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Autore: Sophie Ondine    24/02/2019    5 recensioni
Dal testo:
-Un giorno, non ti è dato sapere come, non ti è dato sapere quando, tu e il tuo amore vi incontrerete nuovamente. Non avrete ricordi della vostra vita precedente, ma verrete attratti l’una all’altro senza neanche accorgervene, non potrete fare niente per impedirlo. Quello che è accaduto in questa vita, si ripeterà nuovamente e ancora e ancora, fino a quando il vostro amore non troverà realizzazione. È questo il destino delle anime gemelle.-
***
Cosa succederebbe se due anime, separate nella vita precedente, si reincarnassero? Che cosa attira una semplice ragazzina con la passione per il teatro verso un gelido demone? Nonostante la Vita si diverta a metterli sempre l'uno contro l'altra, cosa farà il Destino?
Genere: Romantico | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Altri, Rin, Sesshoumaru | Coppie: Inuyasha/Kagome, Rin/Sesshoumaru
Note: AU | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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Capitolo 4- Garofani bianchi

Vista da fuori, la villa No Taisho appariva immensa, come un dedalo di stanze e corridoi. Contrariamente al giudizio umano, Sesshomaru giudicava fin troppo piccola quella dimora: fosse stato per lui avrebbe vissuto in un posto lontano da tutto e da tutti. Il suo udito sviluppato lo bombardava di continuo con inutili suoni, voci e parole.
Era pomeriggio inoltrato quando rincasò, dopo l’incontro con la signora Midoriko. Contrariamente alle sue aspettative, quella visita non aveva portato nulla di buono, anzi era solo servita a peggiorare i rapporti, già di per sé tesi, con la donna in questione. Ma la colpa di questo non era sua, era da attribuirsi a quel maledetto e borioso mezzo demone, che aveva usato tutte le sue carte peggiori per indisporre Midoriko.
Maledetto, pensò tra sé e sé, mentre si toglieva la giacca del vestito e si allentava il collo della cravatta.
Un piccolo errore da parte sua, però, c’era stato: aveva aspettato troppo per andare a fare visita in quella scuola.

Sesshomaru si avviò verso un tavolino dietro al grande divano che regnava al centro dell’immenso salone davanti al camino, prese una bottiglia di vetro finemente lavorata e si versò in un bicchiere due dita di whiskey scozzese. Portò il liquido ambrato alle labbra e ne gustò un leggero sorso, la bocca fu invasa dal sapore aspro, caldo e pungente, poi deglutì con piacere e si sedette su una poltrona. Mentre rigirava il bicchiere tra le mani, giocando con il whiskey all’interno, pensò a quanto era successo poche ore prima.
Suo padre voleva i diritti su quel maledetto libro, il “Sengoku monogatari”. Nessuno era mai riuscito a smuovere Midoriko, mai una volta aveva accennato a dire un sì. Doveva ammettere che ammirava questa sua determinazione e tenacia nel difendere una cosa che riteneva tanto preziosa, considerando anche la sua debole natura umana. Non di rado Sesshomaru aveva visto uomini pronti a giurare che avrebbero difeso fino allo stremo ciò che loro reputavano un tesoro, salvo poi rimangiarsi la parola alla prima proposta vantaggiosa.
Che esseri deboli, pensò di nuovo mentre mandava giù un altro sorso.
Si abbandonò con la schiena contro il soffice schienale.

Quel dannato libro era l’ossessione di suo padre, soprattutto da quando la sua seconda moglie era venuta a mancare. Al solo pensiero di Izayoi, Sesshomaru storceva ancora la bocca. Non le era mai piaciuta quella donna umana, eppure suo padre, il grande demone cane della famiglia, sembrava completamente succube e soggiogato da lei e lui non riusciva a spiegarsi come fosse possibile.
Ricordava quando, da piccolo, i suoi genitori decisero di separarsi perché suo padre si era perdutamente innamorato di un’altra donna. Non che fosse particolarmente affranto per la sorte della madre: Inu Kimi era sempre stata una donna molto orgogliosa e fredda, non aveva battuto ciglio a quella rivelazione, sembrava quasi che se l’aspettasse. Con non curanza aveva fatto le valigie e se n’era andata. E non se la passava nemmeno male, visto che viveva al momento in un lussuoso appartamento in centro a Tokyo.

Quello che Sesshomaru non sopportava era l’idea che suo padre si fosse abbassato a tal punto da mischiarsi con un essere inferiore. Per lui era inconcepibile. Fin dal primo istante in cui Izayoi aveva messo piede in casa, Sesshomaru non aveva mai fatto di finta che le piacesse, al contrario non perdeva mai occasione per rimarcare il fatto che lei per lui non era nient’altro che una presenza sgradita. Questo atteggiamento di Sesshomaru aveva portato nel corso degli anni a diversi scontri con suo padre, talvolta anche fisici.
Ora che lei era morta Inu No Taisho sembrava un uomo che arrancava ogni giorno per arrivare al termine della giornata, sembrava svogliato nei confronti della vita. Erano passati ormai sei anni da quel terribile giorno, ma il dolore non accennava a sparire.
Con il passare del tempo, Sesshomaru aveva imparato a modulare le sue reazioni ed emozioni, quindi non si era mai più permesso di dire qualcosa contro quella che, a detta di suo padre, era stato il grande amore della sua vita. Nonostante questo superficiale rispetto, Sesshomaru covava nei confronti del padre lo stesso rancore che aveva provato quando lo aveva visto con Izayoi per la prima volta.
Durante i primi anni di matrimonio, Sesshomaru ricordava che Izayoi teneva sempre tra le mani il “Sengoku Monogatari” e durante le domeniche primaverili lei e suo padre si sdraiavano all’ombra di un albero e insieme leggevano quel libro. Il più grande desiderio di Izayoi era vedere un giorno quell’opera rappresentata a teatro, erano anni che ormai giravano voci su un possibile adattamento teatrale, con protagonista la stessa moglie del famoso scrittore, ma una malattia aveva messo fine a quelle vaghe promesse. Nonostante ciò, Inu No Taisho aveva promesso ad Izayoi che lui sarebbe stato il primo a riuscire ad ottenere i diritti per la messa in scena dell’opera e dopo la morte di Izayoi la promessa era diventata la sua ragione di vita. Ormai erano passati anni e suo padre non desisteva da questa corte sfrenata a quel mattoncino di pagine, che ormai si era trasformato in una vera e propria reliquia.
Sesshomaru non aveva avuto molta scelta riguardo il suo futuro: sapeva che prima o poi sarebbe spettato a lui prendere in mano le redini dell’azienda. Intorno all’età di diciannove anni, suo padre lo aveva preso con sé, per potergli mostrare dal vivo come si svolgesse quel mestiere. Dal primo giorno all’interno della società, Sesshomaru si ripromise di lavorare sodo per poterlo un giorno superare, ma non solo, avrebbe fatto di tutto per riuscire da solo a strappare alla signora Midoriko la promessa che i diritti di rappresentazione sarebbero spettati a lui, invece che a suo padre.
Sì, questo era il suo proposito. Avrebbe avuto la sua rivincita su di lui strappandogli ciò che era la cosa più importante al mondo.
“Vedrai, padre, riuscirò a superarti” pensò il ragazzo mentre tracannava l’ultimo sorso di whiskey.
Il destino volle che proprio in quel momento facesse il suo ingresso nella stanza proprio suo padre, Inu No Taisho, demone maggiore e presidente di una delle aziende leader nel settore dell’intrattenimento e dello spettacolo.
La No Taisho possedeva teatri famosi, cinema, emittenti televisive, giornali e riviste. Poche erano le società che avrebbero potuto competere con lei.

