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Autore: NPC_Stories    03/03/2019    4 recensioni
Storia ambientata nei pochi mesi che Daren e Johel hanno passato nella foresta di Mir, prima che le loro strade si separassero in Ricostruire un ponte. Johel è felice di essersi riunito alla sua famiglia dopo molto tempo, e non si accorge che il suo amico ha cominciato a frequentare una ragazza.
Mi hanno chiesto in molti se Daren abbia mai avuto una relazione amorosa. Forse questa storia è più esaustiva di un semplice "no".
Genere: Fantasy, Fluff, Sentimentale | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het, Slash, FemSlash | Personaggi: Nuovo personaggio
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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- Questa storia fa parte della serie 'Forgotten stories of the Forgotten Realms'
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1361 DR: Meglio giocare con la morte che mettersi in gioco nella vita


Lady Aphedriel era abbastanza felice nella foresta di Sarenestar, eppure sentiva che le mancava qualcosa. Era una maga dalla mente acuta e dai profondi interessi, e ciò di cui sentiva maggiormente la mancanza era il confronto con qualcuno suo pari.
La sua dolce metà, lady Freya, era benedetta da poteri magici innati e non aveva dovuto studiare per quel privilegio. Poteva permettersi di fare cose come scalare alberi e allenarsi nel tiro con l’arco mentre Aphedriel dedicava lunghe mattinate a spulciare libri. La maga amava moltissimo la sua thiramin, la scintilla fra loro era scattata al primo sguardo, ma talvolta si sentiva così sola. Non aveva legato molto con gli altri elfi di Myth Dyraalis, i suoi nuovi suoceri erano gentili con lei ma sotto sotto rimpiangevano di non poter avere un nipotino.
Aphedriel non era del tutto convinta che non si potesse rimediare alla cosa. C’erano sicuramente incantesimi che si potevano usare per lo scopo, ma la verità era che al momento lei non era abbastanza potente per approcciarli, né si sentiva pronta ad un simile passo.
Forse dovrei prendermi una pausa. Non è strano che una coppia di thiramin resti separata anche per molti anni, mentre gli sposi fanno esperienza del mondo, solo per essere ancora più felici quando tornano insieme. Ma non credo che Freya sarebbe d’accordo. È così impulsiva e passionale, non avrebbe la pazienza per una lunga separazione e non sarebbe capace di apprezzare il piacere di un piacere a lungo rimandato. No, è troppo giovane.
Però devo trovare qualcosa con cui intrattenermi, o appassirò in questo posto.

Aphedriel sospirò e si alzò dalla scrivania, ben decisa a uscire di casa, una volta tanto. Era ancora ospite di lord Fisdril e lady Merildil, i genitori di Freya, mentre una squadra di abili artigiani costruiva la casa che un giorno lei e sua moglie avrebbero abitato. Il progetto era ambizioso e prevedeva che buona parte della struttura fosse dedicata allo studio e alla pratica dell’Arte, quindi doveva anche essere un edificio capace di resistere a un certo stress, sia fisico che energetico. Avevano scelto di edificare la loro casa sui rami di un albero di calan, una pianta comune nelle foreste del Faerûn meridionale e apprezzata per la sua resistenza e per la sua natura magicamente neutra.
In ogni parte del mondo gli artigiani e i maghi utilizzavano il legno come materiale per bacchette, e avevano sempre cura di scegliere le piante a seconda del tipo di magia che volevano enfatizzare; il calan era privo di qualsiasi inflessione quindi era meno probabile che interferisse con gli incantesimi delle due elfe, o che si impregnasse involontariamente di energia magica.
Il problema era che il calan era un albero basso, raggiungeva a stento i tre metri e mezzo di altezza, quindi l’intero circolo druidico di Sarenestar aveva studiato un rituale per ingrandire la pianta prescelta in modo permanente. La vera sfida era stata farlo senza lasciare tracce di contaminazione magica.
Aphedriel apprezzava molto che lady Merildil si fosse presa a cuore il progetto, era la più importante druida della foresta e tutti gli altri l’avevano assecondata. Questo aveva anche permesso alla maga di stringere un po’ di conoscenze.
