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Autore: Teo5Astor    06/03/2019    24 recensioni
Un mistero accomuna alcuni giovani della Prefettura di Kanagawa, anche se non tutti ne sono consapevoli e non tutti si conoscono tra loro. Non ancora, almeno.
Radish Son, diciassettenne di Fujisawa all'inizio del secondo anno del liceo, è uno di quelli che ne è consapevole. Ne porta i segni sulla pelle, sul petto per la precisione, e nell'anima. Considerato come un reietto a scuola a causa di strane voci sul suo conto, ha due amici, Vegeta Princely e Bulma Brief, e un fratello minore di cui si prende cura ormai da due anni, Goku.
La vita di Radish non è facile, divisa tra scuola e lavoro serale, ma lui l'affronta sempre col sorriso.
Tutto cambia in un giorno di maggio, quando, in biblioteca, compare all'improvviso davanti ai suoi occhi una bellissima ragazza bionda che indossa un provocante costume da coniglietta e che si aggira nel locale nell'indifferenza generale.
Lui la riconosce, è Lazuli Eighteen: un’attrice e modella famosa fin da bambina che si è presa una pausa dalle scene due anni prima e che frequenta il terzo anno nel suo stesso liceo.
Perché quel costume? E, soprattutto, perché nessuno, a parte lui, sembra vederla?
Riadattamento di Bunny Girl Senpai.
Genere: Mistero, Sentimentale, Slice of life | Stato: completa
Tipo di coppia: Het, Crack Pairing | Personaggi: 18, Bulma, Goku, Radish, Vegeta | Coppie: Bulma/Vegeta, Chichi/Goku
Note: AU, Lime | Avvertimenti: Tematiche delicate
Capitoli:
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6 – Notte magica
 
 
 
«Mi scusi…» chiedo a un uomo in giacca e cravatta con in mano una valigetta che incrocio sulla banchina della stazione di Fujisawa, dove nel frattempo siamo tornati. È sera, ormai, e c’è buio. «Le dice niente il nome di Lazuli Eighteen, l’attrice e modella famosa fin da bambina?»
«No, non la conosco» mi risponde, perplesso e sbrigativo, prima di riprendere a camminare.
Provo a chiedere ad altre persone, ma la risposta è sempre la stessa. La situazione è sempre più preoccupante. Lazuli mi segue a testa bassa, non dice nulla. Sta soffrendo. E ha paura, anche se fatica ad ammetterlo.
Mi rendo conto di una cosa, ripensando a quello che è successo oggi pomeriggio con la mamma di Lazuli e alle risposte che mi stanno dando i passanti. Una cosa che non avevo considerato in queste ultime due settimane. Una cosa terribile. E se diventare invisibili agli occhi delle persone non significasse soltanto scomparire dalla loro vista? E se si sparisse anche dai loro ricordi?
Guardo Lazuli, e il suo volto mi sembra sempre più affranto. Ci passa accanto tantissima gente, ma nessuno la può vedere. Solo io.
Decido di provare a telefonare a Husky, la giornalista. Lei la conosce di persona, inoltre si sono parlate solo cinque giorni fa!
«Ciao Rad-kun! Hai cambiato idea per quella foto?»
«No, volevo solo chiederti se ti ricordi di Lazuli Eighteen».
«Lazuli Eighteen? E chi sarebbe?»
Resto di sasso. Sgrano gli occhi e guardo Lazuli, che abbassa ancora di più lo sguardo e stringe i pugni. Cazzo, la situazione è peggiore di quanto immaginassi.
«Pronto? Ci sei ancora, Rad-kun?»
«Come puoi non conoscere Lazuli Eighteen?!»
«Non so chi sia…».
«E allora con chi ti sei accordata per decidere di non rendere pubblica la mia foto?!»
«Stai tranquillo per quella foto, non la renderò pubblica senza il tuo permesso!»
«Sì, ma a chi l’hai promesso?!»
«A chi dovrei averlo promesso?! A te, Rad-kun! Stai bene?»
«Sì… sì… scusa il disturbo. Ciao».
 
