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Autore: _Atlas_    21/02/2019    3 recensioni
A volte non serviva a niente rifugiarsi in laboratorio, i pensieri si aggrovigliavano tra loro negandogli la lucidità e l'ansia prendeva a tormentarlo senza lasciargli scampo.
A volte, da solo, pensava di non farcela.

Raccolta incentrata su alcuni temi importanti della vita di Tony Stark, con la presenza di personaggi fondamentali per il suo percorso.
[Dal post-Iron Man 3 ad Avengers: Endgame]
Genere: Generale, Introspettivo | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Altri, Tony Stark/Iron Man
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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- Questa storia fa parte della serie 'Demons'
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4.

Bad Liar







"Quando avrò il piacere di vedere un'altra espressione sulla tua faccia?"
Tony aggrottò le sopracciglia sentendosi rivolgere quelle parole, in realtà molto più preso dai movimenti dell'amico, che non senza difficoltà si arrischiava a raggiungere il divano nella sala principale del Complesso. Una volta seduto, Rhodey accentuò il suo sguardo interrogativo.
"Che tipo di espressione vorresti?" chiese quindi Tony.
"Mi accontento di una che non sembri incolparsi anche della Guerra Civile del 1861."
L'uomo sbuffò, vagamente seccato. "Sono certo che avrei fatto la mia parte anche in quel caso" replicò comunque in tono leggero.
Rhodey annuì con fare rassegnato e si sistemò meglio i sostegni che gli avvolgevano le gambe.
"Mi sembrava di essere stato chiaro, prima" gli disse alludendo alla questione degli Accordi e a tutto ciò che si erano detti mentre si esercitava a camminare nella palestra del compound.
"In più, questi cosi funzionano a meraviglia, dico davvero" aggiunse con un movimento della gamba, come a confermare ancora una volta le sue parole.
Tony tirò un sorriso all'angolo della bocca, "Lo so bene, li ho progettati io" borbottò.
"Adesso ti riconosco" ricambiò il sorriso Rhodey, "Allora, quando hai intenzione di ripartire?" domandò poi, conscio che presto avrebbe fatto ritorno a Malibu.
"Hai davvero tanta fretta che me ne vada?"
"Scherzi? Non vedo l'ora" replicò Rhodey stando allo scherzo, "Ma ci tengo anche a vederti staccare la spina per un po'" chiarì subito dopo.
Il sorriso di Tony durò ancora qualche istante, prima di piegarsi lentamente in una smorfia contrita; qualcosa di indefinito gli si attorcigliò nello stomaco, ricordandogli che il peso che si portava dentro difficilmente gli avrebbe offerto un momento di tregua.
"Ho...ho diverse questioni lasciate in sospeso di cui vorrei occuparmi" spiegò quindi, abbassando di colpo il tono della voce.
Rhodey non fu sorpreso di quella reazione, riconoscendo un'espressione che aveva visto fin troppe volte sul volto dell'amico. Intuì il nodo principale dei suoi pensieri ma preferì non indagare ulteriormente.
Tony d'altra parte preferì non spezzare il silenzio, restando immobile in un atteggiamento che non gli si addiceva ma che al momento era incapace di camuffare. Puntò lo sguardo sul pavimento della sala, sperando forse di trovare lì le parole per scappare da quella conversazione, ma ritrovando solo il ricordo scottante di eventi più recenti e dolorosi. Contrasse la mascella come riflesso involontario e quando sollevò lo sguardo, incrociando quello di Rhodes, se ne sentì schiacciare.
"Stai bene?" gli chiese l'amico, intuendo come qualcosa non andasse.
Gli rivolse un'espressione a metà tra il corruciato e il divertito e finì per alzare le spalle con insolenza.
"Certo che sì" sottolineò con un ghigno.
"Come vuoi" replicò Rhodey alzando le mani in segno di resa, abbandonando solo parte dell'argomento.
C'era qualcosa di cui ancora dovevano parlare e di cui era stato informato solo superficialmente dal diretto interessato.
"E la Siberia?" indagò quindi poco dopo, ostinato ad abbattere il silenzio dell'amico.
In tutta risposta, Tony si limitò ad alzare di nuovo le spalle, quasi l'argomento non lo toccasse minimamente. "Un po' freddino, non credo che ci tornerò" disse asciutto.
Lo sguardo di Rhodey lo costrinse a mordersi la lingua fino a farla sanguinare, consapevole che non se la sarebbe mai potuta cavare con lui con quell'atteggiamento distaccato. E poi era il suo migliore amico, gli doveva delle spiegazioni.
