Libri > Storia di una ladra di libri
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Autore: ester_potter    10/02/2019    0 recensioni
Saaalve, questa è la mia seconda fanfiction. Praticamente riscrivo il film TUTTO dal punto di vista di Liesel, quindi sarà più introspettivo. Sono attaccatissima sia al libro che al film, per cui vi posso assicurare che rimarrò fedele il più possibile e cercherò di non sfociare mai nell'OOC con i personaggi. Buona lettura :)
[Estratto dal capitolo 37:
È iniziato tutto con la morte di mio fratello: lì, per la prima volta, mi sono ritrovata a rubare un libro. È capitato altre volte, in contesti diversi, ma c’era sempre una costante.
Sentivo l’instabilità della vita. Ogni volta che mi capitava di rubare un libro, sentivo tutto talmente fragile e instabile, da aver bisogno di qualcosa che rimanesse per sempre con me (...)
Un libro sarebbe rimasto sempre mio. Nessuno me l’avrebbe mai portato via. Gli scrittori sono immortali perché sono immortali le loro opere. Ancora oggi ci ricordiamo di persone come Shakespeare, Victor Hugo, Lev Tolstoj, Mark Twain, e sono sicura che fra cent’anni il mondo di ricorderà ancora di loro. Perfino il Mein Kampf resterà sugli scaffali delle librerie. Forse è questo, il motivo che mi ha sempre spinta a rubare libri.]
Genere: Drammatico, Guerra, Introspettivo | Stato: completa
Tipo di coppia: Nessuna | Personaggi: Liesel Meminger
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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XXXVI

