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Autore: Marra Superwholocked    11/02/2019    1 recensioni
Ultimo capitolo della Trilogia delle impavide cacciatrici milanesi.
Durante il loro anno sabbatico, Catherine e Silvia avranno modo di capire se la caccia ai mostri fa realmente per loro. Tuttavia, da semplici cacciatrici in prova, si ritroveranno a dover escogitare un piano per eliminare la minaccia di Arimane, creatura malvagia scappata dalla sua Gabbia ai confini dell'Universo. Il Dottore le aiuterą anche questa volta? E Storybrooke da che parte starą?
Dal testo:
«Ed ecco a voi» disse Amnesha girando la scatolina bianca per mostrare alle cacciatrici il suo contenuto, «l'ultimo Fagiolo Magico.»
Genere: Angst, Fantasy, Sovrannaturale | Stato: completa
Tipo di coppia: Het, Crack Pairing | Personaggi: Belle, Emma Swan, Henry Mills, Regina Mills
Note: Cross-over, Missing Moments, Otherverse | Avvertimenti: Spoiler!
Capitoli:
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CAPITOLO II

In the shadows*

 

La notte era passata, lontana ormai da qualche ora. Le due ragazze si risvegliarono con le ossa mezze rotte ancora in macchina; non avevano trovato alcun posto in cui dormire e ne approfittarono per abituarsi alla vita da cacciatrici.
«Cathy...»
«Mhm» grugnì Catherine. «Per l'amor del cielo, mamma, lasciami dormire...»
Silvia non poté fare altro che sorridere e sistemarsi meglio sul suo sedile. Guardando fuori dal parabrezza, il parcheggio in cui erano arrivate era leggermente diverso da come lo aveva visto la notte precedente, una volta seminata quella creatura. Molte persone già entravano ed uscivano da quel che sembrava essere un supermercato e Silvia pensò bene di uscire dall'abitacolo e prendere qualcosa da mangiare per entrambe.
Difatti uscì e la prima cosa che le venne in mente, guardando il suo orologio segnare le 9.30, fu Sarà un anno fantastico con un leggero sorriso a colorarle il viso.
I suoi passi si sentivano forti e chiari per l'umidità che si era sdraiata a terra nelle prime ore del mattino, ma Silvia era la sola ad avere un'espressione angosciata. Per ben due volte pensò di lasciar stare la colazione e tornare indietro, ma se quella creatura avesse avuto l'intenzione di seguirli, l'avrebbe già fatto e ora Silvia non sarebbe lì a comprare due stupide fette di torta.
Poco prima dell'uscita del supermercato, poi, Silvia trovò una vecchia macchinetta del caffè. Fu così che, arrangiandosi come meglio potè, la giovane diede vita alla loro prima colazione da cacciatrici.
Quando Silvia fu di ritorno, ella trovò Catherine fuori dal pickup a parlare con un'anziana signora dai vestiti poco curati.
«Mai vista una cosa del genere in tutti i miei sessantasette anni di vita, mai!» stava dicendo la signora non così anziana come a Silvia sembrò appena la intravide, ma doveva avere proprio un cattivo alito perché Catherine cercava in tutti i modi possibili di allontanare la sua faccia da qulla della signora che continuava ad invadere il suo spazio personale.
«Mio marito ci ha quasi rimesso la gamba e a me ha morso la mano e graffiato l'occhio, guarda! Ho ancora le cicatrici» esclamò la signora con un forte accento toscano mentre mostrava i segni della lotta avvenuta davvero. Ella vide la ragazza impressionarsi e si ricoprì il polso alla svelta. «Comunque tu e la tua amica non dovreste mettervi nei guai. È una cosa seria, non una leggenda come pensano tutti.»
«Quale leggenda?» chiese Silvia che ormai era arrivata al suo pickup. L'anziana signora la scrutò un attimo e, quando intercettò il suo sguardo, a Silvia parve di svenire: era cieca da un occhio e una vistosa cicatrice le attraversava la fronte, passava sul povero occhio sinistro, cieco, e finiva sulla guancia sinistra. «I-io sono... Silvia» balbettò. Le sembrò la cosa più giusta da dire, in quella circostanza.
Dopo un attimo di silenzio imbrazzante, la signora si presentò a lei, ancora un po' diffidente. «Vittoria» disse senza scomporsi.
Silvia le sorrise e passò a Catherine un caffè porgendole anche il contenitore di plastica per farle prendere una fetta di torta. Vide l'amica sorridere alla vista del dolce: era fatto con gocce di cioccolato e pezzetti di banana, estremamente squisita, una bomba calorica, ma era anche la torta che la madre di Catherine aveva fatto il giorno prima della loro partenza.
«Scusate, ma ora è meglio che vada.» Vittoria gettò uno sguardo freddo in direzione di Silvia. «Non fate sciocchezze» aggiunse guardando Catherine negli occhi, la quale non rispose se non con un sorriso imbarazzato, poi la signora filò via.
Silvia sorseggiò il suo caffè squadrando Vittoria che si allontanava velocemente. «Gente strana ne abbiamo?»
Catherine ghignò per mezzo secondo, poi tornò seria. «Credo abbia intuito qualcosa.»
«Del tipo?»
«Che sei una wicca?» azzardò la minore e nel momento stesso in cui pronunciò quell'espressione se ne pentì.
«Ehi, lo dici come se fosse qualcosa di brutto!» esclamò Silvia fingendo risentimento. «Guarda che, tra le due, quella inquietante era lei!»
«In effetti...» Catherine sorrise, certa che quel piccolo malinteso non sarebbe mai sfociato in un'importante discussione... come sempre, del resto. Una volta rientrate in auto, Catherine addentò la sua fetta di torta. «Oh. Mio. Dio» esclamò lentamente.
Silvia mise in moto il pickup ed accese il riscaldamento. «Che c'è?»
«Assaggiala!» sussurrò. «Assaggia la torta!»
Silvia, che aveva appena finito il suo caffè, pose il bicchierino nella tasca rigida in basso alla portiera e assaggiò la torta. All'inizio sentì solo un sapore dolce per tutta la bocca, poi le sue papille gustative sembrarono concentrarsi meglio e... «Oh, mio Dio!» esclamò con la bocca piena. «Nulla da togliere a tua madre, ma questa è da orgasmo!»
«Già! Scusa, mamma...» disse un po' triste, ma poi aggiunse, più allegra: «Lode a te, pasticcere slash pasticcera che ha fatto questa squisitezza, noi ti adoreremo per il resto delle nostre vite e giuriamo fedeltà a te e solo a te. Amen!»
Silvia smise di masticare e guardò l'amica. «Seriamente?» Poi scoppiò a ridere buttando indietro la testa. Una risata incontrollata ed un tantino insensata ma fondamentale, poiché unica: Catherine sorrise e capì che avrebbe sempre potuto contare su quella matta che le siedeva accanto.


