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Autore: Marra Superwholocked    25/02/2019    1 recensioni
Ultimo capitolo della Trilogia delle impavide cacciatrici milanesi.
Durante il loro anno sabbatico, Catherine e Silvia avranno modo di capire se la caccia ai mostri fa realmente per loro. Tuttavia, da semplici cacciatrici in prova, si ritroveranno a dover escogitare un piano per eliminare la minaccia di Arimane, creatura malvagia scappata dalla sua Gabbia ai confini dell'Universo. Il Dottore le aiuterà anche questa volta? E Storybrooke da che parte starà?
Dal testo:
«Ed ecco a voi» disse Amnesha girando la scatolina bianca per mostrare alle cacciatrici il suo contenuto, «l'ultimo Fagiolo Magico.»
Genere: Angst, Fantasy, Sovrannaturale | Stato: completa
Tipo di coppia: Het, Crack Pairing | Personaggi: Belle, Emma Swan, Henry Mills, Regina Mills
Note: Cross-over, Missing Moments, Otherverse | Avvertimenti: Spoiler!
Capitoli:
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PARTE TERZA

Scusate il ritardo

 

Capitolo VII

Man With The Hex[1]

 

La radio a tutto volume nella Nissan Navara era la maggiore protagonista in quella notte primaverile. A dire il vero, non pareva essere già la stagione dei fiori rigogliosi e del sole caldo poiché le mattine vedevano ancora rugiada ghiacciata sui poveri fili d'erba delle strade meno trafficate.
Silvia canticchiava spensierata. Catherine aveva finito il suo turno da pilota da qualche oretta e ora dormiva come un sasso nonostante il volume della musica. Improvvisamente, la radio gracchiò. Silvia, accigliata ed infastidita dato che passavano i Panic! At The Disco, diede un paio di botte al cruscotto, sopra allo stereo, e la musica tornò limpida, ma Catherine si svegliò.
«Che fai, che picchi?» chiese la più piccola con la voce impastata e gli occhi ancora chiusi.
Fuori, l'alba cominciava a far entrare i primi raggi solari all'interno dell'abitacolo che sfrecciava tagliando l'aria e smuovendo i rami morbidi degli alberi più vicini al ciglio della strada.
«Interferenze, stavano rovinando la mia canzone preferita» disse Silvia con un sorriso.
«Tutte le canzoni dei Panic! At The Disco sono la tua preferita» scherzò Catherine mettendosi più comoda sul suo sedile. «Dove siamo?» chiese infine.
«Bella domanda!»
Dal lato del passeggerò arrivò una lieve risata divertita. «Dai, seriamente! Non vedo cartelli.»
Silvia annuì spegnendo la radio. «Non li vedo da circa un'ora se proprio lo vuoi sapere. Siamo ancora sul pianeta Terra?» si chiese con voce innaturalmente stridula.
Fuori dal finestrino, Catherine poteva vedere le cime di alcuni alberi, ma erano troppo lontani perché potesse vederli davvero bene. Devo avere ancora la vista annebbiata dal sonno, pensò e poi si stropicciò gli occhi con i polpastrelli dopo aver spostato gli occhiali alla base della fronte; li rimise al loro posto e riguardò fuori alla sua destra. «Sis, c'è qualcosa di strano» disse monocorde. Ormai si era abituata agli eventi sovrannaturali in cui si erano addentrate.
L'altra la guardò per una frazione di secondo per non perdere la visuale della strada che andava curvandosi verso destra. Ma allora perché le sembrava di aver girato il volante verso sinistra?
«Non so esattamente cosa, ma non mi fido» l'avvertì Catherine. «Ferma subito la macchina.»
Silvia, senza dire nulla, accostò e spense il motore. Lo spense, ne era sicura. Convinta. Non aveva dubbi. Eppure l'auto continuava a rombare. Girò la chiave, ma dovette ritrarre la mano subito dopo: la chiave era troppo calda.
«La pistola» disse Catherine indicandole la parte inferiore del sedile di Silvia mentre lei tirava fuori dal vano porta oggetti davanti a sé una seconda arma: un serramanico dalla lama rigata dall'usura. Era un oggetto a lei carissimo poiché del padre: glielo aveva lasciato prima che partisse con Silvia perché avesse sempre avuto modo di difendersi.
Entrambe le cacciatrici scesero cautamente dall'auto e... E tutto cambiò.