Siamo a novembre. Nessuna novità.
La guerra continua – la stiamo perdendo, anche se nessuno si azzarda a dirlo ad alta voce – e non vedo papà da quando è partito lo scorso marzo.
I bombardamenti sono aumentati, nell’ultimo periodo: questa è la quarta notte in una sola settimana che io e la mamma scendiamo nel rifugio antiaereo assieme agli abitanti del nostro quartiere.
Stanotte la sirena ci ha svegliate tardissimo; quando siamo corse di sotto mi sono fermata a guardare l’orologio in cucina, ed erano le quattro e mezzo. Da quando siamo arrivare nel rifugio sarà passata meno di mezz’ora.
Alla fine, Rudy non è più partito per l’addestramento speciale. Pare che suo padre abbia fatto pressioni affinché il suo arruolamento venisse ritirato, e c’è riuscito.
Quando me l’ha detto mi sono sentita al settimo cielo.
Ora sono seduta tra lui e mamma, proprio come lo scorso inverno, quando sono cominciati i bombardamenti. Mi sembra tutto uguale: la gente intorno a me, la mia posizione fra la mamma e il mio migliore amico… Manca solo papà. Guardo nello sgabello vuoto di fronte a me, dove era solito sedersi, a suonare la fisarmonica sopra il rumore delle bombe tutt’attorno a noi, e penso a quanto ci faceva sentire meglio la sua presenza, il fatto che era lì e riusciva a distrarsi anche solo suonando, trasportando sé stesso in un’altra dimensione dove non c’era nessuna guerra – e noi con lui.
Qualcun altro dovrebbe farlo, ora che non c’è papà.
Io non la fisarmonica non la so suonare… Ma so raccontare storie.
Così comincio, dal nulla. “C’era una volta il fantasma di un bambino che amava vivere nell’ombra delle cose per non spaventare le persone”
Attorno a me sento delle voci.
“Che hai detto?”
“Chi sta parlando?”
“Che cosa fai?” mi sussurra Rudy, senza capire.
“Racconto una storia”
“Perché?”
Intanto, le voci continuano. “Quale bambino?”
“Sta raccontando una storia”
“Parla più forte!”
“Sssh! Ricomincia da capo!”
Ricomincio. “C’era una volta il fantasma di un bambino che amava vivere nell’ombra delle cose per non spaventare le persone. Il suo compito era aspettare la sorella, che era ancora viva. Lei non aveva paura del buio, perché sapeva che suo fratello era lì”
Adesso nel rifugio c’è solo silenzio: mi stanno ascoltando tutti. Lo sapevo. Ne hanno bisogno di ascoltarmi almeno quanto io ne ho di parlare.
“Continua” mi incita dolcemente la mamma.
E io continuo a raccontare, non so per quanto tempo. So solo che, quando finisco, mi stanno ancora ascoltando tutti e il rumore delle bombe è cessato da parecchio. Potrebbero essere passate ore, o solo qualche decina di minuti.
Rudy si è addormentato con la testa sulle mie gambe.
Ho raccontato di Max, ma senza specificare fosse lui. Ne ho parlato come se parlassi di mio fratello. Di quello che ho provato quando lui era con noi.
Solo la mamma l’ha capito.
Quando finalmente usciamo dal rifugio, il sole mi brucia gli occhi. Le nostre case sono ancora tutte in piedi. Avanziamo lentamente in gruppo, per ritornare ognuno alla nostra vita di sempre – almeno fino al prossimo bombardamento.
C’è qualcosa di diverso, però.
“Avanzate, in fila!” Sento urlare da lontano.
Ci imbattiamo in un gruppo di persone, molte più di noi, circondate da soldati che continuano a urlare. “Silenzio, senza parlare! Svelti!”
Come se ce ne fosse bisogno. La gente cammina lentamente e in silenzio, disordinati nelle file ma senza mai perdere il ritmo. Tengono i loro pochi averi in mano: valigie, borse, zaini.
Ma che succede? Dove li portano?
Io e Rudy ci fermiamo davanti a loro per farli passare. Li guardo attentamente: nessuno alza lo sguardo. Sono tutti esausti e spaventati a morte. A un tratto noto che hanno delle stelle gialle attaccate ai vestiti. So che significa. Poi lo vedo. Un uomo che mi è appena passato a pochi metri, ho fatto giusto in tempo a vedergli il profilo e mi è sembrato familiare.
Oddio… No… Non può essere…
“Max?”
Si gira. No, non è lui. Ma Max deve esserci. È ebreo, e se l’hanno preso sarà sicuramente fra queste persone. Devo impedire che lo portino via.
Mi metto a correre accanto alla fila di persone che continua a camminare come se tutto ciò che è intorno a loro non esistesse – o come se loro stessi non esistessero.
“Furfante!”
Rudy mi corre dietro e cerca di afferrarmi, ma io non glielo lascio fare.
“Che vuoi fare!?” urla, senza smettere di rincorrermi.
“Max!” Arrivo finalmente all’inizio della fila e mi fermo. Lo devo trovare.
Adesso cammino, ma nella direzione opposta rispetto agli ebrei. Da lontano mi arriva la voce di Rudy che continua a chiamarmi.
“Conosce Max?” comincio a chiedere a chiunque mi capiti davanti. “Max!” E giù a chiamarlo. Mi sento come se fossi in una bolla. Tutto è ovattato.
Io cerco di guardare in faccia ognuno di loro, ma non tutti ricambiano il mio sguardo. E anche chi lo fa, non mi risponde. Forse non parlano per paura. Ma io ho bisogno di sapere dov’è.
Quasi mi prende un colpo quando mi trovo a un palmo dal naso il grugno furioso di un soldato che mi afferra per le spalle, mi trascina fuori dalla fila in due soli passi e mi scaraventa letteralmente a gambe all’aria.
“Togliti, stupida ragazzina!”
Neanche il tempo di allontanarsi che mi rimetto subito in piedi. Non mi fermerà nessuno.
Rudy cerca nuovamente di prendermi il braccio ma io mi divincolo. Stanne fuori, gli dico col pensiero.
Mi ributto in mezzo alla fila, mormorando frasi sconnesse, come “Non ti dimenticherò” e “Dove sei, Max?”, quand’ecco ricomparire il soldato. Stavolta Rudy si mette in mezzo, ma il soldato è più forte: ci tiene entrambi stretti fra le braccia, non senza faticare un po', perché entrambi lottiamo per liberarci, e ci ributta di nuovo sul marciapiede. Sento un bruciore improvviso alla mano con cui ho cercato di attutire la caduta.
A quel punto arrivano di corsa la mamma e Barbara Steiner, la madre di Rudy, e ci fanno alzare da terra.
Quando arriviamo a casa, mamma non si arrabbia. Si limita a mettersi seduta al tavolo della cucina e a disinfettarmi il palmo della mano. Me la sono scorticata. Non riesco neanche a guardare mamma in faccia.
“Sei troppo simile a tuo padre, lo sai?” dice a un tratto, rompendo il silenzio che regna da quando siamo rientrate. È la prima volta che lo nomina da quando è partito.
“Cosa c’è di male?” chiedo, piano. Non so neanche perché sussurro.
“Niente” risponde lei, strizzando il panno che sta usando per medicarmi.
Ci guardiamo, e io lo so che sta pensando. E lo sono. Fiera, intendo.
Sono fiera di assomigliare a papà.




Angolo Autrice
Salve a tutti e bentornati/e!
Solo una spiegazione al volo: la cosa che Rudy non è partito più per l'addestramento speciale non l'ho inventata, ma accade davvero. Nel film non viene spiegata, ma nel libro sì: in sostanza il padre non ce lo manda, convinto così facendo di salvarlo da morte certa, ma ahimè, sappiamo tutti benissimo come finirà (piango tutto  D''':).
E qui cito una frase del libro, al riguardo, che mi ha spezzato il cuore appena l'ho letta: "Credi di salvare qualcuno, invece lo uccidi".
Non ho idea di come sarà scrivere la scena di Molching devastata... Ho quasi ansia. Ma comunque non ci penserò fino a martedì (giorno in cui la scriverò e la pubblicherò).
Alla prossima cari/e  <3
A. Ester
   
 
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