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Autore: RYear    22/02/2019    0 recensioni
1942.
Elisabeth Erskine - figlia dello scienziato Abraham Erskine – conosce, grazie al suo amico ‘Bucky’, Steve Rogers a una festa e se ne innamora. Quando scopre che suo padre vuole rendere il ragazzo un super soldato, decide di diventare come lui per proteggerlo e per mantenere una promessa. Tuttavia l’impresa avviene con non poche difficoltà: a seguito dell’uccisione dello scienziato, Elisabeth dovrà ricorrere all’aiuto di una vecchia conoscenza, Howard Stark. Sarà lui a realizzare il desiderio della fanciulla i cui unici obbiettivi sono diventati vendicare suo padre e sterminare l’Hydra. Nel cercare di raggiungerli, però, finirà in grossi guai che la porteranno all'eterna fuga.
Cosa accadrà quando, per sdebitarsi di un favore con una sua conoscenza, si ritroverà ad ospitare gli Avengers durante l’attacco di Ultron, incrociando di nuovo gli occhi del suo Steve?
L’ordine cronologico degli eventi è volutamente casuale.
La storia è presente anche su Wattpad, sul mio profilo: D_Year
Genere: Azione, Fantasy, Sentimentale | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het | Personaggi: James 'Bucky' Barnes, Nuovo personaggio, Steve Rogers, Un po' tutti
Note: nessuna | Avvertimenti: Violenza
Capitoli:
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Non qui (PARTE 2)

L'ultima volta che diedi una ripulita al mio aspetto, riuscendo in qualche modo a sembrare una donna rispettabile, è ricollegabile a quando Howard mi invitò per la rimpatriata in quel bar dov'era presente anche Steve. Ricordavo come i suoi occhi erano incollati alla figura dell'agente Carter, ma anche di come ero riuscita a strappare quell'ammirazione posandola su di me. Sentii di essere riuscita ad ammaliarlo, ad aprire una piccola brezza nel suo cuore, uno spazio accanto a quello già occupato da Peggy.

Non provavo rancore o rivalità per lei, era una donna coraggiosa a cui bisognava portare molto rispetto. Era intelligente, affascinante, e non mi stupiva sapere che Steve fosse interessato a lei, ma avrei voluto provasse lo stesso guardando me.

Era bastato un giorno soltanto perché io rimanessi affascinata da quel mingherlino di ometto, tutto orgoglio e onore per la patria, ed era stato il giorno più bello della mia vita. Prima che diventasse un super soldato, prima ancora di aver perso tutto ciò.

Avevo ritrovato quel peluche di carpa koi buttato sul letto della mia camera, lì dove l'avevo lasciato l'ultima volta. In quello stesso momento mille ricordi mi avevano riportato a quell'attimo in cui c'eravamo solo io e lui, Elizabeth e Steve.

Guardai malinconica il mio riflesso nello specchio: avevo raccolto la parrucca dai capelli castani in uno chignon lasciando che un ciuffo mi cadesse ribelle di lato agli occhi, il vestito verde scuro con dei bottoncini sul petto mi abbracciava il corpo slanciando la mia figura, valorizzando le mie forme.

Howard bussò alla mia porta sorprendentemente puntale. Andai ad aprirlo speranzosa, confidando in una serata tranquilla dopo tanto tempo.

Lo vidi lì sulla soglia, perfetto nel suo completino, i baffi tirati e i capelli laccati all'insù.

- Ti avevo detto di essere un tipo preciso. - esordì.

Scossi la testa divertita ed accettai il suo braccio come appoggio, chiudendo la porta di casa alle mie spalle.

Eh già, Howard era proprio un uomo dalle mille risorse e mille sorprese!

Aveva prenotato in un locale molto chic di Brooklyn: nulla di troppo estroso, niente di scadente. In poche parole, il posto perfetto. Solo il meglio per Howard Stark, lui poteva permetterselo.

- Ti piace il locale? Ci ho impiegato un po' per scegliere quale fosse quello ideale, magari avresti preferito qualcosa di più informale. - disse prendendo posto di fronte a me, dopo avermi fatto accomodare da vero gentiluomo.

- Stark... - sospirai prendendogli la mano che teneva sul tavolo - è perfetto, davvero.

- Bene. - diede un'occhiata al menù per sciogliere l'imbarazzo - vuoi qualcosa in particolare o ordino per entrambi?

- Va benissimo quello che scegli tu.

- D'accordo.

Nel mentre che il cameriere prese la comanda, potei osservare l'uomo che mi sedeva di fronte con più minuziosità.

Aveva deciso di indossare un papillon grigio - che si aggiustava ripetutamente nei momenti di imbarazzo, ovvero sempre - in contrasto con lo smoking nero. Doveva aver dato una spuntatina ai baffi, confidandogli un aspetto più pulito, perché qualcosa in lui quella sera mi attirò diversamente dal solito. Distolsi immediatamente lo sguardo quando notai che si stava voltando verso di me, notando il cameriere tornare in cucina.

- Immagino che siamo qui per parlarmi della missione, non è così?

Sembrò quasi deluso nel dirlo, come se si aspettasse qualcosa di più da questa serata.

