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Autore: Abby_da_Edoras    09/02/2019    6 recensioni
Per vostra grande sfortuna, le mie grinfie e i miei deliri sono arrivati anche su questa serie TV! Sì, voglio sottolineare che mi sono ispirata totalmente alla serie TV e che non voglio minimamente mancare di rispetto ai personaggi storici, però la mia "sindrome da lieto fine" è arrivata a tanto che ho deciso di... fare in modo che la Congiura dei Pazzi non ci sia proprio stata! Come ho fatto ad arrivare a tanto? Beh, con una storia a metà tra la parodia e la commedia, in cui ho inserito un nuovo personaggio, Antonio Orsini, completamente inventato, un ragazzo sensibile, allegro e generoso che si impegnerà totalmente per riconciliare Medici e Pazzi... e ci riuscirà, perché nelle mie storie un lieto fine lo devono avere proprio tutti (e chi lo ha detto che i cattivi non hanno un lieto fine? Con me sì!). Ah, il mio prestavolto per Antonio Orsini è il Romeo del musical Ama e cambia il mondo.
Non scrivo a scopo di lucro e personaggi e situazioni appartengono ad autori, registi, sceneggiatori e produttori della serie TV I Medici 2.
Genere: Angst, Drammatico, Parodia | Stato: completa
Tipo di coppia: Het, Slash | Personaggi: Altri, Nuovo personaggio
Note: AU, Otherverse, What if? | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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- Questa storia fa parte della serie 'Medici Abby's Version'
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Capitolo decimo

You can find it 
I can say that I can change the world 
But if you let me 
I can make another world for us…

(“Renaissance” – Skin)

 

Se soltanto Antonio avesse potuto immaginare lontanamente quanto sarebbe stato più angosciato il giorno di Pasqua di due anni dopo, non si sarebbe goduto affatto la processione solenne, lo scoppio del carro e tutto l’ambaradan, ma non era ancora il 1478 e lui poteva vivere quell’esperienza con l’entusiasmo e la spontaneità che lo contraddistinguevano.

E’ un bene non poter conoscere il futuro!

Nei tre giorni precedenti la domenica di Pasqua (no, non quella, non ancora!), Antonio era talmente agitato e felice che vagava per tutto il palazzo dei Medici raccontando a chiunque volesse starlo a sentire, e anche a chi non voleva, che avrebbe partecipato alla processione solenne in prima fila con Messer Pazzi, che avrebbe visto il volo della colombina e lo scoppio del carro e tutto quanto e che…

“Antonio, è una bella tradizione, non lo nego, ma tu ne stai facendo un affare di Stato!” rise Guglielmo. “Capisco che per te è la prima volta, ma è inutile che lo venga a raccontare a me e a Francesco, che questa cosa la facciamo tutte le domeniche di Pasqua da quando abbiamo l’età della ragione!”

“E poi capirai che privilegio mettersi in prima fila al fianco di Jacopo Pazzi” fece, sarcastico, Giuliano. “Così almeno tutta Firenze capirà che ti porta a let…”

“Giuliano, insomma, abbi pietà!” lo interruppe Lorenzo. Aveva la vaga idea che, in effetti, il fratello avesse ragione, però proprio non voleva pensarci… anche se era stato lui a insistere perché Antonio accettasse di riconciliarsi con Jacopo. E altro che riconciliazione, il giovane Orsini viveva quella situazione come se Pazzi avesse chiesto ufficialmente la sua mano!

Eppure doveva riconoscere che, alla resa dei conti, Antonio aveva portato un grande miglioramento nei rapporti tra le due famiglie: Jacopo Pazzi sembrava aver fatto pace con i nipoti, era venuto persino a conoscere la figlia di Bianca e Guglielmo, e non aveva più rinfacciato ai Medici di averlo imbrogliato con i proventi dell’allume.

Possibile che si fosse veramente ammansito? Che l’insistenza e l’affetto di Antonio avessero fatto il miracolo?

“Lorenzo, mi è venuta un’idea meravigliosa” esclamò il ragazzo ad un certo punto, come folgorato da un’illuminazione divina. “Perché domenica non invitate anche Messer Pazzi a pranzare qui, tutti insieme, le famiglie riunite, festeggiando dopo la processione e la Messa solenne? Non sarebbe perfetto per mostrare questo nuovo clima di armonia e serenità tra Medici e Pazzi?”

“Dovrei?” rifletté il giovane Medici. “In effetti sarebbe un bel gesto distensivo, ma chissà se Jacopo accetterebbe.”