Elfi druidi, gnomi maghi. Questo è ciò che la foresta può offrire. Pensò con un certo rammarico. Prima di incontrare Freya stava conducendo delle ricerche per conto del suo Maestro, un anziano elfo del sole che le aveva promesso di iniziarla ai segreti dell’Alta Magia Elfica. Ogni tanto Aphedriel pensava alle possibilità perdute e sospirava con malinconia, ma non rimpiangeva la sua scelta di vita. Quando un elfo incontra la sua anima gemella, deve reclamare quel legame o perderlo per sempre. Vivere con il cuore spezzato non è vita, solo sopravvivenza, e la saggia ragazza sapeva che tutta la magia del mondo non avrebbe potuto colmare quel vuoto.
Raccolse un paio dei suoi libri di studio più resistenti e li cacciò nello zaino. Sarebbe uscita di casa, magari perfino per parlare con la gente, o quantomeno avrebbe studiato all’aperto. I cittadini di Myth Dyraalis non avevano ancora familiarizzato con lei, forse vederla in giro più spesso avrebbe aiutato.

Ai piedi dell’albero che sorreggeva la casa di lord Fisdril, un inaspettato visitatore le rivolse un cenno di saluto. Era il drow, quello che aveva brevemente incontrato durante la festa di Mezzestate, ormai un mese e mezzo prima. Da allora non si erano più visti, ma la maga sapeva che lui era quasi sempre lontano dalla città insieme alle pattuglie dei ranger.
“Buongiorno” lo salutò, con gentilezza ma senza molta confidenza. Si era comportata in modo frivolo con lui in passato, soprattutto per colpa del vino elfico, e ora quel ricordo la imbarazzava. “Se siete qui per parlare con lord Fisdril, al momento non è in casa.”
“A dire il vero, lady Aphedriel, speravo di parlare con voi.”
Il tono del drow era sospettosamente neutro e la maga entrò in tensione senza volerlo; forse il guerriero aveva intenzione di vendicarsi per quello che era successo l’ultima volta? Aveva scoperto che lei e Freya si erano divertite alle sue spalle?
“Potreste invitarmi a entrare?” insistette lui. “Preferirei che la nostra conversazione restasse privata.”
Aphedriel ora cominciava a sentirsi a disagio, e forse lui se ne accorse.
“Mi rendo conto che non c’è familiarità fra noi e che la mia richiesta vi può sembrare strana, ma ho trovato un oggetto particolare che penso possa servire a qualcuno esperto di arti magiche; ho preferito venire da voi prima di disturbare Mastro Wilhik, perché… lo gnomo non mi giudica molto simpatico e purtroppo la cosa è reciproca.”
Bene, questo poneva l’intera faccenda sotto una luce del tutto diversa. La curiosità professionale dell’elfa cominciò subito a pungolare la sua prudenza.
“Io… vi domando scusa per la mia reticenza. So che siete un Amico degli Elfi, di comprovata lealtà. Avevo solo paura che mi riteneste una persona frivola, e che questo incontro fosse un intricato inganno per mostrarmi il vostro disprezzo.”
“Santo cielo, sono circondato da donne dalla scarsa autostima” sospirò il drow. Aphedriel non colse del tutto il significato di quel commento, ma decise di non lasciarsi influenzare e di non dargli la soddisfazione di provare fastidio.
“Molto bene, allora. Vi invito a entrare, parleremo davanti a una tazza di infuso.”
Daren sapeva che la cucina era spesso la stanza più vicina al suolo, secondo il gusto architettonico di Myth Dyraalis. Ospitare qualcuno in cucina era come fargli tenere un piede fuori dalla porta, ma per i suoi scopi andava bene anche così.

Aphedriel scaldò una teiera piena d’acqua con un semplice incantesimo, perché non aveva voglia di prolungare quell’incontro più a lungo del necessario. Quando l’acqua cominciò a bollire, vi mise una manciata di fiori di camomilla e foglie di fragola, poi versò tutto in due coppe e ne porse una al suo strano ospite.
Il silenzio nella stanza la stava mettendo sempre più a disagio.
“Grazie, lady Aphedriel” disse infine lui. “Ma vi prego di spostare la vostra coppa un po’ più in là, mi serve spazio sul tavolo per mostrarvi il mio ritrovamento.”
Sollevata che la storia dell’oggetto magico fosse vera e non una scusa per farsi invitare in casa, la maga spostò la sua coppa. Daren aprì lo zaino che aveva poggiato per terra e ne estrasse una pianta completamente nera, che evidentemente era stata estirpata con radici e tutto, perché la parte bassa era avvolta in un sacchetto di tela che conteneva anche della terra.
