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Autore: DanzaNelFuoco    28/02/2019    2 recensioni
COW-T #9: gen + fluff + angst
- Intro:
Sofia ha 14 anni e adesso Spelacchio è diventato Spes.
Che in latino significa Speranza.
Perché se non è un gatto miracolato lui, allora chi?
Sofia va al liceo adesso e Spelacchio deve ringraziare di non essere finito a chiamarsi Socrate o Aristotele come i gatti di tutti i compagni di classe di Sofia. La gattina di Carlotta è diventata Xantippe - con la X perché Carlotta si dà tante arie - e tutto sommato a Spelacchio è andata di lusso.
Genere: Angst, Fluff, Generale | Stato: completa
Tipo di coppia: Nessuna
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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- Spes, che in latino sta per Speranza -



Sofia ha 5 anni quando sua madre porta a casa un gatto. 

È un cucciolo, brutto e spelacchiato. Gli manca un orecchio e la coda è un moncone rosa.

Papà dice: “Cos’è quel brutto coso?”

Mamma dice: “Abbiamo trovato una cucciolata nel cassonetto. Questo non lo avrebbe adottato nessuno.” 

Papà dice: “E dobbiamo adottarlo proprio noi?”

Mamma non dice niente. 

Ma la sua espressione dice abbastanza. 

Sofia chiama il gatto ‘Acchio. 

Diminutivo di Spelacchio, che per la sua bocca di bambina ecolalica è troppo difficile. 

Sofia urlacchia “‘Acchio, ‘Acchio, ‘Acchio” stringendosi il gatto al petto e il gatto ha un’espressione che dice che in quel momento preferirebbe essere ancora in quel cassonetto a morire di fame e a perdere l’altro orecchio. 

Melodrammatico, pensa mamma. 

Magari, pensa papà, a cui i gatti non sono mai piaciuti. 

 

Sofia ha 6 anni quando comincia le elementari. 

‘Acchio non capisce perché la sua bambina adesso non stia più tutto il giorno a tormentarlo. 

Non che non sia sollevato, chiariamoci, non ne può più di essere accarezzato continuamente ogni volte che si acciambelli a portata di bambina, tanto da prendere l’abitudine di andare a dormire sui rami frondosi della magnolia di fronte a casa. 

Però, ecco, perché la sua bambina non lo cerca più di mattina?

Forse perché non ha una coda da tirare? 

E poi l’altro giorno l’ha vista accarezzare il cane dei vicini, quello scodinzolante ammasso di bava e no, non ne è stato geloso per niente. 

Però smette di dormire sui rami della magnolia e comincia a dormire sul suo letto. 

Mamma dice: “Ma che carino, sente la mancanza di Sofia.”

Papà dice: “È poco igienico.”

Sofia è al settimo cielo e il cane dei vicini non lo accarezza più. 

 

Sofia ha 7 anni e Spelacchio pensa proprio che sia il caso di smetterla. 

Le sembra forse un leone lui? 

No, perché per quanto appartengano pur sempre alla categoria “felini” tra lui e un dannato leone c’è un intero mare di sfumature - e dimensioni, a volte Spelacchio vorrebbe arrivare a pesare quasi due quintali come un leone vero e allora sì vorrebbe proprio vedere come Sofia riuscirebbe a sollevarlo. 

Ma Sofia non sembra cogliere il suo disappunto per quanto Spelacchio si contorca e soffi e miagoli. 

Mentre le note iniziali del Re Leone riempiono la stanza, Spelacchio viene sollevato - di nuovo - come se fosse il fottuto Simba. 

 

Sofia ha 11 anni quando Spelacchio sparisce. 

Passano due giorni.

Mamma dice: “Anche oggi non è tornato.” Ci sono lacrime nascoste nella sua voce.

Papà dice: “Dobbiamo prepararci al peggio.”

Sofia rimane tranquilla e serena. Dall’alto dei suoi undici anni non capisce perché siano tanto preoccupati. Spelacchio tornerà, è troppo presto perché smetta di fare parte della sua vita. 

