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Autore: Teo5Astor    20/02/2019    25 recensioni
Un mistero accomuna alcuni giovani della Prefettura di Kanagawa, anche se non tutti ne sono consapevoli e non tutti si conoscono tra loro. Non ancora, almeno.
Radish Son, diciassettenne di Fujisawa all'inizio del secondo anno del liceo, è uno di quelli che ne è consapevole. Ne porta i segni sulla pelle, sul petto per la precisione, e nell'anima. Considerato come un reietto a scuola a causa di strane voci sul suo conto, ha due amici, Vegeta Princely e Bulma Brief, e un fratello minore di cui si prende cura ormai da due anni, Goku.
La vita di Radish non è facile, divisa tra scuola e lavoro serale, ma lui l'affronta sempre col sorriso.
Tutto cambia in un giorno di maggio, quando, in biblioteca, compare all'improvviso davanti ai suoi occhi una bellissima ragazza bionda che indossa un provocante costume da coniglietta e che si aggira nel locale nell'indifferenza generale.
Lui la riconosce, è Lazuli Eighteen: un’attrice e modella famosa fin da bambina che si è presa una pausa dalle scene due anni prima e che frequenta il terzo anno nel suo stesso liceo.
Perché quel costume? E, soprattutto, perché nessuno, a parte lui, sembra vederla?
Riadattamento di Bunny Girl Senpai.
Genere: Mistero, Sentimentale, Slice of life | Stato: completa
Tipo di coppia: Het, Crack Pairing | Personaggi: 18, Bulma, Goku, Radish, Vegeta | Coppie: Bulma/Vegeta, Chichi/Goku
Note: AU, Lime | Avvertimenti: Tematiche delicate
Capitoli:
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4 – Il gatto di Schrodinger
 
 
 
19 maggio
 
«Ehi, Prince, tu sai perché Lazuli Eighteen si sia presa una pausa dal mondo dello spettacolo?» chiedo a Vegeta, nel magazzino del ristorante “Kame House” dove lavoriamo come camerieri. Ci stiamo prendendo una piccola pausa, giusto il tempo di bere un tè matcha per ricaricarci. Avremmo bisogno entrambi di correggerlo con qualcosa di forte, in realtà, per sopportare i clienti fino alla chiusura serale, ma non penso che il capo sarebbe d’accordo. Lavoro qui praticamente tutte le sere da due anni, Vegeta ha cominciato più di recente e viene quando non ha gli allenamenti di calcio. Faccio fatica ad aver risultati decenti a scuola, ma resto a galla in qualche modo, mentre ho dovuto rinunciare quasi subito a far parte anch’io del club di calcio nonostante sia la mia passione. Purtroppo è necessario che lavori quasi tutti i giorni qui, per me e per Goku.
«Pensavo che la motivazione ufficiale fosse quella di volersi concentrare sugli studi» sospira Vegeta, irritato, squadrandomi. «Perché continui a parlare di lei?»
«Son, c’è di nuovo quella donna che vuole parlarti» annuncia il proprietario del ristorante, il vecchio Muten, entrando velocemente in magazzino. «Quel bel bocconcino viene sempre qui grazie a te, dovrei darti un aumento solo per quello!» ridacchia, mentre osserva bramoso e con un sorriso da ebete stampato in faccia in direzione della sala. «Adesso arriva, bellezza!» aggiunge, con un rivolo di sangue che lentamente comincia a colargli dal naso verso la sua barba bianca. È paonazzo. Ed è un porco, come sempre.
«Cazzo, capo, siediti un attimo a riprenderti…» sbuffo, alzandomi e facendolo sedere al mio posto. La sua espressione è beata, non so neanche se mi abbia sentito.
«Prince, fallo tornare in lui, io vado a vedere cosa vuole quella là… anche se già lo so…» sbuffo.
«Tsk!» risponde il mio amico, mentre chiudo la porta. So già che gli tirerà in faccia un bicchiere d’acqua gelida, nella migliore delle ipotesi. Oppure gli mollerà un paio di ceffoni.
 