-Bentornato, Sesshomaru. Hai avuto novità dalla signora Midoriko?- disse, prendendo posto sullo spazioso divano blu di fianco alla poltrona sulla quale sedeva il figlio.

-Ci sto lavorando-

-Il che vuol dire che non hai ottenuto nulla- concluse per lui suo padre.

Sesshomaru non rispose, odiava quando suo padre faceva di tutto per sottolineare un suo fallimento.
“Non preoccuparti, padre. Prima o poi riuscirò in ciò che tu non sei mai stato in grado di ottenere, nonostante l’amore che dicevi di provare per quella donna. Nemmeno quello ti è stato d’aiuto” pensò tra sé e sé il ragazzo mentre faceva finta di trovare il fondo del suo bicchiere vuoto molto più interessante del genitore.

-Non era il momento migliore per dirle tutti i vantaggi del contratto. Era presente anche Naraku Onigumo- lo informò Sesshomaru, per far comprendere meglio la sua strategia.

Inu No Taisho si girò verso di lui stupito. La società del suo eterno rivale, la Onigumo co., ancora una volta si intrometteva nei suoi affari e intralciava qualsiasi cammino lui intraprendesse. Fin dalla sua ascesa nel mondo dello spettacolo Ryokotsusei era sempre stato il suo rivale più temibile. Non sapeva come, ma in qualche modo riusciva sempre a mettergli i bastoni tra le ruote.
Aggrottò la fronte, preoccupato.
Il figlio lesse all’istante l’espressione del genitore e si affrettò a dire:- No, non sono riusciti a convincere la signora Midoriko, se è questo che temi. Naraku è stato troppo impegnato a provocarla per pensare a tirarla dalla sua parte-
Mentre diceva queste parole, Sesshomaru ebbe un’intuizione: Naraku, molto prabilmente, com’era nel suo stile, aveva deliberatamente provocato Midoriko solo per non far trovare Sesshomaru in vantaggio. Lo aveva afferrato per trascinarlo sul fondo insieme.
Il demone represse un ghigno, per non farsi sentire dal padre. Non aveva nessuna intenzione di rivelargli un dettaglio del genere. Strinse comunque con molta forza il bicchiere, fino a farsi diventare le nocche bianche, riuscendo al tempo stesso a controllarsi per non frantumare il bicchiere in mille pezzi.

-Sesshomaru, ho una cosa da dirti…- disse poi Inu No Taisho, una volta che si fu tranquillizzato.

Il ragazzo non rispose, si limitò a muovere la testa per guardarlo in faccia e fargli capire che lo stava ascoltando.

-Tra una settimana tornerà tuo fratello da New York…-

-Cosa ha combinato questa volta, il bastardo?- chiese acido Sesshomaru.

Inu No Taisho sospirò, non aveva nessuna intenzione di intraprendere l’ennesimo scontro con il suo primogenito, ne avevano avuti fin troppi. Anche se cercava di ignorare le parole di odio del figlio, era comunque doloroso per lui sentire che l’astio tra i suoi figli era ancora presente, più forte che mai.

-Non ha combinato niente. Semplicemente è arrivato il momento che torni in Giappone e che noi iniziamo a vivere come una famiglia- ammise l’uomo portandosi una mano sulla fronte, troppo stanco per affrontare qualsiasi cosa. Se solo ci fosse stata Izayoi al suo fianco, pensava, le cose le avrebbe viste sotto un’altra luce, sarebbero state sicuramente meno pesanti di come sembravano in quel momento.

-Non ho niente a che spartire con un mezzo demone, io- disse lapidario Sesshomaru alzandosi dalla poltrona e avviandosi verso la sua camera.

La notizia non era delle migliori, ma non aveva intenzione di pensarci ora come ora. Avrebbe continuato la sua vita come sempre, limitandosi ad ignorare l’ospite indesiderato.
Mentre camminava lungo il corridoio, Sesshomaru passò davanti ad una delle grandi finestre che davano sul giardino posteriore della villa. Quel giorno i giardinieri si stava occupando delle piante  che crescevano proprio sotto le finestre. Quando Sesshomaru superò la finestra che era stata aperta per far areare la casa, sentì distintamente un leggero odore di lavanda.
Lo aveva già sentito quell’odore, quel pomeriggio, poche ore prima.
Quella ragazzina umana, lei odorava di lavanda. Quel profumo fu sufficiente per fargli tornare alla mente il volto della ragazzina.
Rin. Così si chiamava.
Pensò alla prima volta in cui l’aveva vista, lei aveva nove anni e lui venti. Undici anni di differenza, non erano pochi.
Si ricordava di una bambina buffa, dal viso allegro e vispo. Quando quella volta era caduta su di lui, perdendo l’equilibrio, ricordò che lei indossava un vestitino blu, non di alta sartoria, ma qualcosa di più modesto. Nonostante fosse dell’idea che gli umani fossero solo degli essere inutili, ricordò che lei non gli aveva dato particolarmente fastidio. Lei, invece, era più che imbarazzata. Poi due anni dopo, ancora una volta non si era spazientito o adirato per quell’umana così sbadata da non guardare nemmeno la strada prima di attraversare.
Con un rapido calcolo della mente, convenne che ormai doveva avere tredici anni. Era ancora una bambina, i lineamenti del viso tradivano ancora una certa ingenuità.
Ripensò al modo in cui si era inchinata a lui non appena lo aveva riconosciuto, non aveva mai visto una persona tanto spontanea. Aveva dimenticato la sua maestra e la presenza di Naraku pur di poterlo ringraziare nonostante fossero passati due anni da quel risarcimento che lui le aveva dato. Le labbra di Sesshomaru si incurvarono in un lieve sorriso quando ripensò all’espressione incredula quando lo aveva guardato, convinta che fosse stato lui a ridere dei suoi modi. Doveva ammettere che era stata davvero buffa.
“E così è un’attrice” pensò Sesshomaru, mentre si chiudeva la porta della camera alle spalle.

Non lo avrebbe mai detto, anche se gli venne in mente che quando l’aveva vista a teatro aveva notato di fianco a lui la buffa ragazzina che guardava famelica la commedia.
Sesshomaru si ritrovò a chiedersi che tipo di attrice fosse: dotata, con talento oppure semplicemente l’ennesima ragazzina che voleva solo diventare famosa?
Certo, se la signora Midoriko aveva deciso di prenderla con sé, voleva dire che aveva visto qualcosa in lei. Non gli era nemmeno sfuggito il cambiamento della voce quando si era rivolta alla sua allieva: era diventata più dolce e morbida istintivamente. Da quanto ricordava la compagnia Sengoku avrebbe messo in scena “Sogno di una notte di mezza estate” poco prima di Natale.
Sarebbe stato molto curioso di vederla sul palco e magari avrebbe avuto modo per poter elaborare una strategia migliore con Midoriko No Tama.
Sì, avrebbe trovato un modo per battere Naraku sul tempo.
 