Non capisce i rischi, non li vuole vedere. Il mondo è ancora un posto bello per lei. 

Mamma istituisce una ronda, tutte le sere fa il giro dell’isolato nella speranza di non vedere il cadavere di Spelacchio a bordo strada, investito da una macchina. 

Sofia vorrebbe andare con lei, ma Mamma glielo impedisce. 

Oh, beh, Spelacchio tornerà.

E Spelacchio torna. Dopo cinque giorni. 

È denutrito, assetato e sporco di olio per motori. 

Mamma dice: “Deve è rimasto chiuso in qualche rimessa.” 

Papà dice: “Peccato, pensavo ce ne fossimo liberati.” 

Ma c’è sollievo nella sua voce. 

 

Sofia ha 14 anni e adesso Spelacchio è diventato Spes. 

Che in latino significa Speranza.

Perché se non è un gatto miracolato lui, allora chi? 

Sofia va al liceo adesso e Spelacchio deve ringraziare di non essere finito a chiamarsi Socrate o Aristotele come i gatti di tutti i compagni di classe di Sofia. La gattina di Carlotta è diventata Xantippe - con la X perché Carlotta si dà tante arie - e tutto sommato a Spelacchio è andata di lusso. 

Sofia si butta sul letto, accanto al gatto, aprendo il libro di greco nella speranza vana di non prendere un altro tre. 

“Chi me lo ha fatto fare, eh, Spes?” 

Spelacchio apre a malapena un occhio, agita la coda per un istante e la sbatte sul suo libro di testo, lasciandola lì a coprire le dieci frasi assurde che deve tradurre. 

Sofia ridacchia. “Anche tu pensi che sia inutile, vero, Spes?” 

Spelacchio torna a dormire. 

 

Sofia ha 15 anni e Spelacchio non la perdonerà mai. 

“Oh, Spes, sono al settimo cielo!” 

Sofia lo fa volteggiare per la stanza, tenendolo sollevato davanti a sé sopra la propria testa e Spelacchio, che aveva proprio creduto ingenuamente che quella fase fosse finita quando Sofia aveva compiuto i dieci anni e il Re Leone era stato sostituito da cartoni animati decenti che non prevedevano torture e maltrattamenti nei suoi confronti, spera un po’ di riuscire a scivolare dalla sua presa e finirle in faccia. 

Così, giusto per mettere in pratica un po’ del contrappasso dantesco che Sofia gli ha ripetuto fino alla nausea.

“Non verrò rimandata, non verrò rimandata!” Sofia cantilena, danzando per la camera da letto, stringendosi il gatto al petto e depositando un bacio parecchio rumoroso sulla sua testa. “Oh, sapevo che studiare con te per l’interrogazione di latino avrebbe fatto i miracoli! Sei il mio gatto portafortuna, Spes.”

Eh, già i miracoli. 

Come non essere rimandata in latino. 

O addolcire il cuore di Spelacchio talmente tanto da evitarsi un graffio su quel nasino adorabile. Ok, forse “Spes” la perdonerà in fondo. 

 

Sofia ha 16 anni e sta piangendo per l’ennesima volta. 

Spelacchio è un gatto e non può parlare, ma se potesse le urlerebbe “Mollalo!” e poi andrebbe dal bastardo figlio di una cucciolata cieca e gli caverebbe un occhio con i suoi artigli. 

Perché nessuno tocca la sua bambina. 

Sofia singhiozza nel suo pelo, accarezzandogli lentamente la testa in cerca di conforto. 

E Spelacchio fa una cosa che nei suoi undici anni di vita Sofia deve avergli sentito fare solo altre due o tre volte. 

Spelacchio fa le fusa. 

 

Sofia ha 18 anni, finalmente. 

Sono le tre di notte e Spelacchio dorme, perché davvero, quel gatto non fa altro che dormire? 

Sofia ridacchia e potrebbe essere un po’ ubriaca. Parecchio ubriaca. 