Annuii dando conferma al suo pensiero.

- Non abbiamo trovato nulla. La base dell'Hydra era letteralmente bruciata, polverizzata.

- Come? Non sapevo avessimo alleati che ci precedessero nelle azioni. - esclamò prontamente. Poi però, come se avesse avuto un lampo di genio, sussultò e assunse un triste broncio, a colpevolizzarsi di aver pensato una cosa del genere piuttosto che... - quindi James...

- No, non è morto, o almeno spero. L'ho creduto anch'io dopo ciò che mi si era palesato davanti, ma dubito che sia morto. Nessuno di loro lo è. Ho voluto addentrarmi di più nella zona del crimine, ma non ho trovato nessun corpo bruciato, ne tanto meno la loro attrezzatura. Il tutto, poi, deve essere accaduto pochi attimi prima del nostro arrivo, come se avessero saputo che noi eravamo lì, come...

- Come a voler cancellare ogni prova della loro esistenza, così da farti sembrare una pazza agli occhi di tutti se tu avessi provato a raccontare della tua permanenza lì da loro. - continuò il mio pensiero.

- Loro lo sapevano - sussurrai sorpresa per non esserci arrivata prima. Soltanto in quel momento, dopo aver esposto il tutto ad Howard, mi resi conto della fregatura.

- Loro sanno sempre tutto, Katherine.

La realtà mi colpì come uno schiaffo in pieno viso. Lo stesso cameriere che arrivò in quel momento con i piatti, sussultò nel veder il mio volto sbiancare.

Ringraziai sperando di congedasse all'istante.

Diedi un colpo di tosse ricomponendomi, per poi guardarmi attorno.

- Date le circostanze dei fatti, credo che abbiamo scelto il posto sbagliato per parlare.

Stark passò in rassegna il ristorante con lo sguardo.

- Forse hai ragione, potremmo star rischiando. Ma d'altra parte... non vorrei sembrare inopportuno se ti proponessi di venire a casa mia.

- Siamo già stati una volta da soli da me, Stark. Cosa ti blocca, adesso?

- Non fare la finta tonta con me, Price. - apprezzavo il suo sforzo nel ricordarsi della mia nuova identità - e in qualche modo pensavo avresti toccato questo argomento, sta sera.

- Tempo al tempo, play boy. - lo provocai, cercando di alleggerire l'atmosfera e cambiar tono della serata.

- Vedo che non ti sfugge nulla, soldato.

Sorrisi maliziosa e continuai a mangiare.

Imprevedibilmente, o quasi, finimmo in conclusione a casa di Howard.

- E quindi questa è casa tua. Credevo vivessi nel tuo studio - lo presi in giro.

- Invece no, vivo in questo modesto appartamento. Benvenuta a casa mia, Katherine. Non era come avevo immaginato, ma... va bene anche così.

Risi imbarazzata - credi cambi qualcosa qui rispetto al ristorante? Non ero mai venuta qui prima d'ora.

- Non ne abbiamo avuto modo, e poi puoi star tranquilla, stiamo parlando dell'appartamento di un genio inventore, abbastanza ricco e importante da non potersi permettere una svista riguardo la sicurezza.

Annuii auto-convincendomi con quel suo discorso.

- E poi - continuò - non dimentichiamoci della tua nuova identità, sarà difficile trovare la vecchia Elisabeth se è morta.

- E' quello che vorrei far credere a tutti, ma dubito ci metteranno così tanto a capirlo. Anzi, credo l'abbiano già fatto, probabilmente saranno sulle mie tracce.

- Non essere così pessimista - tentò di ironizzare prendendo due bicchieri dalla credenza e versandoci dentro del whisky.

- Stark... - lo rimproverai - mi avevi promesso di rimanere sobrio per tutta la serata e, novità delle novità, non è ancora finita. Non puoi rimanere sobrio un altro po'?

- Stai sottovalutando la mia resistenza, tesoro? - allargò le braccia con fare modesto - Allora, ne vuoi uno? - chiese indicandò il bicchiere.

- D'accordo, tanto vinco io - dissi in riferimento alla sfida 'resistenza'.

Sospirai e mi gettai sul divano. Subito dopo l'unica altra persona con me in quella stanza prese posto al mio fianco offrendomi da bere. Buttai giù tutto d'un sorso, sentendo l'alcool bruciarmi la gola.

- Così non vale, tu non sarai mai abbastanza ubriaca per... - si lamentò scherzosamente.

- Per?

- Lascia perdere. Dicevamo?

- Che sarebbe meglio se io finissi in qualche luogo disperso del mondo, lontano da qualsiasi cosa, in modo che nessuno possa rintracciarmi. Anche solo stare al mio fianco comporta un grosso rischio, Stark.

- Sono un amante del pericolo, non lo sapevi? Eppure mi pare di avertelo già detto.

- Non scherzare, è una cosa seria.

