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Autore: WhiteLight Girl    09/02/2019    3 recensioni
Fanfiction Crossover tra le varie serie di Digimon, in questa prima parte Tamers e Frontier, nella prossima Adventure.
Qualcosa si muove nell'acqua, non è un mistero che sia parte del problema, perché quando Izumi esce dall'ascensore l'acqua scorre sul corridoio davanti a lei e fino ai piedi dei suoi amici. Cosa ci fa quell'acqua putrida nell'ascensore del centro commerciale 109 di Shibuya? Da dove viene? Izumi probabilmente lo sa, ma non è in grado di rispondere a questa domanda.
Personaggi: Takato, Ruki (Rika), Henry, Ryo, Zoe (Izumi), Takuya, Koushi, Kouichi, Junpei (JP), Tomoki (Tommy), Guilmon, Renamon, Terriermon, MonoDramon...
Genere: Avventura, Science-fiction | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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CAPITOLO 4
Aspettare mentre la vita passa

SHINJUKU

Ruki premette il tasto di chiamata e portò il telefono all’orecchio, il vento che sferzava contro l’ingresso del cinema la faceva rabbrividire, ma lei limitò a spingere i capelli scompigliati dietro l’orecchio ed a sbuffare.

Il suo fiato caldo formò una nuvoletta contro il cielo scuro, rilucendo attraverso la luce del lampione sotto cui la ragazza si era appostata. La strada davanti a lei era trafficata, le auto passavano senza rallentare e proiettavano la luce dei loro fari sull’asfalto, facevano scintillare a tratti le pozzanghere sui marciapiedi e schizzavano la loro acqua addosso ai passanti senza neanche provare a rallentare.

Il telefono squillò per diversi minuti, ma nessuno rispose. Ruki riagganciò e strinse gli occhi per scrutare tra la folla che le passava davanti senza riuscire ad individuare la persona che cercava.

Juri le arrivò alle spalle, risvegliandola con un tocco leggero sulla spalla. Le sorrise, vedendola indicare gli altri che aspettavano appena oltre l’ingresso del cinema.

«Vieni dentro.» le disse la ragazza. «Se Ryou ti trova qui fuori potrebbe pensare che sei preoccupata.»

Ruki sospirò. «Si illuderebbe e basta.» dichiarò.

Juri scosse la testa e sorrise. «Non è la prima volta che è in ritardo.»

«Però è la prima volta che non avvisa.» rispose Ruki.

Poco distante Hirokazu diede una gomitata a Kenta ridendo, lanciandole occhiate di sbieco e ammiccando all’amico.

Juri le sorrise. «Se resti qui c’è il rischio che loro pensino che sei preoccupata.»

Ruki alzò gli occhi al cielo, sbirciò il display del telefono e poi lo lasciò scivolare sul fondo della borsa. «Andiamo.» disse.

Takato, Jenrya, Hirokazu e Kenta li aspettavano in coda, il tepore era maggiore che all’esterno, ma non bastava a scaldare la punta gelida ed intorpidita delle dita, quindi immerse le mani nelle tasche della giacca e si accostò ai ragazzi assieme all’amica.

«Ryou non risponde.» disse la ragazza.

Ruki la lasciò fare, ben felice di passare oltre.

Takato portò una mano al mento per riflettere. «Allora... Possiamo aspettarlo o scegliere il film e prendere il biglietto anche per lui per lo spettacolo delle diciannove.»

«Oppure possiamo prendere il biglietto per noi e lasciarlo fuori.» propose invece Ruki. «Magari così la prossima volta arriverà in orario.» sorrise, sollevando le spalle all’occhiata degli amici.

«Arriverà.» disse Hirokazu; la sua convinzione era quasi ammirevole. «Manca mezz’ora al prossimo spettacolo e so che vorrebbe vedere l’horror.»

Juri s’imbronciò, si voltò verso Takato e sbatté gli occhi. «Niente film romantico, quindi?»

«Per carità, no!» esclamò Kenta.

«Senza offesa,» le disse Ruki «ma sei l’unica a cui interessa.»