***

Più passavano i giorni e più Rin trovava difficile riuscire a dare un tocco originale al suo Puck. Le piaceva infinitamente quel folletto dispettoso: era irriverente, giocherellone, imprevedibile. Ma quanto era complicato da mettere in scena. Nella sua mente Rin se lo immaginava un essere snello, dalle gambe veloci, i capelli arruffati e l’espressione da bambino monello.

La pausa pranzo stava quasi per finire e Rin si trovava sul tetto della scuola, per consumare il suo bento in santa pace e dedicarsi alla lettura del suo personaggio. Si era seduta per terra, vicino alla rete metallica che evitava agli studenti di sporgersi più del dovuto, non si accorse minimamente della piccola figura che avanzava verso di lei silenziosamente.

-Sapevo che ti avrei trovata qui- esclamò poi la voce all’improvviso.

Rin urlò e sobbalzò dalla paura, rovesciando per terra le ultime verdure del suo bento.

-Kanna! Vuoi farmi morire?- chiese poi lei con una mano sul cuore, come se fosse sufficiente a calmare i battiti accelerati del suo cuore.

La sua amica sorrise delicatamente divertita.

-Scusami, non ne avevo intenzione. Mi stavo solo domandando dove fossi, mancano pochi minuti al suono della campanella- la informò Kanna, mentre l’aiutava a pulire per terra.
Le due amiche rimasero per un po’ in silenzio. Kanna poi sposò lo sguardo sul copione aperto di Rin: era tutto sottolineato ed ai margini erano presenti mille note scritte a matita, cancellate e scritte ancora una volta. La ragazza allungò una mano e sfogliò il copione tra le mani.

-E queste?- chiese perplessa.

Rin diventò subito rossa come un pomodoro e si affrettò dal strappare il copione dalle mani della sua amica. Kanna, di rimando, rimase molto sorpresa dalla reazione della sua amica.

-Scusa, Kanna, non volevo sembrarti maleducata ma sto solo cercando di studiare la mia parte al meglio. Non sono sicura di essere ancora riuscita ad entrare bene nel personaggio- ammise mentre si guardava la punta delle scarpe, leggermente consumate.

Kanna rimase per qualche secondo stupita: per lei era assolutamente insensata come cosa, non perché non le importasse nulla del teatro, al contrario, ma perché credeva che Rin, rispetto a tutti gli altri compagni, fosse quella più avanti con la costruzione del personaggio. La ragazza provò una punta d’invidia: anche lei avrebbe voluto essere talentuosa come Rin, la quale non era minimamente consapevole del suo potenziale.
Anche Kanna amava tantissimo la recitazione, fin da bambina. Si era sentita così fiera e soddisfatta quando la signora Midoriko aveva chiamato anche lei a far parte della compagnia Sengoku. Da un po’ di tempo a questa parte anche lei aveva cominciato a prendere in considerazione l’idea di intraprendere questa strada, ma ogni volta che iniziava la lezione si rendeva della superiorità della sua amica nei suoi confronti. Kanna ci metteva tutta sé stessa e anche gli insegnanti le riconoscevano una tecnica piuttosto raffinata nonostante la giovane età, ma sentiva che le mancava sempre qualcosa, quel qualcosa che Rin aveva.
Quando Midoriko aveva assegnato i ruoli, ci era rimasta male per non aver ottenuto lei la parte di Puck, era un ruolo estremamente poliedrico e divertente. A lei era capitata ovviamente la parte di Ermia, la cara e dolce Ermia, tranquilla come lei.
A volte si sentiva intrappolata in quegli aggettivi che l’avevano accompagnata fin da quando era una bambina. C’erano dei momenti in cui Kanna si vergognava profondamente per quello che provava nei confronti di quella che considerava la sua amica più fidata, quella che era sempre stata al suo fianco, la sua migliore amica. Eppure delle volte era inevitabile.
E anche ora sentiva che quel mostro verde stava risalendo dalle sue viscere e si insinuava nella sua testa, parlandole con voce suadente e subdola.
Kanna decise che l’unica che avrebbe potuto fare in quel momento era semplicemente ignorare quella vocina. Scosse la testa e disse:- Rin, non starai esagerando?-

Eccola, stava forse cercando di distoglierla dal suo obbiettivo per non farla esprimere al meglio? Il dubbio le si stava insinuando, ma ancora una volta decise di ignorare.

-No, niente affatto. Sai, Kanna, sto pensando seriamente di intraprendere questa carriera, non so fare molto altro nella vita e recitare mi piace da morire. Vorrei impegnarmi al massimo, in qualsiasi cosa mi verrà proposta, per potermi sempre più avvicinare al mio sogno- confessò Rin.

-Perché non me lo hai detto prima?- domandò Kanna, cercando di far prevalere il suo amore di amica.

Rin fece spallucce.

-Non saprei, forse mi vergognavo un pochino-

E in quel momento Kanna riconobbe la sua amica ed una risata scalciò via l’invidia dal suo cuore in quel momento.

-Sei sempre la solita!- ammise mentre tornavano in aula per le lezioni del pomeriggio.

 

***

Il taxi si fermò davanti al cancello di ferro battuto della grande villa. Una ragazza, seduta sul sedile posteriore, si affrettò a togliersi la cintura di sicurezza e pagare il tassista. Si fece aiutare con le valigie, poi disse gentilmente:- La ringrazio, posso fare da sola ora-
Due valigie grandi ed un borsone, la ragazza si chiese se non avesse fatto una cavolata a mandare via il tassista, che tanto premurosamente si era preoccupato della sua sorte con quei bagagli molto più che ingombranti.
Ma era inutile piangere sul latte versato e si avviò a suonare il citofono.

-Sì?- gracchiò una voce metallica dall’altra parte.

-Sono Kagome, qualcuno può venire ad aiutarmi con le valigie per favore?- chiese la ragazza con un pizzico di imbarazzo nella voce.

Pochi minuti dopo fece la sua apparizione un uomo alto e forzuto, un vero energumeno, ma guardandolo più da vicino il viso non aveva tratti cattivi o arcigni, anzi, sembrava il viso di una persona del tutto indifesa e incapace di fare del male ad una mosca. Quando l’uomo fu davanti a lei fece un leggero inchino e si presentò:- Buona sera, signorina Kagome. Sono Jinenji, uno dei camerieri di sua zia. Lasci pure a me le valigie, le porterò io nella sua stanza-

Kagome fu sorpresa da tanta gentilezza, compreso da un cameriere. Ringraziò cortesemente e si avviò verso la casa, buttando un occhio all’uomo, per paura  che non ce la facesse a prendere tutto, ma con sua grande sorpresa vide che riuscì a sollevare ogni singolo bagaglio con estrema facilità.
Che fosse un demone? Difficile, al massimo avrebbe potuto essere un mezzo demone. I demoni raramente erano al servizio degli umani.
Corse lungo il viale alberato che la separava dall’ingresso della casa. Era così emozionata di rivedere sua zia ancora una volta, dopo gli anni trascorsi a Londra.
Mentre correva vide la porta di legno bianca aprirsi e rivelare la figura alta e snella della sua amata zia.

