dei ragazzi sul palco e alla voce fastidiosa di Debrah scesi le scale che mi separavano dalla platea ed utilizzai una scorciatoia per riuscire a raggiungere lei  prima che lasciasse quel locale. Conoscevo il posto alla perfezione fortunatamente, perciò fu un gioco da poppanti uscire fuori da una porta secondaria e giungere alle sue spalle. 

«Ti accompagno a casa...» pronunciai a stento e con il fiato corto. Tra le sigarette e le corse non previste avrei perso i polmoni prima o poi. 

Miki sussultò sorpresa appena percepì la mia voce da così vicino. Era ancora voltata verso il palco, con la mano poggiata sul pomello della porta semiaperta. Quando si voltò diedi definitivamente l'estrema unzione ai miei organi respiratori. Ogni parte del mio corpo fu sedotta, abbandonata, uccisa e sepolta dalla Sirena dai capelli ramati. Dio quanto era bella! Gli occhi neri sbarrati, lucidi, la bocca rosa socchiusa per lo stupore. L'avrei baciata volentieri, di nuovo. Cazzo. E non solo...

Mi fotteva il cervello mentre io avrei voluto fottere lei, in tutti i sensi. Che triste storia, quella. Tutta colpa dell'astinenza. Era passato un mese dall'ultima volta in cui avevo fatto un giretto su una donna. Troppo tempo per uno come me abituato ad altri ritmi. 

«Tu? Che... Caspita! Dovresti essere a suonare su quel palco. Che diavolo ci fai qui fuori?» leggermente frastornata uscì fuori rivolgendomi tutta la sua attenzione. 

Avevo in mente un altro genere di "attenzioni" che avrebbe potuto darmi, migliore di quelle e che mi avrebbero reso maggiormente felice, mi accontentai ugualmente. Indossava un abito corto che non lasciava intravedere alcuna forma, e proprio per quel motivo ancor più eccitante. Cazzo! Se non avessi rischiato una denuncia per atti osceni in luogo pubblico l'avrei già sbattuta contro il muro e fatta mia. Perché anche lei mi voleva, lo sapevo bene. Non sarei mica andato contro il suo volere. 

«Mi ero scocciato. Andranno avanti senza di me per stasera, non morirà nessuno!» con nonchalance le rifilai la prima scusa banale venutami in soccorso.

«Sei incredibile!» scosse la testa sorridendo sotto i baffi che non aveva. 

«Allora, vieni?» apparii quasi trepidante di saperla insieme a me, sulla moto. Ed era così.

«Non credo sia una buona idea, "la tua ragazza"...» simboleggiò le virgolette con le dita ed una smorfia «Potrebbe infastidirsi, e tu non vuoi farla incazzare, vero?!» arcuò un sopracciglio.

«In realtà sono più libero di un gabbiano, dovresti saperlo meglio di me».

«Fino a dieci minuti fa sul palco non sembrava!» incrociò le braccia al petto indispettita e mi guardò torva. 

«Uhh qui qualcuno sembra essere gelosa», la canzonai. Mi divertiva vederla perdere le staffe. Quel viso di porcellana le si arrossava in caso di nervosismo, uno spettacolo imperdibile. 

«Io?! Per niente! Era solo un'osservazione la mia..» entrambi sapevamo stesse mentendo. 

«Comunque sono stato costretto ad avere determinati atteggiamenti mentre cantavamo, ma-»

«Non ho voglia di sentire le solite scuse, Castiel. La prossima volta arriverai col dirmi che sei stato costretto ad andarci a letto?! Non mi stupirebbe vista la situazione assurda.. sempre che tu non ci sia già andato a letto con lei», troncò così qualsiasi mia scusante precedente.

«No. Non dire assurdità!»

Con lei andava sempre così, finivamo per battibeccare in ogni occasione. E mi piaceva. Incredibilmente. 

Appena aprì bocca per replicare non glielo permisi. Mi avvicinai sempre più alla sua figura fino ad arrivare a sfiorare il suo corpo con il mio. Indietreggiò sino ad urtare il muro di legno esteriore del locale. D'istinto posai le mani dietro la sua testa, sul muro. Miki era in trappola, tra le mie grinfie. Avrebbe potuto ferirsi, ma poco le importava. Erano tanti i rischi che aveva corso per starmi accanto, troppe le maschere cadute. Ma a lei non interessava. Perché lei era ingorda, avara. Pretendeva ogni giorno qualcosa in più da me, mi legava ogni istante sempre più a lei; non desiderava dividermi con nessuno, mi bramava tutto per sé. Per la prima volta dopo anni quell'aspetto iniziò a farmi meno paura, a darmi meno fastidio. Forse avrei potuto concederle ciò a cui aspirava. Probabilmente ero diventato pazzo, quasi certamente di lei, ma più riflettevo sulle possibilità di cambiamento nel nostro rapporto e più la reputavo come scelta migliore. Ma prima avrei dovuto risolvere delle questioni esterne, poi magari avrei reso partecipe anche lei di quei miei pensieri assurdi. 