«Grazie di tutto per oggi» mi dice Lazuli, all’improvviso, non appena chiudo la chiamata con Husky. «Ciao» aggiunge con un filo di voce e senza guardarmi, girandosi e allontanandosi da me a passo veloce.
«Aspetta!» le grido, inseguendola. «Aspetta» ripeto, quando la raggiungo e le prendo una mano, fermandola. «Andiamo, Là!».
«Andiamo dove?!» sibila, senza voltarsi.
«Da qualche parte, in una città lontana da qui!» esclamo, alzando il tono della voce. «Lì potrebbe esserci ancora qualcuno in grado di vederti! Proviamo!»
«Sì, e poi?» mi fredda. «Cosa faremo una volta che avremo scoperto che solo tu riesci a vedermi e a ricordarti di me?!» aggiunge, alzando a sua volta la voce e cercando di liberarsi della mia presa con uno strattone. Ma io non la mollo.
«Non lo so! Ma, se non altro, avrò modo di restarti accanto per tutto il tempo» le rispondo con estrema sincerità.
Lazuli smette di provare a liberarsi della mia presa, le sue dita si avvolgono delicatamente intorno alle mie. Rialza la testa, osserva un punto indefinito davanti a sé. Tra la gente che le passa accanto e non la vede. Come se non esistesse. Come se non fosse mai esistita.
«A volte sei fin troppo sfacciato per essere più piccolo di me» mi dice. Il suo tono è tornato calmo, quasi asettico, come quando è di buonumore.
«Non voglio che il nostro appuntamento finisca, Là».
Lei si volta e mi guarda negli occhi. Le nostre mani sono ancora strette l’una all’altra. «E va bene…» sospira. «Se non sei ancora pronto a lasciarmi andare, allora…» aggiunge, prima di interrompersi, distogliendo lo sguardo dal mio. Sembra imbarazzata. È così carina, così indifesa quando fa così. «Allora non dispiacerebbe neanche a me proseguire questa serata insieme».
 
«Lasciate un messaggio dopo il segnale acustico».
«Goku, sono io!» esclamo, ben consapevole che mio fratello starà fissando lo schermo del telefono fisso di casa nostra senza rispondere, non riconoscendo sul display il mio numero. Sto chiamando infatti col cellulare di Lazuli, al mio si è scaricata la batteria. Non ci bado mai troppo a queste cose, è un mio difetto. Goku, invece, non parla al telefono con nessuno al di fuori di me, un altro trauma che gli è rimasto addosso dopo quello che ha vissuto due anni fa.
«Ciao fratellone! Cosa c’è?» mi risponde subito, infatti.
«Scusa, ma stasera non torno a casa. Devo andare in un posto lontano» gli spiego.
«Urca! A fare cosa?»
«Ti ricordi Lazuli Eighteen, la ragazza che era a casa nostra l’altro giorno?»
«Uhm… no, perché?»
«Tranquillo, non importa. In cucina c’è del ramen istantaneo, cena con quello stasera, ok? Io torno domani, sono certo che te la caverai! Mi fido di te, Goku!»
«Certo, Goku se la caverà! Ciao fratellone
Saluto mio fratello e salgo sul primo treno in partenza con Lazuli. Andiamo lontano, stanotte. Non conta la meta. Scopro che siamo diretti a Ogaki, mi chiedo se trecentocinquanta km di distanza saranno in grado di darci delle risposte. Risposte positive, più che altro.
«Qui c’è scritto che Ogaki è la seconda città più popolosa della prefettura di Gifu» mi spiega Lazuli, che sta facendo ricerche tramite il suo telefono ed è seduta accanto a me in un vagone decisamente tranquillo del treno. Non potrebbe essere altrimenti, data l’ora. «Dice anche che è pieno di falde acquifere».
«Davvero?» le rispondo distrattamente, perso tra mille pensieri. Sto andando in una città lontana e di notte insieme a Lazuli Eighteen, dopo aver passato il pomeriggio con lei. Fatico ancora ad elaborare tutto questo. Non riesco a godermi pienamente questo momento, come se un terribile pericolo incombesse su di lei. E su di noi, perché io non potrei mai perdonarmi se non dovessi riuscire a salvarla, in qualche modo. Se dovessi dimenticarla.
«Dimmi una cosa, Rad…» sospira Lazuli in tono malinconico, girando il volto e guardando fuori dal finestrino. Mi perdo nei suoi occhi di ghiaccio carichi di tristezza riflessi nel vetro e mi si stringe il cuore in una morsa terribile. Dolore puro.
È questo che si prova quando si ama una ragazza? Si soffre come e più di lei quando sta male? Si gioisce come e più di lei quando è felice? Credo di sì, credo di capirlo dopo ogni singolo minuto in più che passo insieme a lei.
«Cosa?» le chiedo.
«Riesci a vedermi?»
«Sì, ti vedo».
«Riesci a sentire la mia voce?»
«Forte e chiaro».
«Riesci a ricordare chi sono?»
«Lazuli Eighteen. Una ragazza bellissima che frequenta il terzo anno al Liceo Minegahara della prefettura di Kanegawa» le sorrido, cercando di incrociare il suo sguardo attraverso il vetro che ci riflette a causa del buio esterno. «Una ragazza che è entrata nel mondo dello spettacolo già da bambina, ottenendo da allora un lavoro dopo l’altro» aggiungo, prima di fermarmi qualche secondo, in attesa di una sua reazione che invece non arriva. «Mi piace molto la sua personalità, anche se a volte è un po’ distorta e non sempre è onesta con sé stessa» continuo, trasformando il mio sorriso in un lieve ghigno.
«Non è vero!» si gira di scatto stizzita, arrossendo leggermente e guardandomi con fare offeso. Bersaglio colpito, ormai sto imparando come prenderla. Mi guarda negli occhi, ci guarda attraverso. E io faccio lo stesso con lei.
«Infatti questa ragazza che conosco, questa Lazuli Eighteen, cerca disperatamente di nascondere la sua preoccupazione» le spiego, appoggiando la mia mano sopra la sua.
«Non ti ho dato il permesso di prendermi per mano» sibila, senza tuttavia spostare la sua mano, appoggiata sul sedile sotto alla mia. «Ti ci stai abituando troppo, oggi».
«Lo faccio e basta, anche senza il tuo permesso» ribatto con decisione, senza smettere di guardarla intensamente. Sono serio. Lei sgrana gli occhi, glieli vedo brillare. Adoro quando li fa brillare così, anche se lo fa troppo poco e troppo raramente da quando la conosco a causa di tutto quello che sta passando. Arrossisce leggermente, cercando comunque di ricomporsi e di darsi un tono. La adoro quando fa così. Quando fa la dura, anche se ho capito benissimo che lei è la ragazza più dolce che abbia mai conosciuto. Solo che sa essere dolce a modo suo, non tutti possono capirlo. E a me va benissimo così.
«E va bene» acconsente, seria e risoluta, cercando di mostrarsi distaccata. Capovolge la sua mano sotto alla mia e intreccia le sue dita nelle mie, stringendo forte la presa. Mi sento bene. Mi sento vivo. «Ma è solo per questa volta» aggiunge, guardando davanti a sé e fingendosi più sicura di quanto non sia. Sento il suo calore scorrere in me.
Le sorrido, e mi godo questo lungo viaggio mano nella mano. Un viaggio in cerca di risposte in un luogo sconosciuto. Un viaggio con la ragazza che mi rendo conto di amare e di voler proteggere ad ogni costo. Un viaggio che vorrei non finisse mai.
 