«Uh, da quanto tempo!» esclama, melliflua e irridente, la donna che mi ha mandato a chiamare. Ripone la lista del nostro ristorante e mi guarda, sorridendomi dolcemente. I suoi lunghi capelli biondi le accarezzano le spalle e la camicetta bianca aderente che indossa, mentre una minigonna stretta nera e tacchi dello stesso colore completano il suo look. Sempre molto bella, non c’è che dire. E sempre piena di fogli, appunti, materiale su cui scrivere, a giudicare da quello che spunta dalla sua borsa accanto a lei.
«Scusi, lei sarebbe?» domando, serio ma ironico, tirando fuori dalla tasca il taccuino per le ordinazioni. È sempre una scocciatura avere a che fare con questa qui, ne avrei fatto volentieri a meno oggi.
«Capisco, e così vuoi giocare stasera…» mi sorride furba. «Piacere di conoscerti, questo è il mio biglietto da visita!» esclama, porgendomi un bigliettino della sezione cronisti della “Fuji Tv” su cui leggo il suo nome, che già so, ovviamente: Husky Hasuki.
«Cosa posso fare per lei?» le domando tranquillamente.
«Ero in zona per un servizio vicino alla spiaggia e così ho pensato di venir qui a fare uno spuntino».
«Cosa posso portarle?»
«Un Radish-kun da portare via, grazie!» esclama, sorridendo e incrociando le braccia al petto.
«Noto in lei qualche problema a livello cerebrale, stasera. Non preferirebbe ordinare un’ambulanza?» le domando a mia volta.
«A proposito di ospedale, non hai ancora voglia di parlare dell’incidente?» mi chiede, socchiudendo leggermente i suoi occhi castani, come se volesse scrutarmi meglio.
«Non avrò mai voglia di parlare di quell’incidente» ribatto, serio, fissandola a mia volta.
«Dai, mi accontento anche solo di una foto delle cicatrici che hai sul petto!»
«Anche no…» sbuffo, per poi fermarmi un istante a pensare che questa donna, finalmente, può essermi d’aiuto e non solo essere una scocciatura. Due anni fa, quando sono stato ricoverato in ospedale, lei si trovava lì per caso e ha visto le condizioni in cui mi trovavo. Ha creduto alla mia storia, a differenza di tutti gli altri, ma da quel giorno si è messa a indagare sui casi relativi alla Sindrome della Pubertà e non mi dà tregua. Alla fine ha creduto alla mia versione dei fatti più per motivi suoi professionali che per motivi umani, però è sempre stata gentile e corretta con me, non pubblicando nulla senza il mio consenso. Tuttavia è un po’ pesante. E insistente. «Husky-san, sai per caso il motivo dietro alla pausa dalle scene di Lazuli Eighteen?» le domando a bruciapelo.
La giornalista sembra sorpresa per un attimo da ciò che le ho chiesto, ma subito i suoi occhi brillano furbi e un sorrisetto si dipinge sul suo volto. «Credo di sapere qualcosina che la gente comune non sa…» sospira beffarda, allargando le braccia in modo teatrale. «Potremmo accordarci, Radish-kun».
 