«Torna a casa con me..» bisbigliai sensualmente fissando i miei occhi nei suoi. Quando volevo sapevo essere parecchio persuasivo, lo sapevo bene. 

Ma avevo dimenticato un elemento fondamentale: avevo di fronte la donna più seducente e ammaliante che avessi mai incontrato. Mi squadrò ogni tratto di viso con quegli occhi scuri da cerbiatta, la bocca schiusa, il fiato corto. Voleva baciarmi, la mia vicinanza le provocava quella voglia così potente da scombussolarla, così come accadeva a me. 

A quel punto non riuscii a resistere alla tentazione. Mi avventai sulla sua bocca, con bramosia, assaporandola ancora una volta come se fosse la prima. Perché con lei era stato sempre così. Ogni bacio, ogni carezza, ogni attimo era diverso dall'altro. Non mi avrebbe mai stancato. Anzi.. più frequentemente accadevano quegli atti e più incrementava la voglia di possederla. Totalmente. In ogni aspetto. Volevo essere nella sua mente, nel suo cuore, nella sua anima, dentro di lei, su di lei. Ovunque. Ovunque con lei, dovunque in lei

Lei, lei, lei. Le mie giornate erano piene di lei. Il mio pensiero continuo, la mia ossessione costante. Lei e la sua lingua biforcuta; lei e il suo corpo; lei ed il suo profumo; lei. Semplicemente Miki. 

E non seppi descrivere l'emozioni percepite sulla bocca dello stomaco durante quel bacio inconsueto. Sì, era stato diverso; dato con più consapevolezza, non con il solo scopo di avere qualcosa in cambio. Finalmente ero divenuto maggiormente sicuro di cosa volessi da lei. Tutto. Tutta se stessa, ogni giorno. Sempre. Cazzo!

"Sto per stappare lo champagne. Sono commossa. Ce l'hai fatta finalmente". La coscienza interruppe il flusso di pensieri totalmente sinceri. "Dovresti costruire una statua a forma di cervello in mio onore, dico sul serio. Se ora hai capito ciò che hai capito è solo merito mio, modestamente. C'ho impiegato più tempo del previsto, ma finalmente ecco i primi frutti!" "Sì ma non vedi cosa sto facendo in questo momento? Ti sembra il caso d'intervenire?!", cercai di porre un freno alla pazzia del mio cervello. "Oh no, no. La mia è stata una piccola intromissione. Stavo giusto preparando i pop corn e avevo un attimo di tempo libero per parlarti. Ecco, ora sono pronti. Puoi continuare mentre io mi gusterò la scena da qui sopra. Ciao ciao amico, buona scopata!", ma freni non ce n'erano. Era completamente andato. Kaputt. 

«Sei scorretto» farfugliò Miki tra un bacio e l'altro. 

Di cosa stavamo parlando? Dio, quella ragazza mi stava completamente ammattendo. Sarei finito in un ospizio di quel passo. 

Quando lesse confusione nei miei occhi insieme al cipiglio formatomisi in fronte specificò «Sai come sedurmi per ottenere ciò che vuoi», sollevò un angolo di bocca. 

"Non fare così, non uccidermi con quel sorriso da ragazzina innocente. Abbi pietà di me, ti prego!"

«In realtà è a tuo vantaggio ottenere un passaggio per rientrare a casa, tra l'altro dal ragazzo più irresistibile del Dolce Amoris e dei Drunkers..» ammiccai strizzando un occhio. Stavo flirtando con lei come un completo imbecille. 

Non potevo di certo ammettere di essere stato colpito da un incantesimo. Ubriaco

___

MIKI

Era il pomeriggio dopo il concerto, con la mente ero ancora alla sera prima e con il corpo in un bar della periferia di Parigi. Teresa mi aveva dato appuntamento lì, ma era in ritardo. In attesa del suo arrivo mi accomodai ad un tavolo di legno piccolo e tondo. Il locale era accogliente con delle tende a quadri ai lati delle finestre, dei fiori finti colorati posizionati su ogni tavolino. Quel posto metteva il buon umore. 

Soffiai sulla cioccolata calda che avevo ordinato qualche minuto prima e la mente mi portò nuovamente alla sera prima. Castiel. Snervante più di un rebus della settimana enigmistica, aveva insistito per riaccompagnarmi a casa dopo aver fatto gli occhi dolci, per ben tre canzoni, alla sua amata Debrah. Ovviamente aveva vinto lui. Mi aveva persino baciata di sua spontanea volontà per ben due volte, fuori dal locale e poi dopo esser scesa dalla moto davanti casa mia. Erano stati baci diversi, lo percepivo. Ma non avrei saputo definire in che senso. "Niente illusioni", mi ricordò una vocina nella testa, quindi decisi di restare coi piedi per terra. 