All’inizio lei non capì esattamente cosa fosse. Aphedriel si considerava abbastanza ferrata sull’uso delle erbe e del legno in magia, ma non ricordava di aver mai studiato di una pianta come quella: era una specie di arbusto alto circa mezzo metro, con il tronco del diametro di una monetina, molte ramificazioni e foglie grandi come una mano. Le foglie nella parte alta della pianta erano così sottili da apparire quasi trasparenti, le venature risaltavano come un ricamo su carta di riso. Sui rami inferiori le foglie diventavano sempre più opache e verso il fondo della pianta erano completamente nere.
Alla fine la maga riconobbe quello che stava vedendo, grazie al colore caratteristico e alla forma tonda delle foglie, e rimase raggelata sul posto. La coppa le cadde di mano, rovesciandosi malamente sul tavolo.
“Per tutti i Seldarine” sussurrò. “È un… quello è un…
“Non so come si chiama in elfico” ammise lui. “I drow la chiamano Rinovdr’olva, che vuol dire pianta immortale.”
“Noi la chiamiamo fiore della morte” rispose lei, per colmare quella lacuna.
“Ma non è un fiore” Daren corrugò la fronte.
“Diamine, sì!” Aphedriel si alzò di scatto, abbandonando la sua naturale compostezza. “Di solito è una cosetta alta quanto un trifoglio, con minuscoli rami e foglioline tonde come petali. Cioè, no, non è un fiore, ma lo sembra. Non ho mai visto un esemplare più alto di una spanna, e anche quello era custodito gelosamente nella torre del mio Maestro. Dove diamine hai trovato questa… questa mostruosità?
Daren si appoggiò alla sedia, considerando con soddisfazione che lei aveva iniziato a dargli del tu.
“In un luogo mostruoso. Questa povera piccolina non è una pianta cattiva. È una pianta innocua. Così innocua che quando si trova accanto ad altre piante non può sopravvivere, non ha i mezzi per competere, qualsiasi altra forma di vegetazione le ruba spazio, luce, nutrimento. Per questo riesce a prosperare solo dove non c’è nient’altro di vivo. Poca luce, tutta assorbita grazie al suo colore nero, poca acqua, poco nutrimento. Ma soprattutto, questa pianta prospera perfino dove c’è concentrazione di energia negativa. È lì che l’ho trovata, nel suo habitat perfetto. In una caverna nascosta fra le Montagne del Cammino, molto vicina alla Superficie, dove una frattura lascia passare un po’ di luce del sole. Un luogo che millenni fa è stato teatro di una sanguinosa battaglia e dove il popolo dei nani di Ultoksamrin è caduto. Quel luogo di morte è ancora infestato dagli spettri dei nani, incapaci di trovare la pace. C’è tutto un angolo della grotta letteralmente invaso da queste piante, io ho preso una delle più piccole perché non avevo molto tempo, quegli spettri volevano farmi la pelle.”
Aphedriel rimase in silenzio attonito per un interminabile minuto, e quando parlò di nuovo la sua voce era incerta. “Non l’hai trovata. Sapevi benissimo cosa stavi cercando.”
“Vero. Un’innocua bugia, per convincerti a parlarmi.” L’elfo scuro si strinse nelle spalle.
“Questa pianta è una delle più incredibili componenti magiche per la magia di protezione e di guarigione. Una cosa che, letteralmente, nasce dalla morte.” Ricapitolò, esterrefatta. “E serve anche per la magia di necromanzia, visto che è una pianta refrattaria alla vita.”
“Non è colpa sua, le altre piante la bullizzavano” scherzò il drow. “Io la trovo bellissima e capisco come debba sentirsi. Poter esistere solo nel nulla, ma saperlo fare molto bene.”
“Non si sente in nessun modo, è solo una pianta!” Sbottò Aphedriel.
“Per essere un’elfa non hai un animo poetico.”
“Va bene, basta tergiversare. Qual è il tuo prezzo?”
Daren la gratificò con un sorriso semi-sincero. “C'è una ragazza in città, si chiama Amaryll.”
Aphedriel entrò immediatamente in tensione.
“Nemmeno per un bastone creato da Elminster in persona costringerei qualcuno a provare interesse per qualcun altro!”
Il drow sbatté le palpebre un paio di volte, incredulo che lei fosse saltata subito a una conclusione così squallida.
