Libri > Storia di una ladra di libri
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Autore: ester_potter    11/02/2019    0 recensioni
Saaalve, questa è la mia seconda fanfiction. Praticamente riscrivo il film TUTTO dal punto di vista di Liesel, quindi sarà più introspettivo. Sono attaccatissima sia al libro che al film, per cui vi posso assicurare che rimarrò fedele il più possibile e cercherò di non sfociare mai nell'OOC con i personaggi. Buona lettura :)
[Estratto dal capitolo 37:
È iniziato tutto con la morte di mio fratello: lì, per la prima volta, mi sono ritrovata a rubare un libro. È capitato altre volte, in contesti diversi, ma c’era sempre una costante.
Sentivo l’instabilità della vita. Ogni volta che mi capitava di rubare un libro, sentivo tutto talmente fragile e instabile, da aver bisogno di qualcosa che rimanesse per sempre con me (...)
Un libro sarebbe rimasto sempre mio. Nessuno me l’avrebbe mai portato via. Gli scrittori sono immortali perché sono immortali le loro opere. Ancora oggi ci ricordiamo di persone come Shakespeare, Victor Hugo, Lev Tolstoj, Mark Twain, e sono sicura che fra cent’anni il mondo di ricorderà ancora di loro. Perfino il Mein Kampf resterà sugli scaffali delle librerie. Forse è questo, il motivo che mi ha sempre spinta a rubare libri.]
Genere: Drammatico, Guerra, Introspettivo | Stato: completa
Tipo di coppia: Nessuna | Personaggi: Liesel Meminger
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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XXXVII

Dopo pranzo, come ogni pomeriggio, esco fuori a giocare con Rudy, ma oggi non sono affatto in vena. Sono ancora scossa per stamattina, perciò mi limito a sfogliare un libro seduta sulle scale davanti casa.
Non è che legga davvero, però. Come potrei, con quel furfante di Rudy davanti a me che non mi lascia in pace un attimo?
“Ehi, furfante” mi chiede per la terza volta, senza perdere la grinta né il sorriso. “Vuoi giocare?”
“No,” rispondo, “oggi no”
Lui continua a palleggiare contro il muro. “Allora… rubiamo qualcosa”
Che furfante. Lo so che lo fa apposta per stuzzicarmi. Ma non ci sto.
“Io non rubo” specifico. “Prendo in prestito”
“Allora prendiamo in prestito la bici di Franz Deutscher e andiamo via da qui”
Per un attimo sono quasi tentata di dire di sì. Rubare… Prendere in presto qualcosa da Franz Deutscher mi sembra una proposta allettante, e normalmente avrei accettato subito. Ma non mi sento proprio di fare niente, oggi. Insomma, possibile che Rudy non se ne accorga?
“Non vedi che sto leggendo?” gli dico, mantenendo un tono calmo.
Lui sembra rinunciarci, finalmente. “Sei ancora arrabbiata con me?”
“Per cosa?” gli chiedo, senza capire.
“Per averti salvata”
Quasi mi si ferma il cuore.
“No, Rudy” mi affretto a rispondergli, ricordandomi all’improvviso di quello che ha fatto stamattina per me. “Sei stato molto coraggioso”
Mi scappa un sorriso, e penso di avere una faccia abbastanza da ebete, in questo momento, ma se anche fosse se ne va subito per lasciare posto a una faccia confusa, quando una camionetta militare svolta l’angolo.
Che succede ora? Adesso sono curiosa, perciò appoggio il libro sulle scale e mi alzo.
Io e Rudy andiamo a vedere: la camionetta si è fermata e da essa scende un soldato, che ci dà le spalle. Mi sembra di averlo già visto.
Poi sento la sua voce: “Grazie” dice, quando i suoi compagni gli passano un bastone e la sua sacca.
Oh, mio Dio.
“PAPÀ!” urlo, con tutto il fiato che ho in gola.
Quando lui finalmente si gira e alza lo sguardo non ho dubbi, perciò mi precipito da lui.
“SEI TORNATO A CASA!”
E ci abbracciamo fortissimo. Pensavo di non rivederlo mai più.
Quella sera, dopo cena, papà suona un po’ la fisarmonica per me e per mamma. Non sono mai stata così felice di sentirlo suonare. E anche la mamma. Glielo leggo in faccia.
“È bello sentirti suonare” gli dice, appena lui smette.
Non credevo l’avrebbe mai detto.
“Non sento più molto bene” confessa papà.
Già. Ci ha raccontato di un incidente avuto giusto due giorni fa, a causa del quale ora zoppica e ha perso parzialmente l’udito dall’orecchio destro.
Ma non fa niente. L’importante è che papà ora sia finalmente a casa.