Aveva fermato la musica, il concerto, per raggiungermi. Aveva cantato a cappella parole profonde e prive di fraintendimenti, ma nessuno dei due aveva osato chiedere o dare spiegazioni a riguardo. Eppure lo struggimento di domandargli il motivo di quella sua scelta era tanto. Avrei tanto voluto sapere cosa simboleggiasse, cosa, io, significassi per lui. Ma il timore di ricevere l'ennesima delusione mi bloccò. Ed eccoci di nuovo lì, in bilico come sempre, tra il poter essere qualcosa e il non essere. Per quanto sarebbe durata ancora? Per quanto sarei stata in grado di assecondare quella situazione d'incertezza del suo cuore? 

L'indomani saremmo anche partiti per girare la pubblicità del profumo di Rabanne. Giusto quella mattina avevo consegnato a Nathaniel il certificato di assenza giustificata firmato dallo stilista. Non avevo idea di cosa sarebbe accaduto su quel set. Sperai non l'ennesima intromissione di Debrah. L'avrei volentieri affogata in tal caso; o nella sabbia o nell'acqua non faceva differenza.

«Ehi tesoro, perdona il ritardo» la voce frettolosa di mia madre e poi la sua presenza fisica mi distolsero da pensieri omicidi. Si chinò per salutarmi con un bacio sulla guancia.

«Tranquilla», la rassicurai mentre si accomodò di fronte a me. 

«Come stai?»

«Non c'è male...»

«Visto che forte Castiel ieri sera?» mi fece l'occhiolino. 

Ma che cavolo?! Perché il discorso si era subito spostato su di lui?

«Oh be'...», arrossii involontariamente e lei se ne accorse; sorrise di rimando. 

«Era un figo della madonna, puoi dirlo alla tua mamma, tranquilla, non ne farò parola con nessuno» fece l'occhiolino. 

 «Possiamo evitare di parlarne? è imbarazzante» mi coprii il volto. Non avevo alcuna intenzione di discutere sulla questione ragazzi con lei. 

«Una cioccolata calda anche per me», ordinò al cameriere quando si avvicinò, poi mi rivolse nuovamente tutta la sua attenzione «Va bene, torno seria. Allora... Ti ho chiesto d'incontrarci sia per passare un po' di tempo insieme, sia perché vorrei chiederti una cosa..» il suo modo di parlare improvvisamente pacato mi mise ansia. 

Cosa doveva comunicarmi? 

«Dimmi tutto», riuscii a malapena a dire.

«Marcel ha dovuto chiudere il negozio che aveva a Roma», in realtà non sapevo neanche ne avesse uno. Conoscevo pochissimo le persone vicine a mia madre, e a dirla tutta non ero neanche poi così tanto intenzionata ad approfondire la conoscenza con Marcel. Dopotutto era stato lui a portarmi via la mia mamma.

«Oh mi dispiace...» risultai falsa probabilmente, ma poco m'importo.

«Figurati, possiede altre due attività: il ristorante qui a Parigi e lo studio di registrazione. Il punto è un altro quindi, non un problema economico. E' che adesso... non ha più senso restare a Roma. Dovrebbe viaggiare continuamente tra Roma e Parigi, sarebbe massacrante, e non avrebbe più praticamente una famiglia», si bloccò all'improvviso dopo aver pronunciato l'ultima parola e mi guardò quasi con gli occhi sgranati per l'enorme gaffe commessa.

Io non avevo mai avuto una famiglia; di cosa si lamentava lei precisamente?! Di qualche ora di aereo? Di qualche giorno di lontananza? Io ero stata orfana per ben sette anni.

«Capisco», il tono di voce risultò leggermente teso, ma la esortai a proseguire con il suo discorso. Non avevo intenzione di piangermi addosso o rimproverarla. Bevvi un sorso di cioccolata calda mentre a lei consegnarono la sua. 

Si schiarì la voce «Te la faccio breve, ne abbiamo discusso a lungo, valutato tutte le opportunità per Flora, per noi, ed insieme abbiamo deciso di trasferirci qui, a Parigi!»

"Abbiamo valutato tutte le opportunità per Flora. Abbiamo deciso insieme di trasferirci qui", quelle frasi si riprodussero ininterrottamente nella mia testa sin da quando uscirono dalla bocca rossa di Teresa. Aveva valutato le opportunità per sua figlia. E per me, invece? Chi aveva valutato le mie opportunità, le possibilità per un mio ipotetico futuro? Nessuno. Soltanto io, piccola e disgraziata orfana. Ce la misi tutta per non farlo, per evitare, ma in quel momento invidiai Flora con tutto il cuore. Lei aveva due genitori alle sue spalle, due genitori responsabili che le suggerissero la strada giusta da percorrere. Lei aveva mia madre. 

