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Autore: dreamlikeview    17/02/2019    3 recensioni
Il regno di Camelot è in guerra con il popolo dei druidi da tempo immemore e il capo dei druidi, Mordred, tende una trappola ad Arthur Pendragon, il re di Camelot, per mettere fine all'antica guerra tra di loro. Invece di uccidere il re, il druido lo manda con un incantesimo in un mondo nuovo, moderno, in cui il re del passato e del futuro incontrerà non poche insidie. Nel suo peregrinare, farà la conoscenza di Merlin Emrys, un giovane infermiere che sarà l'unico a tentare di dargli una mano. Riuscirà il re a tornare a Camelot e a porre fine alla guerra con i druidi? E se, invece, scoprisse l'amore, riuscirebbe a rinunciare ad esso per amore del suo popolo?
[Merthur, semi-AU, modern!Merlin, king!Arthur, time-travel, mini-long]
Genere: Commedia, Fantasy, Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: Slash | Personaggi: Merlino, Principe Artù | Coppie: Merlino/Artù
Note: AU, OOC | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Nessuna stagione
Capitoli:
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Desclaimer: I personaggi qui descritti non mi appartengono (niente, davvero, ho anche chiesto a mia madre di cercare il mio Arthur personale, ma nemmeno lei è riuscita a trovarlo, sad) niente di tutto ciò è finalizzato ad offenderli (forse giusto un po' a tormentarli, ma poi alla fine sono buona con loro) e non ci guadagno nulla, perdo solo la faccia in queste cose.

Avviso: L'OOC è nell'avviso della storia, anche se io ho cercato di mantenermi in linea con i personaggi (ma ahimé non ci riesco quasi mai e lo metto per sicurezza) inoltre l'ambientazione non è quella del telefilm, anche se c'è Camelot e tutto il resto. 
Enjoy!

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Era passato un mese dal giorno in cui ogni cosa era cambiata, ma Merlin non sembrava accorgersi che intorno a lui il mondo stava iniziando a cambiare, perché era immerso in una bolla di personale felicità e gioia, a tal punto da non rendersi conto di ciò che accadeva intorno a lui; iniziò ad accorgersene una mattina, lui si stava preparando per andare al lavoro, mentre Arthur era impegnato a cercare qualcosa sui libri – Merlin ancora non aveva capito cosa sperasse di trovare su quei libri che parlavano solo di una leggenda – e il biondo arrivò trafelato da lui con l’espressione stravolta, come se avesse visto un fantasma.
«Merlin» lo chiamò Arthur, entrando in camera da letto con un libro tra le mani «Questo libro ha qualcosa che non va».
«Perché?» chiese alzando lo sguardo verso di lui, senza capire.
«Guarda, l’ultima volta che l’ho letto diceva che io sarei morto a Camlann per mano di Mordred» disse stupito, sedendosi accanto a lui sul letto «Adesso invece pare che io sia morto prima di quella battaglia in condizioni misteriose» disse con fare stranito «Che cosa significa, secondo te?»
«Cosa?» sbottò Merlin spalancando gli occhi «In che senso?» chiese accigliato, strappandogli il libro dalle mani «Non è possibile» mormorò, leggendo il libro che il re, poco prima, stringeva tra le mani e spalancò gli occhi sorpreso e stupito; sembrava assurdo, eppure era vero, la verità era sotto i suoi occhi, ma non voleva accettarla: quello che la profezia gli aveva rivelato si stava realizzando. Non aveva ancora capito cosa significasse che il suo tempo sarebbe cambiato, e adesso una parte delle leggende che avevano alimentato il folklore del suo paese, anzi del mondo intero, per anni, secoli stavano cambiando. Allora era vero che un singolo evento cambiato nel passato, influiva sul presente come dicevano nei film di fantascienza. Maledizione e adesso cosa doveva fare?
«Non ti sembra strano?» gli chiese Arthur «Sembra che io sia sparito quando Mordred che mi ha mandato qui» affermò pensieroso il re «Visto? Aveva ragione mio padre, la magia non fa mai niente di buono» disse «Questo significa che succederà qualcosa anche in questo tempo?» chiese il re.
«Già…» mormorò Merlin, pensieroso «Temo proprio di sì, è come se la storia stesse cambiando sotto i nostri occhi» aggiunse; improvvisamente aveva un enorme groppo alla gola, e sapeva esattamente da cosa dipendesse.
«Forse quando tornerò a Camelot, potrò mettere in ordine questo pasticcio» disse il biondo con serietà «Come dicevano nel programma che guardiamo insieme?» domandò pensieroso «Con me qui, si è creato un para… qualcosa del tempo».
«Paradosso temporale» confermò Merlin, con un sospiro «Probabile».
«Non hai ancora trovato un modo per riportarmi a Camelot, vero? I tuoi incubi ultimamente sono più frequenti…»
«G-Già…» disse in un sussurro, abbassando lo sguardo. Cielo, era arrivato il terribile momento di dire tutta la verità e lui non era pronto, non lo era affatto.  
Dannazione, non era riuscito a fingere, aveva sentito il suo cuore spezzarsi, perché, come tutti gli altri, per un motivo o un altro, anche Arthur lo avrebbe lasciato solo, certo, la sua motivazione era ben più nobile rispetto a quella di tutti gli altri (tornare nel suo regno e salvarlo dalla distruzione e salvare anche il futuro, a quanto pareva) ma non cambiava il succo, lo avrebbe lasciato da solo, e avrebbe fatto male. Aveva cercato, in quel momento, di non farsi prendere dallo sconforto e dal senso di abbandono precoce, ma con scarsi risultati, Arthur se ne era accorto.
Merlin era felice, prima che Arthur tirasse fuori di nuovo l’argomento Camelot, iniziando a parlare dei paradossi temporali, chiedendogli se poi avesse scoperto qualcosa sul suo possibile ritorno a casa e lui si sentiva in colpa per non averne parlato prima, per essere stato in parte l’artefice di tutto quello.
«Non voglio lasciarti, Merlin, ma sono un re, e in quanto tale devo tornare dai miei cavalieri e aiutarli a sconfiggere i nostri nemici, cerca di capire». Il giovane aveva annuito e si era alzato in fretta dal letto, afferrando i suoi vestiti al volo e correndo nel bagno per rivestirsi. Codardo, non era riuscito a guardarlo in faccia e dirgli la verità.
«Devo andare al lavoro» disse in fretta, quando fu pronto per uscire «Ci vediamo all’ora di cena».
«Merlin, ho detto qualcosa…?»
«No» rispose «Sono in ritardo, ci vediamo dopo» disse interrompendolo, gli diede un rapido bacio sulla guancia e corse via, afferrò la sua tracolla prima di correre fuori dall’appartamento, per evitare che Arthur facesse altre domande. Sapeva cosa sarebbe successo quel giorno, non poteva più rimandare ormai.
 