"...cosa vuoi sapere, avanti."
"Che tu e Cap ve ne siete date di santa ragione l'ho dedotto da solo" spiegò quello con ovvietà e di riflesso Tony si tastò con la mano il livido che gli incorniciava l'occhio destro. "Quello che vorrei sapere è il perchè."
Tony sospirò con pesantezza strofinandosi le palpebre con le dita sudate, prendendosi molto tempo prima di iniziare a parlare.
"Ti ricordi l'incidente dei miei, no?" chiese poi, sforzandosi di sembrare indifferente.
"Certo."
"Non è stato un incidente" disse laconico e di riflesso irrigidì tutto il corpo, come a volersi difendere dall'imminente scarica di emozioni che lo avrebbe sovrastato. Non era pronto a parlarne, non ancora.
"Che vuoi dire?" lo richiamò Rhodes, cercando di interpretare quella sua unica affermazione.
"Non è facile..." mormorò in risposta Tony riuscendo, non seppe come, a mostrare un sorriso in un inutile tentativo di allegerire l'atmosfera, distogliendo la mente dalle dolorose immagini che gli stava riproponendo. Per fortuna Rhodey aveva preferito rispettare i suoi tempi, attendendo con pazienza che si decidesse a parlare.
"E' stato Barnes a...ad ucciderli" disse tutto d'un fiato, pronunciando per la prima volta ad alta voce quelle parole. Per un attimo gli sembrarono irreali, astratte, come se quello che era accaduto non fosse successo davvero. Fu lo sguardo sconvolto di Rhodey a riportarlo alla realtà.
"Barnes...quel Barnes?"
"Già. Era un piano ben architettato dall'Hydra, ad essere sinceri. Lui l'ha solo portato a termine" spiegò piattamente Tony. Vide Rhodey incupirsi e passarsi una mano sul volto, probabilmente alla ricerca di un modo per accettare quelle parole. Un tentativo che gli ricordava i suoi, quando provava a confrontarsi con quella realtà senza riuscirci, ritrovandosi poi con gli occhi colmi di lacrime senza avere mai il coraggio di versarle.
"Non so...non so cosa dire, Tony. Quello che hai detto è..."
"Non è tutto" concluse per lui l'amico.
"Che vuoi dire?"
Tony sospirò profondamente, dopodichè si alzò dirigendosi verso la cucina.
"Voglio dire che c'è dell'altro" confessò, "Cap sapeva tutto. Dall'inizio. Poi la situazione è degenerata, ma questo lo sai già."
Rhodey aggrottò le sopracciglia, cercando di raccapezzarsi di fronte a quelle notizie inaspettate.
"Vuoi dire che Steve ha sempre saputo...?" chiese conferma.
"Sì."
"Anche a Lipsia?"
Tony sospirò per l'ennesima volta, "Anche a Lipsia" confermò.
Vide Rhodey alzarsi per avvicinarsi a lui e concentrarsi per coordinare al meglio i sostegni, in uno sguardo che riaccese il suo senso di colpa tornando a pungolargli lo stomaco e costringendolo ad abbassare lo sguardo.
"Non immaginavo una cosa simile" ammise il colonnello, fermandosi a un passo da lui, "Credevo aveste semplicemente discusso per gli Accordi e non che la questione fossi così...assurda. Insomma, si tratta dei tuoi genitori, Steve avrebbe dovuto informarti."
"Ha ritenuto più opportuno non farlo" commentò Tony apparentemente distratto per poi recuperare un bottiglia di scotch da sotto il bancone. "E poi, perchè avrebbe dovuto dirmelo? Lui è suo amico, mentre io sono solo quello che ha diviso gli Avengers" aggiunse, stavolta marcando bene le parole.
"Sai che non è così", rispose Rhodey, sedendosi al bordo della penisola.
Tony versò lo scotch in due bicchieri e uno lo passò all'amico, che lo ingorò.
"Credevo volesse uccidermi" confessò poi, dopo averne bevuto un sorso. Si sentì bruciare lo stomaco ma non era sicuro che fosse una reazione data dall'alcol. Avrebbe scommesso più sul ricordo di uno scudo pronto a spappolargli il cervello.
"Pensi davvero che lo avrebbe fatto?" chiese Rhodey, interrompendo i suoi pensieri.
"Lo consideravo un tipo piuttosto prevedibile e invece è riuscito a stupirmi, ci è mancato poco che mi sfracellasse il cranio con quella dannata padella."
Stavolta il suo respirò si accorciò distintamente, tanto che dovette fermarsi qualche secondo per concentrarsi e riaprire i polmoni. Non capiva il perchè di tutta quell'ansia, al momento c'erano ben altre emozioni a corrodergli le membra e le avrebbe volentieri affogate tutte in quel bicchiere di scotch, se solo fosse servito a qualcosa. Con un gesto brusco della mano allontanò il bicchiere dalla sua vista, poggiando poi entrambe le braccia sulla superficie lucida del tavolo. Respirò a fondo per lunghi secondi cercando di regolare la respirazione, il tutto sotto lo sguardo di Rhodey che si fece più severo quando incontrò il suo.
