Capitolo tredicesimo
We can fight them
I can say that I can win it all
Come with me and I will make my worst
untold
Let me do this...
(“Renaissance” – Skin)
Giuliano tornò a Palazzo Medici molto deluso, annunciando al
fratello che non era riuscito ad ottenere l’appoggio di Vespucci e che, anzi,
l’uomo era infuriato per via della relazione che credeva esistesse tra Sandro
Botticelli e Simonetta e aveva deciso di votare per Pazzi.
“Anche a me non è andata molto meglio” sospirò Lorenzo,
sconfortato. “Ardinghelli ha detto che non voterà per Pazzi, ma nemmeno per
Petrucci che ha danneggiato i suoi affari. E, come se non bastasse, anche
Soderini ha detto che voterà per Jacopo, solo Dio sa perché!”
No, in realtà oltre al Padreterno lo sapeva anche Jacopo
Pazzi, ma tutta questa storia sarebbe venuta fuori più avanti…
In quel momento i due fratelli vennero raggiunti da
Francesco, anche lui con un’aria piuttosto pensierosa.
“Vi ho sentito parlare a proposito della candidatura di mio
zio come nuovo Gonfaloniere: vi assicuro che non ne sapevo niente e che sono
rimasto sbalordito quanto voi da questa sua decisione. Come potete immaginare,
non parliamo molto ultimamente” disse.
“Non preoccuparti, Francesco, lo sappiamo” rispose Lorenzo.
“Quello che davvero conta è il tuo voto, come puoi ben immaginare.”
Francesco apparve ancora più a disagio.
“Lorenzo, io… non mi presenterò alla votazione” ammise il
giovane. “Addurrò come scusa che mia moglie Novella sta per partorire e che
desidero rimanere accanto a lei. Cercate di capirmi, io non voglio votare per
qualcuno che tenterà di rovinarvi in ogni modo, ma… non posso neanche votare
contro mio zio. Non posso farlo, semplicemente non posso!”
Giuliano sembrava voler obiettare, ma Lorenzo lo trattenne.
“Va bene, ti capisco e forse, al tuo posto, anch’io mi
comporterei come te. Non possiamo contare sui voti, dunque dovremo agire in un
altro modo per ottenere l’appoggio dei Priori e impedire a Jacopo di
distruggerci, come progetta di fare” decise.
“Qual è la tua idea?” domandò Francesco, sollevato al
pensiero che il suo mancato voto non sarebbe stato poi così decisivo.
“Potremo fare in modo che la maggioranza abbandoni Jacopo e
decida di sostenere Petrucci se riusciremo a rinsaldare l’alleanza con Milano e
Venezia” spiegò il giovane, che aveva riflettuto a lungo sulla questione.
“Giuliano, tu dovrai andare a Milano a parlare con il Duca Sforza,
presentandogli una mia lettera, e convincerlo a firmare il trattato. Nel
frattempo, io dovrò recarmi a Città di Castello per tentare di fermare le
truppe del Papa: non posso permettere un altro massacro come quello di
Volterra.”
“E sarebbe questo il modo per fermare Jacopo?” fece Giuliano,
ben poco convinto.
“Questo è tutto ciò che possiamo fare, ma questa volta non
dobbiamo assolutamente fallire. Nessuno dei due” affermò il giovane Medici con
decisione.
Così, mentre Giuliano partiva per Milano e Lorenzo cavalcava
verso Città di Castello, sperando almeno questa volta di giungere in tempo per
scongiurare una carneficina, Antonio si trovava nella tana del lupo… cioè, a
Palazzo Pazzi, per cercare di ottenere spiegazioni da Jacopo. Sì, va bene, lui
voleva diventare Gonfaloniere, era un’ambizione legittima… o almeno così
pensava Antonio… ma perché coinvolgere Città di Castello, le truppe papali e
tutta la compagnia? Cosa c’entravano con delle elezioni che riguardavano
Firenze e soltanto Firenze?
Jacopo, tuttavia, aveva sviluppato una simpaticissima abitudine: ossia, quando non voleva rispondere alle
domande troppo dirette di Antonio, si limitava a ignorarlo allegramente e a
cambiare argomento.