-Bentornata, Kagome!- disse con un sorriso la donna.

Kagome si fermò per un momento: era bella come sempre, ben truccata, i capelli perfettamente acconciati.
Quanto le era mancata.

-Ciao, zia Midoriko!- disse per poi buttarsi tra le sue braccia e sciogliersi in un caloroso abbraccio.

Solo dopo che Kagome si fu rintemprata con una doccia calda, zia e nipote poterono prendere un pregiato tè verde accompagnato da qualche piccolo capolavoro di pasticceria occidentale, comodamente sedute sul divano. Kagome aveva indossato un vestito leggero, di cotone celeste, i capelli erano ancora avvolti nell’asciugamano. Si sistemò con piacere sulla poltrona fiorata del salotto di sua zia ed inalò profondamente il profumo di quella casa.

-Hai fatto buon viaggio?- domandò Midoriko mentre versava la bevanda dorata nella tazza di Kagome.

La ragazza annuì, per poi aggiungere:- Sì, anche se le ore sono molte. L’Europa è lontana-

-Ho conservato ogni cartolina che mi hai mandato, sai?- le disse la zia guardandola con dolcezza.

La sua adorata nipotina. Erano passati due anni dall’ultima volta che l’aveva vista, durante un suo viaggio di piacere a Londra. Assomigliava così tanto alla sua compianta sorella: i capelli neri, l’espressione di stupore che assumeva davanti ad una notizia inaspettata, la forma delle labbra. All’età di otto anni suo fratello e sua cognata avevano pensato bene di spedire la minore delle loro figlie a studiare in Inghilterra, dalla famiglia paterna della ragazza. Entrambi pensavano che sarebbe stata per lei una grande opportunità studiare in Europa, sotto la supervisione dei suoi nonni paterni.
Sua sorella, Hanako No Tama, aveva sposato ancora giovanissima il padre di Kagome, Edward Higurashi, figlio di una contessa inglese e di un uomo d’affari giapponese trapiantato nell’isola anglosassone. Suo cognato era sempre vissuto in Inghilterra, tra l’eleganza londinese e le tradizioni giapponesi che suo padre fieramente gli insegnava, in quanto non voleva che suo figlio ignorasse l’altro ramo della sua persona. All’età di diciotto anni aveva deciso di recarsi in Giappone per la prima volta, per poter vedere il paese da cui veniva suo padre e che, per metà, faceva parte della sua storia. Da quella breve vacanza, decise di stabilirsi per più tempo a Tokyo, magari per studiare anche all’università, proposito che aveva incontrato l’opposizione della madre, la quale sognava per il figlio un futuro in un famoso college inglese. Fu durante gli anni universitari, nella facoltà di economia, che incontrò quella che sarebbe diventata la sua futura moglie.
Per la loro famiglia quel fidanzamento era stato accolto con una certa gioia: dopotutto, sebbene cresciuto a Londra, era pur sempre un uomo giapponese, e per giunta proveniente da una famiglia più che rispettabile. Midoriko ricordava ancora bene le occhiate innamorate ed emozionate che lei e Edward si scambiavano.
Per non offendere nessuno da entrambe le famiglie, si decise di celebrare il matrimonio due volte: una prima volta in Giappone, come voleva la tradizione; poi successivamente in Inghilterra.
La madre di Edward all’inizio si dimostrò piuttosto diffidente e scettica riguardo questo matrimonio, come se temesse che Hanako fosse solo a caccia di un uomo ricco da sfruttare, una sorta di arrampicatrice sociale. I primi tempi non erano stati per niente semplici, ma con il tempo sua sorella era stata accettata dalla famiglia di Edward.
Subito dopo il matrimonio, la novella coppia di sposi aveva deciso di iniziare la loro nuova vita a Tokyo, dove alcuni anni dopo erano nate le loro due figlie: Kikyo e Kagome.
Edward aveva intrapreso la carriera finanziaria, creando dal nulla un’impresa di import export che si occupava generalmente dei rapporti economici tra Inghilterra e Giappone, mentre Hanako, dopo la nascita della prima figlia, aveva messo d parte gli studi universitari per poter dedicarsi alla musica, la sua più grande passione. Aveva ripreso, dopo anni, a suonare il violino, strumento nel quale eccelleva e con il tempo era riuscita a farsi strada nel mondo della musica, diventando una violinista acclamata in patria. Midoriko ogni volta che ripensava a quel dettaglio delle loro vite, sorrideva: lei aveva scelto la strada della recitazione, mentre sua sorella quella della musica ed entrambe erano riuscite a ritagliarsi il proprio lembo di gloria. La loro mamma diceva sempre che un qualche demone doveva averle marchiate con il talento dell’arte.
Purtroppo, un anno fa entrambi avevano perso la vita tragicamente in un incidente stradale. Per Kikyo e Kagome era stato un duro colpo, dal momento che entrambe non erano in Giappone al momento dell’accaduto. I funerali vennero celebrati in Inghilterra, ma purtroppo Midoriko non era potuta volare fino a Londra a causa delle condizioni del suo cuore. Non aver potuto salutare per l’ultima volta la sorella era uno dei suoi più grandi rimpianti.
Quanto era stata ingiusta la vita con lei: prima suo marito, poi sua sorella.
Nel testamento, i nonni paterni figuravano come tutori legali delle ragazze, ma Kagome, dopo un anno, aveva iniziato a sentire il bisogno di tornare in Giappone, per poter riconciliarsi con i suoi genitori. Kikyo invece aveva preferito restare a Londra. La cosa però non dispiaceva affatto a Kagome, per una volta si sarebbe staccata dalla presenza ingombrante della sorella.

-E come sta Kikyo?- chiese sua zia.

Ecco, le ultime parole famose.
Kagome sospirò.

-Sta bene, sai… è molto presa da tutto- rispose la ragazza, guardando la tazza fumante che teneva tra le mani.

Midoriko si accorse della reazione di Kagome e si apprestò a cambiare argomento:- Sai, cara, ho parlato con il preside della tua nuova scuola: ha detto che è ben felice di accoglierti nel suo istituto. Forse potrà sembrarti un po’ dura all’inizio, visto che cominci ad anno scolastico già iniziato, ma sono sicura che saprai cavartela benissimo-

-Lo spero tanto, zia- disse Kagome guardandola mentre sorrideva.