“Fammi capire bene, secondo te sarei andato a giocare a nascondino con un esercito di spettri solo per poter entrare nel letto di un'elfa? Che razza di considerazione hai del tuo sesso, o di me, per quello che vale? Pensi che sia completamente idiota?” La domanda era retorica, ma la voce era sinceramente perplessa. Anche un po’ indignata, ma soprattutto perplessa.
La maga boccheggiò in silenzio, realizzando mentalmente che era vero, sarebbe stato un motivo proprio stupido per correre un simile rischio.
“Io e Amaryll siamo già amanti.” Le chiarí Daren.
Aphedriel non se l'aspettava, ma questo le permise di farsi un'idea su quello che sarebbe potuto venire dopo.
“Vuoi che usi la mia magia per lei? O che la prenda come apprendista?” Solo un anno prima, quel pensiero sarebbe stato odioso. Però adesso la maga si scoprì a considerare sul serio l'idea. Addestrare un'altra persona alle arti arcane avrebbe voluto dire, un giorno, poter avere qualcuno con cui intrattenere una conversazione decente.
“Ti chiedo di fare qualcosa per lei, ma non con la magia. Amaryll a quanto pare prova molta stima nei tuoi confronti, anche se non ha avuto occasione di conoscerti personalmente. Agli occhi dei cittadini di Myth Dyraalis sei una dama esotica circondata da un alone di mistero, provieni da una razza elfica più civilizzata, hai una maggiore esperienza del mondo. Questo tende a fare presa sulle menti delle persone comuni. Amaryll gestisce un pub, ogni giorno sente i discorsi di mezza città, quindi ha sentito molto parlare di te. Si è fatta l'idea che tu sia una signora raffinata e molto intelligente, qualcuno di tutt'altro livello, per così dire. Quella ragazza ha sempre avuto la tendenza a sottovalutare i propri meriti, ingigantendo quelli degli altri. Vorrei che tu andassi alla Casa degli Scapoli, con una scusa qualsiasi. Magari, visto che sei qui da mesi, potresti inventare che vuoi approfondire la conoscenza con il popolo di tua moglie.”
Aphedriel arrossì, per la vergogna ma anche per la rabbia. Lei stessa si rendeva conto di essere stata un po' troppo negligente, abbastanza da sembrare snob, ma aveva sempre qualche problema a legare con le persone normali... quelle che non riuscivano a stare dietro ai suoi ragionamenti scattanti, e che non avevano interessi in comune con lei. Daren evidentemente si accorse della gaffe.
“Ti prego di non andare in collera perché non ti sto giudicando, io ho aspettato decenni prima di dare una chance al popolo del mio migliore amico. Certo, all'inizio non mi volevano qui perché sono un drow, ma quella per me è stata una pacifica scusa per non dover ammettere che non desideravo conoscerli tutti. Sono l'ultima persona che può permettersi di giudicare una come te.”
Una come me?” Sibilò la maga, per nulla placata dalle rassicurazioni dell'elfo scuro.
“Una persona timida.”
Timida? Ad Aphedriel scappò quasi da ridere. Nessuno l'aveva mai definita timida.
“Ma sono qui per affari, quindi ti chiedo di andare nel pub dove lavora Amaryll e di essere gentile con lei. Non devi per forza essere amichevole, basta che tu le dimostri benevolenza. La gente parlerà di questa cosa e lei, forse, ritroverà un po' di fiducia in se stessa. Poi chissà, potresti scoprire che dopotutto ne vale la pena. Amaryll non è una donna ricca né dotata di poteri magici, non è straordinaria, ma è piacevole e conosce tutti in città. È stata capace di mettere a suo agio perfino uno come me, potrebbe aiutarti ad integrarti se è quello che desideri.”
Aphedriel attese che lui continuasse, ma dopo alcuni secondi fu chiaro che il guerriero aveva detto tutto.
“Quindi tu… stai dicendo che mi darai una pianta dal potenziale magico incalcolabile, in cambio del fatto che io tenti di fare amicizia con la tua ragazza?”
“Amaryll non è la mia ragazza.”
“Ah, capisco. Vuoi che lo diventi, è il tuo modo per fare colpo su di lei. Le dimostri che sei un guerriero in gamba che può provvedere a lei e nello stesso tempo le procuri un po' di prestigio sociale tramite un'amicizia con me. Dovrei essere lieta di venire usata per questo, solo perché sono una curiosa novità?”
