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Autore: 09Chia    06/03/2019    2 recensioni
Si possono dire tante cose guardando due persone giocare a scacchi, soprattutto quando c'è nell'aria qualcosa di più che una sfida amichevole. E se i due giocatori fanno di cognome Lupin e Tonks, l'osservatore si chiama Sirius Black e in palio c'è una cena, gli ingredienti promettono scintille.
Genere: Commedia, Romantico, Slice of life | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Nimphadora Tonks, Remus Lupin, Sirius Black | Coppie: Remus/Ninfadora
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno | Contesto: II guerra magica/Libri 5-7
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Sirius Black sollevò per l’ennesima volta lo sguardo da dietro la Gazzetta del Profeta. Dopo tanto tempo, sentiva di nuovo la pelle formicolare come negli istanti che precedevano la battaglia. Considerò l’ipotesi di ritirarsi per sempre a Grimmauld Place: perché voler affrontare Voldemort, quando potevi assistere a uno scontro tra titani? O tra titanici idioti?

«Cavallo in A4»

Remus Lupin mosse impercettibilmente un angolo della bocca. Se Sirius non avesse trascorso anni a subire inequivocabili sconfitte su quella stessa scacchiera, forse il gesto gli sarebbe sfuggito. Purtroppo non era così e Sirius in quella smorfia appena accennata lesse la disfatta della sua adorabile cuginetta, che ancora ignara osservava quasi sorridente la scacchiera su cui aveva appena mosso.

«Tocca a te, prof» fece la strega.

«Tonks» chiamò Sirius «attenta.»

«Black, non disturbare» sbottò Remus, in un tono così dannatamente da professore che Sirius non riuscì a trattenere uno sbuffo. Lupin non parve sentire e continuò: «Dora, se vuoi puoi rifare la mossa.» 

Grosso errore.

Sirius poté quasi percepire l’elettricità proveniente dalla sua giovane, dolce e terrificante cugina nel momento in cui registrava la nota di condiscendenza nella voce di Remus. Colossale idiota. Accantonò la Gazzetta, pronto a godersi lo spettacolo nel momento in cui Tonks avrebbe staccato la testa al suo migliore amico.

«Lupin» sibilò infatti lei «Sono perfettamente in grado di batterti, senza che tu debba essere gentile con me».

Remus alzò le spalle: «Volevo solo concederti la possibilità di fare un passo indietro».

Tonks sorrise, affilata, sarcastica e così tanto Black, in quel momento, da far inorgoglire Sirius: «Io non faccio mai un passo indietro, prof» disse. Poi esitò un istante e sputò fuori: «dovresti saperlo.»

Sirius spalancò gli occhi e fece guizzare lo sguardo tra i due: Remus era impallidito di un paio di toni, mentre i capelli di Tonks tendevano al magenta e la strega si era morsa un labbro. Incrociò per un attimo gli occhi con quelli di lui, l’espressione colpevole e appena pentita.

Sirius ricambiò con un misto tra l’esasperato e l’ammirato. Tanta stima per la piccola Dora, ma santo Godric! Quella era una bomba formato frecciatina.

Remus si raddrizzò sulla sedia: «Torre in E5» mormorò, senza alzare gli occhi dalla scacchiera.

Tonks fece una smorfia seccata. Sirius si chiese se avesse visto la sconfitta sul campo di battaglia o l’ostinata cocciutaggine di Remus nel far finta di niente.

Di nuovo, se Sirius non avesse passato la vita alle prese con la cocciutaggine di Lupin, forse non avrebbe inteso la situazione. Purtroppo non era così, e lui sapeva bene quanto bravo Remus potesse essere nello schivare i problemi girandoci attorno, aspettando e fingendo di non vederli.

James una volta, in uno dei suoi rari momenti di genialità, aveva detto che di fronte a un masso in mezzo a una strada con un burrone a fianco, Remus si sarebbe bendato e avrebbe camminato sul ciglio del dirupo, fingendo di non vedere né la pietra da una parte, né il vuoto dall’altra, a costo di precipitare.

Sirius era scoppiato a ridere, almeno finché quel simpaticone non aveva aggiunto che lui, Sirius, la pietra l’avrebbe probabilmente sbriciolata a testate. Realistico.

La discussione era finita quando Remus aveva affermato che Jam si sarebbe seduto e avrebbe cominciato a parlare con la signora pietra fino ad esasperarla e farla spostare, spaziando su Quidditch, trasfigurazione, Lily Evans, Quidditch, Filosofia babbana, Lily Evans, la sua scopa, Lily Evans, l’addestramento auror, Lily Evans e così via. Al settimo Lily Evans, Remus si era beccato qualcosa in faccia -un cuscino, probabilmente- e la situazione era degenerata.

«Torre in E5» disse Tonks, mangiando il pezzo dell’avversario con un’espressione soddisfatta: «E chi perde paga una cena».

Sirius venne distratto dalla sua riflessione attenta su quello che avrebbe fatto quel sorcio di Peter Minus di fronte a una roccia in mezzo alla strada, per riportare gli occhi ammirati sulla cuginetta. Adorabile, ingenua e dannatamente furba, la cuginetta.