«Scusi, le è familiare il nome di Lazuli Eighteen?» chiedo al capostazione di Ogaki, non appena scendiamo dal treno una volta arrivati a destinazione. «Aveva anche fatto la pubblicità dello shinkansen un paio di anni fa».
«Eighteen? Davvero c’era un’attrice che si chiamava così?» mi risponde, allibito.
«La ringrazio» gli dico, uscendo dalla stazione ormai deserta insieme a Lazuli, sempre al mio fianco. Questo era il capolinea del nostro treno, adesso ci dirigiamo a piedi verso un hotel qui in zona che ha prenotato lei durante il viaggio.
«È un buco di camera» esclamo, non appena entriamo nella stanza a noi riservata. Un letto singolo, una piccola scrivania a un metro e mezzo di distanza, una televisione e un minuscolo bagno, il cui ingresso è praticamente attaccato alla testata del letto.
«Cosa ti aspettavi? Quando quello della reception ti ha visto arrivare da solo ha pensato che avessi sbagliato prenotazione e ti ha obbligato a venire qui, invece che nella camera doppia che avevo prenotato io. Nemmeno lui mi vede» sbuffa, scocciata. «Mi faccio una doccia» aggiunge, entrando in bagno.
«Eh?! Doccia?!» esclamo con aria sognante, voltandomi di scatto in sua direzione.
«Non provare a sbirciare» ordina Lazuli, minacciosa, riaprendo la porta leggermente e fulminandomi con una delle sue migliori occhiatacce glaciali.
«Non c’è pericolo, mi basta solo sentire il rumore dell’acqua sul tuo corpo nudo per sognare!» ribatto, sorridendo sghembo. Lei mi guarda ancora più malamente, prima di alzare inesorabilmente il dito indice dirigendolo verso la porta della stanza, intimandomi di uscire.
«Pensavo che una bella signora matura come te avrebbe preferito tormentare un ragazzino come me con il dolce suono dell’acqua della doccia che scorre sul suo corpo» le spiego, allargando leggermente le braccia.
«Guarda che mi fa piacere, cosa credi?» risponde, distogliendo lo sguardo dal mio. La trovo adorabile quando si imbarazza. «Però non metterti a fare cose strane per conto tuo mentre sono in doccia!»
«In che senso “cose strane”? Non capisco…».
«Scemo! Fai un po’ come ti pare!» mi grida contro, arrossendo e sbattendo la porta del bagno. È fin troppo carina quando fa così, penso, mentre metto in carica il telefono e ritorno serio. Devo fare una telefonata importante, adesso. Fondamentale, direi.
 