-E poi, in quella scuola ci sono alcuni dei miei allievi- continuò Midoriko- potresti anche capitare nella loro stessa classe-

 

***

I giorni si erano susseguiti velocemente ed inesorabilmente e, come Ayame aveva previsto, le prove per l’allestimento dello spettacolo erano dimenuite a vista d’occhio, fino al punto da risultare scarse.
Tutti gli attori erano un fascio di nervi, Miroku addirittura aveva smesso di fare continue avances nei confronti di Sango, tanto era nervoso. Ayame non smetteva di rimarcare a Bankotsu quanto aveva detto tempo prima e Kohaku cercava ogni volta di mettere pace. L’unico a non sembrare particolarmente provato era forse Jakotsu, che non perdeva occasione per fare qualche battuta a sfondo sessuale nei confronti di tutti i ragazzi della compagnia.

Rin, dal canto suo, nonostante l’agitazione, sentiva di averci messo tutta sé stessa dentro al personaggio di Puck: aveva lavorato duramente ogni singolo giorno, chiedendo spesso aiuto alla sua sensei e molte volte aveva rimpianto ciò, dal momento che le prove con lei si erano rivelate più del dovuto. Nonostante all’esterno appariva come una donna tranquilla e pacifica, Midoriko rivelava di possedere un atteggiamento piuttosto duro e severo. Rin lo aveva imparato a sue spese, ma con il senno di poi aveva capito che tutto era volto solo al suo miglioramento.
Ci teneva tantissimo nella buona riuscita della rappresentazione: sarebbe stata una sola data e l’attenzione di molti sarebbe stata rivolta verso di loro, in più quella si rivelava una buona pubblicità per la scuola che avrebbe potuto ottenere nuovi allievi nel corso degli anni. Era di vitale importanza non deludere nessuno, né tantomeno la signora Midoriko.
Tutti gli attori erano incaricati della creazione del loro costume, per poi passare sotto la supervisione dei loro insegnanti. Essendo una compagnia recente, il guardaroba comune non era ancora molto fornito e raramente gli attori trovavano qualcosa da indossare. Lo stesso era successo a Rin, la quale si era dovuta ingegnare per trovare un vestito che la facesse riconoscere come Puck. Ci aveva pensato tanto ed era riuscita a venire a capo di quel dilemma: aveva pensato di indossare un body di colore verde, corredato da un gonnellino di tulle arancione, mentre i piedi sarebbero rimasti nudi per tutto il tempo della rappresentazione ed infine avrebbe indossato una coroncina di foglie di edera da intrecciare nei capelli.
Rin era proprio intenta ad intrecciarsi la coroncina tra i capelli nel camerino, quando sentì Ayame dire ad alta voce:-Avete sentito? Non so come mai, ma sembra che tra il pubblico ci siano dei pezzi grossi della produzione teatrale. Ho intravisto anche dei giornalisti-

 -Non è di certo la prima volta che ne vengono alcuni- sottolineò Hakudoshi.

-Non capisci: non si tratta di piccoli giornalisti. Questa volta abbiamo nomi importanti: ti dice niente Tsubaki Tsukino e Renkotsu Nagino?- rispose a sua volta la rossa.

Nella sala calò un silenzio pesante: nessuno si aspettava dei nomi come i loro. Erano tra i due più famosi giornalisti che scrivevano per la rubrica di arte e spettacolo. Erano entrambi seguitissimi e tristemente famosi per le loro stroncature teatrali. Sango, la quale si stava truccando gli occhi, rimase con la matita sospesa a mezz’aria. Quella era la prima volta che la loro scuola otteneva una così grande attenzione.

-Ma chi può essere interessato a noi?- domandò Shippo, mentre finiva di abbottonarsi la camicia.

-Ma è ovvio che non sono qui per noi: sono attratti tutti dalla signora Midoriko- sbuffò Bankotsu, visibilmente scocciato per quell’ondata di panico che si era riversata su di loro.

-Oh Kami, ora sì che ho paura- bisbigliò Kanna mentre iniziava a tremare come una foglia. Per fortuna corse in suo aiuto Kohaku, che si affrettò a consolarla e a farle ritrovare l’entusiasmo.
Rin si sentiva confusa e spaesata. Come mai tutto quell’attenzione verso di loro?
Fortunatamente l’ingresso di Kagome servì a sedare lo stato di agitazione apparentemente calma che regnava in quella piccola stanza.

-Ciao, ragazzi! Come vi sentite?- domandò lei, entrando con un barattolo di miele in mano.

-E quello?- chiese Jakotsu senza nemmeno salutarla.

-Zia Midoriko mi ha detto di portarvelo: a quanto pare vi serve per idratare le corde vocali- li informò la ragazza mentre si faceva spazio tra di loro e poggiava l’ambrosia degli attori sul tavolo occupato da decine di vestiti e trucchi.
Kagome, dopo il suo arrivo, era capitata in classe con Sango e il caso aveva stabilito che diventassero grandi amiche fin dal primo giorno in cui si erano conosciute. In più i primi tempi Kagome, per poter allargare la cerchia delle sua conoscenze, si era recata spesso con sua zia alle prove di teatro, per poter conoscere i suoi allievi. Con il tempo era diventata amica con tutti i membri, in particolare aveva trovato in Rin un’amica simpatica e leale. In più lei e Sango frequentavano lo stesso liceo di Koga, Miroku, Bankotsu, Jakotsu e Shippo.
Si divertiva tantissimo vederli alle prese con battute, panico e costumi. Solitamente si metteva in un angolo e assisteva alle lezioni, armata di un piccolo taccuino di colore rosso.
Quella sera voleva assolutamente augurare buona fortuna ai suoi nuovi amici.

-Kagome, dicci un po’, tu per caso sai dirci chi è seduto tra i presenti? Di famoso, intendo?- indagò Ayame.

La ragazza rimase in silenzio per qualche secondo. Per lei, che era da poco arrivata in Giappone era difficile conoscere nomi che per i suoi coetanei erano del tutto scontati. Si portò una mano sotto il mento.

-Beh, non ricordo bene, però ho visto la zia piuttosto contrariata prima. Non che lei mi dica tutto quello che le passa per la testa, però mi ha detto che ci sono due persone in particolare che non ha piacere ad avere qui… solo che non riesco a ricordarmi i nomi. Però uno sono riuscita a vederlo perfettamente: ha dei lunghi capelli argentati e dei segni demoniaci sul viso…-

-Non starai parlando di Sesshomaru No Taisho, vero?- la interruppe urlando Ayame.

-Beh, potrebbe essere… ma non ne sono sicura- ammise Kagome.

Rin a quel nome si voltò di scatto. Sesshomaru, quel Sesshomaru che lei conosceva era presente tra il pubblico. Un lieve sorriso le si disegnò sul viso, che non passò inosservato ai suoi amici.
-Rin, perché sorridi? Lo conosci, per caso?- domandò sempre Ayame, in preda al panico più totale.
La diretta interessata si trovò tutti gli occhi puntati addosso ed arrossì, mentre con le mani si reggeva allo schiena della sedia.

