L’indomani arrivò presto, e alle 6 eravamo già radunati tutti fuori casa mia. Non volevamo perderci un solo minuto di quella splendida giornata.
Decidemmo di partire con il mio aereo.
Eravamo emozionantissimi.
Dopo circa 3 ore arrivammo alla montagna che avevamo prescelto, e incamminandoci a piedi, notammo una piccola capannella con un tavolo enorme in legno e i sedili uniti ambo i lati.
Ci sedemmo e sistemammo le cose.
C’era molta neve, nonostante fosse aprile.
Cominciammo a giocarci, lanciandoci palle di neve e rincorrendoci a vicenda.
Fu una mattinata stupenda.
Al ora di pranzo ci accomodammo e cominciammo a pranzare. Io e Erasa ci premurammo di preparare tanti dolci, mentre Chichi, sapendo quanto mangiasse il figlio, si preoccupò di preparare i pasti principali, che erano in abbondanza per tutti.
Il pomeriggio passo in fretta, tra mille risate e racconti.
Il clima diventava sempre più rigido, cominciammo a sentire molto freddo, così che decidemmo di andare via, proseguendo la nostra giornata nella villa di Satan city.
In città faceva decisamente più caldo, anzi c’era un sole che solo a guardarlo bruciava gli occhi. Tanto è vero che fummó costretti a spogliarci degli eccessivi abiti che avevamo indossato premurandoci del freddo che avremmo incontrato in montagna.
Decidemmo così di giocare una partita di palla a volo a quattro: maschi contro femmine.
“Avanti Videl, prendila!” Mi urlò Sharpener.
Attenta mi concentrai al massimo. Non era il mio forte la palla a volo ma la presi come una piccola sfida quotidiana per migliorare le mie capaci generali e per divertirmi con i miei amici.
“Certo” risposi determinata mentre battevo la palla.
Ad un tratto Erasa ci fermò:
“Hey ragazzi, perché non ci facciamo scattare una bella foto?”
“Si, certo. Che bella idea!” Rispose il biondo.
Erasa entusiasta si guardò in torno per cercare qualcuno disposto a scattarcela.
Ecco che passò una coppia di ragazzi, che prontamente fermò.
“Scusatemi. Vi dispiacerebbe scattarci una foto?” Chiese gentilente.
“Ma certo. Dammi qua!” Rispose cordiale il ragazzo.
Ci mettemmo in posa.
Gohan si sedette su i resti di un tronco d’albergo oramai abbattuto, ma abbastanza largo da ospitare due persone. Puntualmente Erasa gli si accomodó vicino, mentre io e Sharpener restammò alzati dietro.
La foto venne scattata e il ragazzo, divertito, c’è la mostró.
Eravamo tutti sorridenti, ad eccezione di Erasa che si era girata di proposito verso Gohan per fargli le smorfie.
Una foto davvero simpatia pensai, hanno davvero un bel legame, a prescindere dal finale di questa storia.
La giornata terminò, e prendemmo le diverse strade per tornare a casa.
Ci salutammo.
L’unica che fece ancora un po’ di strada con me fù Erasa che abitava vicino casa mia.
“È davvero bella quella foto sai?” La guardai dolcemente.
“Già è vero ma mentre tu eri a sistemare le ultime cose, Sharpener c’è ne ha scattata una ancora più bella.” Rispose felice lei.
“Davvero? E cosa aspetti a farmela vedere!”
Mi mostrò la foto.
Era spettacolare e sopratutto molto spontanea: si vedeva tutto il panorama delle montagne con la neve e al centro di questo spettacolo, Erasa da dietro abbracciava Gohan con le braccia intorno al collo, quasi a stritolarlo e Gohan rideva a crepapelle. Un sorriso sincero pensai. Ero contenta, davvero contenta.
Forse questa storia non sarebbe finita come speravamo, ma una cosa era certa il loro legame stava crescendo, giorno dopo giorno, avventura dopo avventura.