«Sono contenta per voi», cercai di emettere un sorriso sincero, ciò che fuoriuscì fu solo una smorfia. Non avevo idea di cosa mi stesse accadendo. 

«Non ho finito. La cosa che volevo proporti è un'altra..» bevve insieme a me un sorso di cioccolata calda e la suspense crebbe di minuto in minuto. 

«Non tenermi sulle spine, però..» sospirai muovendo gambe e piedi, sù e giù, in sincrono. 

«So che ti sembrerà azzardato vista la nostra ritrovata pace recente, infatti comprenderei un tuo eventuale rifiuto, ma... Ti andrebbe di trasferirti insieme a noi?»

«Eh?» la voce mi uscì strozzata. Tossii e per poco non sputai la bevanda in faccia a Teresa. Maledizione. Ma erano modi quelli per proporre una cosa del genere?

«La casa in vendita che ci piacerebbe acquistare è a dieci minuti dal tuo liceo, dovremmo concludere l'affare in questa settimana. La villa Duval è rimasta a Debrah, così Marcel ha valutato di comprarne un'altra. Ed ecco... Mi farebbe davvero piacere averti in giro per casa. Saremmo io, tu, Marcel e Flora. Sono brave persone, credimi. Ti piacerebbero se decidessi di conoscerle. Comunque ti capirei qualora non avessi voglia di lasciare tua zia da sola, noi potremmo vederci ugualmente nel caso decidessi di rifiutare.. Cioè la casa sarà sempre aperta per t-»

Bloccai quelle parole sconnesse e imbarazzate di Teresa con un sorriso sincero, poggiando una mano sulla sua «Be', ti ringrazio per la proposta. Non me lo sarei mai aspettato, grazie. In realtà io e zia Kate non ci parliamo praticamente più... Mi farebbe soltanto bene allontanarmi da lei dopo tutte le bugie che mi ha rifilato per anni. Nonostante ciò: devo pensarci. Stiamo ricucendo i rapporti da così poco tempo, non saprei se è un bene vivere insieme. Ti farò sapere, okay?», ragionai ad alta voce. 

«Va benissimo. Tra un mese, più o meno, inizieremo il trasloco. Prenditi pure tutto il tempo di cui necessiti. Ti aspetterò sempre a braccia aperte..» mi accarezzò il dorso della mano «Però... Se posso permettermi, anche se andrà a mio sfavore: Kate ti vuole bene. Ti ha praticamente cresciuta, lei c'è stata quando nessun altro c'era. Non dimenticarlo!» i tratti del viso contratti per la preoccupazione. Mi stupì, non mi aspettavo quell'umiltà da parte sua. 

«Apprezzo le tue parole, ma non immischiarti per favore..»

***

Quella stessa sera cenai da sola come d'altronde accadeva sempre più spesso dopo l'ultima discussione con zia Kate. Nè io, né lei eravamo intenzionate a scusarci per le cattive parole, per le menzogne eccessive. Semplicemente ci evitavamo. Pranzavamo e cenevamo in orari in cui l'una sapeva di non trovare l'altra. 

Erano ormai le nove e mezza. Approfittando della solitudine e quiete della mia stanza, dopo aver indossato il mio immancabile pigiama di pile con l'orsacchiotto rosa, mi lasciai cadere poco garbatamente sul letto e dopo essermi coperta fino alla testa iniziai a pensare. 

L'opportunità di andare a vivere insieme a Teresa e la sua vecchia, nuova, famiglia fu la seconda chance offertami da una vita che era stata sempre troppo dura con la sottoscritta. Forse l'entità superiore aveva iniziato a volermi bene. Forse avrei dovuto accettare..

La vibrazione del cellulare - finito per precisione sotto il sedere - scostò l'attenzione dai pensieri. Lo acciuffai e lessi il contenuto del messaggio che mi era arrivato. Era un numero sconosciuto per cui non mi sarebbe stata permessa neanche un'eventuale risposta. 

Guarda la finestra

Ma che diavolo?! Mi sollevai d'istinto facendo scivolare le coperte lungo il busto, aprii la abat-jour e una luce soffusa si diffuse per tutta la stanza. Mi voltai verso la finestra e notai una parola scritta con un pennarello rosso. 

Scena degna di un film horror. Stavo per morire? Quasi sicuramente da un momento all'altro il serial-killer di Halloween sarebbe uscito fuori da qualche angolo nascosto per strangolarmi. Già immaginavo i TG diffondere la notizia: "morta ragazza di 16 anni - Micaela Rossi -, uccisa dal killer più temuto al mondo mentre tentava di mettere ordine tra i suoi pensieri". Che bella fine avrei fatto, degna di un supereroe. 