-Beh, non proprio. Però l’ho visto la prima volta due anni fa: stavo rischiando di essere investita dalla sua macchina, ma per fortuna non è successo nulla. Lui quel giorno si è proposto di ripagarmi la divisa e qualche giorno dopo me l’ha spedita direttamente a casa. È stato davvero gentile- disse lei.
Tutti la osservavano con un’espressione di stupore: non era possibile che Sesshomaru No Taisho potesse avere un gesto di gentilezza nei confronti di qualcuno. Rin si accorse della loro perplessità e chiese:-Perché vi sembra così strano?-
Fu sempre Ayame a prendere parola.
-Ecco, non che noi abbiamo mai avuto modo di conoscerlo direttamente, ma oltre ad essere l’erede di una delle più grandi compagnie che lavorano nel campo dell’intrattenimento, è sempre stato un tipo molto riservato, scostante. Diciamo pure che non spicca per gentilezza e simpatia, direi proprio il contrario-

Per Rin sembrava difficile da credere una cosa del genere: nonostante la freddezza iniziale, con lei si era sempre rivolto gentilmente.

-Ragazzi- li interruppe una voce- Pensate allo spettacolo e iniziate a scaldare la voce-
Era il maestro Saya che li aveva ripresi.
Kagome salutò tutti e poi si avviò per prendere posto tra il pubblico.
 

***

-E così, anche l’altezzoso Sesshomaru è venuto a vedere questo spettacolo- disse compiaciuto Naraku, mentre prendeva posto di fianco al rivale.
Sesshomaru se lo aspettava, sapeva che lo avrebbe trovato lì. Non mosse un muscolo, rimase impassibile come sempre.
-Non pensavo ti interessassero gli attori in erba, anche se sono rimasto molto sorpreso di sapere che presti il tuo aiuto a giovani ragazzine- lo punzecchiò.
-Che cosa vuoi, Naraku? Deduco che il fatto di essere seduti vicini non sia una casualità- ringhiò Sesshomaru, voltandosi subito verso il ragazzo.
Naraku sorrise compiaciuto, finalmente si iniziava a ragionare. Ma prima di giocare a carte scoperte aveva intenzione di provocarlo ancora un po’.
-Così come presumo che la presenza di Tsubaki Tsukino non sia dovuta ad un suo interesse per la compagnia Sengoku?- ribattè Naraku.
Ma Sesshomaru questa volta non si fece trovare impreparato:- Potrei dire lo stesso per Renkotsu Nagino-

Entrambi ammisero di essere stati scoperti. Ora forse potevano parlare chiaramente. Fu Naraku il primo a proporre un accordo.

-Midoriko non cederà mai fino a quando avrà le spalle coperte e, ovviamente, non prenderebbe in considerazione né me né te. Per una volta ho io un accordo da proporti-
Sesshomaru alzò scettico un sopracciglio. Si fidava poco di Naraku, ma dopotutto aveva passato tanti pomeriggi a pensare a come avrebbe potuto ottenere la fiducia di Midoriko No Tama. Non era una sfida facile e avrebbe dovuto metterci tutto sé stesso per poter riuscire nell’impresa e superare finalmente suo padre. Sapeva che la sua avversaria non era una preda facile, perché già da tempo aveva preso le sue precauzioni per non cadere vittima di persone che desideravano vederla sul lastrico per il tesoro che possedeva.
Forse per una volta avrebbe potuto allearsi temporaneamente con il suo nemico di sempre: dopotutto non era un passo avanti rispetto a lui. Quando dopo sarebbero riusciti a disarmare la loro preda, avrebbero continuato la loro silente battaglia.

-Che tipo di accordo?- domandò freddo.

Naraku rise:- Non fare il finto tonto, so benissimo che hai le mie stesse intenzioni, altrimenti non avresti invitato anche tu una giornalista famosa per le sue stroncature sui giornali. Penso che per una volta possiamo mettere da parte i nostri dissidi e trascinare sul fondo Midoriko, insieme-
Lo disse con un sorriso carico di soddisfazione. Sapeva dentro di sé che Sesshomaru non poteva rifiutare. Allungò una mano verso di lui, come se il contratto fosse sancito da quell’azione, che sperava arrivasse. Sesshomaru squadrò la mano di Naraku, poi lentamente, la strinse tra la sua, non prima di aggiungerci un pizzico di forza di demone completo che possedeva. Vide sul viso di Naraku dipingersi un’espressione di dolore.

-Ricordati questo: fai solo una mossa contro di me in questo periodo di pace apparente, e ti farò pentire di essere venuto al mondo, mezzo demone- bisbigliò all’orecchio di Naraku.

Da lontano Midoriko aveva assistito a tutta la scena e dentro di sé ribolliva di rabbia: ora che si erano alleati contro di lei poteva solo aspettarsi una guerra lunga e senza esclusione di colpi. Sentì dentro di sé crescere una rabbia incontenibile, come se un gruppo di cavalli imbizzarriti stessero correndo sopra il suo cuore. Si portò una mano la petto: pregava con tutta sé stessa che il suo cuore reggesse.
Aveva molta paura, temeva molto quei giovani avversari, perché sapeva che non si sarebbero fermati davanti a nulla e lei non era sicura di potercela fare con le sue sole forze.

***

I ragazzi stavano prendendo posto dietro le quinte, ognuno pronto ad uscire al momento opportuno.
Hakudoshi se ne stava seduto poco più dietro rispetto agli altri in compagnia di Shippo, Jakotsu e Bankotsu: la loro entrata sarebbe stata dopo gli altri. Sango, in un angolo, ripeteva a voce bassa le battute e Miroku le stava accanto, tenendo gli occhi chiusi e cercando di tenere a bada l’agitazione. Kanna con Kohaku, Koga e Ayame si teneva in prossimità della quinta.
E poi c’era Rin, lei sarebbe stata la prima ad entrare, nelle mani reggeva un tamburello, che avrebbe dovuto suonare per annunciare il suo ingresso sul palcoscenico. Le mani le tremavano tanta era l’emozione.
Chiuse gli occhi e fece un respiro profondo, inalando a pieni polmoni l’aria intorno a lei. Poteva sentire tutto: l’agitazione dei propri compagni, il mormorio della gente in platea, l’odore degli oggetti di scena e poi iniziò a sentire il profumo del bosco. Sì, poteva sentire l’odore inebriante delle foglie verdi degli alberi, l’odore della terra bagnata dopo un temporale estivo, sentire sotto i piedi i fili di erba che le solleticavano le dita.
Dopotutto lei era Puck, il folletto del bosco, dispettoso e imprevedibile, al servizio del suo padrone Oberon. Era il caos, era qualcosa di inafferrabile.
“Io sono Puck” pensò intensamente Rin. Non era più il momento di avere paura, perché ormai quello che era fatto era fatto: aveva provato fino allo stremo, aveva studiato, aveva cercato di capire come potesse muoversi un folletto, che espressioni potesse assumere, che parole usava. E a poco a poco si era trasformata in quel personaggio, aveva finito per assorbire quella maschera, facendola propria, con caratteristiche del tutto personali.

-Chi di scena, si tenga pronto!- disse la voce di Saya da dietro le quinte.