Il re era rimasto parecchio sorpreso quando aveva visto la reazione di Merlin; insomma, anche lui aveva il cuore dilaniato ogni volta che pensava al suo ritorno nel suo regno, ma era consapevole che quello fosse il suo dovere; sapeva che Merlin ci stava male, e che sarebbe stato male in futuro, e lui non voleva abbandonarlo, anche se quello era il suo dovere. Ultimamente il moro non voleva parlare degli incubi, ogni volta che lui chiedeva, l'altro rispondeva che erano sempre gli stessi e niente cambiava, ma lui lo aveva visto nel suo sguardo che qualcosa fosse diverso in essi, perché il moro si risvegliava sempre terrorizzato, singhiozzante e sudato, lo cercava quasi disperato e poi si gettava su di lui e piangeva ancora più forte e prima non capitava mai. Non sapeva davvero cosa pensare, cosa fare, come comportarsi. Poi quella mattina aveva avuto come un sentore, una strana sensazione che l’aveva spinto a prendere quel libro, in cui aveva visto una parte della sua storia svanire nel nulla. Com’era possibile? Era stregoneria quella? Uno stregone era entrato in casa loro? E come aveva fatto lui a non accorgersene? O forse era davvero il tempo che cambiava, perché lui era in un tempo che non gli apparteneva?
Stava accadendo qualcosa, qualcosa di molto strano e lui era intenzionato a scoprire di cosa si trattasse. E poi la reazione di Merlin di quella mattina l’aveva lasciato perplesso; c’era qualcosa di cui il moro non voleva parlargli, ma ignorava di cosa si trattasse. Sospirò guardando fisso il punto in cui era sparito, sperando, per un momento, che tornasse da lui, per scusarsi o per dargli una spiegazione per quello strano atteggiamento, ma non era tornato.
Dato che lui non era una ragazzina, che restava lì ad interrogarsi su questioni come quelle, si alzò e si dedicò ai suoi allenamenti con la spada e poi decise di andare a fondo di quella storia; così prese tutti i libri riguardanti la sua storia e quella di Camelot, che Merlin aveva comprato, e iniziò a leggerli, uno alla volta, cercando in ognuno di essi un indizio che potesse riportarlo a casa o che lo aiutasse a venire a capo di tutta quella storia. L’unica cosa che capì fu che il suo corpo era stato dato per disperso nelle acque di Avalon o qualcosa del genere, dopo una battaglia contro i druidi che in realtà non era mai avvenuta; il re finì per addormentarsi dopo aver letto parte del primo e parte del secondo libro, quei libri erano terribilmente noiosi, più noiosi dei resoconti quotidiani che gli portava sir Leon alla fine di qualunque giornata. Se doveva essere sincero con se stesso gli mancava Camelot, gli mancavano i suoi cavalieri e sua sorella, le liti con lei e le lunghe chiacchierate che facevano davanti ad un camino acceso, gli mancavano gli allenamenti e le battute di caccia, gli mancava combattere per il suo popolo, gli mancava il suo popolo, e le missioni, le cavalcate nei boschi, le giostre e i tornei; ogni cosa del suo periodo, così lontano da quello che stava vivendo, gli mancava; sentiva anche l’incombenza della protezione del suo popolo, dell’imminente battaglia contro i druidi, a cui sarebbe seguita quella con i sassoni, e tante altre che avrebbero portato il suo reame allo splendore. Quello che poi un giorno Merlin avrebbe scoperto e letto sui suoi libri – anche se non corrispondeva esattamente alla verità – e che sarebbe diventato una leggenda. Assurdo, ancora non riusciva a credere che quel mondo nuovo considerasse la sua storia una leggenda, era semplicemente assurdo. Su un libro era stato anche definito Il re del passato e del futuro, il re in eterno e cose del genere. E adesso quella storia stava cambiando perché un druido aveva fatto un maleficio ai suoi danni e aveva scombussolato ogni cosa. E più il tempo passava, più si rendeva conto di dover tornare a Camelot, e di dover dire addio a Merlin. Ecco, un altro regalo del druido, l’aveva fatto andare in un tempo diverso dal suo e lì aveva incontrato l’amore, il suo cuore aveva iniziato a battere di nuovo per qualcuno e adesso… lo avrebbe perso per sempre, una volta tornato a Camelot, non ci sarebbe stato più alcun modo per lui, per poter rivedere il moro. Prima o poi, lui e Merlin avrebbero dovuto affrontare il discorso, ma codardamente non sapeva quando e come affrontarlo. Come avrebbe mai potuto spezzargli il cuore? Mentre era assopito con la testa appoggiata sul tavolo, sognò se stesso, come re, e Merlin, come suo servo, a Camelot, che vivevano un amore burrascoso e nascosto, tra le mura del castello di Camelot tra litigi, improbabili salvataggi e avventure, stregoni e creature magiche. Si ritrovò a sorridere deliziosamente quando si risvegliò e pensò a quanto sarebbe stato bello poterlo portare con sé nel suo regno.
 