«Marilena!» La voce di Melissa echeggiò per lo spazio occupato solo da stand di magliette e oggetti vari. Quando l'altra ragazza, Marilena, si voltò, Melissa vide che avevano fatto cosplay di coppia involontariamente: Marilena indossava una cravatta a righe blu e bianche ed un impermeabile beige, mentre Melissa una maglietta nera sotto una camicia verde oliva e una parrucca corta e dal taglio maschile.
Si abbracciarono a lungo; era da tanto tempo che non si vedevano di persona e, finalmente, il Festival del Fumetto di Segrate le aveva riunite. Fuori faceva ancora abbastanza freddo, così le due amiche passeggiarono all'interno della fiera.
«Dov'è Cata?» chiese Melissa ad un tratto soffiando via una zanzara dal suo braccio.
Marilena si guardò attorno. Vedeva già molta più gente di prima tra cui vari cosplayer e fotografi. «È là da qualche parte a spaventare gente con la maschera di Jeff the Killer!» rise indicando un po' dappertutto. «L'ha fatta lei, tutta da sola, è stata davvero brava e ora io sono disoccupata!»
«Oh, ma dai!» esclamò Melissa. «Devi lavorare alle cicatrici del Joker e a Twisty The Clown!»
«Sì, ma...» Marilena esitò guardandosi le scarpe. «Non è la stessa cosa» disse infine. «È più difficile se il trucco lo fai a te stessa, visto che bisogna usare uno specchio.»
Melissa sorrise e capì. «Sai? Ho una mezza idea su un cosplay, ma non saprei da dove iniziare» azzardò.
Marilena parve illuminarsi; si arrestò e la guardò con gli occhi a cuoricino aspettando il seguito.
«Si tratta di Mantis. Vorrei essere il più fedele possibile, magari una vera e propria trasformazione.»
A Marilena si gelò il sangue nelle vene. «Sei pazza?!»
«Eh, infatti... Non saprei da dove iniziare... Il make up è un po' complicato» mentì l'altra. Dai, abbocca, pensò.
Marilena agitò le mani sbatacchiandole su e giù come era solita fare nei momenti di pazza gioia. «Potrei fartelo io!» urlò in preda ad attacchi di fangirlite acuta. Vide Melissa sorridere e tenderle la mano; lei gliela strinse ed ecco che Marilena stava già meglio: le aveva risollevato il morale nel giro di pochi istanti. Erano davvero poche le persone che riuscivano a farlo.
«Ma dimmi...» disse poi Melissa per cambiare discorso. «A che punto sei messa con Not Natural
Marilena sbuffò sorridendo. «Sono ferma al capitolo sette. Non so ancora che titolo dargli e nemmeno cosa raccontare esattamente! Cioè, voglio dire...» si spiegò meglio. «So cosa voglio scrivere e raccontare, ma non so dove ambientarlo, ecco tutto! Non è stato semplice nemmeno con il Kraken e ho quasi urlato al miracolo quando ho rivisto per caso il video di Don't Threaten Me With A Good Time! È stato propio... Boom! Una raffica di idee!»
Melissa increspò le labbra in un sorriso. «Possibile che tu finisca sempre per parlare dei Panic! At The Disco?»
«Ops...» rise Marilena mentre Cata correva verso di loro.
Finita quella giornata, le tre ragazze fecero ritorno nelle loro calde case e, mentre Cata e Melissa passavano le ultime ore della serata rilassandosi davanti alla tv o con della buona musica nelle orecchie, Marilena accese il suo computer. Lo fissò per qualche minuto senza sapere bene cosa scrivere. Scartava ogni idea che le veniva in mente come se fosse stata uvetta che si spacciava per cioccolato. Una era troppo banale, l'altra scontata, l'altra ancora era troppo complicata anche per lei che era abituata alle fanfiction intricate. Alla fine si tolse gli occhiali e, miope fino al midollo, si fece un tè; fu allora, durante quei quaranta secondi davanti allo sportellino del microonde a contemplare i suoi ricci disordinati e senza volume, che trovò l'idea giusta per proseguire.