«Ho saputo che ultimamente sei ossessionato da Eighteen-senpai» arriva subito dritta al punto Bulma, quando la raggiungo nel laboratorio del club di scienze il giorno dopo e mi siedo davanti al grande tavolo da lavoro. Porta il suo solito lungo camice bianco aperto e si destreggia abilmente tra diverse provette piene di liquidi strani e talvolta colorati che ribollono. Si segna cose sui suoi appunti, sorride e impreca per motivi che non capisco e che non voglio nemmeno provare a capire. Tutto nella norma, anche se a volte mi sembra di essere nel laboratorio di una scienziata pazza. «Deduco ti sia passata la cotta per Videl Satan» aggiunge, arrivando direttamente a bersaglio per la seconda volta in pochi secondi, senza nemmeno degnarmi di uno sguardo, troppo presa dal continuare le sue difficili operazioni. Ma lei è multitasking, so per certo di avere la sua completa attenzione. Il suo tono è calmo, come al solito, ha i capelli turchini sciolti e gli occhiali che le danno ancora di più un’aria da scienziata. È sempre così razionale lei, a volte parlandole mi sembra che riduca tutto a una formula chimica, un’equazione matematica, un’operazione geometrica. Ma è anche questo che mi piace di lei, la mia unica amica oltre a Vegeta. «La famosa Videl Satan che nessuno a parte te hai mai visto, tra l’altro… quindi, meglio così».
«Prima Vegeta, adesso tu… a volte sospetto che passiate più tempo insieme di quanto non diate a vedere…» sbuffo, con i gomiti appoggiati sul tavolo e con il mento sulle mie dita intrecciate tra loro, per cercare di capire cosa stia combinando la mia amica con quella specie di intruglio che sta mescolando adesso.
«Sei curioso di sapere quello che sto studiando? Immagino di no…».
«In effetti, no…».
«Non avevo dubbi, sei uno scimmione al pari del tuo amico, del resto…» sospira Bulma, spostando uno sgabello e sedendosi accanto a me.
«È possibile che una persona diventi improvvisamente invisibile?» le chiedo di getto. Diretto come lei.
«Vai da un oculista, se pensi di non vederci bene» ribatte lei sbuffando. Forse pensa che la stia prendendo in giro.
«Intendo il non riuscire a vedere una persona nonostante sia presente, come quei supereroi che hanno il potere di diventare invisibili» cerco di spiegarle.
«Stai cercando un modo per intrufolarti nel bagno delle ragazze senza essere visto?» mi domanda sospettosa, guardandomi male. «Lo so che sei un maiale, Son-kun».
«Sto parlando seriamente, Bulma».
«Se ti riferisci alla Sindrome della Pubertà, mi pare di avertelo già detto: io sono scettica a riguardo».
«Lo so, in effetti è una cosa inspiegabile. Infatti sono qui da te perché sei l’unica che può darmi una risposta sensata» le dico, interrompendomi per guardarla dritta nei suoi occhi azzurri. «Mettiamo il caso che io, qui seduto accanto a te, all’improvviso diventi invisibile ai tuoi occhi. È teoricamente possibile?»
«Magari se io fossi presa da qualcos’altro, o semplicemente sovrappensiero… la mente umana ignora ciò che non vuole vedere».
«Esatto, ma se non fosse questo il caso?»
«Esiste anche la teoria dell’osservazione, la teoria secondo la quale tutto quello che esiste in questo mondo non esiste davvero finché qualcuno non lo osserva» spiega Bulma, fissandomi, serissima. «Avrai sicuramente sentito parlare del “gatto di Schrodinger”, vero?»
«Sì, so qualcosa di vago a riguardo…».
«Entrerò per un attimo nel mondo della fisica quantistica, tralasciando la Sindrome della Pubertà» mi spiega Bulma, posizionando una scatola di cartone sul tavolo. «In questa scatola inseriamo un gatto, anche se questa è solo una statuetta portafortuna» continua, mostrandomi una gatto bianco di ceramica con la zampa sollevata. «Poi mettiamo insieme a lui una sorgente radioattiva talmente piccola da avere solo una possibilità in un’ora che un suo atomo decada» aggiunge, afferrando un piccolo recipiente trasparente pieno di liquido con una pinza e posizionandolo accanto al gatto. «Infine, una fiala di cianuro che si romperà non appena avvertirà l’eventuale radiazione emessa. A questo punto chiudiamo la scatola e aspettiamo trenta minuti».
La guardo, per poi scrutare la scatola davanti a me.
«Ok, facciamo finta che i trenta minuti siano passati» riprende Bulma, sistemandosi gli occhiali sul naso con la mano. «Secondo te cos’è successo? Il gatto è vivo o morto?»
«Dato che la probabilità che venga emessa una radiazione è di una in un’ora, se aspettiamo mezz’ora il gatto ha il 50% di possibilità di essere vivo e il 50% di essere morto» rispondo, sorprendendomi  per la mia intelligenza.
«Giusto, quindi la condizione del gatto può essere definita solo mediante l’osservazione» conferma Bulma, aprendo di nuovo la scatola. «In pratica, finché non apri la scatola e verifichi di persona, il gatto può considerarsi sia vivo che morto allo stesso tempo».
«Stai dicendo che lo stesso può valere per le persone? Che l’esistenza di qualcuno non è determinata finché non viene definita da un osservatore?» le domando, pensando subito a Lazuli.
«Ho cercato solo di dare una risposta sensata alla tua domanda, per quanto mi sembrasse insensata» risponde Bulma, sfilandosi il camice e facendo per uscire dal laboratorio. «Pensaci su, ora dobbiamo tornare in classe».
 