 
Merlin aveva notato alcune cose strane quel giorno, mentre camminava per la città, alcune cose non gli sembravano le stesse, ma non riusciva ancora a capire bene quali fossero cambiate, aveva anche udito dei passanti parlare di un drago bianco che aveva sorvolato la città, sparendo tra le nuvole. Ma una cosa del genere non era possibile, giusto? O forse sì? Che fossero gli effetti della presenza anacronistica di Arthur nel suo mondo? Ma era davvero possibile? Non erano cose che accadevano nei libri, film e serie tv di fantascienza? E poi, mentre ascoltava quelle storie assurde e notava altre cose ai suoi occhi strane, aveva ricordato le parole dell’uomo in overdose che era arrivato all’ospedale proprio il giorno in cui Arthur si era dichiarato. Quale scherzo del destino era stato quello? Ricevere una notizia del genere, il giorno in cui l’uomo, del quale era innamorato, si dichiarava; la sfortuna. L’uomo misterioso aveva detto che se Arthur non fosse tornato nel suo regno a ripristinare l’ordine e a salvarlo dalla minaccia nemica, allora anche il suo mondo sarebbe cambiato. E, dopo le parole del re di quella mattina e ciò che stava udendo in strada, si era reso conto di aver taciuto quella cosa troppo a lungo, e che, non appena Arthur l’avesse scoperto, sarebbe andato su tutte le furie e probabilmente l’avrebbe lasciato senza nemmeno permettergli di spiegarsi. E avrebbe avuto ragione. Non poteva più tacere, non con tutte le cose assurde che stavano accadendo, doveva fare qualcosa per risolvere la situazione.
Così si fece coraggio; prima di tornare a casa, passò al fast-food (Arthur era diventato dipendente dai milk-shake e lui si divertiva a prenderlo in giro, dicendogli che prima o poi i suoi muscoli sarebbero stati sostituiti da altre rotondità e avrebbe dovuto allargargli tutte le cinture, Arthur si indignava sempre, perché “io non sono grasso” diceva ogni volta) comprò tutte le cose che Arthur adorava, e poi tornò a casa, deciso a parlargli. Il suo rientro fu meraviglioso come al solito, un Arthur particolarmente dolce lo accolse, gli tolse la busta del fast-food dalle mani e lo attirò contro il proprio corpo. L’infermiere tremò appena e si godette quell’ultimo momento con lui.
«Merlin» lo salutò il biondo, abbracciandolo immediatamente «Stamattina sei uscito così in fretta, e non hai risposto a nessuna delle mie missive!» esclamò «Mi hai fatto preoccupare, di solito mi avvisi quando passi a prendere il cibo in quel posto» gli disse, prima di baciarlo come sempre, facendolo volare sopra le nuvole, ma Merlin stavolta non si sarebbe lasciato distrarre, gli avrebbe parlato di quello che era successo, e ne avrebbe pagato le amare conseguenze. Conoscendo Arthur, non gli avrebbe perdonato l’aver taciuto una cosa così importante per lui (la sua missione, fin da quando era arrivato, era sempre stata tornare a Camelot dai suoi uomini e dal suo popolo) e sapeva che lo avrebbe aiutato a tornare a casa, nonostante la sofferenza che la loro separazione avrebbe provocato. Lo avrebbe aiutato, anche se avessero litigato quella sera, lo avrebbe aiutato in ogni caso.
«Arthur, dobbiamo parlare» disse deciso.
«Sì, lo immagino» disse il biondo con un sospiro «Sei parecchio teso negli ultimi giorni, Merlin» gli disse il re, scrutandolo con i suoi occhi di ghiaccio «Sei stanco? È stata una giornata molto stressante per te?» chiese «O è stato ciò che ci siamo detti stamattina?»
«Arthur…» mormorò afflitto. Santo cielo, quanto si sentiva stronzo ad avergli nascosto quella cosa? Arthur era davvero premuroso e dolce nei suoi confronti, e lui era stato un codardo a non parlargli di ciò che era successo, ma lo aveva sul serio fatto senza cattiveria, era solo disperatamente innamorato di lui.
«Ascolta, ceniamo e poi… ne parliamo, ti va?» chiese il re, con fare premuroso.
«Sì, ne parleremo durante la cena» disse il moro, sperando di avere il coraggio sufficiente a dire tutto, senza il timore che l’altro lo respingesse; sapeva che sarebbe successo, in ogni caso.
«Bene» disse il re, sorridendo e trascinandolo nella cucina. Iniziarono a cenare in completo silenzio, Arthur scrutava Merlin per capire cosa gli passasse per la mente e Merlin scrutava il re cercando di trovare le parole giuste per dirgli tutto.
«Allora… cosa è successo?» domandò il biondo «Ha a che fare con me?»
«Sì, ma… non quello che pensi tu» disse sospirando, era ora di sputare il rospo; allungò delicatamente una mano verso la sua e gliela sfiorò con gentilezza, poi lo guardò negli occhi «Promettimi che non ti arrabbierai troppo con me» disse, sperando in modo patetico di riuscire a contenere i danni.
«Di che stai parlando? Non potrei mai arrabbiarmi con te» ribatté Arthur scioccato «A meno che tu non abbia incontrato un altro uomo e voglia lasciarmi per lui. In quel caso, mi arrabbierei, certo, poi getterei il guanto di sfida a questo bruto e lo ucciderei con la spada».
«Non scherzare, Arthur, sto cercando di fare un discorso serio…»
«Sono serio. Non ti permetterò di scappare con un altro uomo senza combattere» affermò.
«Non c’è nessun altro uomo» sospirò, scuotendo la testa «Non potrebbe mai esserci. Ci sei solo tu, ma…» deglutì, «Ti prego, promettilo».
«D’accordo, se ti fa stare meglio, lo prometto» disse. Arthur adesso lo guardava preoccupato, come se si aspettasse una qualche verità terribile su di lui.
«È successa una cosa strana all’ospedale» iniziò, cercando le parole giuste da dire.
«Qualcuno ti ha fatto del male? Devo difendere il tuo onore?» chiese il re, interrompendolo di nuovo.
Ma perché non taceva un secondo e lo faceva parlare? Perché doveva rendere difficile ogni suo tentativo? Dannazione.
«No, niente di tutto ciò, ti prego, lasciami parlare e ascolta, è già difficile così» sospirò, Arthur comprese la sua difficoltà e la serietà nelle sue parole, quindi si zittì «Al pronto soccorso è arrivato un uomo in overdose di eroina» deglutì «Mi stavo occupando di lui, quando all’improvviso si è svegliato, come se fosse posseduto e ha detto qualcosa… qualcosa su di te» raccontò «Le sue parole erano come una profezia, come quella dei sogni, hai presente?» chiese, il biondo annuì «La cosa più assurda è che… ricordi quando ti dissi che mi sentivo seguito? Osservato quando ero con te?» domandò, l’altro annuì di nuovo senza capire bene «Ho il forte sospetto che siano la stessa persona, potremmo aver trovato il tuo stregone».
«Okay» Arthur annuì, iniziando a capire, forse i sogni strani di Merlin erano segni premonitori, forse era tutto il cerchio che si chiudeva con il suo ritorno a Camelot «E che ha detto?»
«Che devi tornare dal tuo popolo, a ristabilire l’equilibrio e l’ordine nel tuo regno per salvare passato e futuro e che… sul lago di Avalon troverai le risposte» spiegò, ricordando le parole esatte. Era come se, dopo averle sentite, le avesse impresse dentro di sé.
«Il lago di Avalon» mormorò pensieroso il re «Esiste ancora il lago di Avalon?» chiese. Merlin scosse la testa.
«Il lago no, ma se non sbaglio c’è una città qui in Inghilterra che dovrebbe corrispondere a quello… non ricordo bene, farò delle ricerche» disse brevemente, deglutendo. Tremava, perché Arthur ancora non si era arrabbiato, e sembrava solo intenzionato a scoprire dove dirigersi per compiere il suo destino. Forse era stato un bene che non l’avesse detto subito, in questo modo era riuscito a vivere uno dei mesi più belli della sua intera vita, e lo avrebbe ricordato per sempre.
«Sì, d’accordo» disse con serietà «Sapere queste cose ci è d’aiuto, anche per tutte le cose strane che stanno succedendo nel tuo mondo, giusto?» domandò il re, l’altro non poté che annuire alle sue parole. Sembrava averla presa bene tutto sommato. «Ottimo, allora dobbiamo solo fare queste ricerche. Prendi l’aggeggio che rivela le verità!»
Il moro annuì di nuovo e si sbrigò ad andare a prendere il suo portatile per fare delle ricerche sul leggendario lago di Avalon, che, secondo le leggende, era la tomba del famoso eroe delle leggende arturiane, lo stesso eroe che era lì davanti a lui in carne ed ossa. Era una situazione assurda che faceva girare la testa, e lui, che aveva avuto la chiave per risolverla tra le mani per almeno un mese, era stato un idiota a tacere e a non rivelare nulla. Maledizione.
Quando tornò da Arthur, il re lo guardava con uno sguardo indagatore, ma non diceva nulla, Merlin lo imitò e restò in silenzio, si limitò a sedersi e poi accese il PC cercando di non guardare verso di lui, lo sapeva, lo sapeva. Stava cercando di capire il suo sporco segreto, stava cercando la verità.
«Merlin?» lo chiamò, con il tono serio, quello che non ammetteva alcuna replica.
«Sì?»
«Da quanto tempo sai della profezia?» il moro alzò gli occhi verso di lui, come l’aveva capito? Il re sembrò leggergli nella mente quella domanda, perché subito aggiunse «Hai detto che non dovevo arrabbiarmi, come potevo arrabbiarmi se avevi scoperto una cosa del genere? Quindi te lo richiedo, da quanto tempo lo sai?» chiese con voce ferma «E non mentirmi».
«Io… ecco, è successo un mese fa» Arthur spalancò gli occhi, Merlin tremò davanti alla sua espressione «La sera che ti sei dichiarato, io… volevo dirtelo, davvero, ma… non volevo rovinare il momento e non ho mai… trovato il momento giusto, ecco» non voglio lasciarti andare via, fu l’aggiunta che non espresse ad alta voce «E non credevo che sarebbe successo… questo!» esclamò gesticolando, come ad intendere tutte le cose strane che accadevano, dal libro che cambiava, alle cose assurde che aveva udito in strada.
«Un mese… equivale ad una luna, giusto?» chiese, Merlin annuì «Una luna intera» era troppo serio, aveva lo sguardo duro e la mascella contratta, essi quasi gli fecero paura. Senza rendersene conto, l’infermiere iniziò a tremare più forte e sobbalzò, quando un pugno del re si abbatté contro la superficie del tavolo, facendo tremare ogni cosa «Una luna! Dannazione, sai quanto sia importante per me tornare a casa! Sai quanto mi importi del mio popolo! E non mi hai detto niente, niente!» esclamò.
«T-Ti prego, Arthur, hai promesso…» mormorò tremante, gli occhi già velati di lacrime e il cuore che batteva forsennatamente nel suo petto «Calmati…» lo pregò.
«Calmarmi? Calmarmi? Hai nascosto una cosa così importante per me, ci lavoriamo da quando sono arrivato in questo assurdo tempo! Abbiamo sempre cercato una via per il mio ritorno a Camelot e tu ce l’avevi tra le mani e non mi hai detto nulla, mi hai ingannato!» esclamò arrabbiato «Senza contare che hai messo in pericolo anche il tuo mondo, ma ti rendi conto di quello che hai fatto?» gli urlò contro, fuori di sé. Merlin deglutì e cercò di trattenere le lacrime, sapeva che lui avesse ragione, sapeva di meritarsi quel trattamento, ma faceva male.
«No, non ti ho ingannato… non dire così…» mormorò con la voce tremante, e gli occhi già lucidi.
«Lo hai fatto invece, mi hai ingannato, mi hai nascosto la verità e hai giocato con i miei sentimenti» disse, scuotendo la testa, deluso e amareggiato «Perché non mi hai detto nulla? Perché hai continuato a nascondermelo?»
«Non volevo perderti» sussurrò con la voce che tremava «Non volevo che andassi via» confessò a bassa voce, mentre una lacrima traditrice si liberava sul suo volto «Non volevo che mi lasciassi solo, perché ti amo» disse ancora «Mi dispiace non avertelo detto, davvero, ma… era tutto così bello con te, che… sono stato egoista, lo so, ma mi dispiace davvero e…» lasciò il pc e si avvicinò a lui, guardandolo «Ti prego, perdonami… non essere arrabbiato con me, se questi sono i nostri ultimi giorni insieme, Arthur…» sussurrò portandogli una mano sulla guancia con delicatezza «Ti prego, io ti amo, lo sai…» Arthur lo guardò duramente e scosse la testa, scacciò la sua mano e voltò il viso altrove.
«No, io non posso amare un traditore» disse, la voce dura, ma anche rotta «Non avresti dovuto mentirmi, Merlin» disse, prima di sparire nella sua stanza, chiudendosi la porta alle spalle con forza, senza nessun’altra parola, lasciandosi dietro un Merlin distrutto, con il cuore a pezzi e in lacrime, la cui unica certezza, in quel momento, era di aver perso per sempre Arthur, ed essere stato lui la causa del suo allontanamento.
 
