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Autore: SkyDream    01/02/2019    6 recensioni
«Vedi, Sting, un anno fa è stata dura per me dovermi svestire, togliere il marchio e uscire davanti a tutti. Mi sono sentita nuda e umiliata come ...come-».
«Come un verme?» suggerì lui, pentendosi subito dopo e affrettandosi a rimediare scuotendo le mani come un forsennato, «Non che tu sia un verme, Yukino, no, no! E’ che anche io mi sono sentito così e pensavo potesse-».
Lei lo fermò, bloccandogli le mani tra le sue e cercando ancora i suoi occhi per calmarlo.
«Hai reso l’idea. Mi sono sentita nuda e umiliata come un verme. Ma ora a capo di questa gilda ci sei tu, non Jiemma, e so che tu non mi chiederesti mai di spogliarmi davanti a tutti.»
[Post Grandi Giochi di Magia] [StingYu] [Fanfiction random ad alto contenuto di glucosio]
Genere: Fluff, Romantico, Sentimentale | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Sting Eucliffe, Sting/Yukino, Yukino Aguria
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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A kiss is a promise
[StingYu]
 

Era passato quasi un anno da quando Sting era diventato il nuovo master di Sabertooth.
Era passato un anno dai Grandi Giochi di Magia e già a Crocus la gente chiacchierava su quali gilde avrebbero partecipato alla nuova edizione.
Quello era stato un anno pacifico, ricco di esperienze e di belle emozioni che erano riusciti a risollevare il morale della vecchia Sabertooth, ora solida e unita più che mai.
Sting, nonostante fosse a capo di quella nuova banda, non riusciva proprio a farsi valere e finiva - inevitabilmente - vittima di scherzi e battutine, soprattutto da parte del suo gemello Rogue.
Nonostante ciò, i due andavano parecchio d’accordo e spesso anche Minerva si univa a loro, con piccoli scherzetti decisamente più crudeli di quelli che gli riservavano gli altri.
L’unica a cui non piaceva scherzare, spaventata all’idea di sembrare cattiva o scortese, era Yukino. Lei era davvero l’unica che trattava sempre Sting con dolcezza e gentilezza, rivolgendogli spesso un sorriso rassicurante e una mano d’aiuto quando serviva.
Era il suo punto cardine, la sua certezza più salda.
Non che Sting non si fidasse di Rogue, Lector o dei suoi amici, ma con Yukino era diverso. Sentiva un legame che differiva molto dalla “semplice amicizia” o dalla “sana complicità” che sentiva con gli altri.
Quando la vedeva sorridere per i corridoi, si sentiva fortunato ad averla lì. Ringraziava il Cielo ogni giorno per non avergliela strappata via dopo i Grandi Giochi.
Sting, quindi, adorava vederla di buon umore e spesso adottava piccoli accorgimenti - stando ben attento a non farsi accorgere -, come portare un mazzo di rose o dei biscotti dalla pasticceria, e lasciava il tutto in completo anonimato sul tavolo centrale della grande gilda, aspettando che lei li trovasse.
Quella sera però, mentre tutti i suoi compagni chiacchieravano sulla nuova edizione dei Grandi Giochi, si accorse che Yukino mancava all’appello e si decise a cercarla.
Lei di solito rimaneva ad ascoltare i commenti degli altri, mangiucchiando i denti della forchetta soprappensiero, e poi se ne usciva con delle affermazioni o delle ipotesi intelligenti e perspicaci. La discussione era così monotona in sua assenza.
Sting si alzò dal tavolo, diede una carezza a Lector e lo avvertì delle sue intenzioni. Il gatto sollevò il capo, ben poco preoccupato per la ragazza, e tornò subito dopo a far parte della conversazione.
Sting notò che per i corridoi si sentiva l’eco del vociare dei suoi amici e il tintinnare delle posate.
Eppure, tutto sembrava così silenzioso senza la voce e la presenza di Yukino.
Sting bussò un paio di volte in camera sua, senza ottenere risposta.
Vide che la porta non era fermata a chiave e decise, deglutendo e in parte imbarazzato, di aprire comunque e di entrare.
Le grandi finestre erano spalancate, facendo entrare un vento tiepido, e seduta sul bordo del cornicione esterno vi era Yukino. Sembrava fosse indecisa sul fatto di buttarsi di sotto o meno.
Sting sbiancò e sentì il cuore tremare di paura, aveva pensato di urlarle di fermarsi, ma per lo spavento avrebbe finito col cadere.
Aveva quindi optato - stranamente stupito della sua intelligenza - per l’afferrarla all’improvviso e il catapultarla dentro.
Si avvicinò quatto quatto, appena le arrivò accanto, però, lei si voltò.
«Ehi, Sting, quando sei entrato?» chiese tranquillamente, senza il minimo cenno di paura o terrore.
Il mago si fermò con un’espressione tra lo sbalordito e l’esilarante e per poco non perse l’equilibrio finendo a terra.
«Non ti stai suicidando?» chiese schiettamente, ricevendo un’occhiata confusa dell’altra.
«Perché dovrei uccidermi?».
«Sei seduta sul cornicione della facciata, di notte e non rispondi alle persone che bussano!» Sting era decisamente più tranquillo, seppur non capisse l’azione curiosa della sua amica.
Senza pensarci troppo, si sedette sul bordo della finestra e le protese una mano per aiutarla a tornare su.
«Mi piace stare seduta qui con le gambe penzoloni, lo trovo rilassante.» affermò senza poter controllare il rossore che le aveva invaso le guance davanti quella premura.
«Io lo trovo pericoloso, siediti qui e dimmi cosa ti sta prendendo questa sera. Hai mica bevuto?» chiese Sting, cominciando ad imbarazzarsi per quella situazione che cominciava a trovare vagamente intima. Yukino si sollevò sulla finestra ed incrociò le gambe.
«No, non sono ubriaca. E’ solo che oggi sono ben trecentosessantasei giorni da quando l’ex Master mi ha buttata fuori da Sabertooth».
 