«Pronto?!»
«Ehi, Prince, sono io».
«Rad… cazzo, ma lo sai che ore sono?!» impreca il mio amico, con la voce impastata dal sonno.
«1:16» gli rispondo, leggendo l’orario sulla sveglia appoggiata sulla scrivania.
«Lo so anch’io, coglione… tsk!»
«Sì, ti voglio bene anch’io. Ma ho bisogno di te, è un’emergenza» gli spiego. «Ti ricordi di Eighteen-senpai?»
«Ma che domande del cazzo fai, Rad?! Mi chiami di notte solo per questo?! Pensi che sono rincoglionito?! Certo che me la ricordo, perché non dovrei?!» sbotta Vegeta, facendomi sorridere e allo stesso tempo alleggerendomi il cuore da un peso enorme. Almeno a scuola la gente si ricorda ancora di Lazuli, a quanto pare. «Tu sei ossessionato da quella ragazza!»
«Ti ricordi davvero di lei? Non mi stai prendendo per il culo?» gli chiedo, alzando il tono della mia voce. Mi sento felice. Tanto, anche.
«Ti ho già detto di sì! Ma che cazzo stai facendo?! Lasciami dormire, adesso
«Grazie Prince! Va tutto bene, adesso. Provo a chiamare anche Bulma!»
«Fai un po’ quel cazzo che vuoi, basta che non mi rompi più i coglioni per stanotte, tsk!» conclude Vegeta, sbattendomi idealmente il telefono in faccia.
Chiamo subito Bulma, ho bisogno del suo aiuto. Forse è l’unica che può concretamente aiutarmi, lei è la persona più intelligente che conosco.
«Sai che ore sono?!» sbotta la mia amica con voce irritata, prima di sbadigliare sonoramente.
«1:19».
«Risposta sbagliata. L’ora giusta è 1:21, il tuo orologio è indietro».
Eccola, la solita, adorabile, precisina del cazzo.
«Ho bisogno del tuo aiuto, Bulma: adesso sono a Ogaki con Eighteen-senpai perché al di fuori dell’ambiente scolastico, a quanto pare, nessuno, non solo non la vede più, ma non si ricorda nemmeno di lei. E persino qui è la stessa cosa».
«Capisco. Ecco perché mi chiedevi della Sindrome della Pubertà l’altro giorno».
«Mi serve che scopri il motivo per cui si presenta e che trovi un modo per risolvere il problema».
«Mi stai chiedendo una cosa impossibile, te ne rendi conto, Son-kun?!»
«Io… io sono disperato, Bulma. Non so cosa fare per salvarla!»
«Un giorno che era di luna buona, Vegeta mi ha spiegato che uno dei tuoi lati positivi è che sai quando dire “Grazie”, “Scusa” e “Aiutami”. Lo penso anch’io… domani vieni a scuola?»
«Non credo di farcela per la mattina… perché?»
«Perché penso che la causa debba essere cercata proprio a scuola. Dopotutto gli altri studenti riescono ancora a vederla. Ci penserò ancora un po’ su finché non crollerò per il sonno, non aspettarti miracoli».
«Ti ringrazio, Bulma, sei un’amica. Ci vediamo domani a scuola, arriverò per pranzo. Scusa ancora per l’ora, buona notte».
 
«Come faccio per l’intimo?»
La voce di Lazuli mi fa voltare verso il bagno, non appena chiudo la telefonata con Bulma. Ha già finito la doccia, maledizione, senza darmi neppure il tempo di fantasticare un po’ su di lei.
«In che senso, scus..» mi interrompo, non appena la vedo, con un lungo asciugamano bianco legato sopra il seno e un altro più piccolo in testa sistemato come un turbante intorno ai capelli bagnati. Spunta solo la testa e la parte superiore del suo busto dalla porta socchiusa del bagno, ma ciò che vedo basta già a farmi decisamente bollire il sangue nelle vene e a farmi sudare.
«Cos’hai da guardare, maiale!» sbotta lei, leggermente rossa in faccia, richiamando la mia attenzione.
«S-sì, l’intimo…» farfuglio, ammaliato.
«Mi va bene mettere su gli stessi vestiti, ma le mutandine le voglio cambiare» riprende, in tono polemico.
«E hai bisogno del mio aiuto per questo? Volentieri!» esclamo, sollevando ritmicamente le sopracciglia e ghignando.
«Cretino, accompagnami al konbini davanti al quale siamo passati prima! Comprerò anche qualcosa che mi faccia da pigiama e prenderò un paio di boxer anche a te».
«Oh, conserverò per sempre i boxer che mi regalerà la mia bellissima senpai in una notte magica come questa, e penserò sempre a te ogni volta che li infilerò» ghigno, mentre lei mi incenerisce con lo sguardo.
«Asciugo i capelli e andiamo, maiale!» sbotta, prima di sbattere di nuovo la porta del bagno.
Sì, la amo sul serio.
 