«Letto matrimoniale, giusto?»
«No, due singoli, grazie.»
«Mhm...»
Ma "Mhm" cosa? pensò Silvia, notevolmente irritata. Catherine, d'altro canto, sembrava divertita.
«Camera numero duecentosei. Ecco la chiave.» L'uomo che stava alla reception del piccolo ma ben tenuto motel in cui le due cacciatrici intendevano stabilirsi fino a caso chiuso sembrava una copia di Michel di Gilmore Girls; l'unica differenza era che l'uomo in questione era più pallido d'un lenzuolo.
In quel momento, rientrò dalla porta d'ingresso una cliente accompagnata dal suo splendido golden retriver. Silvia notò l'espressione nostalgica del receptionista e intuì il motivo del colore del suo viso.
«Ci dispiace per la sua perdita.»
Quando l'uomo tornò a guardare le due nuove clienti, esse avevano già preso le chiavi della loro camera ed erano salite sull'ascensore. Avrebbe voluto ringraziarle e dir loro in quale stato aveva ritrovato il suo pastore tedesco una volta rientrato a casa, ma non fece in tempo: Silvia e Catherine erano ancora molto inesperte da non vedere, e così raccogliere, ogni songolo indizio per i loro casi.


«Portatile. Caricatore. Cuffie» elencò Catherine disponendo i suoi attrezzi da lavoro sulla scrivania offerta dalla loro camera. Una parte di lei era così felice di iniziare una nuova vita, mentre l'altra, quella più razionale, stava già cominciando a calcolare ogni singolo pericolo in cui sarebbero potute incappare.
Silvia stava invece controllando la pulizia e l'igiene del loro bagno; sembrava a posto e quindi passò alle lenzuola del suo letto: anche quelle sembravano a posto. «A che ti servono le cuffie?» chiese cercando un secondo cuscino, magari più alto di quello del suo letto e degno di quel nome.
«Non riesco a concentrarmi col silenzio, lo sai» rispose Catherine imitando Silvia, la quale rise e le lanciò addosso un pacchetto di fazzoletti. «No, è che studiavo con la musica e mi è rimasta l'abitudine» continuò la piccola cacciatrice.
«Okay, fa' pure. Se hai bisogno di me, svegliami.»
«Perché, dormi?»
«Ehi, tu hai dormito per quasi tutto il viaggio! Permetti? Sono un po' stanca.»
«Ahh» sospirò scherzosamente Catherine. «La vecchiaia...»
Silvia si sistemò meglio sul letto e fece finta di non averla sentita. Quei due anni in più d'età non le pesavano affatto e non sentiva differenze tra se stessa e la sua migliore amica, ma ogni tanto, nel profondo, si sentiva davvero la sorella maggiore e vedere Dean Winchester passare la pala al fratello perché, non ancora quarantenne, non ha le forze necessarie per scavare una semplice buca la preoccupava un po'.
Silvia sentì poi le dita sottili di Catherine digitare veloci sulla tastiera del portatile. Aveva già tolto gli occhiali da vista e chiuso gli occhi quando un'ondata di agitazione la investì senza preavviso. E se i genitori di Catherine fossero venuti a sapere un giorno della vera natura del loro viaggio? E se fosse successo qualcosa a Catherine? E se fosse successo qualcosa a lei stessa? Catherine avrebbe avuto la forza di reagire e superare la situazione? Silvia non era del tutto certa che quel fenomeno di ragazza sarebbe riuscita a voltare pagina: spesso era Silvia stessa che spronava l'amica, seppur lentamente e con qualche difficoltà, non essendo molto brava in circostanze difficili.


«Silvia! Silvia!»
«Eh?! Cosa?! Che vuoi?!» le urlò addosso Silvia, sentendosi più agitata di prima.
«Ti sei addormentata e hai cominciato a fare dei versi strani. Come se ti stessi lamentando...»
«Mi succede spesso. Ogni volta che c'è qualcosa che non va.»
Catherine si accigliò. Ogni giorno che passava, i sensi di Silvia sembravano diventare sempre più forti. «In che senso?» le chiese con voce tremante, incerta sul voler sentire o meno la risposta.
Silvia chiuse un istante gli occhi, cercando di ricordare il sogno appena fatto. «Ricordi la volta in cui ho sognato mio zio che stava male?»
«Impossibile dimenticarlo» rispose Catherine mentre Silvia riapriva piano gli occhi. «Dopo due giorni, tuo zio è svenuto per un calo di pressione e da allora fai sempre sogni premonitori o qualcosa del genere» proseguì già intuendo cosa Silvia le avrebbe poi detto.