“Dovresti congratularti con me, giovane Orsini, invece di
farmi tante domande fuori luogo” gli disse, compiaciuto. “La carica di
Gonfaloniere sarà sicuramente mia: oltre ai sostenitori della mia famiglia ho
ottenuto i voti di Vespucci e Soderini, che hanno sempre appoggiato i Medici.”
Antonio rimase sbigottito e una lieve preoccupazione si fece
strada in lui: come aveva fatto Jacopo a convincere Vespucci? Era forse venuto
a sapere qualcosa di quella famosa lettera che lui aveva fatto distruggere a
Giuliano? Il ragazzo cominciò a temere che tutto il suo bel piano per
allontanare Simonetta e salvare lei e Giuliano fosse andato in fumo…
“Messer Vespucci?” chiese con una vocina piccola piccola.
“Non sapevo nemmeno che lo conosceste…”
“E’ vero, non lo conosco bene come gli altri Priori, ma
ottenere il suo voto è stato semplicissimo” replicò l’uomo, pienamente soddisfatto
del suo operato. “Sapevo che aveva avuto dei diverbi con Botticelli e che
sospettava che l’amico di Lorenzo fosse l’amante di sua moglie. Non ho fatto
altro che ingigantire i suoi dubbi e suggerirgli che, probabilmente, anche
Giuliano de’ Medici stava tentando di piegare Madonna Vespucci alle sue voglie.
Per questo andava così spesso nella bottega del pittore.”
“Ma… ma non è vero!” protestò Antonio, sollevato tuttavia nel
comprendere che Jacopo non sapeva niente e che si era basato solo su dicerie e
pettegolezzi. “Nessuno ha mancato di rispetto a Madonna Vespucci e Giuliano
andava sempre nella bottega di Sandro anche prima, sono molto amici e…”
Jacopo si mise a ridere.
“Sei veramente ingenuo e inesperto per quanto riguarda la
politica, ragazzino” commentò, divertito. “Non ha importanza cosa è vero e cosa
non lo è, ma cosa mi avvantaggia. Non
mi interessa che Simonetta Vespucci sia l’amante di Botticelli, di Giuliano, di
Lorenzo o di mezza Firenze, quello che conta è che suo marito si sia indignato
con i Medici e abbia deciso di votare per me, pensando che io abbia voluto
tutelare l’onore di quella donna.”
Ah,
ecco, così funziona la politica secondo lui… pensò, deluso, il giovane
Orsini. Era contento che Pazzi non avesse scoperto la relazione tra Giuliano e
Simonetta, ma quella sua mancanza di scrupoli lo feriva.
E ancora non aveva sentito la parte migliore!
“Bene, ma proprio non riesco a capire come abbiate potuto convincere
Messer Soderini, che è amico di Lorenzo e della sua famiglia da anni” disse,
meditabondo.
“Oh, quello è stato ancora più facile e non ho avuto bisogno
di inventare niente” ribatté l’uomo, ancora più compiaciuto di se stesso. “Mi è
bastato rammentare a Soderini che, anni fa, era stato lui ad appoggiare
l’attentato a Piero de’ Medici, sostenendo che fosse un debole e che avrebbe
portato la rovina a Firenze. Pare che Lorenzo non fosse a conoscenza di questo
piccolo particolare e, ovviamente, le cose resteranno così soltanto se Soderini
voterà per me.”
Questa Antonio davvero non se l’aspettava…
“Non posso crederci” mormorò, allibito. “Messer Soderini era
uno dei mandanti dell’attentato ai Medici? Ma come…”
“Te l’ho detto che non capisci niente di politica, ragazzo.
E’ così che funziona nel nostro mondo. Adesso, però, ho presentato il conto a
Soderini e mi sono guadagnato il suo voto” disse Jacopo, con un sorriso
trionfante.
Antonio, ancora più mortificato, preferì non indagare oltre
su chi altri fosse coinvolto nel famoso attentato contro i Medici, anche perché
ne aveva una vaga idea…
“Dunque voi volete diventare Gonfaloniere usando le menzogne
e i ricatti, Messer Pazzi?”