«È una strana sensazione» mi dice Lazuli, mentre usciamo dal konbini e camminiamo sul marciapiede deserto per fare ritorno in albergo. Stringo in una mano il sacchetto con i vestiti che abbiamo comprato, lei si è anche presa una maglietta e degli shorts per dormire, oltre all’intimo per entrambi. Sta guardando il cielo. È una notte stellata. È una notte bellissima. «Sai, essere in una città che non si conosce, scoprirla un po’ alla volta».
«Non hai girato in lungo e in largo per lavoro?» le chiedo.
«Non erano viaggi di piacere, mi portavano sul set e poi si tornava in albergo. Per mia madre tutto il resto sarebbe stata solo una perdita di tempo» mi spiega.
«Capisco cosa intendi…» sospiro. La sua voce sembra serena, nonostante tutto, e lo stesso vale per il suo volto, ora che mi perdo in lei, guardandola, mentre oltrepassiamo un negozio di fiori chiuso.
«Ma la cosa più strana di tutte è scoprire di notte una città sconosciuta camminando insieme a un ragazzo più giovane che nemmeno conoscevo fino a due settimane fa» riprende, accennando un lieve sorriso.
«Nemmeno io avrei mai immaginato di venire in una città lontana, di notte, con Lazuli Eighteen in persona. Se ripenso a me stesso da piccolo, davanti alla tv a guardare il tuo primo telefilm, mi sembra tutto ancora più strano adesso. Ancora più bello, se possibile» ammetto, con estrema sincerità, guardando le stelle che ci sovrastano.
«È un onore per te» mi sorride Lazuli, altezzosa e allo stesso tempo dolce, avvicinandosi a me e prendendo il mio braccio tra le sue mani. Appoggia la testa all’altezza della mia spalla e continuiamo a camminare così. Vuole scherzare, ma è anche così tenera che mi sento improvvisamente le gambe molli. Cazzo, ma cosa mi fa ogni volta questa dannata ragazza?!
«Me lo ricorderò per tutta la vita, davvero…» sospiro di nuovo, accennando a mia volta un sorriso. Sono sincero, e lo sa anche Lazuli. Glielo leggo negli occhi, mentre la guardo. Distolgo lo sguardo dal suo, quando mi rendo conto che la sua espressione sta mutando. La gioia sta lasciando spazio alla preoccupazione. L’allegria alla paura. Capisco cosa prova. «Non lo dimenticherò mai e poi mai!» esclamo, deciso a dare forza anche a lei.
«E se invece lo facessi?» sussurra lei.
«Potrai infilarmi nel naso tutti i Pocky che vorrai e potrai anche darmi un altro dei tuoi ceffoni» le sorrido, mentre rientriamo in albergo e torniamo in camera.
 
Mi faccio una doccia veloce e, quando esco dal bagno indossando solo i boxer che mi ha appena comprato, trovo Lazuli già sdraiata che occupa metà del letto, quella vicina al muro, con le lenzuola tirate su fino al mento. Ha già spento la luce, la stanza è illuminata solo dalla luce soffusa della abat-jour sul comodino.
«T-tu dormi così?!» esclama.
«Di solito dormo così, ma se ti dà fastidio mi vesto» rispondo. «Se invece non ti fanno senso le mie cicatrici e ti piacciono i miei muscoli, meglio così!» ghigno.
«Fai quello che ti pare, stupido!» sbotta lei, girandosi di scatto verso il muro. «Dormi pure così, visto che ci sei abituato» farfuglia, con la voce ovattata per la faccia premuta contro il cuscino. Mi fa sorridere.
«Se vuoi dormo per terra» le dico.
«Ma sei scemo?! Vieni qui anche tu, ci stiamo!» mi ordina, voltandosi di nuovo come prima.
Mi infilo un po’ impacciato sotto alle lenzuola e mi sdraio, anch’io restando disteso a pancia in su e guardando il soffitto. Sono felice, ma sono anche un po’ a disagio. Sento il corpo di Lazuli praticamente attaccato al mio in questo letto singolo troppo piccolo per entrambi. Sento il suo profumo fresco. Il suo respiro. Il suo calore.
Vorrei dire tante cose, e, ancora di più, vorrei fare tante cose. Vorrei abbracciarla, vorrei baciarla. Vorrei fare l’amore con lei, vorrei avere la mia prima volta con lei. Deglutisco il nulla.
Mi chiedo cosa voglia lei, cosa si aspetti da me. So che ha paura per tutto quello che le sta succedendo, immagino che non abbia la testa per fare certi pensieri in questo momento. E poi, soprattutto, io le piaccio davvero? Quando tutto questo casino si sarà risolto vorrà continuare a frequentarmi?
«Si sta un po’ stretti, effettivamente» sussurra Lazuli, rompendo questo silenzio imbarazzante. Mi sento strano, mi sembra di aver perso improvvisamente tutta la mia baldanza da quando mi sono sdraiato accanto a lei. Attaccato a lei, alle sua pelle morbida. Sotto alle sue stesse lenzuola. Avvolto e travolto dalla sua sola presenza.
Lei è la ragazza che ho sempre sognato, forse anche nel periodo in cui mi ero idealizzato Videl. Me l’ero idealizzata per tutto quello che aveva fatto per me, ma non so se l’ho amata davvero. Non ero in grado di capirlo, a soli quindici anni. Forse la mia era semplicemente gratitudine. Ammirazione. Ho sofferto per lei, quando è sparita. Ma penso che ne sia valsa la pena per arrivare fin qui. Per essere qui con Lazuli. Non so perché, probabilmente sto bruciando le tappe, ma sento che lei è tutto il mio mondo.
«Te l’ho detto, se vuoi dormo sul tappeto» le dico, facendo per scendere dal letto. La sua mano si stringe intorno al mio polso e mi blocca.
«Ti ho detto che tu dormi qui» ordina, apparentemente distaccata, continuando a fissare il soffitto. Mi sdraio di nuovo e guardo anch’io verso l’alto. «Raccontami qualcosa di divertente».
«Uhm… è difficile così su due piedi…» ribatto, concentrandomi. «All’1:16 ho telefonato a un mio amico e mi ha mandato a fare in culo».
«Ha fatto bene, sei fastidioso quando ti ci metti, in effetti» risponde lei, e giurerei che stia sorridendo. «Hai chiamato qualcun altro, poi?»
«Ho chiamato anche una mia amica. Come sai, ho ben due amici».
«Hai telefonato a una tua amica mentre sei in una stanza d’albergo, di notte, insieme a me?! Fai schifo, lo sai?!» ribatte piccata, restando poi in silenzio per qualche secondo, offesa. Gelosa, forse.
«Dai, non fare così» le dico. «Ti piace così tanto mettermi in difficoltà?!»
«Lo so che in fin dei conti ti piace quando ti maltratto».
«Non credo esista un ragazzo a cui non piacerebbe essere stuzzicato da una senpai bellissima».
«Era un complimento?»
«Un elogio».
Giurerei che stia sorridendo di nuovo, compiaciuta.
 