“Vado a dormire” annuncia mamma, alzandosi. “Non fate troppo tardi, voi due”
Quando esce, papà mi guarda negli occhi. Avrei tante cose da chiedergli riguardo la guerra, ma papà è sfinito e non ci vuole molto a capire che non è un argomento che una persona che l'ha scampata per poco affronterebbe volentieri. Specie con sua figlia. Perciò, per una volta, tengo a freno la curiosità e non chiedo niente. Ci sarà di modo di farlo, in futuro. Magari a guerra finita.
“La mamma mi ha detto che cosa hai fatto”
Oh.
“Non avrei dovuto…” confesso.
“Oppure sì”
Non ne sono così sicura. Cioè, non me ne pento, ma riconosco che non era la cosa giusta. Ho rischiato grosso. Una sola parola e potevano portarmi via, chissà dove; la mamma sarebbe rimasta sola e sarebbe morta di dolore, probabilmente. Non sarei stata qui 
neanche per vedere il ritorno di papà.
“Non faccio che pensare a Max” spiego. “Mi chiedo dove sia”
Sono così contenta di poterlo finalmente dire a qualcuno.
“Anch’io” annuisce mestamente papà. “Non so che significato abbia tutto quello che ha passato lui, tutto quello che abbiamo fatto noi…”
A un tratto mi viene in mente ciò che mi aveva detto Max prima di dirmi che se ne sarebbe dovuto andare. Quando gli aveva chiesto cos’aveva fatto di tanto sbagliato papà, perché il soldato prendesse il suo nome.
Ha ricordato alle persone la loro umanità. Così aveva risposto Max.
“Siamo stati umani” dico, perciò. “Gli esseri umani fanno questo”
Papà mi fa un sorriso sincero e orgoglioso. “Liesel,” osserva, “sei cresciuta ormai”
Già. In effetti mi sento più grande. E se lo sono è 
soprattutto grazie a Max. Lui aveva capito tutto.
Alla fine, quella sera scendo in cantina e mi ritrovo a prendere il libro che mi aveva regalato Max. Un Mein Kampf completamente verniciato di bianco, così che io potessi riempirlo di parole.
Forse è il caso di cominciare. Mi sento meglio al solo sfogliare quelle pagine indurite… Mi ritrovo a pensare al mio strano ‘legame’ con i libri.
È iniziato tutto con la morte di mio fratello: lì, per la prima volta, mi sono ritrovata a rubare un libro. È capitato altre volte, in contesti diversi, ma c’era sempre una costante.
Sentivo l’instabilità della vita. Ogni volta che mi capitava di rubare un libro, sentivo tutto talmente fragile e instabile, da aver bisogno di qualcosa che rimanesse per sempre con me: appena morto mio fratello ne ho rubato uno; subito dopo la fiaccolata in piazza, quando per la prima volta qualcuno dall’esterno – Franz Deutscher l’idiota – mi ha detto ero una comunista e che avevo le stesse possibilità degli altri comunisti e degli ebrei di essere portata via
ne ho rubato un altro; ho cominciato a rubare libri con una velocità frenetica quando sentivo che perfino Max mi stava per scivolare fra le dita, quando si era ammalato.
Un libro sarebbe rimasto sempre mio. Nessuno me l’avrebbe mai portato via. Gli scrittori sono immortali perché sono immortali le loro opere. Ancora oggi ci ricordiamo di persone come Shakespeare, Victor Hugo, Lev Tolstoj, Mark Twain, e sono sicura che fra cent’anni il mondo di ricorderà ancora di loro. Perfino il Mein Kampf resterà sugli scaffali delle librerie. Forse è questo, il motivo che mi ha sempre spinta a rubare libri.
Così lo scrivo. Colgo al volo l’occasione che Max mi ha dato: scrivere.
Appoggio la matita sulla prima pagina e lascio che esca tutto quello che ho sempre voluto dire.
“Tutto quello che ho imparato è che la vita non fa promesse. Perciò meglio cominciare: ho sempre cercato di ignorarlo, ma so che tutto è cominciato con un treno, con la neve, e con mio fratello. Visto dall’automobile il mondo sembrava come un globo di vetro con la neve, e in un luogo chiamato Via del Paradiso, un uomo col cuore a fisarmonica e una donna vestita di tuoni aspettavano la loro nuova figlia. [...] Lui viveva sotto le nostre scale, come un gufo tranquillo e senz’ali, finché il sole dimenticò il suo viso. […] Il libro galleggiava lungo il fiume, come un pesce rosso, inseguito da un ragazzo coi capelli color limone. […] A Max, che mi ha dato gli occhi”
Quando finisco di scrivere ho la mano a pezzi ma il cuore leggero come non lo sentivo da tempo, e la testa mi crolla sulla scrivania.
Sento vagamente qualcuno che mi lascia un bacio sulla fronte, ma sono troppo stanca per svegliarmi del tutto.
   
 
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