«Oh, mio Dio!» esclamò Silvia abbassando la pistola. «Cos'è successo?!»
Catherine si voltò nella direzione di Silvia notando che la loro macchina era sparita. Oppure erano loro ad essere comparse in una nuova realtà. «Credo che...» deglutì mentre raggiungeva la migliore amica. «Credo che qualcosa ci abbia deviate dalla Terra.»
Silvia spalancò gli occhi. «Cosa?»
«Non lo so» ammise l'altra portando davanti a sè il serramanico. «Questo posto non mi dice assolutamente nulla.» Poi rizzò la schiena. «E se...?»
«No.»
Catherine alzò le spalle. «Dico solo che potrebbe essere lui...»
«Non saprebbe come raggiungerci, Cathy! Non sa i nostri indirizzi, non lo abbiamo mai chiamato, siamo in giro per l'Italia da mesi...» Silva si guardava attorno alla ricerca di una cabina telefonica blu, ma tutto quello che riusciva a vedere era rosso e arido. Una lunga distesa di terra polverosa con, qua e là, degli arbusti rinsecchiti come promemoria di una fonte d'acqua nel sottosuolo.
«Il Dottore trova sempre un modo. Oppure è solo una coincidenza.» Catherine chiuse la lama, infilò poi il coltello nella tasca dei jeans e indicò a Silvia un punto all'orizzonte. «Vedi là? Mi sembrano delle mura.»
Silvia, guardando dal fondo delle lenti degli occhiali, vide una lunga linea marrone, lontana parecchi chilometri. «Una città?»
«Speriamo.»
Camminarono per circa un paio d'ore. Le loro gole cominciavano a diventare sempre più secche mentre il vento alzava nuvole rosse da terra, terra che sembrava essere bruciata secoli prima. Ogni tanto entrava loro un granello di polvere negli occhi e dovevano sostare qualche istante poiché non potevano procendere in quelle condizioni. Man mano che si avvicinavano, tuttavia, il vento sembrava calmarsi. Questo permise alle due cacciatrici di aumentare il passo e di raggiungere quelle mura di cui, finalmente, riuscivano a distinguere nettamente i contorni.
«Sembra medievale» osservò Catherine.
«Però non ci sono merlature» disse Silvia a sua volta. Passato lo sguardo sulla parete di fronte a loro, notò una rientranza. «Forse ho trovato l'ingresso.»
Lottarono contro una violenta folata di vento polverso ed improvviso; costrette a tenere gli occhi serrati, camminarono strisciando contro il muro di pietra. Una volta raggiunto, videro che il portone d'ingresso era fatto di un magnifico legno scuro, forse ciliegio, intagliato da mani esperte. Esso rappresentava una schiera di creature molto simili a degli angeli che accerchiavano, armate di lance, un secondo gruppo di creature, queste ultime più ingobbite e dai volti a dir poco rassicuranti. In alto, sovrastanti le due schiere, lottavano ciò che sembravano essere luce ed oscurità. Esse erano state intagliate in due diversi modi: la luce era stata intagliata come a voler colorare l'intera area che occupava, l'oscurità, invece, era stata intagliata solo nei bordi.
«Dici che sono Michele e Lucifero, quelli lì?» chiese Silvia indicando le due entità in alto sul portone.
Catherine si avvicinò di più e assottigliò gli occhi. Con le dita affusolate sfiorògli intagli, li annusò attentamente poi si ritrasse e sorrise. Aveva finito per imitare il Dottore da tanto le mancava. «Non penso sia qualcosa di cattolico» disse, infine.
Un'altra folata di vento. Quasta volta, però, il vento portò ai piedi delle due cacciatrici un arbusto arrivato da chissà dove. Il che fece notare loro una targhetta di legno, dipinta ma consumata dal tempo, tuttavia ancora leggibile, in basso a sinistra rispetto al portone. Le ragazze si abbassarono prontamente e lessero alcune parole che, per loro, non avevano alcun senso:

Angra Mainyu
Ahriman
Arimane
Mephistopheles


«Un momento» si alzò improvvisamente Catherine. «Il nome Arimane...» disse grattandosi la testa. Mephistopheles era certa fosse un altro nome per Lucifero, ma gli altri? Pensò senza farsi venire in mente nulla, eppure quel nome, Arimane, lo aveva già sentito... Ma dove? «Cavolo, non riesco a ricordare.»
«Proviamo ad entrare?»
«Silvia, no!» esclamò Catherine. «Non sappiamo cosa o chi ci sia dentro!»
Silvia si guardò attorno un istante, alzò le braccia e indicò l'orizzonte. «In queste situazioni, l'unico modo per uscirne è entrare e attraversare.»
La minore sospirò, vinta. Non voleva rischiare, però la sua migliore amica non aveva tutti i torti. «Ce l'hai ancora la pistola?» chiese a Silvia tirando fuori il suo serramanico.
Silvia le mostrò l'arma che reggava nella mano destra. «Entro io per prima, okay?» Vide Catherine annuire e non esitò a posare una mano sul portone per aprirlo.
La porta di sinistra cigolò annunciando la loro entrata, facile. Troppo facile. Difatti entrambe le cacciatrici sbiancarono nel vedere di fronte a loro una lunga e apparentemente interminabile parete. Parete costruita con milioni e milioni di ossa pulite e incastrate tra di esse con una tal precisione da far rabbrividire.
«Siamo in un labirinto» sussurrò Silvia tremando da testa a piedi. Erano finite in un incubo.


Note:
[1] Man With The Hex è il titolo della canzone cantata dagli Atomic Fireballs basata sulla versione (con una lyrics in parte simile... okay, solo l'inizio xD) cantata da David Bowie nel film Labyrinth (1986): Magic Dance (Babe With The Power).
David Bowie: https://www.youtube.com/watch?v=Cts-jXlULEI (Tasto destro del mouse; apri in un'altra scheda)
Atomic Fireballs: https://www.youtube.com/watch?v=GSlNTwbU4mM (Tasto destro del mouse; apri in un'altra scheda)


(in realtà non so quale delle due sia uscita prima LOL)

   
 
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