Restiamo in silenzio per qualche secondo, con il suono dei nostri respiri e i battiti martellanti del mio cuore come unico sottofondo.
«Ehi, Rad, ti va di baciarci?» domanda freddamente e all’improvviso Lazuli con il suo solito fare distaccato, continuando a fissare il soffitto. Una sorta di scossa elettrica mi attraversa la schiena fino a farmi quasi rizzare i miei lunghi capelli neri. Mi si secca la gola, il battito aumenta tremendamente. La guardo, e mi sembra stia accennando un sorriso. Forse mi sta prendendo in giro, o forse no. Devo recuperare anch’io un po’ di freddezza, stare al gioco.
«Lazuli-san, sei consapevole che non sapremo fermarci a un bacio?» le domando.
«Sei un maiale, ma forse hai ragione» mi risponde, impassibile. «Cretino» aggiunge, prima di voltarsi di lato verso il muro e darmi le spalle. Sento i suoi piedi contro la mia caviglia. Sento molto caldo, mentre cerco di pensare con lucidità. Mi stava prendendo per il culo o no? «Dormiamo. Buonanotte» mi liquida, gelida.
Sospiro, guardando la sua chioma dorata a pochi centimetri da me, prima di riprendere a soffermarmi sul soffitto. E chi dorme, stanotte? Come posso? Cosa dovrei fare?
«Dimmi una cosa, Rad» sussurra Lazuli, sempre con il volto rivolto verso il muro.
«Non hai detto che dovevamo dormire?» la provoco.
«Ho cambiato idea» mi fredda. «Cosa faresti se iniziassi a tremare e a piangere perché non voglio svanire?» mi chiede, con una voce così carica di purezza e ingenuità da farmi riempire a me, gli occhi di lacrime. Io, che due anni fa ho deciso che non avrei più pianto. Che ho deciso che è più bello sorridere, anche quando è dura farlo.
«Ti abbraccerei da dietro e ti sussurrerei all’orecchio che va tutto bene» le rispondo.
«Allora non lo farò di sicuro» ribatte, col suo solito tono. Il tono che mi fa capire che va tutto bene.
«Perché? Ho detto qualcosa di sbagliato?»
«No, perché ne approfitteresti per palparmi, lo so che sei un maiale» risponde, nascondendo a malapena una risata.
«Mi hai beccato…» sbuffo ironicamente, facendola ridere. Mi piace sentirla ridere.
«Tu sei l’unico che mi fa sempre ridere, mi piace passare il tempo con te» mi dice, cogliendomi di sorpresa e riempiendomi il cuore di gioia allo stesso tempo. «Io quando ho paura vorrei sempre cercare di ridere, vorrei avere qualcuno che mi faccia ridere e che mi dica che andrà tutto bene».
«Se lo vorrai, io ci sarò per te anche quando non ci sarà più nessun motivo per avere paura» le rispondo, deciso. Credo di non essere mai stato così serio.
Lazuli si volta verso di me e si solleva leggermente, aiutandosi col gomito. Mi guarda fissa negli occhi. «Non voglio scomparire, non ora che ho deciso di tornare a fare l’attrice» esclama, mentre i suoi occhi di ghiaccio si sciolgono in lacrime. Lacrime che si sforza con tutta sé stessa di trattenere. «Voglio tornare a recitare nei film, nei telefilm e nelle pubblicità. Vorrei anche tanto fare degli spettacoli teatrali, è un mio sogno».
«Io sarò lì a vederti quando salirai su quel palco, allora. Io lo so che ci riuscirai» le dico.
«Sai anche perché non vorrei scomparire, soprattutto?» mi domanda, accennando un sorriso. «Perché ho conosciuto un kohai un po’ sfacciatello, ma abbastanza simpatico, e, grazie a lui anche andare a scuola mi sembrerà finalmente divertente».
Mi sollevo leggermente anch’io e avvicino la mia faccia alla sua, mentre lei sgrana leggermente gli occhi, sorpresa. Appoggio la mia fronte alla sua, lascio che il suo respiro caldo accarezzi le mie labbra e che il suo profumo fresco mi pervada. «Io non ti dimenticherò, Là. Ti fidi di me?»
«S-sì… ma ne sei certo?».