Sting lo ricordava bene quel giorno.
Jiemma aveva gettato dell’uva sui capelli candidi di Yukino, le aveva sputato addosso e le aveva ordinato di svestirsi lì, davanti a tutti.
Ricordava le mani tremanti della ragazza, costretta a togliere via la biancheria; costretta ad inginocchiarsi per terra per nascondere in qualche modo le sue nudità.
Poi Jiemma le aveva detto di cancellare via lo stemma della gilda, perché lui non si sarebbe sporcato le mani per toccarla.
Yukino aveva cercato di coprirsi i seni con un braccio solo mentre con l’altra mano faceva evaporare via il simbolo argenteo che portava sul ventre.
Poi aveva aspettato che se ne fossero andati tutti, si era rivestita ed era uscita per non fare più ritorno.
Sting aveva passato la notte tormentandosi e sudando, pensando alle mille parole che avrebbe voluto urlare e ai calci che avrebbe voluto dare in faccia a Jiemma.
Ma, il motivo per cui continuava davvero a rodersi le mani, era stato il commento che aveva fatto a Rogue per il corridoio:« Lei se n’è andata perché è debole, e qui non c’è spazio per i deboli».
Come se vivere lì dentro fosse da deboli, come se spogliarsi davanti a tutti senza versare una lacrima fosse da deboli.
Come se Yukino fosse debole.
La verità era che forse - anzi, sicuramente - Yukino era troppo candida e buona per poter stare in una gilda che metteva al primo posto l’onore e la potenza, e al secondo posto la cattiveria.
Invece, per valori e sentimenti come amicizia e amore, per loro il posto non esisteva proprio.
Poi Sting aveva trovato la forza di uccidere Jiemma e di prendere il suo posto, proteggendo sia Lector che Yukino, invitandola a tornare.
Anzi, supplicandola di tornare e di indirizzare la gilda verso una via più retta e con alla base la fiducia e la collaborazione.
Lei aveva sorriso - come sempre - e aveva portato la sua roba nella vecchia camera.
 