«Quando la gente la vedeva in tv e sui giornali, l’esistenza di Lazuli Eighteen era sicuramente appurata» penso intensamente, mentre esco dalla stazione di Fujisawa alla fine della giornata scolastica.
«Un panino alla crema, per favore» ordino, nel negozietto dove mi ero fermato l’altra volta con Lazuli. Non riesco a non pensare a lei, non ce la faccio proprio.
«Certo, te lo preparo subito!» esclama gentile la donna dietro al bancone, la stessa di quella volta.
«Per caso lei conosce Lazuli Eighteen?» le domando, mentre mi porge il sacchetto di carta con il mio panino alla crema.
«Eh?» mi guarda allibita.
«Mi riferisco a Lazuli Eighteen, un’attrice e modella diciottenne che lavora nel mondo dello spettacolo già da una dozzina d’anni!» insisto.
«Eighteen? Non conosco nessuna attrice che si chiama così…».
Mi dirigo verso casa, con il sole che ormai è tramontato quasi del tutto e con la testa piena di dubbi e supposizioni. Il fatto che la gente non stia più osservando Lazuli non ha come unica conseguenza quella di non riuscire più a vederla: anche la sua stessa esistenza è in pericolo.
Sgrano gli occhi, alla conclusione del mio ragionamento. Non so perché, ma comincio a correre verso casa. Corro con tutte le forze che ho, più veloce che posso, fino a farmi bruciare i polmoni. Salgo le scale di corsa e arrivo sul pianerottolo di casa mia. Mi appoggio al muro con una mano.
Sorrido.
Il mio cuore riprende a battere come non succedeva da giorni, e non c’entra nulla lo sforzo fisico per la corsa. Il mio cuore batte perché c’è Lazuli seduta sul pavimento del pianerottolo, accanto al mio zerbino. Ha le ginocchia raccolte sul petto e strette tra le sue braccia, la schiena appoggiata al muro di fianco all’ingresso di casa. Indossa la divisa scolastica, come me, e la sua solita molletta nera glitterata a forma di testa di coniglio tra i capelli biondissimi.
Lei mi guarda, io la guardo. Sorrido un po’ di più. Lei non sorride, ma mi rendo conto che le stanno sorridendo gli occhi.
«Finalmente sei tornato!» esclama, irritata, fulminandomi con lo sguardo.
«Morivi così tanto dalla voglia di vedermi?» sospiro, avvicinandomi a lei. Il suo stomaco brontola, lei arrossisce e distoglie lo sguardo dal mio, imbarazzata.
«Fame, eh?» le chiedo, ormai a un passo da lei.
«Vedo che sei sempre inopportuno» ringhia, senza guardarmi.
«Lo so, non posso farci niente» le rispondo, allargando le braccia.
«Non riesco più a fare la spesa» mi dice, sempre rifiutandosi di guardarmi in faccia. «In queste ultime due settimane sempre più persone hanno smesso di vedermi. Tutta la zona attorno alla stazione di Fujisawa ormai non mi vede più».
«Tieni, l’ho appena preso pensando a te» le dico, porgendole il sacchetto di carta con il panino alla crema.
Lei lo afferra e mi guarda negli occhi di nuovo, finalmente. E nel suo sguardo di ghiaccio leggo ancora tutta la dolcezza e l’insicurezza che vi avevo scorto due settimane fa. Tutta la paura, il bisogno di affetto, di sostegno. Le sorrido, nel modo più dolce che conosco.
Le tendo una mano e lei la stringe. Si rialza, per poi divorare il suo panino alla crema preferito.
 