«Certo. Avrai una vita piena di successo e sarai felice, sperimenterai un sacco di cose diverse e visiterai tutte le città sconosciute che vorrai» le dico, mentre sento il cuore letteralmente esplodermi nel petto. «E, a proposito della tua domanda di prima, certo che mi andrebbe di baciarti. E certo anche che mi piacerebbe andare oltre con te. Avere la mia prima volta con te» ammetto sinceramente, mentre sento un fremito attraversare Lazuli. «Solo che non voglio che questo avvenga mentre tu hai paura. Io voglio solo che tu sia felice, e, quando lo sarai, potrai baciare chi vorrai. Non necessariamente me».
Lazuli sposta la fronte dalla mia e mi abbraccia, appoggiando la testa sulla mia spalla e stringendomi forte. Le accarezzo la nuca con la mano, mentre scivoliamo sul materasso e ci ritroviamo di nuovo sdraiati. Disteso di nuovo a pancia in su, ma stavolta con Lazuli appoggiata con la testa sul mio petto, vicino alla spalla, mentre con un braccio mi cinge il torace. Il suo contatto sulle mie enormi cicatrici mi fa sentire bene, mi fa sentire come se fosse sempre andato tutto bene. Come se tutto quel dolore del cazzo che ho dovuto ingoiare non fosse mai esistito.
«Paura o no, ti sei giocato la tua occasione di rubare il mio primo bacio, non solo la mia prima volta, lo sai?» sussurra Lazuli in tono strafottente, dopo alcuni secondi di silenzio. «Magari era anche la tua ultima occasione, chissà…».
«Maledetta…» sorrido, restando al gioco. «Davvero? Il tuo primo bacio?»
«Sono diffidente di natura e non ho mai avuto amici» mi spiega. «Ho sempre avuto intorno gente solo perché ero Lazuli Eighteen, l’attrice famosa, la stessa gente che poi ha iniziato ad odiarmi quando mi sono presa una pausa. Non amo stare in mezzo a gente così, sto meglio da sola».
Le accarezzo la testa con la mano, le faccio delicatamente dei grattini tra i capelli. «Ora va tutto bene, però. E andrà tutto bene» le dico, dandole poi un bacio sulla testa e accarezzandole una spalla. Lei si stringe di più a me, prende la mia mano sotto alle lenzuola e la stringe alla sua, mentre appoggia una coscia sulla mia e la tira leggermente verso di sé, per essere più comoda.
Mi sento improvvisamente bollente. La gola secchissima e il cuore che pompa sangue più forte che mai, soprattutto in un punto ben preciso del mio corpo. Merda.
Lazuli sposta leggermente il ginocchio e, accidentalmente, o forse no, nel caso l’abbia fatto di proposito per verificare la mia reazione, incontra il durissimo rigonfiamento che si è formato nei miei boxer nuovi di pacca. Cazzo, che figura di merda!
«Sbaglio, o non siamo più soli in questo piccolo e stretto letto, Radish-kun?» mi sbeffeggia Lazuli, che sembra divertita a giudicare dal suo tono. Meglio così, temevo mi avrebbe dato uno dei suoi proverbiali ceffoni.
«N-no… non è come credi, io…» farfuglio a caso.
«Guarda che mi fa piacere, scemo!» ridacchia. «Tanto lo so che sei un porco!»
«Già…» sospiro, un filo imbarazzato.
Restiamo in silenzio e immobili per un po’. Io, lei e il palo della luce che mi ritrovo tra le gambe e che credo mi farà compagnia per tutta la notte.
«Grazie» sussurra Lazuli, seria. «Grazie per non avermi abbandonata. Grazie per esserci».
«Grazie a te, per esserci» le rispondo, riprendendo a farle i grattini sulla testa lentamente. «Ora cerca di dormire, io resterò sveglio finché non ti sarai addormentata».
«Ho un po’ paura, Rad. Non so se riesco a dormire…» sospira.
«Conta i battiti del mio cuore, vedrai che ti addormenterai subito così» le suggerisco. «E, mentre ti addormenterai, pensa che quei battiti sono solo per te. Che sono tutti per te».
Lazuli mi stringe più forte e chiude gli occhi, con la testa sul mio petto. Con il mio cuore che la culla.
È fatta così la felicità?
Credo di sì.
Credo proprio di sì.
 