Se quella domanda gliel’avesse rivolta chiunque altro, Jacopo
l’avrebbe mangiato vivo, ma siccome si trattava di Antonio si limitò a
ridacchiare.
“Conosci forse un metodo più efficace di questo, giovane
Orsini?” gli chiese di rimando.
Antonio piantò gli occhioni neri sgranati in faccia a Jacopo.
“Io penso che il modo migliore sia un altro” replicò con
candore. “Voi dovreste offrire a Firenze qualcosa di eccezionale, un po’ come
fa Lorenzo con i suoi trattati di alleanza. Così allora tutti voterebbero per
voi e vi acclamerebbero come colui che ha reso ricca e potente la città… come
fecero i vostri antenati che conquistarono i loro privilegi con atti di valore
e magnanimità e non certo con intrighi e complotti!”
Jacopo ridacchiò ancora una volta, sebbene in realtà fosse
intenerito dalla visione idealizzata del ragazzo e lusingato dall’accenno al
valore dei suoi antenati, cui lui teneva tanto (sì, nel caso non si fosse
capito…).
“Queste tue idee non sono sbagliate, ragazzino, e magari
potrò anche seguirle una volta ottenuta la carica di Gonfaloniere” disse,
avvicinandosi al giovane, “tuttavia per ottenere il potere spesso è necessario
giocare sporco.”
Antonio continuava a non essere molto convinto, ma si sentiva
come ipnotizzato dallo sguardo e dalla vicinanza di Jacopo: insomma, quando
Pazzi era nei paraggi, Antonio iniziava a non capire più niente!
“Tu sei un ragazzo intelligente, sebbene molto ingenuo,
perciò, quando sarò Gonfaloniere, accetterò volentieri i tuoi consigli per
governare meglio, fare il bene di Firenze e mostrare quelle doti di magnanimità
e lungimiranza che… beh, che forse non sono proprio quelle che spiccano di più
nel mio carattere. Così sarò benvoluto e acclamato dai cittadini, proprio come
hai detto tu” concluse, poi lo aggranfò per baciarselo tutto, profondamente e
quasi con ferocia, acceso dall’idea di ottenere il potere che desiderava e di
essere rispettato e onorato come i suoi antenati.
Sospinse Antonio verso la camera da letto e là si impegnò in
un altro dei modi che usava spesso per farlo tacere e interrompere la pletora
delle sue domande fin troppo imbarazzanti. E, in fondo, anche per Jacopo era
piacevole e rilassante immergersi nel candore e nella dolcezza di Antonio e
dimenticare, almeno per un po’, il fango della realtà in cui viveva.
Alla fine il giovane era talmente affannato e disfatto da non
avere più nulla da domandare, con la mente completamente vuota, perso nella
stretta dell’uomo. Fu Jacopo a riprendere la parola per primo, tenendo tra le
braccia quel ragazzino che tanto lo divertiva e lo lusingava.
“Dunque quando sarò Gonfaloniere tu resterai al mio fianco e
mi appoggerai per il bene di Firenze, non è così?” chiese, dando già
disinvoltamente per scontato che il nuovo Gonfaloniere sarebbe stato lui e
tanti saluti a Petrucci.
“Per il bene di Firenze… e non solo” mormorò Antonio, del
tutto abbandonato nel suo abbraccio. “Io resterò sempre accanto a voi comunque
vadano le cose, ve lo prometto, Messer Pazzi.”
E questa promessa segnava il suo destino, sebbene il giovane
Orsini ancora non potesse saperlo…
Jacopo sorrise di nuovo, soddisfatto, ma questa volta non
rivelò ad Antonio quello che veramente pensava. Certo che sarebbe stato bello
governare la sua Firenze accanto a quel ragazzino… e lo avrebbe fatto, ma prima
si sarebbe sbarazzato dei Medici una volta per tutte. Avrebbe mandato in rovina
la loro Banca e li avrebbe cacciati dalla città, approfittando del suo potere
come Gonfaloniere.
Ovviamente, però, questo non poteva dirlo ad Antonio… ed
infatti se ne guardò bene! Il ragazzo doveva sapere soltanto quello che faceva
comodo a lui per sostenerlo e dargli il suo appoggio.
Fine
tredicesimo capitolo