Arthur sbatté la porta della sua camera alle sue spalle e trattenne un urlo di frustrazione. Dannazione, si sentiva tradito e deluso, avrebbe desiderato con tutto il cuore odiare quel giovane che con tanta tranquillità gli aveva mentito in quel modo per una luna intera, ma non riusciva, pur restando arrabbiato con lui. Per tutta la durata della loro relazione, Merlin aveva saputo quel dettaglio così importante; se lui avesse saputo prima di quella svolta, non avrebbe mai iniziato nessun rapporto; avrebbe semplicemente fatto i bagagli e se ne sarebbe tornato a Camelot senza voltarsi indietro, anche se l’avrebbe fatto con il rimpianto di non aver tentato un qualunque approccio con Merlin – ma il suo regno veniva prima di tutto, anche di se stesso e dei suoi sentimenti. Probabilmente l’idea di partire, se le cose fossero andate in quel modo, non avrebbe fatto tanto male. Quando Merlin gli aveva detto della profezia, il suo cuore si era scisso: da un lato il re di Camelot, colui che doveva tornare nel regno per portare la pace, dall’altro l’uomo innamorato, lui stesso, che dopo tanto tempo aveva iniziato a provare di nuovo l’amore a causa di un meraviglioso giovane infermiere del ventunesimo secolo che con la sua gentilezza e la sua semplicità gli aveva fatto battere il cuore come mai nessuno ci era riuscito. Maledizione, sentiva il cuore esplodere a causa delle contrastanti emozioni. E poi c’era stato il momento in cui aveva sospettato, il momento in cui aveva visto nello sguardo di Merlin qualcosa che non andava, qualcosa che lo aveva bloccato e l’aveva spinto a chiedere. E la verità era venuta fuori, dura e cruda, senza mezzi termini. E non poteva credere a quanto era appena accaduto: Merlin, il suo Merlin, il suo onesto Merlin gli aveva mentito, gli aveva nascosto una verità così importante, gli aveva nascosto di sapere una cosa così importante sul suo futuro, gli aveva nascosto di aver udito una profezia da un uomo che, apparentemente, li stava seguendo, fin da quando lui era arrivato in quella bizzarra città moderna, Londra. E poi chi era quell’uomo? Perché aveva parlato con il moro e non con lui? Potevano fidarsi di lui? Perché doveva andare al lago di Avalon? Sì, sapeva che il lago fosse dimora di alcune creature magiche, ed era stato lì solo quando era stato realmente necessario al suo regno, ma non capiva come potesse trovare le risposte lì, né come Merlin potesse aiutarlo. Era davvero furioso con lui, anche se una piccola parte di lui (quella nascosta più in profondità del suo cuore) gli era grata per averlo fatto, perché aveva potuto sperimentare per la prima volta dopo tanti anni l’amore, quello vero che faceva tremare il cuore e l’anima; gli aveva fatto capire che anche per lui era possibile amare ancora. Santo cielo, il modo in cui si era rivolto al ragazzo… Non volevo perderti, non volevo andassi via, non volevo mi lasciassi solo, ti amo, erano queste le motivazioni per le quali Merlin gli aveva mentito e sì, non poteva biasimarlo, perché nemmeno lui voleva dire addio al moro, ma era suo compito tornare a Camelot, dai suoi cavalieri e salvare il suo regno, Merlin lo aveva sempre saputo, allora perché mentirgli? Perché rischiare una litigata?
Per le stesse motivazioni che ti ha dato – si disse mentalmente, il giovane non gli aveva detto niente, perché troppo innamorato di lui, non glielo aveva detto perché non voleva perderlo (per quanto il suo cuore si sentisse lusingato da ciò, la sua mente non poteva accettarlo). Lo aveva visto piangere, dopo le sue parole dure e si era sentito in colpa per averlo ridotto in quel modo, ma come poteva dire di non essere arrabbiato? Come poteva sostenere ancora una conversazione civile con lui, quando era così deluso e amareggiato? Era stato per evitare di ferirlo ancora, se si era rifugiato nella sua stanza.
Forse avrebbe fatto bene ad aspettare che il nervosismo passasse e poi tornare a parlargli, sapeva con certezza che non sarebbe riuscito a restare arrabbiato con lui a lungo, ma aveva bisogno di rimettere insieme le idee e capire cosa fare in seguito, perché in un modo o nell’altro sarebbe tornato a Camelot e sia lui che Merlin avrebbero sofferto la separazione. Doveva trovare un modo per evitare il dolore ad entrambi, sarebbe stato il suo ultimo regalo per Merlin.
Il momento che temeva era arrivato e soffriva al solo pensiero di andare via da lì. Soffriva al solo pensiero di lasciare Merlin, perché era stato l’unico che gli aveva prestato soccorso in quel mondo incivile, era stato l’unico che l’aveva accolto in casa sua senza troppe domande, era stato l’unico a cui aveva permesso di rivolgersi a lui in modo ineducato, era stato l’unico al quale aveva permesso di sfondare il muro che aveva eretto tra sé e i sentimenti, fin da quando aveva perso l’amore della sua vita. Merlin era stato il primo che, dopo tanto tempo, aveva permesso al suo cuore di tornare vivo, e adesso sarebbe stato costretto a dirgli addio. Questo avrebbe aperto un’altra dolorosa ferita, che a fatica sarebbe riuscito a chiudere stavolta. Doveva lasciarlo, per tornare nel suo regno e seguire il suo dannatissimo onore, non poteva tirarsi indietro, non poteva lasciare il suo mondo in un mare di disordini e scompiglio, non poteva abbandonare il suo popolo, la sua gente e non poteva lasciare i suoi cavalieri senza una guida; era il suo destino tornare, era scritto nelle stelle che quel giorno sarebbe arrivato. Doveva tornare perché il suo popolo aveva bisogno di lui, eppure, non voleva lasciare Merlin da solo, non riusciva ad immaginare come sarebbe stato triste non averlo più intorno, non sentire più la sua risata o la sua voce; ma doveva rinunciare al moro per il bene del suo popolo. Pian piano la rabbia iniziò a scemare, forse era stato troppo crudele con lui, era certo che non avesse agito così con cattiveria, ma solo per amore; Merlin era fisicamente incapace di essere crudele, lo sapeva benissimo, perché il cuore di Merlin era puro e privo di crudeltà.
Sentì dei passi nel corridoio e si avvicinò alla porta, appoggiò l’orecchio su di essa e sentì quella della camera del moro chiudersi con un tonfo e poi udì chiaramente dei singhiozzi, quelli di Merlin, gli si strinse il cuore a sentirlo così, e non osò immaginare come quel ragazzo, tanto sensibile e pieno di buoni sentimenti, sarebbe stato quando gli avrebbe detto addio. Restava un’unica cosa da fare, per salvare il cuore di entrambi: doveva tenersi lontano da lui, fingere di essere arrabbiato, respingerlo e ferirlo, in modo da farsi odiare da lui e far sì che la loro separazione facesse meno male, in modo che Merlin potesse dimenticarsi di lui, era una soluzione estrema, quasi un’azione alla Uther Pendragon, ma non poteva fare altrimenti: doveva allontanare Merlin da sé per poter riprendere in mano la sua vita e tornare a Camelot. Tenerlo a distanza, avrebbe tenuto sedati anche i suoi sentimenti e tutto sarebbe andato bene, sì; era certo che con il senno di poi avrebbe capito da solo il senso della sua azione e si sarebbe reso conto che era stato meglio così. Cos’altro poteva fare, altrimenti? Perdonarlo, continuare il loro idillio meraviglioso e poi spezzare brutalmente il cuore di entrambi tornando a Camelot? Poteva farlo? Sarebbe sopravvissuto? Lui sì, ma il suo cuore si sarebbe inevitabilmente spezzato (come, d'altra parte, era appena successo).
Forse così, si disse, avrebbe fatto meno male, e poi sarebbero riusciti a stare bene entrambi, un giorno.
 