In sala le luci si spensero e il chiacchiericcio di fondo cessò, all’improvviso. Rin sentì chiaramente il rumore del sipario che si apriva e poi vide le luci accendersi ed illuminare il palco.
Che lo spettacolo abbia inizio, pensò ed entrò in scena.
Rin non sarebbe mai riuscita a spiegare a qualcuno come si sentisse ogni volta che saliva su un palco scenico: ogni paura svaniva, ogni timore diventava  piccolo e un’energia sconosciuta si impossessava di lei. Entrò a passo di danza, saltellando leggera e divertita mentre con le mani suonava il tamburello. Fece un giro intorno al palco, poi si voltò a guardare il pubblico, come se solo in quel momento si fosse accorta della loro presenza. Sorrise maliziosa, poi si inchinò profondamente e disse la sua prima battuta:- Mie care dame e cavalieri, benvenuti nel nostro mondo. Mi presento, sono il folletto Puck e questa notte vi accompagnerò in una notte magica, una notte che difficilmente dimenticherete. Siate clementi con noi ombre, perché sappiate che in questa notte, tutto può succedere-

Mentre parlava continuava ad ammiccare ai presenti, rompendo la quarta parete che divideva gli attori dal pubblico. Gli altri compagni si tranquillizzarono vedendo che Rin era partita con il piede giusto, anzi si sentirono rinvigoriti da tanto entusiasmo.
Rin, dal canto suo, ormai era come se fosse stata impossessata dall’essenza di Puck e recitava con naturalezza ed energia.
Sua nonna la guardava estasiata, Kagome la guardava estasiata. C’era tra il pubblico anche un’altra persona che la osservava incuriosita: Sesshomaru.

A stento l’aveva riconosciuta in quel costume da folletto e il trucco di scena. Non sembrava nemmeno lei, tanto era diversa, quasi un’altra persona. Poteva percepire l’entusiasmo che ci metteva in quella rappresentazione, come se il suo corpo fosse il centro da cui si irradiava tutta l’energia e a poco a poco arrivava a chiunque presente in sala. Osservava le sue mani che battevano sul tamburello, a ritmo delle battute che pronunciava; vedeva perfettamente alcune ciocche di capelli che le erano cadute dallo chignon che si era acconciata in camerino, ma che le conferivano un tocco più simpatico; poteva vedere gli occhi che le brillavano mentre si rivolgeva a loro.
Notò anche che stava recitando a piedi nudi e subito nella sua mente ci fu un lampo: quei piedi nudi gli provocarono una sensazione strana, come se si ricordasse qualcosa che fino ad allora aveva totalmente ignorato. Una vita precedente, qualcosa che aveva condiviso con qualcuno che gli stava particolarmente a cuore. Sesshomaru si sentì invadere da un calore strano, mai provato in vita sua. Scosse leggermente la testa, riprendendo all’istante la lucidità. Non era possibile, sarà stato solo un momento di debolezza a causa del sonno perso durante quei mesi.
Eppure quella ragazzina, più la guardava, più gli sembrava di averla già vista e non solo durante i due episodi di qualche anno fa. Era qualcosa di ancestrale, di remoto. Non riusciva a spiegarselo e questo non gli piaceva, lui doveva avere tutto sotto controllo. Decise di relegare quella sensazione in un angolo piccolo della sua mente e di tornare a contrarsi sulla rappresentazione. Non era certo il momento di concentrarsi su cose futili come quella.

Quando prestò di nuovo attenzione, si sentì rincuorato nel vedere che la scena era stata occupata da altri attori e che quella ragazzina era uscita. Eppure ogni volta che entrava in scena, si ritrovava ad osservarla attentamente, a sorridere quando Puck combinava qualche guaio e a sospirare quando vedere che, per fortuna, non aveva dimenticato nessuna battuta.

***

Gli applausi che ricevettero alla fine rincuorarono tutti i ragazzi della compagnia. Sembrava che fosse proprio piaciuto, o almeno questo speravano.
Salutarono il pubblico come sono soliti fare gli attori e si ritirarono in camerino, pronti a cambiarsi per poter festeggiare.
Midoriko, da lontano, guardava i suoi allievi e si sentì orgogliosa di loro. Ci avevano messo dentro tutti loro stessi.
Ma nonostante i loro sforzi, sapeva che questo non era sufficiente: non si sarebbero salvati dall’onda potente che li avrebbe travolti per colpa di Sesshumaro No Taisho e Naraku Onigumo. Il fatto che avessero invitato con loro due dei giornalisti più inclementi del mondo dello spettacolo, la diceva lunga sulle loro intenzioni.
Infatti, mentre la gente se ne stava andando, vide avvicinarsi le figure dei due uomini che in quel momento odiava più di chiunque altro. Midoriko respirò lentamente e profondamente, per trovare la calma necessaria. Si sentiva decisamente offesa dal sorriso di sfida che Naraku le stava rivolgendo in quel momento. Lo avrebbe volentieri preso a schiaffi.

-Ma che onore avere qui voi due. Spero che lo spettacolo sia stato di vostro gradimento- disse Midoriko con un sorriso tirato sul viso. Doveva giocare di anticipo.
Sesshomaru non disse niente, mentre Naraku sorrise ancora più e rispose:- Lo saprà domani dai giornali, cara signora No Tama-
Si divertiva molto a metterla in difficoltà, anche se sarebbe stato più corretto dire che Naraku si divertiva a mettere in difficoltà chiunque.
Midoriko era risoluta almeno a salvare le apparenze e non si scompose minimamente, anzi sorrise di rimando prendendo quelle parole come se fossero uno scherzo tra due amici.

-Credo che la presenza di Tsubaki Tsukino e Renkotsu Nagino non sia del tutto rassicurante-

Questa volta fu Sesshomaru a prendere la parola:-Come le abbiamo detto siamo disposti a tutto pur di averla sotto contratto con noi. Ovviamente anche i suoi piccoli prodigi sarebbero i benvenuti, almeno per quel che riguarda la No Taisho-
Mentre parlava avanzava lentamente verso la donna, la quale non si fece intimorire dalla statura del demone ma, al contrario, continuava a sostenerne lo sguardo in segno di sfida.

-Per poi farne fenomeni da baraccone, che poi verranno dimenticati nel giro di qualche anno una volta ottenuti i diritti di rappresentazione sul romanzo di mio marito? No grazie. Io ci tengo ai miei allievi- disse lei lapidaria.

Sesshomaru la guardava fisso, si avvicinò ancora di più e disse:-Signora, non mi faccia essere cattivo. Non mi fermerò davanti a nulla pur di ottenere quello che voglio, fosse pure dover trascinare lei e i suoi amati studenti in fondo al baratro-
Midoriko era sul punto di ribattere ma un rumore costrinse tutti e tre ad interrompere quello scontro. Vicino ad una colonna, tutta tremante come una foglia, c’era Rin, ancora con gli abiti di scena, la quale guardava con occhi pieni di timore le due figure di fronte alla sua sensei. Sesshomaru, da come lo stava guardando, intuì che la ragazzina doveva aver ascoltato tutto quello che lui aveva detto e per un momento un sentimento di rimorso per aver pronunciato quelle parole si impossessò di lui. Non voleva che lei lo potesse sentire. Un leggero lampo di preoccupazione gli attraversò gli occhi, per poi sparire veloce così come era venuto.
Rin non poteva credere alle sue orecchie: quell’uomo che sembrava tanto gentile con lei era in realtà un mostro disposto a tutto pur di ottenere qualcosa. Non sapeva perfettamente di cosa stessero parlando, ma aveva capito che c’era in ballo qualcosa di importante, altrimenti che bisgono c’era di coinvolgere anche dei giovani attori?
E lei che aveva pensato che fosse un principe azzurro.

