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Autore: Dida77    02/02/2019    3 recensioni
"Doveva portare il corpo di Bucky via di lì. Si era ripromesso di portarlo a casa con sé e lo avrebbe fatto."
Post Captain America: The Winter Soldier
Personaggi: Steve, Bucky, Natasha, un po' tutti.
La storia è stata scritta come regalo di compleanno per Rossella, splendida l'amministratrice del gruppo "Hurt/Comfort Italia - Fanfiction & Fanart".
Un grazie infinito a Enid che ha betato questa storia rendendola mooooolto migliore. Se vi piace, è sicuramente anche merito suo.
Genere: Angst, Introspettivo, Sentimentale | Stato: completa
Tipo di coppia: Slash | Personaggi: Steve Rogers
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Mangiarono tranquillamente, godendosi il cibo e il solo fatto di poter mangiare di nuovo insieme a distanza di decenni. Una volta sazi, Steve fece sdraiare nuovamente Bucky e si mise a sedere sulla solita poltrona accanto al letto. Erano entrambi silenziosi, ciascuno perso nei propri pensieri.

Bucky si stava godendo quell’oasi di pace come un miracolo inaspettato. Da non sapeva quanto tempo, ormai si limitava semplicemente a tirare avanti, senza aspettarsi niente dal futuro. Di sicuro senza aspettarsi niente di meglio. E adesso sarebbe rimasto lì per sempre in quella camera di albergo, con Steve, nascosti al mondo e ai suoi orrori.

Però, sotto il controllo dell’Hydra, era stato abituato a pianificare sempre le sue mosse. Sapeva sempre cosa fare e come muoversi e aveva sempre un piano di riserva nel caso in cui le cose non fossero andate come previsto. Ormai faceva parte del suo modo di pensare e l'idea di non avere un piano per affrontare la situazione iniziava a renderlo nervoso.

“Adesso Steve, cosa facciamo? Come usciamo da questa situazione? Non possiamo rimanere per sempre in questa camera di albergo, anche se francamente non vorrei nient’altro.”

“Non lo so Buck. Sinceramente non ci ho ancora pensato… Fino ad ora l'unica cosa che contava era ritrovarti. Non ho ancora avuto modo di pensare a cosa fare adesso. L'unica cosa che so con certezza è che non ti lascio.” Rispose con una nota di estrema convinzione nella voce.

“Loro mi stanno ancora cercando. Lo sai, vero?”

“Lo so, Bucky. Anche lo S.H.I.E.L.D. sarà presto sulle nostre tracce. Hanno una pista che li porta qui a Bucarest. Ho usato tutte le precauzioni possibili, ma non ci metteranno molto a trovarci.”

“Cosa diavolo è lo S.H.I.E.L.D.?“

“È un’agenzia di intelligence internazionale che si occupa di mantenere la pace e gli equilibri mondiali. E per far questo utilizzano le abilità di persone dotate di poteri diciamo… fuori dalla norma”.

“Come te?” Chiese Bucky dopo una manciata di secondi, talmente sottovoce che Steve, più che sentire quelle parole, gliele lesse sulle labbra.

“Anche come me, sì. Sono entrato a far parte del gruppo quando mi hanno ritrovato nel ghiaccio, qualche anno fa.”

“Sapevo della storia del ghiaccio. Era scritto nel rapporto che mi hanno fatto leggere prima… prima… prima di mandarmi ad ucciderti.” Nel far uscire quelle parole, Bucky distolse lo sguardo e i suoi occhi si riempirono nuovamente di lacrime. L’altro, allora, fece l’unica cosa che sembrasse avere un senso in quel momento. Si alzò dalla poltrona e andò a sdraiarsi accanto a lui, in modo da poterlo abbracciare stretto.

“Non lo hai fatto Buck. Non lo hai fatto. Ti sei fermato prima di obbedire agli ordini…” Disse continuando a stringerlo a sé e cullandolo quel poco che la ferita gli consentiva di fare.

Ci vollero alcuni minuti affinché il moro si calmasse. Poi, dopo esser rimasto un po’ in silenzio tra le braccia di Steve, riprese a parlare. “Non capisco. Come mai sei venuto a cercarmi senza di loro? Come mai sei venuto da solo?”