Penso che sembriamo davvero una coppia in questo momento, ora che sto spingendo il carrello mentre Lazuli sceglie le verdure da comprare. L’ho accompagnata a fare la spesa, una cosa che lei non può più fare dato che nessun negoziante della zona riesce più a vederla ormai. Sorrido osservandola, mi sento felice qui con lei.
«Cos’hai da sorridere?» mi domanda, cercando di essere fredda come sempre. Ma io so che non lo è davvero.
«Niente, niente…» le rispondo.
«Certo che è una strana sensazione essere in mezzo a tanta gente senza che nessuno possa vedermi…» mi dice, afferrando una carota e agitandola davanti al volto di una signora che sta prendendo dei pomodori accanto a lei.
«Dici che le persone che hai intorno non possono vedere nemmeno la carota, dal momento che la stai tenendo tu in mano?» le chiedo.
«Suppongo che tutto quello che tocco diventi invisibile» mi spiega.
«Potresti portare via tutto gratis, allora! Altro che fare la spesa o patire la fame!» rido.
«Per chi mi hai preso?! Non lo farei mai!» sbuffa, incrociando le braccia sul petto e guardandomi male.
«Dai, scherzavo!» le sorrido, avvicinandomi a lei. «Quindi… cosa mi succederebbe se ti toccassi?»
«Uhm… è un modo indiretto per dirmi che vuoi tenermi per mano?» mi domanda a sua volta, accennando un sorriso furbo e inclinando leggermente la testa verso la spalla.
«Beh, più che altro per fare un esperimento…» butto lì.
«Esperimento?!» sbotta lei. «Avrei preferito che volessi tenermi per mano, te lo scordi allora!» aggiunge, voltandosi di scatto, offesa, e riprendendo a camminare.
«I-in realtà volevo solo tenerti per mano!» provo a rimediare goffamente, inseguendola.
«Devi impegnarti di più» ribatte, altezzosa, voltandosi di nuovo verso di me e accennando un lieve sorriso. Ha entrambe le mani dietro la schiena e mi guarda, in attesa della mia mossa.
«Non ho mai avuto l’onore di camminare mano nella mano con una ragazza e vorrei che tu fossi la mia prima volta» le dico, inchinandomi lievemente in modo piuttosto teatrale e al contempo allungando il mio braccio destro verso di lei, con il palmo della mano rivolto verso l’alto.
«È una dichiarazione raccapricciante, lo sai?» mi risponde, arrossendo leggermente e sollevando un po’ un sopracciglio, perplessa.
«Ne sono consapevole» ghigno.
«Beh, per questa volta farò un’eccezione: sei promosso» ribatte, avvicinandosi a me e prendendo la mia mano. Intrecciando le sue dita intorno alle mie e stringendosi a me. Siamo davvero attaccati e il calore che mi trasmette la sua mano e il suo corpo appoggiato al mio mi danno una sensazione di benessere che non saprei descrivere. Il suo profumo fresco mi annebbia la lucidità per un paio di secondi, mentre mi volto verso di lei e noto che mi sta fissando coi suoi occhi di ghiaccio, improvvisamente sospettosi. Mi ribolle il sangue nelle vene, vorrei tanto tornare a casa con lei adesso, altro che fare la spesa!
«Scommetto che stai pensando a cose sconce, vero?» mi domanda a bruciapelo, senza smettere di fissarmi e sorridendo maliziosa.
«A cose mille volte più oscene di quanto tu possa immaginare, in realtà» ribatto, stando al suo gioco. Anche se, in fondo, sto solo dicendo la verità.
«Te l’ho detto, non mi dà fastidio essere la fantasia sessuale di un ragazzo più giovane di me» sospira, ghignando un po’ di più e scivolando davanti a me per strusciarsi sensualmente sul mio corpo, fino ad avvicinare le labbra a pochissimi centimetri dalle mie. «Chiaro?» aggiunge, accarezzandomi la bocca col suo respiro caldo.
«Cazzo!» esclamo goffamente e a gran voce, sorpreso dalla sua mossa, mentre sento un movimento sospetto tra le mie gambe a causa di questo contatto e capisco anche di essere arrossito.
«Tutto bene?!» mi chiede una donna che sta passando davanti a noi in quel momento. Si ferma e mi guarda male, prima di riprendere a camminare spingendo il suo carrello.
«S-sì, grazie» borbotto. «Direi che la gente mi vede benissimo» aggiungo, rivolto stavolta a Lazuli che continua a guardarmi con un sorrisetto malizioso e soddisfatto stampato sul volto, mentre il mio cuore batte all’impazzata e la situazione all’interno dei miei pantaloni non è delle migliori.
«Bene, è stato un bell’esperimento direi…» mi sussurra in un orecchio, facendomi provare un meraviglioso brivido lungo la schiena. «Adesso andiamo a casa».
 