- Anch'io sono serio, e non pensavo mai sarebbe accaduto, ma è successo. Non so bene cosa sia, ma ce l'ho dentro. - prese una pausa guardandosi attorno, cercando di elaborare tutto, di trovare un modo consono per parlarmi - se dovessero chiedermi com'è successo non saprei rispondere. Quando? Non lo so, non so nulla. Potrei dire così all'improvviso, oppure da tutta la vita. Tu credi di essere fragile, Elisabeth, ma io vedo soltanto una ragazza matura ormai, una donna a tutti gli effetti, sensibile, forte, coraggiosa. Ti mischi nel pericolo senza pensarci, fai le cose come se fossero di una innata naturalezza, dai il giusto equilibrio alle cose e, anche se sembri essere precipitosa, io credo tu sappia sempre quello che fai, come se ogni cosa fosse calcolata.

Sorrisi amareggiata, cercando di vedermi con i suoi occhi, gli occhi di un uomo probabilmente innamorato.

- E poi - continuò - sei simpatica e intraprendente, al tuo posto credo che in pochi avrebbero accettato un rischio simile come quello di diventare un super soldato. E quando l'hai fatto... eri spoglia davanti a me, a darmi la tua fiducia senza alcun timore. Forse è lì che è cominciato tutto. E no ti prego, non vedermi come il classico playboy, perché ora più che mai sono certo che non si tratti di questo.

Sospirai chinando il capo verso il bicchiere ormai vuoto, consapevole che prima o poi Howard sarebbe scoppiato come un ordigno inesploso.

- Howard... - cominciai sperando di trovare le parole. Adesso toccava a me. - tu sei il grande Howard Stark, il più grande inventore di tutti i tempi. Eri grande amico di mio padre e ora il mio, mi sei stato vicino sin da subito. Ammiro tutto quello che fai e, credimi, vorrei davvero potermi considerare così come fai tu, ma io non sono questa. Non sono perfetta come mi vedi, tutt'altro. Sono sbagliata e complessa, e sono certa che non meriti una come me. Sono una che l'Hydra vuole avere per i suoi esperimenti e poi buttarmi via, come si fa con un sacco dell'immondizia, disposta a sacrificare qualsiasi cosa pur di avermi. Non oso immaginare cosa potrebbero farti se sapessero che tu più di tutti mi conosci, ma sei l'unica persona che mi è rimasta Howard, non voglio perdere anche te. Perciò, a malincuore, devo dirti che - presi un lungo respiro - è meglio finire questa cosa ancor prima che inizi.

- Hai già deciso di vivere così per sempre? Fuggendo e privandoti di ogni cosa?

- Vedi alternative? - alzai il capo guardandolo negli occhi, percependo la sua confusione, il suo tormento, l'insicurezza. Non l'avevo mai visto così prima.

- Hai già una nuova identità, Elizabeth - disse prendendomi le mani tra le sue e pronunciando quel nome a cui già non ero più abituata a sentire - potresti ricominciare da zero, farti una nuova vita.

- Non posso fin quando non saprò che l'Hydra sarà morta per sempre, fin quando non avrò ritrovato James e Steve.

Si alzò dal divano, frustato. Raggiunse la finestra guardando fuori con lo sguardo assorto.

- Pensi sempre a loro, non è così?

- Non posso farne a meno. Ho deciso io di diventare così, loro erano una mia responsabilità.

- Non puoi caricarti il peso di tutto il mondo sulle spalle da sola, cazzo! - imprecò sbattendo un pugno contro il muro.

- Howard... - lo richiamai con voce amara.

- No, non chiamarmi così. Non posso sopportarlo.

- Non voglio farti del male Stark, ma...

- Il tuo posto non è qui, e non vicino a me. Tu ami Steve, lo so.

- Ti prego, non fare così. Non posso perderti.

Sospirò, ritrovando il coraggio di girarsi e guardarmi negli occhi.

- Non accadrà, sai bene che sarò sempre qui per qualsiasi cosa.

Camminai verso di lui, precipitandomi ad abbracciarlo.

- A proposito di questo... - continuò staccandosi da me. Fece un giro su se stesso guardandosi attorno, come a cercare qualcosa.

- Ma dove l'ho messo? - domandò a bassa voce. Poi sparì per un attimo dalla stanza tornando con una scatola tra le mani.

Lo guardai con aria interrogativa.

- Probabilmente avrei dovuto farlo prima e mi sento stupido a non averci pensato da subito, ma credo potranno esserti utili - aprì il pacco mostrando due bracciali di acciaio.

- No, non è semplice acciaio se è quel che stai pensando. E' vibranio, lo stesso materiale di cui era composto lo scudo di Steve. Non sono così pesanti come può sembrare, al contrario sono piuttosto leggeri e sono certo ti serviranno a salvarti la vita qualche volta.

- Howard non so come ringraziarti.

- Vorrei che rimanessi qui ma ho capito di non dover insistere, sei piuttosto irremovibile, per cui un semplice grazie va bene. E' un materiale raro, non chiedermi come abbia fatto ad averlo.

- Li hai realizzati per me?

- E per chi altri sennò? Buona avventura piccola testarda.

Lo strinsi ancora una volta a me, più forte che mai.

- Grazie per ogni cosa. - gli diedi un bacio sulla guancia e uscii di lì.
   
 
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