"Sto bene..." si affrettò a rassicurarlo, "...sono solo un po' ammaccato. Tra qualche giorno avrò recuperato il mio charme, non temere."
Rhodey annuì pensieroso, portandosi una mano sotto il mento. Lasciò che il silenzio occupasse la stanza per molti minuti e ne approfittò per raccogliere le sue successive parole, sperando che Tony potesse farne buon uso.
"Sai, non è stato facile all'inizio" disse quindi, alludendo alle proprie gambe "Ritrovarsi in queste condizioni da un giorno all'altro è stato....inaspettato e molto doloroso. Ma quel dolore mi è servito, Tony, senza quello non sarei mai stato in grado di andare avanti, nè di accettare il tuo aiuto" spiegò indicando il sostegno che aveva progettato apposta per lui.
"Non ci credo..." lo interruppe Tony prima che riprendesse a parlare e ritrovando all'istante la maschera del buon umore, "Mi stai facendo la ramanzina per caso?"
"Hai qualcosa in contrario? Sto cercando di darti una mano, qui" replicò Rhodey spazientito.
"Ok, ok. Capito. Dove vuoi arrivare?"
"Dove voglio arrivare?! A te, imbecille! Credo...credo che dovresti fare i conti con il tuo dolore, e non mi riferisco solo a Steve e a..."
"...ti assicuro che i conti li ho fatti davvero bene" sibilò Tony, irrigidendosi di colpo e perdendo di nuovo il controllo sul respiro.
"...quello che è successo in Siberia, ma anche agli Accordi, a Pepper e..."
"Quello adesso non c'entra" si affrettò a chiarire, sentendosi stritolare le viscere per il miscuglio di emozioni che stava provando.
"...e a ciò che ti trascini dietro da anni. Quello c'entra eccome" si intestardì Rhodey, "Che diavolo, Tony, sono tuo amico! Credi che non me ne accorga?"
"Cosa dovrei fare, piangermi addosso? Non è nel mio stile."
"Pensi che io sia rimasto a piangermi addosso?"
Tony abbassò di colpo lo sguardo, mordendosi di nuovo la lingua. "Scusa, non intendevo..." sospirò esausto, passandosi una mano tra i capelli. "Senti, io credo di ess-"
"Tony, fatti un favore" lo troncò subito Rhodey prima che potesse replicare, "Smettila di mentire a te stesso. Sono serio, non ci guadagnerai nulla" gli disse sperando di essere il più convincente possibile.
Non si stupì quando non ottenne risposta, consapevole che, se solo ci avesse messo la giusta attenzione, avrebbe potuto sentire il brusio di tutti i suoi pensieri che cercavano di convicerlo del contrario.
Tony si schiarì la voce senza però proferire parola; svuotò nel lavello i bicchieri ancora colmi di scotch, compiendo con estenuante lentezza ogni piccolo gesto, come a voler tardare quel che poco dopo si decise a dire.
"Stasera incontrerò il ragazzo del Queens, mi converrà mantenere questa facciata ancora per un po' se non voglio perdere la sua fiducia" disse senza sapere bene il perchè, forse solo lieto di aver appena trovato un'ottima giustificazione per non fare i conti con se stesso.
"Partirò per Malibu domani pomeriggio, e una volta a casa vedrò di darmi una sistemata...emotiva" si decise ad aggiungere.
Poi recuperò la giacca abbandonata sul divano, deciso ad evadere per un po' da quelle mura che al momento percepiva come oppressive e soffocanti.
"Pensi di farcela da solo?" si accertò Rhodey, in parte sorpreso dalle sue parole e indeciso su come interpretare i suoi sbalzi d'umore.
"Ehi, non eri contento che mi togliessi dai piedi?"
"Certo! Sono solo preoccupato" specificò, intuendo però la sua intenzione di agire da solo anche in quella faccenda.
"Me la saprò cavare" lo rassicurò infatti Tony, iniziando a giocherellare con una pallina di gomma che estrasse dalla tasca dei jeans.
"E'...è davvero una...?"
"Pallina antistress, esatto. E' utile, più o meno. Vuoi?"
Rhodey negò con un gesto secco della mano, "Puoi tenertela."
"Come preferisci. Tornerò sul tardi..." lo informò avviandosi poi all'uscita "Non aspettarmi sveglio."
Lo vide procedere a testa bassa verso l'uscita del compound e sperò con tutto se stesso che potesse fare i conti con quella situazione, senza venirne sopraffatto.