“No, che diamine” Daren mise le mani avanti “se Amaryll sapesse che le rivolgi la parola perché io ti ho pagata per farlo, si sentirebbe umiliata. Non puoi essere così ingenua, pensa a quanto sarebbe degradante!”
“Oh…” l'elfa abbassò lo sguardo, sentendosi molto stupida. Era una sensazione strana, per lei. “Non ci avevo pensato. Ma quindi, se non puoi dirle che mi mandi tu, cosa ci guadagni? Non saprà mai di essere in debito con te.”
Non è in debito con me. Non sto cercando di manipolarla. Voglio vederla felice. Lei mi rende felice.”
Aphedriel all'inizio non capì, poi un sorriso saputo si fece largo sulle sue labbra. “Capisco. Devi essere proprio innamorato.”
Daren buttò giù un lungo sorso del suo infuso, ormai tiepido.
“Voi elfi e il vostro amore” borbottò. “Non credo che tu possa capire. Io non sono innamorato di lei. Le voglio bene, Amaryll mi piace, ma non è amore.”
La maga non rispose a parole, ma dalla sua espressione sembrava sinceramente incapace di afferrare il concetto. Non che lui si aspettasse qualcosa di diverso. Sospirò e decise di provare con un altro approccio.
“Non vado a dormire pensando a lei e non mi sveglio pensando a lei. Non brucio di frustrazione al pensiero di non passare ogni momento insieme. Non pianifico di passare il resto della mia vita con Amaryll. È una ragazza a cui voglio bene e voglio che sia felice. Fine della storia.”
“Ma… una grotta piena di spettri” sussurrò l'elfa della luna.
Daren la fissò senza capire l'obiezione.
Aphedriel agitò convulsamente le mani, copiando inconsciamente un gesto tipico del suo maestro.
“Non avresti potuto semplicemente venire qui, spiegarmi la situazione e chiedere un favore?”
Nessun miglioramento nello sguardo del drow.
“Stai suggerendo che avrei dovuto recarmi in visita presso una maga con cui non ho confidenza, per chiedere un favore senza avere nulla da dare in cambio?” Ricapitolò. “Sembra proprio un'idea tremenda.”
L'elfa della luna abbassò gli occhi.
“Sono così aliena e inaccessibile ai tuoi occhi? Agli occhi di tutti? Tanto che non osi chiedermi un semplice favore?”
Nessuna risposta. La maga lo interpretò come un . Forse cominciare a socializzare era più urgente di quanto pensasse.
“Oh, andiamo! Sono una maga, sono straniera, ma ho deciso di far parte di questo luogo. Che cosa avrei mai potuto chiederti che fosse peggio del pericolo che hai corso di tua spontanea volontà?”
“Be’...” L'elfo scuro appariva a disagio. “Quando ci siamo conosciuti alla festa di Mezzestate, tu e lady Freya sembravate avere un'idea precisa.”
“Oh cielo” le guance pallide si tinsero di rosa acceso “no, noi... volevamo solo farci una risata, metterti in imbarazzo. Non era nostra intenzione andare fino in fondo, io e Freya siamo felici l'una con l'altra, nel nostro piccolo sistema chiuso.”
Daren pensò fra sé e sé che solo una maga avrebbe potuto definire una relazione monogama sistema chiuso; era evidente che Aphedriel non era abituata ad aggiustare il suo registro linguistico a seconda della persona che aveva davanti. Poteva solo sperare che questo non creasse problemi ad Amaryll.
“Però è offensivo che tu preferisca rischiare una morte orrenda piuttosto che assecondare il capriccio di due signore. Com'è possibile che siamo così ributtanti ai tuoi occhi?”
“Siete entrambe molto belle” la corresse Daren, con un nodo in gola. Dover gestire una femmina offesa era qualcosa che gli stava già facendo rimpiangere gli spettri dei nani. “Non è quello il problema, qualunque elfo sarebbe fortunato a catturare la vostra curiosità. Però ci sono cose che possono essere fatte solo in modo disinteressato, non in cambio di favori. Da dove vengo io, una persona che vende il proprio corpo lo fa solo perché non ha nessun'altra competenza da offrire. Io sono un guerriero. Voglio essere trattato come tale.”
Evitò di dire alla maga che già una sola amante poteva metterlo a disagio, figurarsi due. Non avrebbe saputo a chi dare retta, vivendo nell'ansia di sbagliare. Soprattutto se erano donne di rango così alto.