La wiccan rivolse lo sguardo verso il viso angosciato della migliore amica. I suoi occhioni scuri e a mandorla erano più preoccupati che mai e sembravano già sapere tutto. «Credo non c'entri col caso che stiamo seguendo, ma non è qualcosa da sottovalutare. Anche se la maggior parte dei miei sogni poi si rivelano essere semplici...sogni
«Sì, ma cosa hai sognato, si può sapere?»
«Buio. Ho sognato il buio, il nulla, il vuoto» sbottò Silvia. «Non vedevo assolutamente nulla, non c'era niente se non il colore nero ovunque mi sembrava di puntare gli occhi. Sopra di me nero, sotto nero, a destra e a sinistra nero... Solo buio» ansimò cercando di descrivere come meglio poteva ciò che aveva, o non aveva, visto.
Catherine, d'istinto, si tirò indietro con mezzo corpo, come per prendere le distanze da una wiccan da brividi. «Cosa può significare?» chiese impaurita.
«Non ne ho la più pallida idea» disse. Ma Silvia non era del tutto sincera. Anzi, per nulla: sapeva, come Catherine, che le loro vite scorrevano in parallelo con quelle di Sam e Dean Winchester – come se in due universi paralleli succedessero le stesse cose e fossero risolte da due coppie di Winchester differenti – ed era molto preoccupata. Silvia era alla pari con la messa in onda americana delle puntate di Supernatural ed era a conoscenza dell'arrivo dell'Oscurità mentre Catherine era solo all'ottava stagione e sapeva a malapena del ritorno di Abaddon.
Rischiare lo spoiler o rischiare la vita?
«Hai già trovato qualcosa sul nostro caso?» cambiò discorso Silvia. Doveva ancora pensarci se dire o no a Catherine a cosa stava pensando.
«S-sì» rispose Catherine, un po' sorpresa. «Ho scoperto che in questi ultimi anni ci sono state innumerevoli sparizioni di animali, soprattutto di cani ed è cominciato tutto da un vecchio pastore tedesco.»
Per Silvia fu estasiante: era così interessata che sembrava non sbattere nemmeno le palpebre. «Oh, credo di aver capito» sorrise facendole segno di proseguire.
«Il padrone del pastore tedesco» continuò la giovane cacciatrice, «è morto di vecchiaia circa cinque anni fa; lo hanno trovato due mesi dopo la sua morte, in casa, col suo fedele amico a quattro zampe al fianco. Era così denutrito da essere irriconoscibile. Inoltre, e qui ci avviciniamo alla soluzione del problema, ha vissuto nella sporcizia per ben due mesi e quando la polizia è entrata in casa dell'uomo, il cane ne ha approfittato per prendere l'uscio e scappare e nessuno lo ha più visto da allora... Ora prova ad immaginare lo stato in cui quel cane potrebbe trovarsi!» Catherine vide Silvia fare in quel momento una bruttissima smorfia. «Ah, e i presenti al ritrovamento del cadavere descrissero il cane come un animale selvaggio e rabbioso. Ti ricorda qualcosa?»
Silvia si alzò subito dal letto, entusiasta e raggiante. «Prima stagione, secondo episodio, Wendigo! Solo che non è un Wendigo, ma un Chupacabra perché non si tratta di un essere umano, ma di un animale!» esclamò vedendo Catherine farsi una sana risata. «Ricordi come fermarono il Wendigo?» chiese riferendosi ai Winchester.
Catherine frenò la risata all'improvviso. Era confusa. Come lo avevano ucciso? Sale? No, quello era per demoni e fantasmi. Decapitazione? No, vampiri. Rimanevano poche cose, tra cui... «Una pallottola d'argento?» chiese incerta.
«Ma no, Cathy!» sussurrò Silvia un po' delusa. «Fuoco! Col fuoco!»
Catherine ora ricordava: lo avevano abbrustolito ben bene, quel povero Wendigo... «Sei incredibile» riprese Catherine divertita. «Silvipedia: the free enciclopedia of Supernatural» rise. «Ma noi non abbiamo un lanciafiamme o roba del genere» puntualizzò poi camminando verso il suo portatile ancora acceso sulla scrivania.
Silvia ghignò. «Non avremo forse un lanciafiamme» disse in un tono accattivante, «ma qualcosa di simile ce l'abbiamo eccome!»
«Sarebbe?» chiese l'amica dopo un altro attimo di confusione.
«Ma io, ovviamente.»