§§§
 
«Arthur…» mormorò Merlin, quando lo vide entrare in cucina, la mattina dopo il litigio, il biondo entrò senza guardarlo, fermamente deciso della sua scelta. «Ascolta, io…»
«Considera qualsiasi rapporto tra me e te chiuso» proferì il re con il tono fermo e duro, senza guardarlo negli occhi, guardarlo negli occhi sarebbe stato un errore «Non sopporto i bugiardi e i menzogneri» disse ancora; poté chiaramente sentire il cuore di Merlin spezzarsi e crollare sul pavimento con un tonfo, non poteva fare altrimenti: perdonami – pensò il re – lo faccio per tutti e due. Quanto gli stava costando parlargli in quel modo? Arthur sentì un pugno nello stomaco, vedendo lo sguardo perso di Merlin. Sapeva che sarebbe successo, non avrebbe mai dovuto lasciarsi andare ai sentimenti, non avrebbe mai dovuto illudersi e illuderlo, perché sapeva che il giorno della separazione sarebbe arrivato, aveva voluto far finta di non vederlo, fino a che aveva potuto, ma il suo destino era tornare a Camelot, lo aveva sempre saputo.
«Ti prego, Arthur, ascoltami…» cercò di dirgli, avvicinandosi a lui. Arthur fece un passo indietro, scuotendo la testa, per un secondo il suo sguardo incrociò quello di Merlin e fu sul punto di mandare a monte il suo geniale piano – ti prego, non guardarmi così… – non poteva permettersi nulla del genere, non più, non poteva cedere all’affetto e ai sentimenti, non di nuovo. Non quando il destino del suo regno era nelle sue mani.
«No» ascoltarlo avrebbe fatto male, avrebbe fatto del male ad entrambi e non avrebbe potuto fare la cosa giusta.
«Ma io ti amo…» lo disse con una vocina così sottile che il cuore del re si strinse in una morsa dolorosa, santo cielo, i suoi occhi pungevano, come se delle lacrime volessero uscire da essi, ma non avrebbe ceduto, sarebbe rimasto sulla sua posizione fino a che non avrebbe trovato un modo di interpretare la profezia.
«Io no» mentì, con la volontà di ferirlo; vide i suoi occhi sgranarsi e sentì il suo cuore rimpicciolirsi davanti ad essi e si riempì in fretta un bicchiere d’acqua, bevve davvero velocemente e tornò nella sua stanza, chiudendosi in fretta la porta alle spalle, lasciandosi andare in un sospiro frustrato; e a causa di quel sentimento una lacrima rigò la sua guancia, l’asciugò in fretta, fingendo che non fosse accaduto. Dannazione, era da tempo che non si sentiva così distrutto, sembrava che i vecchi sentimenti che aveva provato quella prima volta, quella primissima e unica volta a Camelot, fossero tornati a galla in fretta, e Arthur sapeva di dover mettere una fine a tutto quello, e forse così, dicendogli di non amarlo, avrebbe reso meno dolorosa quella separazione. Allora perché sentiva il cuore sanguinare, adesso? Perché sentiva le lacrime al solo pensiero di averlo ferito? Al solo pensiero di averlo visto così devastato?
Doveva convincersi che quella era la soluzione migliore, quella più ovvia. E doveva cercare qualcuno che lo aiutasse a raggiungere il lago di Avalon, perché era sicuro che, dopo il suo crudele trattamento, Merlin non avrebbe più voluto avere a che fare con lui (ed era proprio questo il suo scopo, per tenerlo al sicuro).
 