Restava un'unica domanda: perché mai un killer avrebbe scritto quella parola? 

Provare?

Era il verbo riportato in stampatello sulla parte destra della finestra. Provare un nuovo modo di uccisione? Una nuova arma? Più la mente riproduceva scenari orripilanti e più la paura aumentava. 

Trasalii saltando di circa un metro -sì, atleti olimpionici levatevi proprio- quando udii un rumore, probabilmente di un sasso, provenire dalla tapparella. Per porre fine a quella trepidazione mi avvicinai con cautela e molto lentamente sul luogo del futuro ed ipotetico delitto e...

«Apri, sbrigati. Sto congelando qui fuori!» un tono di voce ovattato proveniente dal lato nascosto del piccolo balcone della mia stanza. 

No, non era un serial-killer. No, non era giunta ancora la mia ora. Anche se... Dipendeva dai punti di vista. C'erano tanti modi per morire, Castiel Black era uno di questi.

Se ne stava lì con le braccia incrociate sul petto, il giubbotto leggero di pelle, una t-shirt bordeaux ed i suoi inseparabili jeans neri. "Allarme rosso, allarme rosso. Il nemico ha attraversato il confine, adesso si trova nella nostra zona".

«Quando la smetterai d'irrompere così nella casa della gente?!», quasi lo rimproverai dopo averlo fatto entrare. 

«Ti correggo: irrompo così solo in casa tua» sollevò lo sguardo languido. 

"Come non detto. Ci avevo visto lungo. Lui è peggio di un serial-killer".

«Di nuovo scala dei Daniels?», cercai di mantenere compostezza nonostante dentro stessi saltando per l'eccitazione di averlo in camera mia, a due passi di distanza.

«Ovvio», sentendosi padrone della situazione si spostò e si poggiò ai lati della finestra, di nuovo chiusa, lì dov'era riportata la frase scritta, molto probabilmente, da lui. «Bel pigiama comunque», che vergogna! Indossavo un pigiama con un enorme orsacchiotto stampato sopra. L'avevo completamente dimenticato. E Castiel doveva prendersi gioco di me, per forza.

«Non vado di certo a dormire mezza nuda.. questo è caldo e comodo», mi giustificai.

«Questo sarà da rivedere un giorno...» a cosa stava alludendo?

Cambiai completamente discorso prima di morire a causa dell'imbarazzo, nonostante la dubbia interpretazione della sua risposta. «Sei stato tu a fare tutto questo? Il messaggio, la parola? Che vuol dire Castiel?», lo tartassai di domande, ma avevo necessità di capire. Era un continuo grattacapo, una continua sorpresa. E a me piaceva sempre di più. 

«Sì, sono qui proprio per questo», sospirò, abbassò il volto risultando improvvisamente a disagio. Cosa mi ero persa?

«Ti ascolto», lo incitai accomodandomi, sul letto, di fronte a lui. 

«Volevo ringraziarti..» finalmente decise di guardarmi negli occhi. Erano limpidi e per la prima volta mi trasmisero qualcosa d'inconfessabile. Tremai per l'intensità di quei secondi nei quali mi possedette senza toccarmi. «Se non fosse stato per te avrei trascorso altri anni a vivere nell'apatia totale, senza muovere un dito, ad accettare qualsiasi cosa come sarebbe venuta.» Si fermò per qualche istante senza però mai staccare gli occhi dai miei, mi trafisse, mi fece per sempre sua. «Invece sei arrivata tu, odiosa come pochi, lingua tagliente come nessuno. Sei stata la prima persona a cercare di aprirmi gli occhi e l'ultima a riuscirci..» si stava sforzando nel tradurre a parole i suoi pensieri, le sue emozioni. Sapevo bene non fosse abituato a quel genere di cose. «Ho capito che avrei dovuto risolvere da solo determinate situazioni prima di poter essere libero, per poter ricominciare, per poter provare...»

«Provare?», senza volerlo ripetei ad alta voce la parola scritta da lui stesso sulla finestra. Sentii il suo sguardo entrarmi dentro fino a raggiungere quel posto segreto chiamato più comunemente: anima. Ero spacciata. Totalmente, incondizionatamente innamorata di lui. 

«Sì. Vuoi provare, Miki?», l'ansia e le dannate farfalle iniziarono a diffondersi per tutto il corpo. Cosa diavolo stava cercando di dirmi? Cosa diavolo dovevo voler provare? 

«Potresti essere un attim-»

Non mi permise di concludere la richiesta di chiarezza che subito mi accontentò decretando per sempre la mia fine.