Juri sorrise, intrecciò le mani e si voltò a guardare Takato. «Hai promesso che avremmo visto un film romantico insieme.» gli ricordò.

Takato trattenne un rantolo ed arrossì. «Lo faremo la prossima volta, quando saremo ad un appuntamento solo io e te.»

Soddisfatta, Juri sorrise da orecchio ad orecchio, si sporse verso di lui e gli baciò la guancia. «Va bene, allora.»

Ruki fece scorrere lo sguardo sul tabellone appeso alla parete e studiò l’elenco dei film in programma. Il freddo sfiorava il piccolo lembo di pelle che restava scoperto tra la manica e la tasca, il peso della borsa rimasta troppo ferma sulla stessa spalla iniziava a darle fastidio.

Il telefono le vibrò nella borsa all’improvviso, Ruki frugò tra le sue cose fino a trovarlo, ma nel momento in cui riuscì a tirarlo fuori sapeva già qual era il contenuto del messaggio appena arrivato prima ancora di aprirlo.

“Non posso venire, non aspettatemi” «Ci ha dato buca un’altra volta.» Concluse con un cipiglio. Le espressioni da cuccioli bastonati di Hirokazu e Kenta non la toccarono affatto.

Ryou rimase a fissarne la laccatura della porta dell’ufficio di Yamaki per qualche istante, prima di bussare. Ai tonfi secchi delle sue nocche contro il legno seguirono alcuni minuti di silenzio, poi Yamaki lo invitò ad entrare e lui spalancò la porta, entrando ed accennando un inchino.

«Buongiorno, signor Yamaki.» disse, richiudendo la porta e studiando l’uomo.

Yamaki stringeva tra le mani un fascicolo.

«Siediti.» disse.

E solo quando Ryou si fu accomodato sollevò gli occhi dai fogli e li lasciò scivolare sulla scrivania proprio sotto al suo naso.

«Questo è un rapporto appena arrivato dal Digital World; due giorni fa un intero settore si è dissolto nel nulla a seguito della comparsa di due misteriosi Digimon, c’è stato uno scontro con i Digimon di voi domatori e sembra che i nostri abbiano avuto la peggio.»

Ryou trattenne il fiato, la mente in subbuglio ed il cuore che batteva forte nel petto. Yamaki gli fece un cenno prima che potesse balzare in piedi ed aggredirlo per capire cosa fosse successo.

«Stanno tutti bene, ma sarebbe meglio che tu andassi a controllare di persona, soprattutto per scoprire la ragione per cui al momento dell’attacco ogni collegamento possibile con il Mondo Digitale sia stato interrotto. Siamo riusciti a riconnetterci solo questa mattina.»

Ryou annuì, raccolse il fascicolo e lo sfogliò distrattamente. Lasciò che lo sguardo indugiasse solo per pochi secondi su ogni schema, frase e diagramma. Finse che gli fosse tutto chiaro, quando invece aveva già dimenticato molti dei disegni che aveva visto tra quelle pagine. In ogni caso preferiva lavorare a modo suo, direttamente sul campo e senza affidarsi ad informazioni di seconda mano.

«Per quanto riguarda Jenrya e gli altri?» Domandò.

Yamaki poggiò i gomiti sulla scrivania e congiunse le mani, nascondendo parte del volto dietro esse.

«Qualunque cosa abbiano fatto i due Digimon comparsi un intero settore è andato distrutto.» ribadì l’uomo. «I vostri Digimon stanno bene, ma lo stesso non si può dire per molti degli abitanti del posto.»

Ryou strinse i pugni, il cuore gli si strinse nel petto al pensiero della risposta che avrebbe ricevuto, ma doveva sentirglielo dire.

«Sono morti?» chiese.

«Dissolti nel nulla. Comprendi perché sia meglio lasciare gli altri all’oscuro di questo, almeno fin quando non avremo fatto chiarezza su un paio di punti?»

Annuì. «Avete già trovato un Digivarco?»

«Un’auto ti porterà lì appena sarai pronto.» gli rispose Yamaki.