Merlin non si aspettava di vederlo uscire dalla stanza, non si aspettava di vederlo in cucina, credeva si sarebbe rinchiuso nella stanza e ne sarebbe uscito solo dopo aver sbollito la rabbia; invece lo aveva raggiunto e lui si era illuso che volesse parlare con lui, ascoltare le sue ragioni, invece gli aveva detto quelle cose, spezzandogli il cuore.
Appena lo vide sparire dietro la porta della sua stanza, il moro si portò una mano alla bocca, trattenendo un conato di vomito. No, Arthur era solo arrabbiato, non poteva aver detto davvero di non amarlo, per la seconda volta. Quel "Non posso amare un traditore" e quel "No" risuonavano minacciosi nella sua mente e si sentiva uno straccio, una pezza. Ma doveva risollevarsi come aveva sempre fatto, in fondo, da quante storie finite male era uscito? Eppure con Arthur non era la stessa cosa, sapeva che in lui ci fosse qualcosa in più, rispetto agli altri. Avrebbe solo voluto non essere tanto stupido e avergli detto prima dell’uomo, avrebbe voluto essere più forte, ma era stato codardo e adesso doveva pagare in quel modo le sue azioni, certo, lo sapeva. Ma non faceva meno male convincersi di ciò. Represse un singhiozzo contro la mano e poi cercò di darsi un contegno – per fortuna quel giorno non doveva lavorare, altrimenti sarebbe stato davvero un dramma con Freya e i suoi colleghi. Ironia della sorte, quando aveva preso quel giorno di festa dal lavoro, aveva organizzato un vero appuntamento con Arthur. Aveva programmato tutto per quel giorno, di restare tutto il giorno in sua compagnia, magari spiegandogli qualcosa sulle cose moderne che ancora non conosceva o guardando insieme la televisione, e di uscire con lui la sera, di portarlo in un piccolo ristorante italiano non troppo lontano da casa sua, e fargli provare del cibo vero e non il fast-food o la sua abbastanza discutibile cucina (anche se Arthur l’apprezzava particolarmente); lo avrebbe portato in un quartiere tranquillo per una passeggiata romantica (magari Notting Hill e avrebbero potuto fare come Hugh Grant e Julia Roberts nel film, entrare in un giardino privato e appostarsi su una panchina e baciarsi fino a consumarsi le labbra) e poi sarebbero tornati a casa e la serata si sarebbe conclusa nel miglior modo possibile. Ecco, avrebbe fatto così, ma non l’aveva fatto perché aveva deciso di rivelare ad Arthur la profezia, e il biondo non aveva preso per niente bene il fatto che lui gli avesse nascosto la verità. Aveva sperato in un furibondo litigio (che c’era stato) in un suo patetico strisciare in cerca di perdono (e l’aveva fatto) e di essere perdonato quanto meno la mattina dopo e invece no, naturalmente, perché Arthur non l’aveva presa bene e lo aveva respinto con più energia, a niente erano valsi i suoi tentativi di farsi perdonare.
Represse un altro singhiozzo – avrebbe pianto solo quando sarebbe arrivato nella sua stanza – e preparò la colazione per Arthur, lui non aveva per niente fame, il suo stomaco si era chiuso dopo le parole del re nei suoi confronti; gli preparò i pancake, sperando che con il cibo Arthur potesse perdonarlo. Mentre cucinava sentiva le lacrime premere per uscire dai suoi occhi e i singhiozzi intrappolati nel fondo della gola. Sistemò ogni cosa su un vassoio e asciugandosi il volto con la manica del pigiama – si, qualche lacrima era scappata al suo controllo – raggiunse la porta della stanza di Arthur tenendo il vassoio tra le mani tremanti.
«Arthur… ti ho portato la colazione» mormorò con voce spezzata; quando non ottenne risposta, mise il vassoio per terra e poi si rifugiò nella sua stanza e si mise a letto, lasciando che le lacrime scorressero libere sul suo volto, mentre strisciava nella metà del letto che fino ad un giorno prima Arthur aveva occupato e stringeva forte a sé il suo cuscino, affondandoci il viso dentro, inspirando il suo profumo e sopprimendo contro di esso i suoi singhiozzi. Non stava prendendo bene la rottura, quella volta.
Non poté vedere Arthur aprire la porta e raccogliere quel vassoio anche lui con le lacrime agli occhi, distrutto per quanto accaduto. Nemmeno il re quella mattina mangiò. Il dolore, in quella casa, quella mattina, era palpabile.
 