«Vuoi provare a fare sul serio?» si passò una mano tra i capelli «Sì insomma.. Tu ed io..», la mascella contratta a causa dell'agitazione. Parlava quasi a rallentatore, nell'imbarazzo più totale. Avrei tanto voluto baciarlo dappertutto per quanto risultò essere tenero. «Magari una relazione esclusiva, iniziamo a frequentarci e vediamo come va. Dopotutto quando non mi fai ammattire sto bene con te e-»

«Niente Ambra? Niente Debrah? Nessun'altra? Solo tu ed io...» non potevo credere a ciò che era uscito dalla sua bocca. Stava per accadere realmente a me? 

«Esatto. Solo tu ed io... Solo noi!»

Noi. Quanto era bello quel pronome pronunciato dalla sua voce rocaQuanto era bello lui mentre, impaziente, mordicchiò il labbro inferiore in attesa di risposta. La mia risposta. Per la prima volta dopo sei mesi la palla era balzata dalla mia parte. Avrei dovuto decidere io del nostro destino, della nostra storia, del nostro futuro. "AHHHHHH LA RAGAZZA DI CASTIEL BLACK". Dio, come suonava bene. Dio, quante emozioni si stavano alternando dentro di me. Fuochi d'artificio di sentimenti, di sensazioni esplosero nel mio stomaco. Sarei potuta impazzireDa quella sera ci sarebbe potuto essere un noi. Quante notti avevo sognato invano accadesse, quanti giorni avevo invidiato Debrah o qualsiasi altra donna fortunata di stargli accanto. 

La parte istintiva di me suggerì di gettargli le braccia al collo, baciarlo e dargli la mia risposta affermativa, ma la parte razionale, - quella ferita dai suoi modi lunatici, contraddittori e dai suoi mille problemi che inevitabilmente col tempo avevano investito anche me -, mi suggerì di accertarmi prima di rompermi definitivamente, prima d'illudermi. E così feci. 

Dopo qualche istante di silenzio «E con il ricatto di Debrah come pensi di risolverla? Non credo sarà felice di una nostra eventuale relazione!», le tante delusioni della vita mi avevano spinta ad essere diffidente, quelle poche volte in cui avevo reagito d'istinto mi ero ritrovata ad essere sommersa dai guai fino al collo, perciò era giusto così. Accertarsi prima di cedere.

«Oh sì certo, avevo già intenzione di dirtelo..» afferrò il labbro inferiore tra due dita, pensieroso, poi concluse il discorso «Il tuo piano ha funzionato. Quando mi hai detto di non voler più sapere nulla dei miei guai, in un primo momento, mi sono sentito spiazzato, perso; poi ho reagito. Sebbene con qualche perplessità al riguardo mi sono recato presso la sede nazionale degli scout -che per fortuna è qui a Parigi-, inizialmente erano restii a farmi consultare gli annuari, ma dopo qualche parolaccia delle mie, dopo aver raccontato loro parte della storia, finalmente hanno ceduto impietositi. Mi hanno persino aiutato a sfogliare per fare più veloce.. Destino ha voluto che, dopo circa mezz'ora di ricerche inutili, sia arrivato il presidente dell'associazione, infastidito dalla mia presenza. Il segretario ha raccontato tutta la storia per giustificare l'aiuto datomi, e indovina? Uno dei bambini che Debrah ha mandato da me era proprio il figlio. I genitori quella sera di due anni fa, giorno del video incriminante, si sono accorti che qualcosa non andava nei loro figli, hanno capito fossero sballati e in più hanno trovato i soldi dati da Debrah nelle loro tasche. Così intimiditi da varie punizioni hanno svuotato il sacco e raccontato ogni cosa. Per una volta sono stato fortunato. Mi sono sorbito una paternale per aver dato a dei bambini sostanze stupefacenti, ma poi è finita lì. Così: ho girato un video dove Gerard, -è questo il suo nome- con al suo fianco una foto del figlio, minaccia di recarsi lui stesso dalla polizia a raccontare la verità qualora Debrah facesse uscire fuori una storia del genere. La carriera del presidente verrebbe compromessa perché eventualmente non ritenuto guida idonea per gli scout, se non lo è stato neanche per il figlio; perciò è stato semplice convincerlo a testimoniare. Quindi ecco conclusa questa storia assurda. Non ho neanche faticato più di tanto. Se domani Debrah venisse da me con altre pretese le mostrerei il video e arrivederci. Tutto risolto!»

«Oh sono contenta, finalmente» sorrisi di cuore, ma subito dopo pensai all'altra questione delicata e mi rabbuiai leggermente «E l'altro video? Quello in cui...», non terminai la frase, era intuibile ciò che intendessi.

«Quello che ti ha mostrato è solo parte del video, nel video completo si vede che è lei a piazzare la telecamera e a far partire la registrazione.. Se non è consenso questo, allora non lo sarebbe nulla..»

«Allora non è stata poi così furba come si credeva..» dopotutto aveva solo diciassette anni. Una falla in quel piano, in quel ricatto, doveva per forza esserci e Castiel l'aveva trovata. 