«Non vedo l’ora di vedere casa tua!» esclamo, camminando sul marciapiede al fianco di Lazuli con i suoi sacchetti della spesa tra le mani. È sera ormai, le luci dei lampioni si accendono davanti ai nostri occhi. Entriamo nella zona residenziale, non c’è nessuno in giro oltre a noi in questa via.
«Guarda che non ti faccio mica salire» ribatte, smontandomi in mezzo secondo. «Anche se vivo da sola».
«Davvero?» le chiedo.
«Guarda che in teoria io e te staremmo ancora litigando» risponde, senza guardarmi. «Ci eravamo congedati litigando due settimane fa. Vorrai chiarire le cose con me, immagino. Magari vuoi scusarti».
«Beh, ma non è colpa mia se non sei onesta con te stessa» ribatto. «Se vuoi fare l’attrice, fallo e basta».
«Tu dovresti farti gli affari tuoi» risponde, gelida e sfuggente. «Non sai niente».
«Qualcosa la so, invece» ribatto di nuovo. «È tutto dovuto a quella lunga serie di servizi fotografici in giro per tutto il Giappone che hai fatto tra le fine delle medie e la prima metà del tuo primo anno di liceo. Tu non volevi farlo, eri arrivata stressata alla fine delle riprese del tuo ultimo film e avevi superato ugualmente i test d’ingresso per il liceo in qualche modo, a quel punto volevi cominciare a frequentarlo dall’inizio, e allo stesso tempo avevi bisogno di prenderti una piccola pausa dal lavoro». Mi interrompo, non appena noto che lei smette di camminare e abbassa la testa, malinconica e arrabbiata. Stringe i pugni, non dice niente. «La tua manager, ovvero tua madre, se n’è fregata di quello che volevi fare tu e ha firmato dei contratti molto vantaggiosi per lei a tua insaputa. Non potevi tirarti indietro, la penale sarebbe stata troppo alta da pagare. Hai lavorato per quei mesi, ma hai litigato pesantemente con tua madre. Per questo vivi da sola, e per questo hai voluto vendicarti ritirandoti dalle scene». Mi interrompo di nuovo e la guardo, in attesa di una sua reazione. Il suo sguardo è sempre più basso, i pugni sempre più stretti. Sento un singhiozzo, ne sento un altro. Mi fa male vederla così. Tanto male. Ma devo essere sincero con lei. Per il suo bene, soprattutto, a costo di farmi odiare. «Io penso che stai facendo una cazzata, adesso».
«Stai zitto!» sibila, cercando di soffocare a fatica le lacrime.
«Non ha senso rinunciare a fare quello che in realtà vorresti solo per colpa di una stronza com’è stata tua madre!» continuo, cercando di mantenere un tono calmo e sicuro. «Lo capisci o no che stai solo facendo del male a te stessa comportandoti così?! È più importante vivere il tuo sogno alle tue condizioni e come piace a te o farla pagare a una persona che ha dimostrato di non valere niente?!»
Lazuli si volta di scatto in mia direzione e solleva la testa. Le sue guance sono rigate di lacrime, i suoi occhi di ghiaccio lucidi sono colmi di rabbia e frustrazione. Mi fa malissimo vederla così. Mi provoca molto più dolore dello schiaffo che mi rifila in faccia, senza smettere di fissarmi negli occhi.
Io continuo a guardarla, immobile, continuando a reggere le buste della spesa. Più che la guancia, mi sento il cuore in fiamme. Non voglio vederla soffrire. Non voglio che pianga.
Cosa darei per vederti ridere, Lazuli.
«Ti ho detto di stare zitto!» sbraita, stringendo i pugni. «Cosa credi?! Non è stata una decisione facile!» aggiunge, asciugandosi le lacrime con un gesto di stizza. «Ero ancora una ragazzina, è stato terribile rendermi conto che per mia madre non ero altro che una macchina da soldi! Dovevo sorridere per forza sui vari set, lo capisci?! Con lei a pochi metri da me che mi osservava, senza mai farmi un complimento, senza mai appoggiarmi in qualcosa, senza mai sentire le mie ragioni e i miei bisogni!»
Si ferma per qualche secondo, ansimando e senza smettere di fissarmi, piena di rabbia e rancore sopiti. Penso le stia facendo bene sfogarsi.
«È arrivata a farmi odiare quello che amavo fare! Voleva sempre di più, non era mai abbastanza quello che facevo! Voleva arrivare in vetta usando me, te ne rendi conto?! Perché lei ha fallito in questa carriera, sono sempre e solo stata un mezzo per lei!» riprende, un po’ più calma.
«Sono sempre più convinto che dovresti tornare, Là» le sorrido dolcemente.
«Perché?» sussurra, asciugandosi di nuovo le lacrime e regalandomi uno sguardo che trasmette solo tenerezza. Non più odio o rabbia.
«Perché ti fa ancora star bene lavorare in quel mondo, e adesso puoi farlo alle tue condizioni» le spiego, avvicinandomi a lei. «Non cercare scuse per qualcosa che in realtà vorresti fare. Fallo e basta» aggiungo, mentre lei abbassa la testa mestamente.
«Chi ti ha detto il motivo della mia pausa?» mi domanda dopo qualche secondo di silenzio, tornando a guardarmi in faccia. Sembra essersi ricomposta ormai, la sua espressione è tornata fredda ed enigmatica come sempre. Mi sento sollevato.
«E-ehm…» balbetto, non sapendo bene cosa rispondere. Distolgo lo sguardo dal suo, in cerca di una scusa credibile a cui non avevo ancora pensato.
«Guardami negli occhi quando ti parlo!» ordina Lazuli perentoria, stringendomi la guancia ancora arrossata per il suo ceffone tra le dite e facendomi girare la faccia verso la sua.
«Ahia, cazzo!» sbuffo. «Quando è capitato l’incidente a Goku e poi anche a me, ho conosciuto per caso una giornalista che stava indagando sul bullismo e che successivamente ha iniziato a documentarsi sulla Sindrome della Pubertà. Si chiama Husky Hasuki».
«Ah, la conosco! Mi è capitato di lavorare con lei in passato» spiega Lazuli, mollando la presa sulla mia guancia. «Dimmi la verità, Rad: hai fatto un accordo con lei per avere queste informazioni su di me?»
«Le ho… le ho lasciato scattare una foto alle mie cicatrici ieri sera, è venuta a cercarmi al lavoro» sospiro.
«Ma sei pazzo?! Ti troverai i giornalisti fuori dalla porta di casa!» grida Lazuli, avvicinando la sua faccia alla mia. Si preoccupa per me e mi fa piacere. Tanto anche. E ha ragione. «Non ti daranno tregua! E questo potrebbe avere effetti negativi su tuo fratello!»
Abbasso la testa, sbuffando. Ha ragione, ma forse è fin troppo pessimista.
«Dammi subito il numero di Husky, muoviti» mi ordina, allungando la mano verso di me.
«E va bene, mia regina…» le dico, passandole il biglietto da visita che mia ha lasciato ieri la giornalista.
«Tu sottovaluti troppo i media, scemo» mi dice, irritata, voltandosi e tirando fuori dalla borsa il suo cellulare dalla cover fucsia con tanto di orecchie da coniglio.
«Mi scuso per la chiamata improvvisa» le sento dire al telefono. «Sono Lazuli Eighteen, abbiamo già avuto modo di lavorare insieme in passato. Posso rubarle solo qualche minuto?»
«Immagino tu voglia parlarmi di Rad-kun, o sbaglio?» le domanda Husky, di cui riesco a percepire la voce in lontananza attraverso il telefono. «Che rapporto c’è tra voi due?»
«È un mio kohai a scuola» le spiega Lazuli. «Le chiedo di non mostrare le foto delle sue cicatrici in televisione. In cambiò le assicurerò uno scoop».
«No, Lazuli! Aspetta…» provo a intervenire, tirandola per un braccio per avere la sua attenzione. Lei si volta e mi fulmina con lo sguardo, divincolandosi con uno strattone e facendomi segno di stare zitto con un dito davanti alla bocca.
«Presto tornerò nel mondo dello spettacolo, ma non mi affiderò più a mia madre» dice Lazuli, sicura di sé e senza tradire emozioni. Sorrido a quelle parole, non solo perché lei mi sta tirando fuori da possibili futuri guai. Sorrido soprattutto per la sua decisione. «Mi farò seguire da un’altra agenzia. Quando tornerò, prometto l’esclusiva a lei e al canale per cui lavora».
 