“No, aspetta, Lorenzo, non vorrai invitarlo davvero? Ma… perché?” si lamentò Giuliano.

“Anch’io penso che sarebbe un bel gesto” intervenne Francesco. “Adesso che ci siamo riconciliati con nostro zio mi dispiacerebbe saperlo da solo nel suo palazzo mentre noi siamo qui a festeggiare.”

Giuliano lo guardò come se avesse bestemmiato in chiesa, mentre Lorenzo continuava a pensarci.

“Infatti, Francesco, hai proprio ragione!” concordò Antonio, sempre più entusiasta. “Non possiamo lasciare tutto solo Messer Pazzi in una festa così importante.”

“Io potrei benissimo” ci tenne a sottolineare Giuliano.

“Va bene, inviterò Jacopo Pazzi a pranzare con noi, glielo chiederò prima di entrare nella Cattedrale” decise infine Lorenzo, ignorando il mugolio disperato del fratello. “Lui, comunque, potrebbe rifiutare.”

“Ecco, bravo, lasciami almeno una speranza!”

“Ma no, non rifiuterà, perché dovrebbe? Non può passare la Pasqua tutto solo nel suo palazzo quando la sua famiglia è tutta qui” disse Antonio. “Grazie, Lorenzo, è molto gentile e generoso da parte tua.”

“Potrei sempre trascorrere la Pasqua altrove…” minacciò Giuliano, che proprio Jacopo Pazzi in casa sua non ce lo voleva.

Ma era in minoranza…

Arrivò finalmente la tanto attesa mattina di Pasqua. Antonio, che ovviamente si trovava a Palazzo Pazzi dalla sera prima (vi risparmierò i dettagli…), dopo aver espresso tanto entusiasmo nei giorni precedenti adesso sembrava intimorito e pensieroso.

“Francesco e Guglielmo ci aspetteranno davanti alla Chiesa dei Santi Apostoli, da lì avrà inizio la processione solenne e… Antonio, sei sulle nuvole?” gli chiese Jacopo, che era già pronto e guardava divertito il ragazzo che aveva perso tutta la sua sicurezza.

“Messer Pazzi, mi chiedevo… ma le famiglie di Firenze cosa penseranno? Non lo prenderanno come una specie di oltraggio? Un Orsini di Roma al vostro fianco, in processione subito dietro il loro carro?”

Probabilmente molti penseranno che il rapporto tra noi è piuttosto equivoco, ma non ha importanza, perché capiranno anche che la famiglia Orsini di Roma, così come il Papa, appoggia e sostiene i Pazzi, riconoscendoli come famiglia più nobile e antica di Firenze, meritevole del potere molto più dei Medici, pensò Jacopo, molto compiaciuto, ma non lo disse.

“Il mio carro, caso mai” sottolineò invece. “E’ la mia famiglia a organizzare la cerimonia e a sostenere tutte le spese, per cui ho il pieno diritto di portare con me chi voglio. Comunque non c’è assolutamente nulla di oltraggioso: sei il rappresentante di una nobilissima e potente famiglia romana che si accompagna ad una altrettanto nobile e potente famiglia fiorentina.”

Antonio annuì, poco convinto. In quel momento non si sentiva per niente né nobile né potente…

“Avanti, ragazzino, a noi non è permesso fare tardi in una giornata simile” lo incoraggiò Jacopo, aggranfandolo per una mano… e rimanendo alquanto stupito. “Ma hai le mani gelide, che ti è preso?”

Il giovane arrossì, imbarazzato.

“Scusatemi, Messer Pazzi, mi capita sempre quando sono molto agitato…o emozionato o spaventato!”

Jacopo Pazzi, che non era abituato a tanta sensibilità, lo fissò sorpreso, divertito e quasi intenerito, per quanto potesse esserlo lui. Poi lo aggranfò di nuovo per i capelli, se lo strinse e lo baciò senza badare al fatto che lo avrebbe scompigliato tutto. Dopo esserselo baciato quanto volle, lo risistemò un po’ e gli mise una mano sulla spalla per condurlo fuori.

“Dovrai imparare a nascondere meglio le tue emozioni, se vuoi vivere in questo mondo” gli disse, ancora piacevolmente sorpreso da quel ragazzo così particolare. “Già sei trasparente di tuo, se poi ci mettiamo anche queste mani che ti si congelano…”

Antonio gli rivolse un sorriso timido, sapendo benissimo di non essere affatto nato per vivere in un mondo di intrighi e dissimulazione… e non immaginando quanto, due anni dopo, avrebbe dovuto imparare quest’arte per salvare tutti coloro che amava!