§§§
 
Quattro giorni dopo, Arthur ancora non gli parlava e lui era con la mente altrove, cercava di non pensare al dolore che gli sconquassava il petto, e aveva deciso, per farsi perdonare, di fare delle ricerche sul mitologico lago di Avalon e sperava solo che questo suo gesto bastasse a far calmare il biondo nei suoi confronti, non si meritava un atteggiamento simile, dopo tutto quello che aveva fatto per lui, ma in fondo lui aveva sbagliato. Ma Arthur non aveva mai sbagliato? Era così perfetto da non aver mai fatto errori? Io sono il re, Merlin – gli avrebbe risposto a quelle domande.
Erano giorni che quando usciva dalla sua stanza, ed usciva solo per mangiare o andare in bagno, non gli rivolgeva la parola – molto maturo da parte sua – e che non gli scriveva i suoi numerosi messaggi per passare il tempo. Quella sorta di rottura con Arthur aveva lasciato un vuoto enorme dentro di lui, ma cercava di compensare con il lavoro e con le ricerche per lui, sperando che bastassero a farsi perdonare. Molti in ospedale erano preoccupati per lui, prima di tutti la sua amica Freya, che insisteva per capire chi lo facesse soffrire così, poiché non le aveva detto niente di nessun nuovo probabile ragazzo, ma Merlin non aveva parlato, non aveva rivelato nulla, si era tenuto tutto per sé e avrebbe risolto la cosa a modo suo. Fu quel giorno che decise, per la sua salute mentale, di prendere qualche giorno di ferie arretrate e concentrarsi sul far pace con Arthur, trovando un modo per portarlo sul lago di Avalon e scoprire come rimandarlo a Camelot. Era tutto ciò che poteva fare per poter rimediare ai suoi errori: aiutarlo a compiere il suo destino.
Fu così che scoprì che il lago di Avalon, a quel tempo, corrispondeva alla città di Glastonbury, nel Somerset. Così, senza dire niente ad Arthur, che ormai si comportava come una persona matura non parlandogli, raccolse tutto il materiale che riuscì a trovare su Glastonbury, Avalon, il mito intorno ad esso e il resto, e lo fece stampare in una cartoleria; organizzò il viaggio da Londra a quella cittadina, prenotando anche due stanze di un piccolo B&B economico che aveva trovato, poi scrisse anche un biglietto per Arthur. Lasciò tutto il materiale che aveva trovato, fuori alla porta della sua stanza, una sera, sperando che almeno aprisse.
Arthur aprì la porta, dopo aver sentito un colpo sopra. E si ritrovò davanti un plico con un biglietto, Merlin doveva aver fatto qualcosa, perché sembravano tante pagine da leggere quelle. Afferrò il primo foglio, il biglietto e lo lesse.
Arthur, mi dispiace per ciò che è successo.
Per quello che vale, l’ho fatto davvero senza cattiveria, è solo che mi sono innamorato di te, e lasciarti andare sarebbe stato, anzi è doloroso e tu non puoi neanche immaginare quanto. Sono dispiaciuto per non avertelo detto prima. Comunque, se mai accettassi le mie scuse e decidessi di concedermi il tuo perdono – ti offrirò il mio aiuto anche se tu non dovessi perdonarmi, sia chiaro – ho fatto delle ricerche. Il lago di Avalon non esiste più, ma c’è una città che sorge proprio dove si dice che un tempo ci fosse il lago, se abbiamo fortuna ci sarà qualche fiume o laghetto che potrà aiutarti a compiere il tuo destino.
Ho prenotato tutto, possiamo partire tra due giorni, se vuoi, altrimenti annullo tutto. Almeno, potrei portarti a fare quel viaggio in treno che mi hai tanto chiesto di fare.
Con amore,
Merlin”.
Sfogliò con cura le pagine che aveva trovato per lui, e si diede dello stupido; come aveva potuto pensare che Merlin si rifiutasse di aiutarlo, a causa del loro litigio? E lui che aveva anche solo pensato di trovare un’altra persona che potesse aiutarlo… Sospirò, pensando di essere stato troppo duro con Merlin, il moro non meritava il modo in cui lo aveva trattato; in realtà avrebbe voluto fiondarsi da lui ogni volta che lo aveva sentito singhiozzare, ma non lo aveva fatto per puro orgoglio e per seguire quella sua assurda idea di allontanarlo per soffrire di meno. La peggiore idea di sempre. Respirò profondamente diverse volte, prima di scacciare l’orgoglio ed uscire dalla sua stanza; separarsi avrebbe fatto male ugualmente, perché continuare a negarsi l’uno la presenza dell’altro? Perché farsi del male prima del tempo? Era da sciocchi, e lui era un asino, come diceva sempre il moro. Gli sarebbe mancato il suo modo di apostrofarlo, e il suo cuore si strinse a quel pensiero. Raggiunse in fretta la stanza di Merlin, e deglutì prima di picchiettare sulla porta. Esattamente, perché Merlin avrebbe dovuto perdonarlo?
«Merlin? Posso entrare?» chiese. Erano le prime parole che gli diceva, fin da quando gli aveva detto di non amarlo e che tra loro era finita. Deglutì ancora, non meritava il perdono di Merlin per come si era comportato, ma la rabbia, la disperazione, la delusione e anche l’amore portavano a fare cose sciocche.
«S-Sì, certo» mormorò da dentro alla stanza. Arthur entrò e lo trovò a gambe incrociate sul letto, con un libro tra le mani. Era così bello, anche quando leggeva, e indossava quelle enormi felpe in cui navigava e sembrava ancora più minuto «Mi parli di nuovo adesso?» chiese, senza alzare lo sguardo dal suo libro.
«Sono stato ingiusto con te» disse subito il re «Non sono bravo in queste cose, ma… Merlin, io devo tornare a Camelot. Non posso ignorare i miei doveri da re, solo perché sono innamorato» spiegò avanzando verso il letto.
«Ah, adesso sei innamorato» disse ironicamente Merlin «Cosa ne facciamo del non posso amare un traditore?» domandò con tono tagliente «E quel Io no, in risposta al mio ti amo?» chiese, senza guardarlo. Arthur sapeva che i suoi occhi fossero velati di lacrime, lo aveva sentito piangere ogni sera, fin da quando avevano litigato.
«Ero arrabbiato, non pensavo davvero nessuna delle due cose» rispose prontamente, il moro stava per aggiungere qualcosa, ma Arthur lo precedette «Credi che mi faccia piacere lasciarti? Credi che io voglia lasciarti?» domandò «Ho solo pensato che, se avessi continuato ad essere arrabbiato con te, avrebbe fatto meno male lasciarti qui».
«E?»
«Non è così. Non fa meno male, anzi, fa più male. Perché non sono davvero arrabbiato con te, sì, lo ero quattro giorni fa, ma già la notte stessa del litigio, quando ti ho sentito piangere, volevo venire da te e dirti che ti avevo perdonato» confessò, ora era più vicino al letto, ma il moro ancora non lo guardava «Merlin, sto cercando di dirti che non hai niente di cui farti perdonare e che mi dispiace aver reagito male» disse «Anzi, ti chiedo perdono per essere stato così… asino».
Fu in quel momento che il moro alzò lo sguardo e Arthur vide la sua disperazione, il suo dolore e la sua fragilità tutte insieme e semplicemente l’orgoglio rimanente scivolò via dal suo corpo come una coperta in eccesso e si abbassò su di lui per baciarlo, per fargli capire che, nonostante tutto, lo amava. Passò con dolcezza le mani sulle sue gote e appoggiò la fronte contro la sua. «Mi dispiace» disse il re, in un sussurro.
«Arthur…» sussurrò Merlin, il solo sentire il suo nome pronunciato da lui, fece battere il cuore del re.
«Non volevo farti soffrire» disse subito il biondo, ancora in cerca di perdono «Stupidamente cercavo un modo per alleviare il dolore di entrambi» confessò «Tu mi hai fatto capire che anche io posso amare di nuovo» sussurrò sulle sue labbra, accarezzandogli una guancia «Mi hai amato più tu, in questa unica luna di relazione, che chiunque altro abbia fatto nella mia vita» sussurrò ancora, sentendo il respiro dell’altro accelerare «Perdonami per essere stato un asino testa di fagiolo ed averti lasciato da solo durante questi giorni».
«Okay…» mormorò Merlin, allacciandogli le braccia attorno al collo «Solo se tu perdoni me per averti mentito». Dopotutto, la reazione di Arthur era stata un pelino esagerata, ma comprensibile, quello che aveva sbagliato di più era stato lui, eppure c’era qualcosa che lo faceva restare all’erta, solo che non riusciva a pensarci, Arthur lo aveva perdonato ed era tornato da lui e lui era pateticamente sollevato che gli parlasse ancora, che fosse ancora così vicino a lui…
«Ovviamente» rispose il biondo sfiorando di nuovo le sue labbra.
«Mi consideri ancora un traditore?»
«Non l’ho mai pensato, ero solo arrabbiato» mormorò, e quando vide un accenno di sorriso sulle labbra di Merlin, lo baciò più profondamente, crollando insieme a lui sul letto, stringendoselo contro e respirando contro la sua pelle di nuovo, uscendo di nuovo dalla sua apnea personale. Arthur lo baciò fino a perdere fiato e continuò anche quando ebbe la sensazione di soffocare in quel bacio, gli accarezzò le gote, eliminando le lacrime che avevano ripreso a scivolare sul suo viso, gli accarezzò i capelli e lasciò che l’altro affondasse le mani nei suoi capelli, travolgendolo in un bacio più sentito, più desiderato, man mano sempre meno casto.
«Mi sei mancato» soffiò Merlin sulle sue labbra gonfie. Arthur si aprì in un dolce sorriso, mentre gli tracciava con i polpastrelli i contorni del viso e delle labbra.
«Anche tu, da impazzire» confessò il re «Credevo di… evitare ad entrambi la sofferenza, invece mi sono sbagliato».
«Anche i re allora possono sbagliare?»
«Certo. Solo che non lo ammettono quasi mai» rispose sorridendo, prima di coinvolgerlo in un altro bacio dolce, cancellando in quel modo quattro giorni di dolore, di paure e di incertezze. In qualche modo, entrambi sarebbero sopravvissuti a tutto quello, ma non separati.
 