«Mi dispiace…» dico a Lazuli, non appena chiude la telefonata con Husky dopo aver stretto quell’accordo e riprendiamo a camminare verso casa.
«Perché ti scusi?»
«Perché le hai detto che tornerai a fare l’attrice».
«Ho capito che in fondo avevi ragione… l’ho capito in queste ultime due settimane in cui non ci siamo visti, in realtà» mi sorride. «Mi divertivo a recitare e a farmi fotografare, ho sempre pensato che l’avrei fatto per tutta la vita. Forse mi sono ritrovata in questa cosa della Sindrome della Pubertà perché non ho fatto altro che mentire a me stessa ultimamente» aggiunge, prima di fermarsi all’improvviso. «Ecco, io sono arrivata a casa» mi spiega, indicandomi il palazzo al nostro fianco.
«Eh?! Ma vivi davanti a me?!» esclamo, sorpreso da questa cosa e dal fatto che non me l’avesse detto due settimane fa. Anche per non averla mai vista in zona prima, nemmeno per caso.
«Ti chiedo scusa per lo schiaffo di prima e ti ringrazio per la spesa» mi risponde, eludendo la mia domanda e dirigendosi verso l’ingresso del suo condominio dopo avermi strappato di mano i sacchetti. «Ah, scusa!» esclama dopo qualche passo, tornando indietro verso di me. «Dammi il tuo telefono».
«Eh?» le dico, porgendole il mio sgangherato e vecchiotto cellulare.
«Uhm… l’hai preso in un museo, Rad?» borbotta, squadrandomi e appoggiando le buste della spesa per terra. «Pazienza…» sospira, afferrando il mio telefono e digitando qualcosa coi tasti. «Ecco, adesso ci siamo scambiati i numeri. Domenica usciamo insieme» sorride felice, mentre mi rimette in mano il cellulare e mi dà un bacio sulla guancia, prima di riprendere i sacchetti della spesa e correre verso la portineria del suo palazzo.
Stasera tutto mi sembra bellissimo, ma lei lo è un po’ di più.
 
 
 
 
 
 
 
 
 
Note: eccoci di nuovo qui, pubblico con qualche ora di anticipo anche se non è ancora giovedì, spero ne sarete felici.
Allora, una doverosa precisazione relativa al capitolo di settimana scorsa: il forte turbamento emotivo che due anni prima ha causato a Rad la Sindrome della Pubertà e le conseguenti ferite sul petto è stato il dolore che ha provato nel vedere Goku ridotto così, sommato ad altre problematiche occorse a suo fratello e ai suoi genitori in quel momento. Queste cose verranno chiarite molto più avanti.
Poi, la Sindrome della Pubertà è una “malattia” immaginaria e quindi da prendere con le pinze, serve a cercare di dare una spiegazione razionale a cose che razionali non sono. La causa che la scatena è sempre quella, cioè l’estremo turbamento emotivo nella fase della pubertà. Ovviamente il turbamento può avere varie cause, come vediamo nei primi tre casi di Sindrome esaminati. Gli effetti, invece, possono essere i più disparati e fantasiosi. Radish ne fa un elenco a Lazuli, pur parlando per sentito dire. Più avanti vedremo se altri personaggi che incontreranno sul loro cammino i nostri eroi avranno quei problemi. Ad esempio, se siete fan di Chichi, sappiate che più avanti entrerà pesantemente in scena anche lei.
 