Jacopo e Antonio raggiunsero così la Chiesa dei Santi Apostoli, dove li attendevano per la processione Francesco e Guglielmo, le altre famiglie di Firenze, il sacerdote con i chierichetti e il carro pirotecnico alle sue spalle, decorato, trainato da una coppia di buoi e sormontato dal cero pasquale e dalla bandiera con lo stemma dei Pazzi. Jacopo Pazzi guidò Antonio subito dietro il carro, alla testa del corteo, al suo fianco. Qualche mormorio si propagò tra la folla e tra gli esponenti delle famiglie più in vista di Firenze, vedendoli insieme: in un certo senso era come se Jacopo, con quel gesto, avesse ufficializzato l’ingresso del giovane Orsini nella famiglia Pazzi, con tutto quello che significava… ma alla fine erano fatti suoi e ben presto l’attenzione di tutti si concentrò soltanto sulla cerimonia che stava per iniziare.

Antonio aveva il cuore in gola per l’emozione e gli occhi non gli bastavano per guardare tutte le meraviglie attorno a lui, quel carro spettacolare, la processione che seguiva lui, proprio lui accanto a Messer Pazzi, la gente che si affollava festosa attorno, intonando canti sacri e inneggiando alla famiglia dei Pazzi, poiché quello era il loro giorno, era la celebrazione che da secoli era organizzata e guidata dalla famiglia e Jacopo ne era giustamente fiero. Il giovane cercava di imprimersi ogni particolare di quella giornata speciale e unica nella memoria, per non scordarla mai e poi mai, tutto era perfetto e incantato e lui non voleva perdersi niente.

Jacopo Pazzi, soddisfatto, salutava la folla a destra e a sinistra e ad ogni saluto erano esclamazioni di giubilo, applausi e acclamazioni mentre la processione proseguiva verso la Cattedrale di Santa Maria del Fiore. Ad un certo punto l’uomo si chinò verso Antonio che, rapito, osservava tutto come a volerselo imparare a memoria.

“Dovresti salutare la folla che ti sta rendendo omaggio, sai?” gli suggerì.

“Io? Ma… no, loro stanno acclamando voi, non certo un forestiero come me” replicò Antonio, ancora più intimidito.

“E’ così che la pensi? Prova e stiamo a vedere” lo incoraggiò l’uomo, con un sorriso.

Molto imbarazzato e temendo bordate di fischi o chissà che altro, il ragazzo tentò un lieve cenno della mano verso la folla, con un sorrisetto timido ed esitante… ma l’atteggiamento gentile di Antonio parve entusiasmare ancora di più la gente, che raddoppiò applausi ed evviva.

Rosso in faccia ed emozionatissimo, il giovane si voltò verso Jacopo.

“Messer Pazzi… mi stanno acclamando davvero!” fece, con voce spezzata dal turbamento.

“Te l’avevo detto” fu la semplice risposta di Jacopo Pazzi, che però dentro di sé era ben contento di come Antonio fosse stato accettato con spontaneità da tutti. Da quel giorno e per sempre sarebbe stato considerato uno della famiglia Pazzi…

All’arrivo della processione davanti all’ingresso della Cattedrale, Lorenzo e Giuliano con la madre (Bianca, Novella e Clarice non erano venute quell’anno, li avrebbero attesi a casa insieme ai bambini) osservavano la scena e a Lorenzo scappò un sorrisetto.

“Certo che Jacopo Pazzi ne sa una più del diavolo” commentò. “Non poteva trovare un modo migliore per affascinare uno come Antonio…”

“Eh, sì” dovette convenire Giuliano, “ma senti… sei ancora convinto di volerlo invitare a pranzo da noi?”

“Giuliano, la decisione di tuo fratello è molto saggia. Questo è un momento favorevole e un gesto distensivo non può che essere ben accetto” disse Madonna Lucrezia, d’accordo con il figlio maggiore.

In quel momento il razzo a forma di colombina s’infiammò e partì sfolgorando, attraversando la piazza e andando a incendiare il carro, che prese a esplodere in un boato di fuochi e fiammate spettacolari.* Jacopo vide Antonio trasalire e trattenere il fiato accanto a lui, mentre la folla esultava. Era un momento speciale per la sua famiglia, il giorno dell’anno in cui i Pazzi venivano omaggiati e acclamati come meritavano… ma quel giorno sarebbe rimasto per sempre anche nella memoria di quel ragazzino.