«Inizialmente in realtà c'ero cascato pure io, ma poi ho riflettuto ripensando a quei momenti. Sono andato a scovare il video nel mio pc, per fortuna non li avevo cancellati, ed ecco svelato l'arcano..» distese la bocca in un mezzo sorriso. Era sereno, come forse non lo avevo mai visto. Nessuna ombra sul suo viso, nei suoi occhi, sulla sua bocca. Era semplicemente Castiel, avrei tanto voluto ammirarlo per l'eternità. 

«E Ambra? Il bambino?», per ultima la questione probabilmente più importante di tutte. 

«Ho parlato con Nathaniel, sì l'ho fatto davvero non guardarmi come se fossi un alieno», la bocca distesa in una linea sottile mi fece intuire che non sarebbe stato piacevole ciò che mi avrebbe detto a breve, accentuò il tutto gesticolando con le sue mani grandi. Era perfetto quel ragazzo, notai, nonostante quel peso ancora presente sullo stomaco, sul petto. «I genitori l'hanno scoperta e spedita in Svizzera in un collegio governato da Suore. Ha abortito ancor prima che io sapessi della possibilità di diventare padre.. E sembrerò matto, urlami pure contro se ti farà stare meglio, ma.. non ho gioito dopo averlo saputo. Un mio frutto, un'ipotetica e futura parte di me è morta ancor prima di nascere. Non ha avuto alcuna possibilità, nessuna scelta. Io non ho avuto nessuna voce in capitolo. E scusa ma non mi va di esser felice a riguardo».

Restai pietrificata per un attimo dinanzi a quella sua confessione. Mi spiazzò quella maturità inaspettata. Quelle parole, quelle frasi testimoniarono la presenza di un cuore. Non era ancora tutto perso. Castiel possedeva un muscolo cardiaco, arrugginito magari, assopito forse, ma pur sempre un animo buono. Sfiderei chiunque a diciotto anni ad avere quel tipo di reazione, ad essere addirittura risentito per il mancato avvertimento dalla madre del bambino sulla decisione d'interrompere la gravidanza; chiunque pregherebbe pur di non essere interpellato e invece lui ci soffriva persino. E sapevo, sapevo bene che l'eventuale nascita di suo figlio l'avrebbe inesorabilmente allontanato da un ipotetico noi, ma la mia umanità, bontà, mi spinse addirittura ad essere lusingata da quella confessione. 

Così lentamente mi sollevai dal letto, lo raggiunsi e gli saltai letteralmente addosso. Castiel essendo colto alla sprovvista per poco non cadde, per evitare di finire sul pavimento ci spinse entrambi sul letto. Sobbalzai sul materasso e lui anche, sopra di me. Istintivamente risi. Risi per la leggerezza sentita sul petto, risi per il dono ricevuto, risi dalla felicità, per l'amore crescente percepito nel petto. Solo per lui. Il mio cuore batteva solo per lui.. E, da quel giorno in poi, sarebbe battuto per noi. Solo per noi. Quel noi che avrei custodito con gelosia, protetto da ogni disgrazia. Sarei stata in grado addirittura di diventare una costruttrice.. solo per noi. Avrei costruito, giorno per giorno, mattone per mattone, una casa, poi col tempo un castello. Un enorme castello con l'insegna a caratteri cubitali "NOI". Suonava così bene persino nei miei pensieri, lì dove nessuno aveva mai osato unire un nome con il mio. 

«Sì» dissi semplicemente. Castiel si resse, con le braccia tese, dal materasso per guardarmi bene, corrugò la fronte «Sì» ribaltai la situazione e mi ritrovai sopra di lui. Gli baciai le palpebre che spontaneamente chiuse «Sì», gli baciai le guance più volte «Sì», gli baciai il naso «Sì» passai all'angolo di bocca «Sì. Voglio stare con te», conclusi con un enorme sorriso ed un bacio a stampo sulla bocca. Sembravo matta ma estremamente felice, come mai prima nella vita. 

E lui mi seguì, sorrise a trecentosessanta gradi come non aveva mai fatto in mia presenza. Ed il mio cuore fu sopraffatto di gioia, d'amore, di baci... dei suoi. Era talmente pieno di sentimenti positivi che sarebbe potuto esplodere. 

«Sì», ripeté.

«Che?»

«Avevi dimenticato il settimo "sì" e allora ti ho soccorso», con nonchalance concluse serio per poi riprendere a ridere. Anche il suo cuore stava diventando leggero, lo percepii. Le pietre di cui era ricoperto stavano iniziando a sgretolarsi, lo sentivo. Batteva forte nel petto, non gli era mai accaduto con me. La mia coscienza ballò la Macarena davanti a quella novità.

«Sei uno scemo»

«Che tu adori...» cantilenò. 