Ok, parliamo di questo capitolo adesso. Il gatto di Schrodinger fa molto “Big Bang Theory”, no?! :-)
Ve l’aspettavate Husky?! Sarà mai comparsa in una storia su efp?! Boh, nemmeno io la ricordavo in realtà… fa una comparsata durante la saga del Red Ribbon, è quasi una sosia di Lunch bionda. Niente, ho pensato di darle una particina.
Per il resto, soprattutto, vediamo Lazuli tornare a cercare Rad dopo ben due settimane. Spero vi sia piaciuta la loro parte insieme, io li trovo adorabili. Soprattutto lei, un po’ maliziosa e un po’ ingenua/imbarazzata, un po’ dura e un po’ dolce, un po’ manesca e un po’ capace di essere tenerissima. Lei è “sweet and psycho”, in pratica, e spero vi piaccia il modo in cui la sto rendendo attraverso ciò che vede e prova Rad. Lui è un personaggio più facile da “gestire”, spero continui a piacervi anche lui!
Abbiamo una rivelazione importantissima sul passato di Lazuli e,  come molti di voi avevano immaginato, c’entrava la manager. Che, sorpresa, è addirittura sua mamma!
Abbiamo finalmente conosciuto Bulma, spero vi sia piaciuta anche lei in questa versione più vicina alla sua controparte nel mondo Mirai. Lei chiama Radish “Son-kun”, come fa Bulma con Goku nella serie originale giapponese. Vi chiedo scusa in anticipo se ho scritto inesattezze o forzature nei suoi discorsi di fisica, ma dovete sapere che io odiavo questa materia ai tempi del liceo scientifico, dopo il quale ho intrapreso, saggiamente, tutt’altra strada! ;-)
Abbiamo anche intravisto Muten, un po’ di disagio ci sta sempre bene! Sarà un personaggio estremamente secondario lui.
 
Bene, siete contenti che ci sarà il primo appuntamento tra i nostri protagonisti? Ve l’aspettavate dopo il casino dell’altra volta? Andrà tutto bene?
Il prossimo capitolo comincerà praticamente subito da lì, con tanto di entrata in scena della già comparsa (di sfuggita) Lunch in versione good.
Sapremo qualcosa di più sui genitori di Rad e, soprattutto, conosceremo la mamma di Lazuli. Non scervellatevi, però: non sarà impersonata da nessuno e non avrà nome, la ricorderemo come “la mamma di Lazuli” e basta, un po’ come “la mamma di Stifler”. Chi ha amato American Pie, come me, capirà! ;-)
Sapremo finalmente qualcosa in più su Videl Satan, poi, una presenza che aleggia come uno spettro su questa storia fin dall’inizio.
Allora, vi piace la scelta di Lazuli di tornare nel mondo dello spettacolo, alle sue condizioni stavolta?
 
Un grazie speciale va ancora a tutti voi che mi state trasmettendo tantissimo entusiasmo con i vostri commenti. Sto amando questa storia e vedere quello che mi scrivete nonostante abbia protagonisti diversi dal solito e tematiche non leggerissime mi riempie il cuore. Un grazie enorme a chi mi lascia sempre il suo parere e a chi vorrà farlo per la prima volta in questo capitolo. Ma un grazie altrettanto grande va a chi sta leggendo e apprezzando questa storia, a chi magari le sta dando una possibilità e che non ho mai conosciuto.
Ringrazio poi la Misatona anche questa settimana, anche perché non mi aspettavo questo disegno così presto e, soprattutto, non pensavo che sarebbe stato così perfetto: dopo Goku con la felpa da T-Rex, abbiamo finalmente la protagonista indiscussa della storia, la nostra Lazuli in versione Bunny Girl. Niente, spero vi piaccia perché è bellissima secondo me. E aspetto con ansia Rad con le cicatrici sul petto, a questo punto. Penso di parlare a nome di tutti, quindi non vedo l’ora! ;-)
 
Bene, mi dilungo sempre troppo nelle note finali e degenero, maledizione. Quindi vi saluto e vi do appuntamento a giovedì prossimo! Le anticipazioni ve le ho date, il titolo sarà “Il primo appuntamento” e spero continuerà a divertirvi questa storia e, magari, anche a farvi battere il cuore!
 
Teo
 
 
 
 

   
 
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