Lo spettacolo pirotecnico durò perlomeno dieci o quindici minuti, ma per Antonio sarebbe potuto durare anche il resto della sua vita e, quando gli ultimi botti esplosero fino al cielo e, pian piano, tutto tornò alla normalità, si lasciò sfuggire un sospiro.

“Oh, è già finito…”

“Sono contento che ti sia piaciuto tanto, ma sì, adesso è finito… almeno fino all’anno prossimo” lo consolò Jacopo, già mettendo le mani avanti e chiarendo che se lo sarebbe portato con sé pure negli anni a venire!

Si avviarono verso l’ingresso della Cattedrale, seguiti da Guglielmo e Francesco. Lì li attendevano Lorenzo, Giuliano e Madonna Lucrezia. L’espressione di Giuliano era tutta un programma: pareva che stesse per vomitare…

“Buongiorno e buona Pasqua, Messer Jacopo, e anche a te, Antonio” disse Lorenzo. “Io e la mia famiglia saremmo lieti di avervi a pranzo con noi in questa giornata di festa.”

Jacopo Pazzi sembrò sorpreso da quell’invito, mentre, dietro di lui, Francesco e Guglielmo sorridevano e Giuliano mormorava lamenti appena udibili.

“No, no, no… ma perché, perché?”

“Questa è opera tua, non è così, Antonio?” fece Pazzi, rivolgendosi al ragazzo, che divenne tutto rosso e sorrise, una luminosa ammissione di colpa.

Ma, alla resa dei conti, a Jacopo non dispiaceva troppo essere circuito affettuosamente da quel ragazzino. E questo avrebbe anche significato guadagnarsi la fiducia dei Medici, che avrebbero abbassato la guardia… sì, accettare il loro invito al pranzo pasquale era un’ottima idea.

“Vi ringrazio molto, Messer Lorenzo, e accetto con piacere il vostro gentile invito” rispose, infrangendo le ultime speranze di Giuliano. “Buona Pasqua anche a voi e alla vostra stimata famiglia.”

Sì, beh, poteva anche permettersi di sparare qualche stronzata, visto che era soddisfatto!

“Buona Pasqua un corno” mormorò Giuliano al fratello, quando Jacopo era già entrato in Cattedrale con Antonio e non poteva più udirlo. “Con lui in casa, sarà la Pasqua più brutta della mia vita!”

Non poteva sapere che la Pasqua peggiore della sua vita sarebbe stata un’altra, ma tant’è…

“Messer Pazzi, sono così felice che abbiate accettato! Non vedete anche voi quanto è più bella la vita quando siamo tutti uniti e in amicizia? Non è meraviglioso sentirsi così ben accolti e benvoluti?”

Jacopo non disse niente, lasciando che Antonio interpretasse come voleva il suo silenzio.

“Messer Pazzi, visto che adesso siamo tutti un’unica grande famiglia, non sarebbe un bel gesto se ci sedessimo tutti vicini, sulla stessa panca, per mostrare a Firenze che Medici e Pazzi vivono in perfetta armonia?” propose Antonio, preso dall’entusiasmo.

“Magari per Natale” tagliò corto Jacopo e, aggranfando il ragazzo per un braccio, lo condusse senza tanti complimenti verso la parte destra della navata, accanto all’altare dove erano sistemate le panche per le famiglie più in vista di Firenze. Quella era la panca destinata ai Pazzi, mentre i Medici sedevano di fronte a loro, alla sinistra dell’altare.

Tale disposizione si sarebbe ripetuta, identica, due anni dopo, ma non spoileriamo troppo!

Quella piccola delusione non turbò, però, la felicità di Antonio: era stata una splendida giornata, aveva vissuto una cerimonia spettacolare ed emozionante accanto a Messer Pazzi e, dopo, avrebbero festeggiato tutti insieme con un pranzo a Palazzo Medici. Cosa poteva desiderare di più? Era convinto che il peggio fosse passato e che ormai le due famiglie avrebbero collaborato e condiviso il potere in amicizia e serenità.

Quanto si sbagliava!

Fine capitolo decimo

 

 

 

 

 

* Le notizie storiche sulla famiglia Pazzi e il suo legame con la tradizione dello scoppio del carro sono tutte vere. Non sono certa che nel 1476 il carro fosse davvero incendiato dal razzo a forma di colombina, ma in un libro di Marcello Simoni ho trovato che era proprio così anche a quei tempi… e mi piaceva che Antonio vivesse quell’emozione che ho vissuto anch’io!

   
 
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