I capelli di Tonks erano color tramonto e sembravano gridare “imbarazzo” in tutte le direzioni, ma il suo viso era impostato su un lieve sorriso divertito.

«Ok, prof?»

Remus strinse le labbra. Sirius si chiese perché avesse accettato la partita, quando non faceva che ripetere che Dora non gli interessava. A lui, lo ripeteva: di fronte alla strega si zittiva o cambiava stanza. Sirius non sapeva molto di quello che fosse successo tra i due. Da voci ben informate -alias orecchie oblunghe infilate sotto alla porta mentre Tonks parlava con Molly- sembrava che la strega avesse in qualche modo espresso i suoi sentimenti e che la risposta del professore fosse stata un sofferto ma convinto no.

Da parte sua, Remus era una tomba: aveva negato che gli interessasse Tonks, aveva negato di averla rifiutata, aveva addirittura negato di aver ricevuto una dichiarazione. Sirius aveva interrotto l’interrogatorio prima che il lupastro arrivasse a negare l’esistenza di Tonks. Non si sa mai.

Ovviamente, visto che non era mai successo nulla con Tonks, Remus non avrebbe mai potuto rifiutare un invito a cena davanti a Sirius. Un premio furbizia alla cuginetta.

Remus rispose con: «Alfiere in C7».

«Chi tace acconsente, Lunastorta» buttò Sirius, sentendosi in dovere di contribuire alla guerra. Il suo premio fu un’occhiata da parte di Remus che gli fece gelare il sangue e a cui rispose con un cordiale sorriso.

Di nuovo: se Sirius non avesse conosciuto Remus come le sue tasche, forse avrebbe creduto al suo ripetuto negazionismo. Purtroppo, però, Sirius era reduce da almeno sette anni di scuola in cui Remus aveva sempre detto, a tutte le fanciulle, solo ed esclusivamente no.

E Sirius aveva imparato che non tutti i no erano uguali: c’erano i no veri, quelli che avrebbe magari detto anche lui, e poi c’erano i no di Lunastorta. Quelli stupidi, che avevano come solo fondamento la luna piena, nel suo aspetto meno romantico.

Tonks sorrise, studiò la scacchiera e accavallò le gambe: «Re in A4».

Fortunatamente, la scacchiera che stavano usando era di pessima fattura: i pezzi si muovevano da soli, certo, ma a malapena, e non erano in grado di fare nulla di più che scivolare lentamente da una casella all’altra, non sempre fermandosi su quella giusta. Fu una fortuna, perché altrimenti l’esercito bianco schierato da Tonks avrebbe di certo avviato una rivolta, di fronte a quella mossa suicida.

«Tonks?» chiese Sirius, schiarendosi la voce.

«Oh, cavoli!» esclamò lei, come vedendo la scacchiera per la prima volta.

Remus assottigliò lo sguardo: «Rifai la mossa»

«Io non torno mai indietro»

«Dora, il gioco prevede che tu giochi per vincere.»

Lei alzò le spalle: «Ho sbagliato, prof» disse «Non ti capita mai?»

«Dora.»

«Ti ho detto che ho sbagliato!»

«L’hai fatto apposta.»

Tonks sorrise.

«Dimostralo».

Sirius sentì Remus che imprecava nella mente, ma all’esterno il mago si limitò a stringere le labbra e a studiare la scacchiera.

Di fronte a lui, Tonks fremeva. Remus non poteva vincere, non ancora, ma ci poteva andare molto vicino. Non che a sua cugina fregasse qualcosa dell’esito della partita, quello Sirius l’aveva capito. Ma della cena in palio le fregava, eccome. Vinta o persa, l’importante era obbligare Remus a uscire con lei.

E Remus, avvicinandosi alla vittoria o sbagliando deliberatamente mossa, poteva solo avvicinare o allontanare il momento finale. Vinci o perdi, nessuna possibilità di tornare indietro.

«Alfiere in D6»

«Cavallo in H3»

Un flash negli occhi di Remus. Tonks impassibile. Sirius indeciso se essere in preda al panico o all’euforia.

«Regina in B6» disse Remus.

Silenzio. Tonks aggrottò le sopracciglia. Alcuni secondi passarono lenti.

Sirius alzò verso l’amico uno sguardo che sapeva essere furioso. Remus si alzò, ricambiando lo sguardo senza nessuna espressione.

«Patta» disse «ci vediamo.»

Poi uscì dalla stanza, lasciando la porta aperta. Sirius vide Tonks passarsi rapidamente una mano sulla guancia, cancellando la traccia di una lacrima.

Si spostò sulla poltrona di Remus e osservò la scacchiera, poi prese la regina e la riportò indietro di due caselle.  

Tonks si passò una mano tra i capelli e abbozzò un sorriso.

«Regina in A9» disse Sirius «scacco matto.» Tonks sbuffò una risata.

«Però la cena me la offri tu» rispose, tirando su malamente col naso.

«Andata.»

 

 

   
 
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