 
 
 
 
 
 
 
Note: niente da fare per il nostro eroe, che deve riporre la spada nel fodero quando sembrava a un passo dal poterla sguainare. Scherzi a parte, io ho trovato tenerissimi i nostri Rad e Lazuli!
Spero vi siano piaciuti i loro momenti insieme sul treno e, soprattutto, in camera. È stata davvero una notte magica per loro, stanno imparando cosa rappresentano l’uno per l’altra in un momento terribile, visto che Lazuli sa benissimo che sta sparendo letteralmente non solo dalla vista di tutti, ma anche dai loro ricordi. Non esisterebbe letteralmente più in quel caso. E ha paura, direi che è comprensibile. In più ha appena subito una brutta botta da sua mamma perché, va bene la Sindrome della Pubertà, però nel momento in cui Radish e altri studenti riescono ancora a vederla sarebbe scontato pensare che anche sua madre ne sia ancora in grado. E invece no, su di le gli effetti della Sindrome sono stati subito efficaci, come un qualunque sconosciuto. Purtroppo gli effetti si stanno ampliando su sempre più persone, ad esempio Husky.
Non penso che la nostra Lazuli fosse nel mood migliore per dare quello che, lo scopriamo adesso, sarebbe addirittura il suo primo bacio. Rad è un gentiluomo e non forza le cose, anche se forse lei era ben disposta, nonostante tutto. Penso sia normale che entrambi fossero un po’ impacciati, io li ho trovati adorabili e spero vi abbiano emozionato e anche fatto ridere. I momenti in cui lei lo prende per mano pur facendo la distaccata mi fanno sciogliere, ma magari sono io che divento sempre più sensibile ogni volta che aggiungo una tacca al conto dei miei anni! ;-)
 
Momento Alberto Angela: Ogaki, come capiamo dal testo, è una città lontana da Fujisawa ben 350 km. I konbini sono piccoli supermercati aperti 24h che vendono un po’ di tutto, mentre lo shinkansen è il famoso treno ultramegaiperveloce giapponese.
Se avete altri dubbi chiedetemi pure, magari ho tralasciato qualcosa.
 
Vi è piaciuto il sonetto che dedica Prince al nostro Rad via telefono? E Bulma, riuscirà a trovare una soluzione? Il nostro Rad riuscirà a dormire? Io ho dei dubbi, anche se forse non sarà una cosa negativa per lui non addormentarsi…
E Lazuli invece? Avrà contato i battiti del cuore di Rad? Diventerà ancora più invisibile tornando a Fujisawa?
Io ve lo dico, i prossimi due capitoli sono secondo me i più belli tra quelli di questa prima “saga” di questa (lunga) long e sono strettamente legati tra loro. Vi avviso di già: tenete a portata un pacchetto di fazzoletti, potrebbero servirvi (come sono serviti a me) durante la lettura di “Ricordi in dissolvenza”, il prossimo capitolo. Il titolo mette i brividi, maledizione!
 
Non mi resta che ringraziare tutti voi che continuate a leggere e ad apprezzare questa storia, spero che continui a divertirvi e a farvi anche un po’ battere il cuore, se vi immedesimate nei protagonisti!
Grazie a chi mi lascia sempre il suo parere e a chi vorrà farlo anche stavolta, è una cosa che mi emoziona sempre e mi fa troppo piacere! E poi grazie a chi legge in silenzio e inserisce la storia nelle liste, non dimenticate mai che siete anche voi la mia forza, anche se non posso ringraziarvi direttamente.
Grazie ancora a chi si è ricordato del mio compleanno, anche a chi se ne è ricordato solo per il fatto di aver letto la mia OS “Il mare se ne frega” di ormai un anno fa in cui l’avevo detto. Grazie davvero, mi avete stupito!
E grazie, infine, alla Misatona che ci ha regalato un fantastico disegno del Rad di questa storia in versione sfregiato! Vi piace? Ve le immaginavate così le cicatrici sul suo petto? Stupenda accoppiata, lui in versione Scar e Lazuli in versione Bunny, almeno secondo me!
 
Niente, spero abbiate visto anche voi il film di Dragon Ball Super al cinema e l’abbiate amato come ho fatto io! Radish da bambino è meraviglioso, no?!
Ci vediamo giovedì (o magari mercoledì sera, ormai mi piace anche così)!
 
Teo
 
 

   
 
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