Aphedriel annuì prima ancora che lui finisse di parlare, chiedendosi se fosse lui a prendersi troppo sul serio, oppure lei ad aver trattato con troppa leggerezza il legittimo amor proprio di un maschio. Ovvio che non tutti erano disposti a barattare favori con quel tipo di performance, ma lei non l'avrebbe vista come un'operazione commerciale, solo come un amichevole accordo. Lui forse la pensava così perché era drow? O era lei a pretendere troppa familiarità da uno sconosciuto?
“Freya dice che sei…” timido e impacciato, terminò mentalmente, ma invece disse “immune al suo fascino femminile. Non ti avrei chiesto quel tipo di ricompensa. Così come la tua Amaryll si offenderebbe se sapesse che mi hai pagata per andare a parlarle, allo stesso modo Freya si sentirebbe umiliata se un maschio accettasse la sua seduzione solo per baratto, senza nemmeno un po’ di reale interesse”. In realtà lei per prima non ne era così sicura, ma lasciarglielo credere magari gli avrebbe fatto un po’ rivalutare la serietà della figlia del capoclan.
“Freya è una giovane affascinante, consapevole di esserlo. Molto tempo fa si era incaponita sull'idea di conquistare le mie attenzioni, ma l'aveva fatto solo a causa dell'adolescenza. Io ero esotico, misterioso, e la cosa avrebbe mandato ai matti i suoi genitori. Tre grandi tentazioni per un'adolescente. Non è mai stata seria nei suoi propositi e io non potevo dare corda a una ragazzina. Sono lieto che ora abbia trovato la felicità e… forse un maggiore equilibrio.”
Aphedriel non aveva mai sentito nessuno parlare in quel modo di Freya, gli elfi del clan Arnavel non avrebbero mai espresso un giudizio così impietoso e paternalista sulla figlia del loro capo. Però quel racconto le sollevò lo spirito, prima di tutto perché le confermò che non aveva motivo di essere gelosa, e poi perché la divertiva che un drow fosse così brutalmente schietto.
“Parlerò con Amaryll, e lo farò volentieri.” Promise. “Ma rispondi a un'ultima domanda, perché non mi piace essere usata in questo modo. Stai mentendo ad Amaryll perché ai tuoi occhi questo è come organizzare una festa a sorpresa, oppure perché non vuoi che sappia che la ami?”
“Io non la amo” ripeté lui, con aria spossata, “ma lo vedi come ragionate voi elfe? Si convincerebbe del contrario, proprio come te adesso.”
“I grandi gesti di solito indicano amore.”
“Non c'è stato nessun grande gesto!” Sbottò il drow. “Ero in una zona che avrei dovuto controllare comunque, ho solo fatto una deviazione per recuperare un materiale magico che può essere messo a frutto per il bene di tutti; forse non capisci che se continuerai a vivere a Myth Dyraalis avrai presto delle responsabilità. Sei una maga, ci si aspetterà che partecipi alla protezione di questo luogo. Qualsiasi cosa che sia d'aiuto per i tuoi studi serve anche alla città, e quindi serve anche ad Amaryll e a suo figlio e a tutti i cittadini comuni. Se pensi ai benefici su ampia scala, non è stato un grande gesto. Non è come se fossi andato a recuperare un gioiello per blandire la sua vanità femminile.”
Aphedriel ricompensò il suo sfogo accettando quella spiegazione.
“Va bene. Grazie per avermi detto la verità.” Frugò in una credenza per recuperare un vaso vuoto e ci mise dentro la pianta, con delicatezza. “Andrò a parlarle oggi pomeriggio. Per quanto ne saprà lei, questa conversazione non ha mai avuto luogo.”
Il drow recuperò il suo zaino, piegò il busto in un mezzo inchino e lasciò la casa, facendo attenzione a non essere visto dai passanti. Aphedriel lo guardò andare via, pensando che tutto sommato quella conversazione era avvenuta, almeno per lei. Era contenta di aver rotto il ghiaccio con una persona in più, forse una persona con cui avrebbe potuto scambiare due chiacchiere, ogni tanto. Era invadente e anche un po’ saccente, ma aveva un punto di vista diverso dal solito, che non si lasciava sopraffare dalle emozioni. Questa era una cosa che lei, come maga, sapeva apprezzare.

           

   
 
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