“Perché credono che tu sia un mostro. Vogliono catturati. Dovevo trovarti prima di loro. Dovevo evitare che ti facessero del male.” Aveva preso la sua decisione giorni prima, quando Natasha gli aveva passato quella cartellina nel parco, e non se ne era pentito. Era sufficiente guardare il compagno stretto tra le sue braccia per sapere che non se ne sarebbe mai pentito.

“E quindi hai lasciato tutta la tua vita e ti sei messo contro i tuoi compagni per venire a salvarmi?” Chiese Bucky incredulo. “Sono davvero un mostro Steve. Ho fatto davvero cose orribili in questi anni. Non credo di valere tutto questo. Non credo proprio.”

“Ho preso la mia decisione Buck. Ho deciso da che parte stare.” Risposte tranquillamente Steve, abbracciandolo stretto per ribadire ciò che stava dicendo. Poi, per alleggerire la tensione continuò. “Lo S.H.I.E.L.D. è stato fondato da Peggy dopo la guerra, sai?”

“Peggy? Peggy Carter?” Steve annuì, contento di essere riuscito nell'intento. “Mi ricordo di Peggy, sai?” Disse ad un tratto sorpreso lui stesso. “Aveva un debole per te. Aveva due occhi bellissimi ed era molto determinata anche. Vero?” Chiese per avere conferma di ciò che gli sembrava di ricordare.

Steve sorrise. “Ha ancora due occhi bellissimi ed è ancora molto determinata.”

“È ancora viva? Peggy Carter è ancora viva?” Chiese sbalordito.

“Sì. Abita in una casa di cura a Washington, ma non sta troppo male se si considera l'età. Quando torneremo a casa potremmo andare a trovarla insieme. Le farebbe piacere. Ti andrebbe?”

Bucky si rabbuiò di nuovo. “Ma come facciamo Steve? Anche se riuscissimo a fuggire da Bucarest, non possiamo tornare a casa con questo S.H.I.E.L.D. che ci sta alle costole.”

Steve continuò ad abbracciare Bucky con aria pensierosa. Per quanto si sforzasse, al momento non gli veniva in mente nessun piano per uscire da quella situazione. Ma doveva esserci un modo. Doveva esserci per forza un modo per far capire a tutti che Bucky non era il mostro che credevano. Il segreto doveva esser nascosto in ciò che era successo in quei settanta anni in cui erano stati separati. Doveva sapere cosa fosse successo davvero mentre Bucky era sotto il controllo dell’Hydra. Le poche informazioni a disposizione dello S.H.I.E.L.D. non erano sufficienti per scagionarlo. Malgrado non fosse assolutamente felice di quella opzione, doveva chiedere a Bucky di raccontare, di raccontare tutto.

Si prese qualche minuto per cercare un modo meno doloroso di affrontare l’argomento. Ma ben presto capì che non esisteva un modo meno doloroso, tanto valeva affrontare il problema di petto. “Devo farti una domanda Bucky. Non credo che ti piacerà, ma devo fartela lo stesso. Posso?” Chiese continuando ad abbracciarlo. Almeno questo poteva farlo, poteva chiedergli di raccontare tutto cercando comunque di farlo sentire in qualche modo protetto e al sicuro. Almeno questo poteva farlo.

“Non ci sono mai stati segreti tra di noi Steve. Non credo che sia il caso di iniziare proprio adesso.”

“Allora raccontami cosa ti è successo quando sei caduto dal treno. Vuoi?”

Bucky inspirò violentemente e tentò istintivamente di sciogliersi dall’abbraccio, gli occhi improvvisamente terrorizzati. Steve rafforzò la presa attorno alle sue spalle e si chinò subito su di lui, preoccupato.

“Ehi Bucky, no. Non importa. Non serve che tu me lo racconti adesso. Ne riparleremo tra un po’, quanto starai meglio.”

“No. Voglio parlartene, adesso. Hai diritto di sapere cosa sono diventato. Ma ho paura che una volta che te ne avrò parlato, vorrai andartene via…” La voce ridotta a un sussurro, la testa di nuovo appoggiata al petto di Steve.

“Non succederà.”

Bucky non era così convinto che le cose sarebbero rimaste le stesse dopo. Che l’idea che Steve aveva di lui sarebbe rimasta la stessa. Ma non poteva evitare quella domanda diretta. Non voleva evitarla. Fino ad allora erano sempre stati sinceri l’un l’altro e decise che sarebbe stato così fino alla fine. Quindi prese un grosso respiro ed iniziò a raccontare.
   
 
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