Ryou si alzò, abbandonò il fascicolo sul tavolo e si diresse alla porta.

«Avverto l’autista di aspettarti nel garage.» gli disse Yamaki prima che lui si allontanasse lungo il corridoio.

Ryou sapeva che l’unico posto in cui avrebbe trovato le risposte che cercava sarebbe stato il Digital World, avrebbe solo dovuto pazientare abbastanza da arrivarci.

Schiacciò più volte il bottone per l’ascensore e continuò a premerlo finché quello non si spalancò davanti ai suoi occhi con un trillo. Mentre scendeva fino al piano più basso, rimase a capo chino e rigirò il telefono tra le mani tormentato dal dubbio di dover chiamare gli altri nonostante ciò che aveva detto Yamaki fosse la verità.

Avrebbe sopportato la responsabilità che qualcuno di loro potesse farsi male per via della sua lealtà nei loro confronti?

Lo spogliatoio in cui lui e gli altri tenevano le cose utili ad un improvviso viaggio nel Digital World era deserto, spalancò il suo armadietto e lo stivale che ci aveva lanciato dentro malamente l’ultima volta che era stato lì gli cadde addosso. Lo afferrò al volo bloccandolo contro il petto, poi lo abbandonò ai piedi della panca che aveva alle spalle e sfilò la giacca dalla gruccia con uno strattone.

Lasciò le scarpe da ginnastica su un mucchio di vestiti sporchi di fango incrostato e recuperò il localizzatore da sotto una pila di appunti inutili, agganciandolo al polso prima di richiudere tutto. Controllò con una mano che il Digivice fosse al suo posto, agganciato come sempre alla cintura e ben nascosto sotto il maglione e raggiunse il garage.

L’auto lo aspettava nel solito parcheggio, la raggiunse di corsa e saltò a bordo lanciando la giacca sul sedile posteriore.

«Andiamo.» disse all’autista. Passò l’intero viaggio con la guancia premuta contro il palmo, gli occhi persi tra l’asfalto che sfrecciava sotto le ruote ed i lampioni che cominciavano ad accendersi sul ciglio della strada. Il sole scivolò rapidamente dietro i grattacieli e quel poco di orizzonte che Ryou riusciva a vedere tra gli edifici iniziava a tingersi di azzurro e rosa.

Il viaggio fu silenzioso e si concluse davanti ad un vecchio tempio nel centro della città; Ryou non si era preoccupato di prestare attenzione al paesaggio mentre lo raggiungevano, tuttavia si soffermò un minuto ad ammirare l’architettura classica ed il rosso acceso dell’arco d’ingresso.

Il giardino era gremito di agenti di Hypnos, che lo fecero passare senza degnarlo di un’occhiata. Per un attimo Ryou pensò che il varco fosse nella sala principale dell’edificio, ma lo scintillio della luce del passaggio era concentrato in un angolo del boschetto adiacente.

I tronchi degli alberi parevano ondeggiare e sciogliersi per via del gioco di luce del varco, il sottobosco appariva come un angolo magico fuggito da una fiaba, soltanto l’uomo vestito di scuro che era lì di guardia ne rovinava l’atmosfera ricordandogli la realtà delle cose. L’uomo stringeva tra le mani il telecomando per chiudere il varco, l’aggeggio che avrebbe spinto i dati a scindersi per poi ricompattarsi e sigillarsi era abbandonato tra due cespugli, e lo guardava con l’orologio stretto in mano.

«Quanto tempo ho?» gli domandò Ryou.

«Due ore.» gli rispose lui.

Il ragazzo sfilò il cellulare dalla tasca. «Dammi un momento.» disse.

Scorse i numeri della rubrica del telefono, leggendo i nomi dei pochi amici che aveva, trovò Ruki e, con un sospiro, le scrisse che non li avrebbe raggiunti al cinema. Rimise il telefono al suo posto e sollevò il polso con l’orologio.

«Due ore a partire da adesso.» affermò, ed impostò il conto alla rovescia mentre l’altro faceva lo stesso.

Poi si lanciò nel varco senza guardarsi indietro.

   
 
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