«Okay, quindi ora sappiamo come porre fine a questa storia del Chupacabra, ma non sappiamo esattamente dove trovarlo.»
«Esatto» rispose Silvia sfogliando le pagine di un libro ingiallito dal tempo.
«E tu intendi trovarlo tramite un incantesimo di localizzazione.»
«Esatto. Mi servono solo un paio di cosette.» Silvia aveva già finito di guardare velocemente gli ingredienti dell'incantesimo dal suo librone e stava cercando in rete un posto lì vicino dove comprare il necessario.
«E non sarà pericoloso?»
«Come ogni tipo di magia, Cathy... Sì» rispose sinceramente Silvia continuando con la sua ricerca. «Ma della mia ci si può fidare perché uso incantesimi di magia bianca, rossa e verde. Lo sai bene che sono io la prima a non voler rischiare, con queste cose.»
«Certo.» Ma Catherine non era comunque a suo agio e Silvia lo percepì. Tuttavia, quest'ultima non amava obbligare Catherine a parlare e fu proprio il silenzio a farla aprire. «Prima, quando mi hai raccontato del tuo sogno, il buio... Hai detto che non sapevi che significato potesse esserci dietro.»
Silvia smise di cercare e alzò lo sguardo lentamente su Catherine. «Mh-mh» annuì.
«Non mi sembravi del tutto sincera, ecco.»
La maggiore scosse la testa sorridendo. Aveva un paio di lacrime agli occhi. Commozione? Paura? «Non posso e non riesco a nasconderti nulla, porca misera!»
«Nope» sorrise Catherine.
Silvia si sistemò le mani sul grembo e pesò bene le parole che intendeva utilizzare. «Okay, dunque... Cosa sai sull'Oscurità di cui si parla nella Sacra Bibbia?»


*https://www.youtube.com/watch?v=7gwO8-oqwFw (Tasto destro del mouse; Aprire in un'altra scheda)

   
 
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