Ma non capita tutti i giorni di diventare maggiorenne e in fondo i suoi genitori potrebbero averle permesso di esagerare un po’, solo questa volta, solo sotto supervisione. Ma a Sofia non interessa, si sente la testa leggera mentre si butta sul letto indossando ancora il vestito un po’ troppo corto per i gusti di suo padre, calciando via le scarpe col tacco su cui non è abituata a camminare. 

Sofia affonda il viso nel pelo serico di Spelacchio e quello scossa la coda infastidito. Lei si addormenta così, il trucco un po’ sfatto sul viso, usando il suo gatto come cuscino. 

A Spelacchio poi in fondo in fondo non dispiace nemmeno così tanto. 

 

Sofia ha 19 anni e Spelacchio pensa che questa sia la sua fine. 

Chiuso nel trasportino, viene sballottato in giro per la macchina. Chi ha avuto la brillante idea di dare la patente alla sua bambina? 

Quella pazza scatenata che prende i dossi in quarta. 

Spelacchio non è sicuro di avere nove vite, ma in questo momento spera davvero che sia così e di non averle già finite tutte. 

“Coraggio, Spes, siamo quasi arrivati” Sofia risponde al suo ennesimo miagolio. 

Spelacchio ne è quasi sollevato - e l’ultima volta che l’hanno portato dal veterinario ha perso i testicoli, il ché è abbastanza indicativo di quanto male Sofia guidi. 

 

Sofia ha 21 anni e Spelacchio si è bruciato i baffi. 

È così che si rendono conto di come sia ormai praticamente cieco. 

Perché Spelacchio punta dritto al piattino e infila il naso nella candela alla citronella. 

É l’odore di bruciato che spinge sua madre a raccattare il gatto con una mano e spegnergli i baffi. 

Sulle prime Sofia ridacchia della stupidità del suo povero Spelacchio e sua madre con lei. Le vibrisse bianche sono ora brunastre e arricciate così che Spes sembra uscito dritto da un cartone animato dei Looney Tunes.  

Ma nessuno ride per molto, perché Spelacchio è sempre stato un gatto intelligente e non è da lui fare una cosa così stupida come non prestare attenzione ad una fiamma. 

Il veterinario dice: “Ha un tumore al cervello.” 

Il veterinario dice: “Ora vede solo le ombre e i contorni.”
Il veterinario dice: “Potrebbe campare altri cinque anni però, non vi abbattete.” 

Tutto quello che Sofia sente è: “Spelacchio non è eterno, Spelacchio non starà con te per sempre.”

I baffi bruciacchiati cascano e ricrescono. Spelacchio continua ad andare a sbattere contro il tavolino del salotto. 

Sarebbe quasi divertente se non fosse così triste. 

 

Sofia ha 23 anni e non sta piangendo. Sta singhiozzando senza ritegno. 

Spelacchio è sparito. 

No, non è sparito. È andato via. 

Sofia ricorda quando aveva unica anni e la certezza - così sicura da poter essere quasi considerata un atto di fede -  che il suo gatto sarebbe tornato. 

Ora Sofia ha la stessa certezza che Spelacchio non tornerà. 

Spelacchio ha - aveva? Sarà già morto? L’incertezza è più dolorosa che non avere il suo cadavere davanti agli occhi - diciotto anni. E se n’è andato. 

Rantolava quella mattina. Stupido gatto testardo che non voleva restare chiuso in casa ed era finito per restare sotto la pioggia torrenziale di quella giornata di aprile. 

Mamma aveva provato ad asciugarlo con il phon, ma Spelacchio vicino a quella macchina infernale non ci voleva stare. 

Sofia non ci aveva neanche fatto caso quando gli aveva aperto la finestra per uscire, una carezza distratta sulla testa, prima di tornare a pensare al suo stupido esame di psicologia clinica. Senza pensare che quella sarebbe stata l’ultima volta che l’avrebbe visto, senza sapere che quella sarebbe stata l’ultima carezza che gli avrebbe fatto. 

Mamma dice: “Non posso credere che se ne sia andato.” La voce spezzata e lacrime silenziose che le rigano le guance. 

Papà dice: “Ha vissuto anche troppo per un gatto.” 
Ma sta piangendo anche lui.

  
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