Arthur gli stava accarezzando un fianco, e Merlin aveva il viso nascosto contro il suo petto, sentiva che tra di loro c’era ancora qualcosa da mettere in chiaro, ma era contento che l’altro fosse tornato da lui e non lo avesse lasciato solo durante quegli ultimi giorni insieme. Merlin si strinse un po’ di più contro il suo corpo, cercando un maggiore contatto e ad Arthur parve quasi naturale concederglielo, stringendolo maggiormente contro di sé, mentre continuava ad accarezzarlo. Non aveva il coraggio di dire quello che entrambi stavano pensando. Merlin semplicemente godette del calore del corpo del biondo, gli depositò un bacio all’altezza del cuore, sentendolo battere con forza contro la cassa toracica e sentendosi leggermente lusingato, sapendo di essere lui la causa di quel battito accelerato. Era stata una sorpresa per lui, vedere il biondo tornare da lui e chiedergli perdono per il suo atteggiamento, non credeva che potesse accadere una cosa del genere, aveva imparato a conoscerlo e l’orgoglio radicato era una delle sue caratteristiche più evidenti, la lettera doveva aver avuto un impatto davvero notevole su di lui, o forse davvero aveva deciso di non sprecare gli ultimi giorni, che potevano condividere – anche se la parte cattiva del suo cervello, gli stava suggerendo che era tornato da lui solo perché ne aveva bisogno – e adesso quel silenzio, in cui entrambi si stavano crogiolando, aveva congelato tutto, aveva reso la separazione futura, solo un lontano futuro e aveva cancellato il litigio e tutto quello che era successo quattro giorni prima, riportandoli ai loro momenti spensierati che avevano condiviso. Merlin sapeva che non era normale, dopo soli due mesi di conoscenza e uno di relazione, essere così legato l’uno all’altro, ma non poteva farci niente, era così che si sentiva, incredibilmente legato e innamorato, era come se avesse trovato la sua anima gemella, colui che lo completava nelle mancanze e lo faceva sentire felice. “Se solo potesse durare in eterno…” – pensò con un sospiro. Aveva sempre saputo che il momento di dirgli addio sarebbe arrivato, era solo che non si aspettava di sentirsi così travolto da lui, dai sentimenti che erano nati per lui e tutto il resto.
Emise un singhiozzo strozzato, pensando al momento in cui si sarebbero separati e cercò di non farlo notare all’altro, che dal canto suo, strinse più forte il braccio attorno a lui, accarezzandolo ancora delicatamente; restarono ancora in silenzio, confortandosi a vicenda per l’imminente futuro.
«Hai organizzato tutto» mormorò ad un certo punto il biondo, non riuscendo più a mantenere il silenzio, lui annuì, incapace di dire nulla, non voleva spezzare l’attimo magnifico e anche disperato. Non voleva che sentisse il dolore nella sua voce e non voleva che si sentisse in colpa per questo «Mi aiuteresti davvero fino in fondo? Anche se significasse separarsi?» chiese allora, con una punta di curiosità. Merlin restò un momento indeciso se rispondergli o no, poi lentamente alzò il volto verso il suo, guardandolo negli occhi.
«Ho imparato che se si ama una persona, allora bisogna lasciarla andare» grandioso, Merlin, adesso citi anche la Bella e la Bestia, quanto sei patetico? «Arthur, ti ho promesso che ti avrei aiutato a tornare a casa. Non rimangio la parola data, anche se ho cercato di allontanare questo momento… sapevo che sarebbe arrivato» deglutì «Quindi sì, anche se significa separarsi, ti aiuterò fino in fondo». Il re sospirò, dandogli un bacio tra i capelli scuri, senza riuscire a trovare le parole giuste da dire, e neanche lui aveva molto da dire a riguardo; la separazione avrebbe fatto soffrire entrambi, ne erano consapevoli, ma Arthur era un re, una volta tornato a Camelot lo avrebbe dimenticato presto, e avrebbe vissuto la sua vita da monarca e probabilmente avrebbe incontrato la sua regina, mentre lui sarebbe rimasto lì, nel futuro e avrebbe raccolto, come sempre, i cocci del suo cuore e avrebbe provato ad andare avanti. Ci era abituato, ormai, tanto valeva godersi fino alla fine quegli ultimi giorni.
«Sei l'uomo più leale e d’onore di qualunque cavaliere io conosca» sussurrò tra i suoi capelli, e Merlin semplicemente sorrise, sollevandosi leggermente dalla sua posizione e stampandogli un delicato bacio sulle labbra. Un semplice sfioramento, un ringraziamento per non averlo lasciato già, per aver perdonato la sua verità nascosta, e per essere ancora lì con lui. Arthur chiuse gli occhi al contatto e portò una mano dietro la sua nuca, facendogli inclinare il collo per poterlo baciare meglio, e approfondì il bacio, sentendolo sorridere contro la propria bocca.
«Arthur?» lo chiamò. Il dubbio premeva, la parte cattiva del suo cervello non voleva saperne di lasciarlo in pace, troppe volte era accaduto prima di lui e non voleva che il seme del dubbio influenzasse quegli ultimi giorni d’amore con lui.
«Dimmi».
«T-Tu non sei tornato da me, solo perché hai bisogno di me per… Glastonbury e tutta la faccenda del ritorno a Camelot, vero?» chiese, e quando vide lo sguardo rammaricato di Arthur, si rese conto che era stata una pessima domanda, ma da parte sua era più che ragionevole. Preferiva separarsi da lui e sapere che il biondo lo amasse sul serio, piuttosto che sapere che l’altro lo aveva solo usato «Ti prego, dimmi la verità, ti aiuterò comunque, ma…»
«Merlin, come puoi anche solo pensare una cosa del genere?» chiese lui in risposta «Mi chiedi se ho bisogno di te, certo che ne ho, da solo, senza di te, non sopravvivrei cinque minuti in questa bolgia moderna» disse, Merlin sentì già un pezzo del suo cuore inclinarsi «Ma non sono tornato da te per questo. Sono qui da te perché tengo davvero a te e separarci, sapendo di non essere in pace l’uno con l’altro, mi spezzava il cuore» disse con serietà e sincerità, una sincerità che veniva fuori dal suo sguardo, dal mezzo sorriso amabile che aveva quando gli parlava «Okay?» Merlin annuì, incapace di fare altro, Arthur riusciva sempre a lasciarlo senza parole «Per favore, non dubitare più dei miei sentimenti…» lo pregò, guardandolo negli occhi.
«Te lo prometto» sussurrò, appoggiando la fronte contro la sua «Mi dispiace, è che sono… sempre così insicuro e dopo quello che è successo tra me e te, io…»
«Lo comprendo» disse il re, accarezzandogli con delicatezza la guancia «Ma con me non devi mai sentirti così, okay?» Merlin annuì e Arthur suggellò quella promessa detta a mezza voce, con un altro lungo bacio, che si protrasse in coccole, carezze e altri lunghi baci, mentre entrambi si lasciavano cullare dai loro tocchi e scivolavano placidamente nel sonno, l’uno stretto tra le braccia dell’altro, aggrappati ad un amore che presto sarebbe finito.



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Hola bella gente!
Finalmente ce l'ho fatta! Eccoci qui con il quinto capitolo. Il mondo sta collassando (vabeh è un'esagerazione LOL) e Arthur deve tornare a Camelot. Merlin gli confessa tutto e... ovviamente il re non la prende bene (confesso che in una prima stesura Arthur la prendeva anche peggio, ma alla fine non mi convinceva e quindi eccolo qui!) ma poi non riesce a tenere il broncio a Merlin troppo a lungo e torna da lui quasi strisciando. Merlin lo perdona in fretta, perché soffre tanto ma qualche dubbio ce l'ha ancora. Solo che non riesce a stare lontano da lui (eh... mi chiedo come mai LOL)
Anyway, si ringrazia il web (che rivela le verità secondo il nostro re) per tutte le info sul lago di Avalon e la tomba del re uhuh. Ho fatto qualche ricerca prima di scrivere questo e il prossimo capitolo (in realtà, ho fatto fare a Merlin una cosa che io amerei fare, andare in giro per luoghi mitologici, cosa che accadrà nel prossimo capitolo çç) eheh. 
E questo è tutto per oggi, gente! Questa storia si sta allungando in un modo assurdo, aveva sei capitoli + epilogo, ora sono otto più epigolo. E niente. 
Spero che anche questo capitolo vi sia piaciuto! Ringrazio di cuore le mie affezionate lettrici: lilyy e elfin emrys, e chiunque stia leggendo la storia! Ogni persona che la aggiunge ai preferiti e alle seguite, e tutti quelli che spendono un click per darle un'occhiatina. 
I miei bimbi preziosi, il prossimo capitolo è un misto tra fluff e angst peggio di questo! Ops. Non dovevo dirlo. 
E niente, people belle, ci si becca alla prossima! 
Stay tuned!

Ps consiglio spassionato, potrei aver scritto una one shot che è venuta fuori un po' lunga, (e quando mai...) per dire in numeri sono (circa) 17.000 parole e (circa) 20 pagine (e non l'ho ancora riletta LOL) ci state a leggerla tutta insieme? O la metto in due parti? Let me know! Vi giuro che non c'è niente di tragico, è tutto fluff e romanticismo <3

   
 
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