"Che io amo...", avrei voluto replicare, ma prima di farlo scappare prematuramente evitai. Tempo al tempo. 

«Non montarti troppo la testa, pomodoro!» gli mollai un buffetto in fronte. 

«Ah comunque», si schiarì la voce cercando di tornare serio «mettiamo in chiaro alcune cose sin dall'inizio», non era facile ascoltarlo vista la posizione. Lui era sotto di me. I capelli sparpagliati sul mio cuscino, gli occhi grigi limpidi, tranquilli e oserei dire quasi emozionati, le mie mani sul suo petto e le sue sulle mie. Faceva caldo. «Non ti sto giurando amore eterno, voglio solo provare a passare del tempo con te, senza pretese. Niente romanticherie, niente cambiamenti o redenzioni; io sono questo e non cambio».

«Sei sempre stato bravo a rovinare tutto» sbuffai e feci per spostarmi dal suo corpo, ma lui non me lo permise. Mi bloccò dai polsi e mi trapassò con lo sguardo. Voleva intimidirmi, per caso?

«Ariel, fa' la brava», si sollevò il necessario per darmi un piccolo bacio sul naso. Come avrei potuto fare la parte dell'irata dopo quel gesto? Maledetto seduttore. 

«Visto che siamo in vena di confessioni... Anch'io dovrei dirti qualcosa», divenni paonazza ancor prima di parlare, lui se ne accorse e mi accarezzò le gote arrossate con tenerezza. Niente romanticherie diceva?! «Io... Ecco, io non ho... Non ho mai avuto altre relazioni prima, quindi... Sono proprio inesperta in campo, non so proprio come si fa, come ci si comporta. Non potrei pretendere nulla anche se volessi. In realtà fino a qualche mese fa odiavo queste cose», abbassai lo sguardo e giocai con la cerniera del suo giubbotto. «Quindi, cioè... cosa fanno le coppie?»

Prima di replicare mi guardò e mi sorrise con dolcezza e comprensione per il mio imbarazzante monologo «Litigano e scopano per tutto il tempo. Tranquilla t'insegnerò io. Abbiamo tutto il tempo del mondo per imparare», finì con un bell'occhiolino. Rassicurante. Davvero molto rassicurante. Avrei dovuto aspettarmi quel tipo di risposta da uno come lui. Nonostante il tono di voce giocoso quelle parole mi provocarono tanti brividi per tutto il corpo. Avrei ricordato quel giorno per sempre.

Ne avremmo viste delle belle.

Miki e Castiel. Noi. Una fusione di due mondi apparentemente opposti, ma infondo incredibilmente simili. Io la sua tela, lui il mio Picasso. Non ci sarebbe stata persona che non se ne sarebbe accorta. Ci saremmo per sempre distinti dal resto del mondo, dalle altre coppie. D'altronde come poteva essere altrimenti in un'accoppiata come la nostra? Ragazzo dai capelli color cremisi e ragazza dai capelli ramati. Coppia insolita, due cuori rotti, due anime infuocate, dannate, segnate. Uno più uno; due per la vita. Avremmo fatto scintille insieme, sarei entrata nel suo Inferno, mi sarei accomodata sul suo trono, al suo fianco, lì dove mi spettava e dove non avrei permesso a nessuno di rubarmi il posto tanto agognato, avrei donato la mia stessa vita per lui. E sapevo, sapevo bene che la strada sarebbe stata tutta in salita, con un tipo testardo e chiuso come Castiel ancor di più, ma ce l'avrei fatta. Ce l'avrei fatta persino a farlo innamorare di me. Parola di Micaela Rossi. 

 

 

 

 

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🌈N.A.🌈

Non ci credete, vero? Be' neanche io in realtà. 

MIKI E CASTIEL SONO UNA COPPIA. Stappiamo lo champagne insieme alla coscienza di Castiel e prepariamo i poppy poppy, ne vedremo delle belle.

Ci hanno impiegato 38 capitoli, ma ce l'hanno fatta. Oddio quanto sono cresciuti, mi viene quasi da piangere 😭

Ecco cosa intendevo con il "sorprendosamente sorprendente" dello scorso capitolo. 

Nel prossimo invece...................................... Avete capito, no? 

Ok, faccio la seria. 

Pubblicità Ivre, i due "piccioncini affermati" partiranno per due giorni con la troupe di Rabanne. Accadrà qualcosa d'interessante? *colpo di tosse*

Teresa ha chiesto a Miki di andare a vivere con lei, Flora e Marcel. Accetterà?

Castiel sembra aver risolto la "questione Debrah" finalmente, ma sarà realmente così?

E poi ci sono loro.... I MikiStiel *.* sono in love per loro. Mi piacciono troppo, giuro. 

Adesso vi saluto, direi che è ora. 

All the love💖

Blue Night🦋

  
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