«Sting, a che pensi?».
Yukino lo ridestò dai suoi ricordi, era passato solo un anno eppure sembrava un’infinità di tempo.
«Penso che questa gilda sia cambiata molto, non trovi?» chiese lui, volgendo lo sguardo all’orizzonte. Quante volte ancora si sarebbe sentito inadatto per quel ruolo che ora pesava sulle sue spalle?
«La gilda è cambiata perché ha un nuovo Master, ed è davvero caparbio e simpatico.» gli disse distendendo le labbra e rivolgendogli uno sguardo carico di affetto.
Sting arrossì fino alla punta delle orecchie, abbassando gli occhi imbarazzato.
«Se pensi questo, perché ti sei seduta sul cornicione con quella faccia scura?» le chiese ancora, senza guardarla in faccia.
Yukino parve pensarci un po’ prima di sospirare e rispondere.
«Vedi, Sting, un anno fa è stata dura per me dovermi svestire, togliere il marchio e uscire davanti a tutti. Mi sono sentita nuda e umiliata come ...come-».
«Come un verme?» suggerì lui, pentendosi subito dopo e affrettandosi a rimediare scuotendo le mani come un forsennato, «Non che tu sia un verme, Yukino, no, no! E’ che anche io mi sono sentito così e pensavo potesse-».
Lei lo fermò, bloccandogli le mani tra le sue e cercando ancora i suoi occhi per calmarlo.
«Hai reso l’idea. Mi sono sentita nuda e umiliata come un verme. Ma ora a capo di questa gilda ci sei tu, non Jiemma, e so che tu non mi chiederesti mai di spogliarmi davanti a tutti.» Affermò certa lei, annuendo e scuotendo i capelli bianchi che le stavano ora solleticando le spalle, erano mesi che non li tagliava più.
Sting la guardò e immaginò per un solo momento di poterle dire una cosa simile, sentì il cuore perdere un battito e non capì nemmeno come, ma si ritrovò a stringerla fra le sue braccia in un moto di disperazione.
«Non permetterò a nessuno di dirti o di fare qualcosa di simile. Te lo prometto, Yukino, te lo prometto!».
La ragazza si stupì di quel gesto, così spontaneo e carico di affetto e si ritrovò a ricambiarlo, poggiando il capo sulla sua spalla e lasciando che quel momento si instillasse nella sua mente.
Non avrebbe più ricordato i giorni dei Grandi Giochi di Magia come i giorni della sua umiliazione, ma come i giorni in cui Sting le aveva fatto una promessa che mai nessuno aveva osato proferirle.
«Sting?» lo chiamò, mentre lui scioglieva l’abbraccio e la trascinava dentro la camera, aveva stille di sudore che gli scendevano dalla fronte.
Quell’abbraccio gli aveva fatto girare la testa, tanto lo aveva scosso dentro, e temeva davvero che sarebbero finiti nel giardino dieci metri più sotto.
«Che stai facendo?» chiese ancora lei, mentre sentiva il polso stretto tra le dita sicure di Sting, che tremava nel tentativo di portarla verso di sé - lontano dalla finestra - senza però farle male.
Il ragazzo la circondò con le sue braccia, senza rispondere alla sua domanda, e cercò dentro di sé la forza per dirle quello che provava.
«Un anno fa, quando ho colpito Jiemma perché credevo che Lector fosse morto, l’ho fatto anche perché non sopportavo l’idea di non vederti più alla gilda. Io sono il Dragon Slayer della Luce, e ti assicuro che i giorni in cui sei stata via la gilda era sempre buia, Yukino, perché qua dentro sei tu che risplendi, insomma-» Sting si bloccò, deglutendo e cercando di reprimere l’imbarazzo che lo attanagliava, «Insomma, hai pure i capelli bianchi!».
Quell’idiozia ebbe l’effetto opposto rispetto a quello che Sting avrebbe voluto.
Sperava in qualcosa di sentimentale e romantico capace di commuoverla, invece la fece scoppiare in una risata argentina.
La stessa risata che lo portò a baciarla.
Poggiò le labbra sulle sue, bloccando quello scampanellio che provocavano e le avvicinò il capo contro il suo, con dolcezza e timore.
Timore di aver sbagliato tutto ma, ormai, tanto valeva godersi il bacio.
Schiuse le labbra ma, anziché allontanarsi, le rapì di nuovo e scivolò ancora sul suo labbro inferiore e poi su quello superiore finchè entrambi non si sciolsero approfondendolo ancora di più.
Yukino non tentò nemmeno per un momento di allontanarsi, totalmente presa da quel gesto che non aveva mai ricevuto.
Si ritrovò a far scorrere le braccia lungo il corpo dell’altro, fino ad arrivare al suo viso.
Dopo infiniti secondi, forse minuti, Sting la lasciò respirare.
«Ho sbagliato?» chiese ansante senza staccare lo sguardo dalle labbra rosse e gonfie dell’altra. Rosse e gonfie per colpa sua. Che onore che si era preso!
«No, è solo che è stato il mio primo bacio e non credo di essere brava».
Confidò l’altra, totalmente rossa, mentre lo guardava sperando di trasmettere - con uno sguardo - tutti i suoi sentimenti.
Una voce, forse quella di Rogue, li chiamò dal corridoio. Sting capì che quel momento intimo era giunto al termine e si sbrigò a specificare rapidamente una cosa, prima di uscire.
«Se qualcuno ti vuole vedere nuda dimmelo, ci penso io a rompergli i denti! Ora scendi sotto, Yukino, ti aspettiamo per mangiare il dolce tutti insieme».
«Anche io.» Si limitò a dire l’altra, guardandolo dolcemente.
«Anche tu cosa? Il dolce?».
«Anche io ti proteggerò, Sting».
 
   
 
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