Nda
Buonsalve! :D
Sono un po' (tanto) in ritardo, ma spero possiate perdonarmi; è stato un capitolo difficile da scrivere soprattutto per la gestione di Rhodey, che mi ha fatta ammattire non poco.
Inizialmente avevo progettato di farlo parlare con Tony subito dopo gli eventi della Sokovia, per poi cambiare idea e inserirlo nel post-Siberia, ovvero in un momento ancora più critico per entrambi.
Come già sappiamo, le vecchie paure di Tony non sono sparite ma in questo frangente si presentano in modo diverso – manisfestandosi soprattutto attraverso il fisico (respiro corto, ecc) – e questo perchè ad occupare la sua mente sono i fatti accaduti in Siberia (più la questione degli Accordi e il senso di colpa per l'incidente di Rhodey).
La pallina antistress è invece un dettaglio che ho voluto inserire dopo aver scoperto che Tony ne ha davvero una in mano poco prima di incontrarsi con Rhodey, sul finale di Civil War.
Infine, il consiglio di Rhodey è fondamentale e lo affronterò meglio nel prossimo capitolo, che tra l'altro non vedo l'ora di scrivere :P

Un grazie particolare a _Lightning_, che in questi giorni mi ha aiutato a migliorare il capitolo, evitandomi così un crollo nervoso <3
E a tal proposito, vi informo che potreste trovare qualche similitudine tra questo capitolo e uno dei suoi prossimi aggiornamenti; non era cosa prevista, ma la nostra telepatia a quanto pare sta raggiungendo livelli estremi e ci sembrava giusto avvisarvi :')

Bene, ho finito.
Un abbraccio e alla prossima, spero che il capitolo vi sia piaciuto.

_Atlas_
 
   
 
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