-Sensei, ero… ero venuta a chiamarla: gli altri stanno festeggiando la fine dello spettacolo- disse lei con un filo di voce, quasi avesse paura di essere mangiata viva dai due uomini.
Naraku la osservò, si avvicinò a lei e disse:- Così lei è la nostra piccola star- e mentre parlava, le prese il mento tra le dita e la obbligò a guardarlo. Quando gli occhi scuri di Rin incontrarono le iridi quasi rosse di Naraku si sentì a disagio più che mai. Non le piaceva per niente quell’uomo.
Il ragazzo si accorse di questo disagio e sentì crescergli nel petto un sentimento di soddisfazione. Sorrise a mezza bocca come era suo solito e disse ancora una volta:-Dov’è finita tutta la tua energia di prima? Ti spavento, forse?-
Per Midoriko quello spettacolo era durato abbastanza e non sopportava che qualcuno potesse trattare così una sua allieva. Come una leonessa che difende il proprio cucciolo, corse in soccorso di Rin, mettendosi tra lei e Naraku.

-Vogliate scusarmi, ma sono attesa dai miei allievi- e insieme si allontanaro.

Sesshomaru, senza neanche rivolgere una parola a Naraku, si avviò anche lui verso l’uscita, ancora leggermente in collera con sé stesso per essersi fatto sentire da quella ragazzina. Quando fu fuori, l’aria gelida di dicembre gli sferzò il viso, quasi con crudeltà. Mentre si apprestava a salire sulla macchina pronta a portarlo a casa, notò che in lontananza c’era un fioraio ancora aperto ed istintivamente si diresse verso il negozio.
Moltissimi erano i fiori esposti. Lui non era un fan delle composizioni floreali, anzi lo lasciavano del tutto indifferente, come la maggior parte delle cose che lo circondavano.
Il negozio traboccava di fiori magnifici: peonie, rose, orchidee, gigli e tanto altro ancora. Notò in lontananza un vaso di garofani bianchi e subito gli venne in mente la ragazzina, pensava che in qualche modo gli somigliassero: delicati e semplici. Sarebbero stati un ottimo modo per premiarla per la sua recitazione appassionata.
Senza sapere come si ritrovò con un grande mazzo in mano. Mentre camminava verso il teatro si fermò.

“Che stupido. Non posso di certo consegnarglieli di persona, non li accetterebbe mai” pensò tra sé e sé.

Tornò di nuovo al negozio e disse:-Ho una richiesta da farle-

***

Nel camerino c’era aria di festa. Durante il loro tragitto verso i camerini, Midoriko aveva cercato di calmare Rin, spiegandole che non doveva preoccuparsi di niente, che era tutto sotto controllo. Lei aveva annuito, sperando che le parole della sua sensei fosse vere, ma aveva una strana paura dentro di sé. Poco prima di entrare però Midoriko si fece promettere che mai e poi mai avrebbe fatto parola di quello che aveva assistito con gli altri ragazzi, nemmeno con sua nipote Kagome. Rin rispose in maniera affermativa: sarebbe stata muta come un pesce.
Dopo essersi cambiata e tolta il trucco di scena, si era unita agli altri nei festeggiamenti. Rideva alle battute di Jakotsu, si complimentava con Ayame per la sua performance molto, troppo credile come innamorata di Koga e osservava divertita i teatrini tra Miroku e Sango.

-Brutto maniaco, con la scusa che eravamo in scena, ne hai approfittato per toccarmi il sedere- urlava lei.

Kohaku si avvicinò a lei con un bicchiere di succo di frutta e glielo porse.
-Complimenti, Rin. La tua performance è stata strabiliante- le disse con un sorriso dolce. Rin lo ringraziò mentre accettava il bicchiere che lui le stava porgendo.
Che ragazzo dolce che era Kohaku, sempre con una buona parola per chiunque. Da lontano, Kanna osservava i due ragazzi e si sentì ancora un volta in preda alla gelosia.

Mentre erano tutti intenti a ridere e scherzare, qualcuno bussò alla porta.
-Scusate l’interruzione, è qui Rin Damashita?- chiese un ragazzo robusto con i mano un mazzo di fiori.
La diretta interessata si fece avanti e subito si trovò tra le mani decine di garofani bianchi. Chi poteva averglieli mai mandati.
-Wow Rin, qualcuno deve essere rimasto molto impressionato da te- esclamò Sango, la quale aveva una vera e propria passione per i fiori.
Solo che la ragazza non aveva la benchè minima idea di chi potesse essere quel pensiero per lei. Mentre guardava il gigantesco mazzo che le era stato recapitato, notò un bigliettino. Lo prese subito e, curiosa, lesse il contenuto.

-La sue perfomance è stata stupefacente. Spero di vederla ancora sul palcoscenico. Un suo ammiratore- lesse Rin incredula.

Da nessuna parte compariva un nome.
Un ammiratore, pensò. Ho un ammiratore. Era buffo quasi a pensarci.

-Oh, Rin ha un ammiratore segreto- cinguettò Jakotsu, con una punta d’invidia.

La ragazza avrebbe voluto tanto ringraziare quella persona sconosciuta: ricevere quei fiori la faceva sentire importante, perché qualcuno stava credendo in lei e nel suo talento. Istintivamente corse fuori dal camerino, diretta verso l’uscita. Forse poteva incontrarlo. Ma quando fu fuori ad attenderla c’era solo il vento gelido invernale che era pronto a mettere Tokyo in ginocchio per quella notte. Rin si guardò a destra e a sinistra, ma non vide nessuno, eccezione fatta per le macchine che sfrecciavano lungo la strada. Che stupida, pensò. Era ovvio che non ci fosse, chissà da quanto tempo se n’era andato. Ma poco importava, quel gesto l’aveva resa comunque felice.
Strinse il mazzo al petto, inalò il profumo di quei fiori e poi sussurò un “grazie” che si perse nel vento.
Da lontano, una macchina scura accese il motore e partì perdendosi tra le luci della città.

 

 

Ed eccomi di nuovo qui, questa volta in tempo record. Devo ammettere che la storia sta prendendo anche me, ho tantissime idee e le voglio mettere tutte per iscritto. Allora, come promesso i due piccioncini si sono incontrati ancora una volta, ma non è stato dei migliori, almeno per Sesshomaru. Ma non vi preoccupate, fa tutto parte del piano ;)
Nel corso dei prossimi capitoli verranno svelate altre storie ed altre svelate, quindi non posso che dirvi “stay tuned!”.
Come sempre ringrazio Maria76, Gaudia e Seydna per aver commentato il capitolo precedente; a queste si aggiunge anche Edhie.
Fatemi sapere se il capitolo vi è piaciuto, commentante
J

Alla prossima.

 

 

 

 

 

  
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